La regola “Libellus De Regularibus Obseruantiis” o "Largiente Domino"


 

Regola monastica d’incerto autore

Estratto da “Nuove pubblicazioni della Biblioteca Ambrosiana”, Enrico Rosa S.J.,

CIVILTÀ CATTOLICA” ANNO 85° - 1934 - VOL. II.

 

L’osservazione medesima ci verrebbe suggerita dalle pubblicazioni susseguenti, da quelle in particolare che riguardano l’età di mezzo e del così detto Rinascimento. Godiamo infatti di annunziare, tra le pubblicazioni dei Fontes Ambrosiani, quella importantissima, anche per la storia della cultura medievale, che ci è data con il III volume, dal titolo «Testi medievali inediti », curata dal giovane prof. Ottaviano, « già ben noto cultore della filosofia scolastica ». Sono cinque trattati di scrittori medievali, e quattro fra i più noti e illustri : un Alcuino, un Raterio, un Abelardo, un S. Anselmo di Aosta. La loro importanza, scrive nella prefazione il Galbiati, « nel mondo del pensiero scolastico, appena fa d’uopo rivelare, anche perché si tratta qui di manoscritti affatto inediti, e che però, pubblicati, arricchiscono di nuovo materiale il pur vasto argomento della filosofia medievale ». Dobbiamo aggiungere tuttavia, a prevenire ogni abbaglio, che due soli « testi » sono propriamente di filosofia ; gli altri trattano piuttosto di materia ascetica. Di più, due di essi sono già editi per cura del compianto P. Amelli, come ci fa sapere D. M. Inguanez nella rivista Aevum (VIII, fasc. I° del 1934): la lettera di Raterio, vescovo di Verona, e la Regola monastica d’incerto autore, tratti ambedue dal Codice (S. 17 Sup.) della stessa Biblioteca Ambrosiana : il primo pubblicato nella Miscellanea Cassinese (Vol. I) fino dal 1897, il secondo negli Annales Ordinis S. Benedicti (anno XX) nel 1912.

Omissis…..

Ascetico, del pari, ma più importante per lo storico e lo studioso della vita monastica, è il manoscritto senza titolo e nome di autore, ma bene intitolato dal contenuto « Regula Monastica ». Esso, infatti, segue, quasi passo passo, il monaco in tutte le sue principali azioni, cominciando dalla domenica, e poi dalla Pasqua santa fino alle calende di Ottobre, e da queste di nuovo fino alla santa Pasqua, con accennata la serie delle « opere umane e divine nelle ore diurne e notturne », sebbene in brevissimi tocchi e al tutto sommariamente, con allegazioni, anche troppo frequenti, della Scrittura e più specialmente dei SS. Padri. L’opuscolo, come accennammo, fu già edito dal P. Amelli, che si valse anche di un Codice Vaticano (Regin. 17), del sec. X-XI, e perciò in migliore forma, come dimostra il citato Inguanez, che non dall’Ottaviano, fondatosi sul solo testo dell’Ambrosiana, piuttosto guasto e incompiuto, né dall’editore sempre giustamente interpretato e criticamente annotato ([1]). L’Amelli ha pure dimostrato già la dipendenza del compilatore di questa Regola da scritti di Alcuino (804) e di Gremliaco (sec. IX), perciò determinatane con più precisione la data tra il secolo IX e X. Ma, se anche non prima, né perfetta, l’edizione presente farà sempre più conoscere questo, che giustamente all’Ottaviano appare, «documento importantissimo sulle variazioni subite dalla Regola di S. Benedetto e sulle consuetudini monastiche nell’oscuro periodo che va dal secolo VIII al secolo X». E di più, vi è anche un nuovo e non tenue indizio, pare a noi, della intensità di spirito religioso, che non mancava di animare tante persone pie e comunità ferventi in quei secoli, nei quali i profani e i superficiali della storia, cioè i più, non vedono che ignoranza e corruzione. Quanto invece avrebbero da imparare, anche nei termini di civiltà e gentilezza per esempio, molti uomini del secolo XX dalle semplici e cordiali norme di schietta ospitalità, dei monaci di quel «tenebroso» medioevo! Così il bravo monaco anonimo, nel capitoletto (13) de hospitalitate, vuole, fondandosi pure su la regola e l’autorità di S. Fruttuoso, che si usino agli ospiti e ai pellegrini segnatamente, stanchi del viaggio, tutte le delicatezze più squisite che allora si praticassero, preparando loro lectuaria lucerna et extramia mollia, lavando loro i piedi e ungendoli anzi con olio, si ex itinere sunt confecti; ed infine somministrando anche viatico alla partenza, iuxta possibilitatem loci. Barbarie medioevale, non è vero?

 


[1] Di siffatte manchevolezze — oltre i non pochi errori di stampa, che vi abbiamo incontrato con dispiacere — reca parecchi esempi D. Mauro Inguanez (loc. cit.) per giustificare la preferenza da lui data all’edizione menzionata del P. Amelli.


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15 gennaio 2021       a cura di Alberto "da Cormano"        Grazie dei suggerimenti       alberto@ora-et-labora.net