Il cammino dei popoli verso la luce
Carlo Maria Martini
Estratto da “Piccolo
manuale della speranza”, Giunti Editore 2012.
Vi propongo di leggere, dal Libro del profeta Isaia, un poema
escatologico, che riguarda gli ultimi tempi, un poema dominato dall’immagine
della luce. Si potrebbe anzi intitolare «inno alla luce che viene» oppure «inno
alla luce dei popoli» e inizia con un’esortazione: «Alzati, rivestiti di luce».
1 Alzati, rivestiti
di luce, perché viene la tua luce,
la gloria del
Signore brilla sopra di te.
2Poiché, ecco, la
tenebra ricopre la terra,
nebbia fitta
avvolge i popoli;
ma su di te
risplende il Signore,
la sua gloria
appare su di te.
Cammineranno le
genti alla tua luce,
i re allo
splendore del tuo sorgere.
4Alza gli occhi
intorno e guarda:
tutti costoro
si sono radunati, vengono a te.
I tuoi figli
vengono da lontano,
le tue figlie
sono portate in braccio.
5Allora guarderai e
sarai raggiante,
palpiterà e si
dilaterà il tuo cuore,
perché l’abbondanza
del mare si riverserà su di te,
verrà a te la
ricchezza delle genti.
6Uno stuolo di
cammelli ti invaderà,
dromedari di
Madian e di Efa,
tutti verranno
da Saba, portando oro e incenso
e proclamando le
glorie del Signore
(Is 60, 1-6).
Nel testo originale ebraico, «rivestiti di luce» è una sola parola:
«illuminati», «sii luce», e noi chiediamo: qual è la ragione di questo farsi
luce?
Il
motivo è ripetuto quattro volte: perché viene la tua luce; perché la gloria del
Signore brilla su di te; perché su di te risplende il Signore; perché la sua
gloria appare su di te. La ragione del farsi luce è quindi il venire del
Signore, da Lui è la luce.
Dopo l’esortazione a essere luce e dopo il motivo, Isaia espone le conseguenze:
«Cammineranno le nazioni alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere».
Questo cammino dei popoli alla luce avviene mentre intorno ci sono ovunque
tenebre e fitta nebbia.
Noi possiamo vedere descritto nell’invito pressante, motivato e illustrato nei
suoi effetti, un processo storico in quattro tempi: il tempo delle tenebre e
della nebbia; il tempo della luce del Signore che viene; il tempo dell’essere
illuminati; il tempo del cammino dei popoli verso la luce.
Tutto il resto del brano, e anche dell’intero capitolo 60 del profeta, delinea
la processione dei popoli verso la luce, verso il Signore a partire dal versetto
4: «Alza gli occhi intorno e guarda».
La
rilettura della pagina di Isaia suscita alcune domande e propone delle
riflessioni.
Chi è il «tu» a cui è rivolta l’esortazione a illuminarsi e a cui è rivolto
tutto il brano? Il «tu» è Gerusalemme, non nella povertà dei giorni nei quali
veniva pronunciata questa profezia, bensì nella sua pienezza futura, la
Gerusalemme sperata che sarà più gloriosa di quella di Davide e più bella di
quella ricostruita dopo l’esilio in Babilonia.
Qual è l’evento di illuminazione? È il Signore che viene, il Regno di Dio che
viene, l’incarnazione di Gesù. Nella notte di Natale si proclama: «La luce
splende nelle tenebre [...]. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina
ogni uomo»
(Gv 1,5.9). Questo
evento dell’incarnazione è reso presente, è mostrato, è manifestato (epifania
significa, appunto, «manifestazione») in tanti altri episodi della vita di Gesù,
richiamati dalla liturgia: anzitutto la manifestazione ai Magi, poi il battesimo
di Gesù al Giordano, dove una voce dal cielo lo chiama «Figlio» e, ancora,
l’acqua mutata in vino a Cana e la moltiplicazione dei pani. Sono tutti eventi
che mostrano la forza pervasiva e trasformante di quella luce che è venuta nel
mondo e illumina la città dei figli di Dio.
E
la città illuminata dalla luce del Signore è la città del Regno, l’assemblea di
coloro che accettano come criteri di vita i criteri di Gesù e si affidano al suo
perdono e alla sua grazia; è la comunità del Regno vista nella sua pienezza
eterna, ma già iniziata qui in terra, fin da ora. Siamo dunque noi coloro a cui
viene rivolta l’esortazione: «Sii luce!».
Ma
che cos’è allora la processione dei popoli verso la luce? È la conversione che
si attua gradualmente nel mondo a partire dalla luce del Regno di Dio e dalla
luce che irradia dalla comunità che vive i valori del Regno, una conversione che
avrà il suo culmine nella riunione eterna di tutti i popoli presso il Signore.
Quale messaggio possiamo trarre per noi oggi? Dove si attua già la processione
dei popoli?
Tutto ciò si attua nel mistero di Betlemme dei Magi: nelle tenebre la luce è
venuta nel mondo, ha irradiato lontano, così che alcuni grandi uomini hanno
camminato al suo splendore e sono andati da Gesù portando oro, incenso, mirra e
proclamando le glorie del Signore.
La
luce è già apparsa, e tuttavia ci sta ancora davanti, è il futuro di Dio che
attrae a sé tutta la storia, momento per momento. Di conseguenza, tale mistero
si attua ogni volta che lo Spirito illumina della luce di Cristo qualche realtà
umana, esistenza singola, famiglia, comunità, fino alla pienezza eterna.
Il
messaggio del profeta Isaia ci invita perciò a considerare con occhio fiducioso
il processo storico che stiamo vivendo. In esso, infatti, riscontriamo gli
stessi quattro tempi che abbiamo rilevato nel testo biblico.
Il
tempo delle tenebre e della nebbia, che non mancano ai nostri giorni, non solo
fisicamente, ma pure culturalmente e spiritualmente. In proposito, nel capitolo
59 Isaia aveva detto: «Speravamo la luce ed ecco le tenebre, lo splendore, ma
dobbiamo camminare nel buio. Tastiamo come ciechi la parete, come privi di occhi
camminiamo a tastoni»
(Is 59,9-10).
In
queste tenebre previste dal profeta e da noi sperimentate, il Signore viene.
Viene oggi nella sua parola, nella sua eucaristia, nella grazia dello Spirito
Santo. Viene e illumina chi si lascia illuminare. Viene e verrà.
Noi siamo tra coloro che vogliono lasciarsi illuminare; assumere come vero quel
senso dell’esistenza che Gesù ci trasmette con la sua vita e i suoi
insegnamenti, a cominciare dall’umiltà e dalla semplicità di Betlemme. Anche per
noi vale l’esortazione: «Sii luce!»; e vale per la nostra Chiesa, vale per
ciascuna delle nostre famiglie, per ciascuna delle nostre vite: «Alzati,
rivestiti di luce».
Ogni giorno tante persone si incamminano verso questa luce, attratte dalla
semplice testimonianza di un prete, di un diacono, di un consacrato o di una
consacrata, di una coppia di sposi o di una famiglia cristiana, di un testimone,
magari silenzioso e nascosto, del Vangelo.
«Alza gli occhi intorno e guarda», ripete la Scrittura, e vedrai numerose,
piccole sorgenti di luce e tanti che si lasciano illuminare.
L’esortazione «alza gli occhi intorno e guarda» ha, oggi in particolare, una
rilevanza missionaria. Essa ci permette di vedere come, in tutti i territori
delle missioni, i popoli della terra sono attratti da schiere di missionari. E
ha anche una risonanza per me che sono stato consacrato vescovo: Giovanni Paolo
II, il 6 gennaio 1980, ha imposto sul mio capo il libro dei Vangeli ordinandomi
vescovo per la Chiesa di Milano. Nella sua omelia egli parlava allora
dell’episcopato come del sacramento «della strada»: è infatti il sacramento
delle strade che il vescovo contempla quali strade illuminate dalla luce della
città santa, su cui camminano le moltitudini che desiderano lasciarsi illuminare
dal Signore. Quante di queste persone ho contemplato in questi anni, persone che
hanno deciso di incamminarsi verso la luce di Gerusalemme!
Il
6 gennaio 1964, dalla grotta di Betlemme, papa Montini volle rivolgere una
parola «a tutti coloro che guardano il cristianesimo dal di fuori, quasi essi
siano o si sentano estranei a esso». Potremmo dire, riferendoci al testo di
Isaia, a tutti coloro che erano lontani dalla luce che proviene da Gerusalemme.
E diceva: «Noi desideriamo lavorare per il bene del mondo, per il suo vero
interesse, per la sua salvezza. Anzi pensiamo che la salvezza, da noi offerta al
mondo, gli è necessaria [...]. La missione del cristianesimo è una missione di
amicizia tra i popoli della terra, una missione di comprensione, di
incoraggiamento, di promozione, di elevazione».
Così Paolo VI traduceva la pagina del profeta Isaia, quell’immagine della luce
di cui risplende Gerusalemme in favore di tutti i popoli. Io sento che le sue
parole definiscono anche quella parte della missione che impegna tutti noi verso
quanti ancora non sono nella pienezza di tale luce. Per loro lasciamoci
illuminare dall’unica luce che viene dal Signore; lasciamo che sia Lui a
trasformare le nostre esistenze e a farle, malgrado la loro pochezza, luminose
per altri. Sarà la più grande ricompensa per le nostre fatiche.
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31 dicembre 2022 a cura di Alberto "da Cormano" alberto@ora-et-labora.net