Regola del monastero Tarnantense

(Libera traduzione dal testo latino estratto da "Patrologia Latina", J. P. Migne 1847 - Vol. 66)

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CAPITOLO PRIMO

1 Se qualcuno, infiammato con ardore di fede e rinunciando al mondo, ha scelto di dirigersi verso un monastero di notevole osservanza, non si conceda subito al nuovo arrivato l'autorizzazione ad entrare, 2 ma, prima, si indaghi con molta attenzione se mai sia venuto volontariamente o costretto da qualche necessità, oppure se si trova soggetto ad una qualche forma di servitù.

3 Per questo motivo, quando la notizia arriva all’abate informato dal preposito, il nuovo arrivato deve essere affidato ad un anziano, con l’ordine di servire coloro che giungono finché la sua devozione non sia dimostrata con la testimonianza della sua pazienza. 4 Sia poi informato degli insegnamenti della regola, affinché sappia che cosa debba fare e chi deve servire, secondo ciò che è stabilito. 5 In seguito gli si rileggano tutte le disposizioni della regola e gli vengano comandate cose dure ed aspre 6 al fine di mettere a prova la sua obbedienza.

7 Non terrà nulla di ciò che ha portato con sé in suo possesso, 8 ma se il suo desiderio è quello di dare quello che ha per le esigenze del monastero, presenti tutta la sua offerta con sincero fervore e 9 la collochi sull'altare, in modo che qualsiasi richiesta di riaverla sia considerata un sacrilegio.

10 Se ha portato in monastero con sé del bestiame di ogni genere, riceva dall’abate il denaro corrispondente e non gli si neghi di fare ciò che vuole di quel denaro. 11 Se poi l'abate non desidera acquistare il bestiame, sia autorizzato a venderlo a chi vuole o, meglio ancora, l'abate affidi il compito di venderlo al preposito. 12 Colui a cui apparteneva il bestiame distribuisca poi quel denaro, come già è stato detto, in modo che nulla rimanga in sua proprietà. 13 E’, infatti, una cosa nefasta che, colui che chiede di sfuggire alle insidie di questo mondo, si riservi qualcosa che contribuisca ad essere sedotto dalla molestia del diavolo.

14 Se poi [un fratello], portando con sé un suo protetto, o un servo, o un parente, chiede che costui sia ammesso alla comunità monastica, è bene che venga aggregato agli altri fratelli solo dopo una prova simile a quella sostenuta dal proponente. 15 E colui che in precedenza gli era stato assoggettato come servo deve essere considerato come un fratello nel servizio del Signore (Fm 15-16), perché presso Dio, come insegna l'Apostolo, non c'è nessuna preferenza di persone (Rm 2,11).

16 Tuttavia, colui che, da una condizione umile, è accettato nella fraternità in parità di condizione, non diventi superbo esaltandosi con arroganza 17 ma, grazie all'umiltà, deve fortificarsi nelle cose buone. 18 E serva con compassione e umiltà, non solo colui di cui è diventato uguale, ma l'intera fraternità, come un vero servitore di Cristo. 19 Poiché, come colui che nel mondo era giudicato più grande è ora chiamato fratello, da signore che era, a causa del suo sentimento di umiltà, 20 così costui, ricordandosi di quel che era, non degradi la sua condizione col desiderio di cose più sublimi, ma la esalti dimostrando umiltà, per trovare grazia presso Dio (Cfr. Sir 3,20).

21 E non gli sia permesso di cambiare l’abito prima della scadenza di un anno. 22 Se poi la compunzione del richiedente fosse così grande da non potergli negare ciò, a causa della sua costante supplica, tuttavia non deve essere considerato come legittimo ciò che è stato dato a chi chiedeva con sincerità. 23 Per quanto riguarda gli abiti portati con sé, e che non è stato in grado di consumare nel corso di questo primo anno, ne sia valutato il prezzo e venduti a giudizio dell'abate. 24 Poiché, avendo ricevuto altri vestiti, non potrà più disporre dei suoi precedente abiti, in modo che il cambiamento dell'uomo esteriore si accordi pienamente con la crescita di quello interiore.

25 Non gli sia lecito scambiare niente di ciò che ha ricevuto, né cose di poco valore per favorire l’abiezione, né cose di maggior valore che rechino conforto, 26 ma consideri di suo esclusivo uso tutto ciò che gli sarà consegnato, con rendimento di grazie.

CAPITOLO II

1 Nessuno ha il diritto di scegliersi una dimora privata, né sia permesso a nessuno di rivendicare come proprio uno stipetto, o qualcosa di simile, che possa essere chiuso come fosse personale.

2 Nessuno si metta per strada da solo, se non accompagnato da un fratello 3 Coloro che tornano non osino riferire ciò che hanno visto al di fuori, a meno che non sia qualcosa di edificante per gli ascoltatori (Ef 4,29).

4 In presenza di un anziano, un giovane non presuma di abbandonarsi alla loquacità con presunzione 5 ma, come spesso accade, se l’anziano è di natura più semplice di lui, il giovane faccia ciò che gli verrà ordinato.

6 Al monaco non sarà permesso di andare ad una festa affollata, a meno che non sia stato autorizzato, poiché il Signore, secondo la testimonianza del Vangelo, promette notoriamente di ascoltare colui che prega in segreto (Cfr. Mt 6,5-6).

CAPITOLO III.

1 Se invece uno dei fratelli venisse inviato, per qualche incarico e con l’ordine di un superiore, in una città o in un borgo o in un villaggio, non presuma di andare se non dove è stato destinato.

2 Non accetti assolutamente di fare il padrino senza l’ordine dell'abate. 3 Ma se ci sarà un motivo di grande necessità o se, chino di fronte alle preghiere di una qualunque persona fedele, non sarà in grado di evitare ciò che è vietato, bisogna assolutamente concedergli di fare ciò, considerando il fatto con benevolenza, dato che la cosa gli è stata imposta contro la sua volontà.

CAPITOLO IV.

1 I colloqui con una donna estranea senza testimoni sono proibiti dalla legittima autorità dei concili; 2 non sia assolutamente concesso di unirsi in chiacchere neanche con le loro madri e sorelle, 3 affinché, per le aspirazioni mondane, non si turbino coloro che sono entrati di recente in questa milizia.

4 Nessuno vada da qualche parte se non ha una licenza rilasciata da un superiore. 5 E neppure qualcuno presuma di condurre una barca verso l'altra riva senza l'autorizzazione del superiore; 6 e non tagli capelli o barba, né osi fare una corda o qualcosa d'altro, se il superiore non gli ha dato il permesso.

7 Durante le ore serali e notturne in cui gli altri fratelli riposano, chi non sarà trovato nella sua dimora o nel suo letto sarà punito dagli anziani che lo sorprenderanno: 8 e durante lo stesso tempo di riposo non parlino tra di loro.

CAPITOLO V.

1 Colui che, dopo il segnale, arriva in ritardo all'Ufficio Divino od a qualsiasi lavoro, ne rimanga escluso affinché si vergogni per aver commesso una così grave mancanza.

2 Per quanto possa essere grave il biasimo che potrà ricevere per una qualsiasi colpa, consideri cosa nefasta il rispondere a chi lo accusa ma, umiliandosi, impari a far seguire alla mancanza la propria correzione, 3 poiché Dio ha promesso di donare la sua grazia agli umili (Cfr. 1 Pt 5,5).

4 Nessuno osi parlare a chi, per una colpa riconosciuta, viene escluso dalla partecipazione alla preghiera od ai pasti, ad eccezione di chi è in grado di addolcire l'amarezza del fratello escluso con una combinazione di dottrina e carità.

CAPITOLO VI.

1 Durante le vigilie, quando tutti leggono le lezioni stando seduti, o quando si applicano alla preghiera, nessuno pensi che gli sia permesso di entrare o di uscire. 2 Chi invece si sente costretto a farlo a causa di una necessità comunitaria, esca senza paura di commettere un peccato mentre gli altri salmeggiano, tornando poi immediatamente all'ufficio che si sta celebrando. 3 E chi osa chiacchierare mentre gli altri pregano o salmeggiano, non dubiti di essere colpevole non solo nei confronti dei fratelli, ma anche nei confronti di Dio. 4 Bisogna anche stare attenti al fatto che le mani inattive invitano al sonno: 5 per questo motivo i lavori da svolgere durante le vigilie non devono occupare la mente di chi lavora e neppure devono indebolire la sua capacità di ascolto, ma invece devono poter respingere il torpore della sonnolenza.

6 Inoltre, nulla bisogna anteporre alla preghiera ed alla parola di Dio (Cfr. At 6,4). Nella notte di domenica, invece, per rispetto alla resurrezione del Signore, si fermino i lavori manuali. Tale pratica sarebbe opportuno osservarla anche in certe solennità.

CAPITOLO VII.

1 A nessuno sia consentito di occuparsi di altre cose mentre i fratelli studiano; 2 neppure si pensi libero di allontanarsi dalla sala di lettura o dal luogo dove i fratelli stanno studiando. 3 Chiunque cadrà in questa presunzione soggiacerà, come merita, alla scomunica.

4 E’ proibito entrare nella cella di un altro senza prima bussare, tranne che per l'abate ed il preposito, 5 dal momento che solo a loro è permesso di conoscere i segreti dei fratelli e di esaminare come ognuno si comporta, indagando mediante osservazioni segrete. 6 Inoltre, nessuno, tranne le persone sopra menzionate, abbia la presunzione di entrare dove lavorano gli artigiani.

7 Inoltre, il giovane fratello non mostrerà nulla a coloro che arrivano, al di fuori di un senso di umiltà e di servizio, 8 e non pretenda di interessarsi del motivo della loro visita e di quando se ne andranno, 9 poiché di ciò si deve interessare la sollecitudine degli anziani, non la presunzione di giovani.

CAPITOLO VIII.

1 Un giovane non osi rimproverare un anziano, 2 ma se viene a conoscenza che sta per essere compiuto o che è stato compiuto qualcosa al di fuori della regola, lo riferisca solo all'abate o al preposito, affinché l’azione riprovevole sia corretta con una correzione regolare.

3 Se qualcuno commetterà un errore qualunque senza testimoni e l’abate lo verrà a sapere, sia corretto in segreto. 4 Se ciò sarà noto a tutti, il colpevole venga ripreso della colpa commessa di fronte a tutti.

5 Non si deve disprezzare chiunque confessa in segreto gli assalti dei suoi pensieri, al fine di esserne consolato, e neanche bisogna comunicare ciò ad altri ma, per quanto si può, venga confortato con una delicata esortazione.

6 Colui che parlerà in modo sconveniente mentre gli altri salmeggiano con una silenziosa meditazione, sia ripreso in accordo con la regola. 7 Pertanto, durante qualsiasi lavoro [i fratelli] meditino cose sante o rimangano in silenzio.

8 Soprattutto a tavola nessuno presuma di poter parlare, a meno che non sia interrogato. 9 Spetta senza dubbio al preposito sapere ciò che è necessario per il vitto. Costui comandi in silenzio che sia somministrato ciò che manca secondo la consuetudine. 10 Stando seduti a tavola, [i fratelli] ascoltino in silenzio la lettura che verrà letta. 11 Se, invece, manca colui che si occupa della lettura, si rumini, come fosse cibo, la meditazione delle sante Scritture, 12 affinché non sia solo il corpo a ricevere il nutrimento, ma anche l'anima, affamata della parola di Dio, sia sfamata.

13 Dedicatevi alle preghiere nelle ore e nei tempi stabiliti; mentre pregate il Signore con salmi ed inni, piantate nel cuore ciò che esprimete con la voce. 14 Il fratello contadino, tenendo il manico dell'aratro, canti l'Alleluia, il fratello mietitore sudato si ritempri con i Salmi e, mentre taglia con la falce il tralcio ricurvo, il fratello vignaiolo canti un salmo di Davide. 15 Siano queste le vostre canzoni; questi, come si dice comunemente, i vostri canti d'amore; questo lo zufolo dei pastori, questi gli attrezzi agricoli. 16 Ai monaci non interessi assolutamente ciò che fanno gli uomini di questo mondo, ma i pensieri del loro cuore siano rivolti al timore del Signore (Cfr. Sal 19 (18),15).

CAPITOLO IX.

1 In ogni stagione [i fratelli] si dedichino due ore al giorno alla meditazione spirituale 2 In estate, dopo aver celebrato i mattutini secondo l’usanza, e dopo aver recitato prima, tutti si dedichino ai lavori cui sono stati comandati.

3 Poi, dopo aver celebrato l'ora terza, tornino a portare a termine ciò che avevano iniziato 4 E non si occupino in chiacchiere su sciocchezze mondane, a meno che il discorso di chi parla non comunichi ciò che forse può edificare l'anima di chi ascolta (Cfr. Ef 4,29).

5 Da sesta a nona dormano o si dedichino alla lettura.

6 Però dopo l’ora nona, e fino all'ora del lucernario, tutti si forniranno assistenza reciproca nell’orto o dove sarà utile.

7 In inverno, invece, celebrato il mattutino e l'ora prima, è concesso a tutti di dedicarsi alla lettura fino all’ora terza. 8 Celebrata la terza, si affrettino a compiere di buon grado ciò che è stato loro ordinato, fino all’ora del lucernario, come abbiamo già detto.

9 Quelli, poi, che si vedono assegnati al lavoro nei campi, non possono essere costretti a questa osservanza delle regole a causa dell’incombenza di questi lavori: 10 ma, a seconda di come esigerà la stagione o di quali saranno gli sforzi richiesti dal lavoro, siano seguiti con meticolosa cura dal preposito, affinché si possano dedicare almeno due ore alla lettura.

11 Quando si devono raccogliere le messi o si deve vendemmiare, ricevano la refezione due volte al giorno, cioè all’ora sesta e alla dodicesima. 12 Tuttavia, il mercoledì ed il venerdì si devono moderare i lavori in modo che, per quanto possibile, non si trascurino i digiuni stabiliti.

13 Ma tutte le cose siano disposte, a seconda di come richiede l'utilità o il lavoro, a giudizio dell’anziano.

14 Tuttavia nessuno mangi o beva fuori dal monastero; infatti la disciplina della Regola richiede che non si mangino neanche dei semplici frutti. 15 I [fratelli] non pensino di bere anche solo acqua prima del pasto regolare.

CAPITOLO X.

1 Quando fanno il pane o durante ogni incarico manuale si diano sollievo a vicenda nei loro sforzi. 2 E, sebbene siano impegnati in vari lavori, non trascurino il tempo della preghiera e della salmodia, 3 in modo che, mentre si dedicano alla preparazione di cibi carnali, si nutrano spiritualmente della Parola di Dio e della meditazione di una retta coscienza morale.

4 E’ però opportuno che nessuno si sottragga a questi lavori, se non chi viene trattenuto dalla malattia, 5, o chi ha ricevuto l’incarico dal preposito di svolgere un altro compito.

6 In particolare sarà nominato cellerario colui che, a giudizio dell'abate e col parere degli anziani, non prende in considerazione le volontà di alcuni ma le esigenze di tutti, nel timore di Dio e nell'amore dei fratelli. 7 Tuttavia, quando il preposito è assente, si presti a lui obbedienza concordemente 8 e, quando lo esigerà la necessità, non gli si rifiuti l'aiuto.

CAPITOLO XI.

1 E’ opportuno che come amministratori del monastero siano scelti e nominati coloro che con l'esempio della loro vita hanno dato prova di edificare gli altri; 2 costoro conservino con la massima cura, e nel timore del Signore, le elemosine offerte al monastero o quelle guadagnate col lavoro dei fratelli. 3 Poiché, se trascurano di custodire i beni dei servi di Dio ad essi affidati, come dicono alcuni Padri, danneggiano Dio e, se li dissipano, saranno ritenuti responsabili davanti a Dio. 4 Infatti, ciò che sarà loro donato come offerta al monastero per amore di Dio deve servire a tutta la comunità. 5 Noi che abbiamo scelto la vita apostolica, perché rivendichiamo come di nostra proprietà quelle cose che sappiamo essere senz’altro destinate alla rovina?

CAPITOLO XII.

1 Deve essere destinato all’orto un [fratello] che venga poi alleviato dall’aiuto del preposito e del cellerario. 2 E dato che i guadagni delle verdure servono per le spese del cellerario, è opportuno che le verdure siano vendute e coltivate in egual misura, in accordo con il cellerario. 3 È opportuno che tutti gli attrezzi ed i restanti utensili siano custoditi da entrambe le persone, [il fratello ortolano ed il cellerario], 4 in modo che ciascuno custodisca con diligenza e con grande cura ciò che gli viene consegnato.

5 Nessuno presuma di portar via dalla cella di un altro ciò che non gli appartiene senza il permesso di chi l’aveva ricevuto in consegna. 6 E chi avrà la presunzione di fare ciò con perfida autorità, perché non ha paura di creare degli scandali per cose infime, si renda conto che, infrangendo la Regola, è colpevole verso l'intera comunità.

7 E neppure qualcuno si scelga il lavoro da fare quel giorno, dal momento che il lavoro deve dipendere dalla decisione dell’anziano che, a suo giudizio, ordinerà di fare ciò che avrà ritenuto utile. 8 Nessuno faccia qualche cosa mormorando, affinché non abbia come conseguenza il destino dei mormoratori di cui segue l’esempio (Cfr. 1 Cor 10,10).

9 A nessuno è permesso di visitare frequentemente i parenti: 10 tuttavia, alla persona che dimostra di prendersi cura della salute dei familiari sia concesso di andarli a visitare in determinati tempi. 11 Nondimeno costoro devono stare molto attenti alle insidie del mondo per il timore che, ritenendo di poter guadagnare altri al Signore, diventino invece essi stessi estranei a Lui.

CAPITOLO XIII.

1 Nessuno vada ad un banchetto nuziale, 2 affinché non si rammenti delle cose del mondo a causa della dissolutezza della gente del mondo e, ciò che non sia mai, non sia richiamato alla vita di questo mondo nel suo animo, ancorché non nel corpo, 3 come disse il beatissimo Cipriano: "Mentre si vede l'adulterio, lo si apprende".

4 Colui che durante l’incontro con i fratelli abbia la pretesa di scherzare o di ridere, oppure vorrà riferire parole oziose con i giovani o vorrà stringere amicizia con quelli in tenera età, sia assoggettato al biasimo di cui è degno.

5 Se qualcuno trova qualcosa, non nasconda la cosa trovata e non occulti ciò che deve essere conosciuto. 6 Se sarà consapevole di aver trattenuto la cosa trovata durante un solo giorno, sappia che si è macchiato del contagio morale del furto.

7 Se qualcuno verrà a sapere di [un fratello] che medita la fuga perché non può sopportare la vita austera del monastero e se non lo renderà immediatamente noto, sappia che sicuramente sarà partecipe della sua perdizione. 8 Costui sarà escluso da qualsiasi riunione dei fratelli per tutto il tempo necessario per trovare [il fuggitivo].

9 Se qualcuno non tenderà con tutte le sue forze ad osservare queste [imposizioni] gradite al Signore e se, rimproverato una prima ed una seconda volta, non vi rimedierà, le sue colpe siano punite in modo conforme alla sua età.

CAPITOLO XIV.

1 Queste sono le cose che è bene che osservino coloro che sono stabiliti nel monastero, per amore e timore di Dio.

2 Per il fatto che siete riuniti in unità nel timore del Signore, è bene che viviate unanimi nella casa del Signore e che abbiate una sola anima ed un solo cuore, vigilando nel timore del Signore; 3 non considerate di avere nulla di proprio, ma tutto sia in comune tra di voi. 4 Ciò che vi sarà distribuito in base al comando dell'abate non sarà uguale per tutti, ma come lo esigerà un certo criterio di ripartizione, o uno stato di malattia; 5 tuttavia a ciascuno sarà assegnato secondo le sue necessità, 6 come si legge negli Atti degli Apostoli: "Fra loro tutto era comune, e veniva distribuito a ciascuno secondo il suo bisogno" (At 4,32-35).

7 Infatti, coloro hanno qualcosa nel mondo, quando saranno degni di venire ammessi al monastero consegnino volentieri questi doni a disposizione di tutti, 8 facendo in modo che, con l’abbandono dei beni materiali, contemporaneamente spoglino se stessi del desiderio di possedere e, 9 abbandonando il possesso, rinuncino anche alla passione.

10 Coloro invece che non possedevano niente, è cosa turpe che cerchino di possedere ciò di cui non hanno nemmeno il ricordo di aver lasciato. 11 E per questo motivo non si considerino felici perché hanno trovato nel monastero cose che fuori non potevano trovare. 12 Neppure si insuperbiscano perché si uniscono a loro quelli a cui prima, per l'abbondanza delle ricchezze o per nobiltà di nascita, non potevano avvicinarsi. 13 Abbiano invece il cuore rivolto verso l’alto e non cerchino ciò che è transitorio e ciò che perisce velocemente. 14 Invece, dove i ricchi si umiliano, i poveri non si gonfino, affinché i monasteri non comincino ad essere più utili ai ricchi che ai poveri.

15 E anche coloro che erano visti come ricchi nel mondo non accolgano sdegnosamente i fratelli che vengono alla santa comunità dalla povertà, 16 ma rendano grazie della comunione e della familiarità di queste persone.

17 E non si inorgogliscano se hanno giovato alle spese della fraternità, portando una qualunque parte dei loro beni, poiché così cadono dal punto da dove prima desideravano salire [più su]. 18 A cosa serve distribuire le ricchezze e diventare poveri, donandole ai poveri, se la meschina anima, disprezzando le ricchezze, diventa più orgogliosa di quanto non lo fosse possedendole? 19 Tutti, quindi, persistendo unanimemente, onorate Dio in voi, avendo meritato di essere diventati suoi templi.

20 Prima di tutto amiamo Dio con tutta la nostra forza d'animo e poi amiamo il prossimo; questi infatti sono i comandamenti dati a noi in modo particolare (Cfr. Mt 22,36-40; Mc 11,28-34).

21 L’abate sia onorato dopo Dio e gli si riservi rispetto: 22 al preposito, come conviene ai servi di Dio, si accordi un amore pieno ed un’obbedienza unanime.

CAPITOLO XV.

1 Nell'oratorio non si faccia nulla al di fuori del culto della preghiera e della salmodia, affinché anche ciò che si esegue senza sosta si accordi con questo nome 2 Quindi, se qualcuno entra a pregare il Signore al di fuori delle ore prescritte, il suo desiderio non sia ostacolato da un’occupazione sfavorevole.

3 Non cantate se non ciò che leggete che deve essere cantato.

4 Mortificate il vostro corpo con l'astinenza e domatelo con digiuni e veglie; ma purificate la vostra anima con lo splendore di una buona condotta.

CAPITOLO XVI.

I. Se un fratello, indebolito dall’astinenza, non è in grado di sopportare i digiuni che ha iniziato, consideri che è sconveniente prendere qualcosa, a meno che sia giunta l’ora del pasto. 2 Sia invece concesso il permesso a coloro che non possono osservare le ore stabilite di digiuno essendo colpiti da una malattia: prendano il cibo quando sono in grado di farlo.

3 E neppure deve dar fastidio agli altri [fratelli] se viene dispensato un cibo più abbondante a coloro che nella vita del mondo erano trattati più sontuosamente; 4 e perciò non li giudichino più fortunati di loro, poiché essi sono diventati più forti grazie alla loro modesta nascita o ad un’altra abitudine di vita. 5 E neppure giudichino più fortunati coloro ai quali, per la loro infermità, viene offerto ciò che viene sottratto ai sani, ai fini della rigorosa osservanza. 6 E, se vengono concessi vitto e vestiti in abbondanza a coloro che sono stati allevati dai genitori in modo più raffinato, la fraternità non deve rimanere infastidita dal fatto che, per disposizione della regola, a chi è forte nel corpo viene negato ciò che è accordato a quelli in considerazione della carità. 8 Poiché bisogna considerare quante cose hanno tenuto in poco conto per amore della vita religiosa ed a quale umiliazione si sono assoggettati per ispirazione divina. 9 Tanto meno la menzionata deroga, accordata a pochi, deve essere considerata quasi come una regola valida per tutti. Ed infatti non è giusto che in questa beata casa, dove i ricchi si abbassano, si elevino i poveri.

11 Senza dubbio [i fratelli] colpiti dalla malattia devono essere trattati in modo che un regime generoso rinvigorisca rapidamente le forze indebolite dal disagio della malattia. 12 Ma, per coloro che continuano ad essere malati non vi sia alcuna discriminazione nel vitto, in funzione della differenza di condizione delle persone.

13 Tuttavia, coloro che hanno riguadagnato tutta la loro forza fisica osservino i soliti vincoli dell’astinenza, 14 poiché si addice ai servi di Dio non di diminuire, ma di aumentare la consuetudine alle buone opere.

CAPITOLO XVII.

1 Il vostro abbigliamento non attiri l'attenzione e non aspirate ad essere graditi per i vestiti, ma per il vostro modo di vivere.

2 Inoltre, quando uscite procedete insieme. 3 Quando arriverete al luogo prefissato, con la protezione del Signore, stiate tutti insieme da fratelli.

4 Nel camminare, nello stare fermi ed in ogni movimento del corpo, non ci sia nulla di sconveniente che offenda lo sguardo di chi vi guarda, 5 ma abbiate una condotta che conviene alla vostra santità (Ef 3,5).

CAPITOLO XVIII.

1 Se i vostri occhi, da qualunque parte siano rivolti, incontrano un volto di donne, l’animo, dedito a Dio, non si sporchi con la pur minima macchia di lussuria. 2 Pertanto, poiché mentre camminate non vi si proibisce e neppure potreste sfuggire dalla vista di donne, è un peccato grave desiderale ed essere desiderati da esse. 3 Si incorre nella concupiscenza verso le donne non solo con il tatto e col sentimento, ma anche con lo sguardo. 4 Non pensate di avere gli occhi puri se avete l'animo impuro, 5 perché l'occhio impuro è indicativo di un cuore impuro.

6 D’altra parte, chi rivolge coscientemente uno sguardo libidinoso verso una donna, non pensi di nascondere ciò che concepisce uno spirito appesantito dai peccati. 7 Ma, supposto di essere certi che rimanga nascosto e che senz’altro non sia visto da nessun uomo, cosa succederà di fronte a quell'Osservatore che non viene ingannato da cose segrete ed a cui non possono sfuggire le cose nascoste?

8 Perciò, l’uomo santo tema di essere sgradito a Dio, cui vuole presentarsi come servo fedele. 9 Sia disposto a fare in modo che nel suo animo non si insinui disgraziatamente un senso di piacere verso le donne. 10 Tema Colui che vede tutto, a cui nessun atto umano è in grado di nascondere nulla. 11 Abbia così costantemente presente il timore di lui, di cui sta scritto: "E’ in abominio al Signore colui che fissa lo sguardo" (Pr 27,20: Volg.).

12 Perciò, quando siete insieme in chiesa od in qualunque luogo dove possono essere presenti anche delle donne, avendo ognuno cura di tutti, custodite attentamente la vostra compostezza.

13 Infatti, il Dio che abita in voi (Cfr. 1 Cor 3,16) si degnerà di proteggervi se mostrerete questa sollecitudine . 14 E se qualcuno fra voi percepirà in un altro questa impudenza dell’occhio di cui ho parlato, ammonitelo immediatamente, in modo che in futuro si corregga. 15 E [colui che ammonisce] non si consideri malevolo per aver fatto notare ciò, 16 per il motivo che deve essere reso noto colui che si comporta in questo modo, affinché non vada a finire in peggio.

17 Se poi, dopo essere stato ammonito, trascurerà di emendarsi, sia denunciato all'abate affinché gli infligga una punizione correttiva. 18 E se non si correggerà neanche così sia espulso dalla vostra comunità come una pecora infetta, affinché altri non si perdano a causa del suo esempio.

19 Allo stesso modo occorre certamente essere vigili riguardo al vizio della cupidigia, in modo tale che, quando si riscontra che qualcuno soffre di tale vizio, venga ripreso davanti a molti, con amore per il prossimo e odio per i vizi.

CAPITOLO XIX.

1 Chi avrà l'arroganza di ricevere da chiunque lettere e piccoli doni, se non rende noto immediatamente da chi li ha ricevuti e ciò che ha ricevuto, subisca una severissima correzione. 2 Per quanto riguarda gli oggetti che sono stati inviati, saranno assegnati ai pellegrini ed ai forestieri, oppure in ogni caso saranno bruciati nel fuoco. 3 Se poi qualcuno porta [nel monastero] qualcosa ai propri figli o a chiunque sia in relazione di parentela, ciò sia versato nel bene comune e conferito a chi ne avrà bisogno. 4 Se, al contrario, l'abate comanda di assegnarlo a chi l’ha ricevuto, costui lo riceva con rendimento di grazie, come fosse un qualunque dono dei fedeli.

5 Dobbiamo anche stare attenti che l'anima non contragga un sudiciume interiore a causa del troppo desiderio di tener pulito l'abito. 6 Per questo motivo gli abiti devono essere lavati secondo l'ordine del preposito.

7 Questi devono essere acquistati di un colore così semplice e naturale, in modo che la differenza nell’abito non alimenti il vizio dell’arroganza. 8 Di conseguenza gli abiti [usati] devono essere distribuiti ai poveri in modo che non si manifesti l’imprudenza di voler provvedere ognuno per se stesso, avendoli trattenuti per il vizio dell’avarizia.

9 Se, per di più, qualcuno pensasse di chiederne in modo sprezzante, sia corretto da parte del preposito come dilapidatore dei beni del monastero.

10 Innanzitutto fate attenzione a non avere mai delle liti. 11 Se, su istigazione del diavolo, si verificheranno, vengano rimediate da una rapida soddisfazione, 12 tirando fuori i rimedi da dove sono uscite le ferite 13 E non tramonti il sole sopra la vostra ira (Ef 4,26).

14 Respingete la consuetudine di giurare (Cfr. Sir 23,9); 15Il vostro parlare sia “si, sì”, “no, no”;16 perché, come dice il Signore, “il di più viene dal Maligno” (Mt 5,34-37).

CAPITOLO XX.

1 Le donne non frequentino le vostre dimore, 2 Ma, se raggiungono il monastero per la loro devozione o per l'amore della vostra vita monastica, non venga loro concesso di entrare attraverso le porte interne del monastero. 3 Sia invece loro reso onore e cordialità nell’oratorio o nella casa per gli ospiti, 4 non per timore nei loro confronti, ma per disposizione della regola e la disciplina del monastero.

CAPITOLO XXI.

1 Ai malati ed a coloro che soffrono di qualche infermità deve essere preposta una persona assai fidata ed operosa, 2 che serva i malati con amore, che custodisca regolarmente la disciplina del monastero e che distribuisca ragionevolmente ciò che serve agli infermi.

CAPITOLO XXII.

1 In particolare coloro a cui sono affidate le provviste ed i libri servano i fratelli senza mormorare.

2 Coloro che chiedono i libri fuori orario non li ricevano; 3 e coloro che li avessero trattenuti più a lungo rispetto a quanto stabilito, non osino trattenerli oltre.

4 Facendo queste cose nel nome di Cristo, sappiate che progredirete e permarrete nel monastero piacevolmente e serenamente.

5 Inoltre, quando la necessità della disciplina vi obbliga a dire parole dure al fine di correggere certi comportamenti, 6 anche se vi accorgeste che forse avete superato il limite della disciplina, non si pretende che chiediate perdono, 7 affinché non si comprometta l’autorità del governare, riservando troppa umiltà verso coloro che devono sentirsi sottomessi. 8 Dobbiamo, però, chiedere perdono al Signore di tutti, a Lui che sa con quanta benevolenza amate anche coloro che forse rimproverate più del giusto.

9 Anche in questa circostanza si può capire che non viene trascurata quella carità di cui sta scritto che "non cerca ciò che è suo" (1 Cor 13,5). 10 Infatti, coloro che tentano di umiliare la superbia altrui, non riescono ad umiliare se stessi nella misura in cui lo desiderano. 11 E questo poiché l'amore tra voi non deve essere carnale, ma spirituale.

12 Perciò aspirate con diligenza alla salvezza di tutti, dal momento che ognuno dovrà rendere conto a Dio delle anime affidategli (Cfr. Eb 13,17).

CAP. XXIII.

1 Si obbedisca soprattutto al preposito e molto di più all'abate, cui è affidata la direzione di tutti voi, 2 poiché chi li disprezza, disprezza colui che ha detto: "Chi ascolta voi ascolta me, e chi disprezza voi disprezza me" (Lc 10,16).

3 Fate in modo che tutte queste cose siano rispettate e, se qualcosa non sarà rispettato, non sia trascurato con negligenza, ma si faccia in modo di rimediarvi e di correggerlo: ciò è specialmente di pertinenza del preposito. 4 Quest’ultimo attribuirà all’abate, che ha maggiore autorità su di voi, ciò che supera il suo ambito e le sue forze.

5 Chi vi dirige, inoltre, non si consideri felice se domina con autorità, ma se serve con carità; 6 sia innalzato per il rispetto nei vostri confronti e sia prostrato ai vostri piedi davanti a Dio. 7 Nei riguardi di tutti offra se stesso come esempio di opere buone (Tt 2,7). 8 Corregga gli inquieti, consoli i deboli, accolga i fragili, sia paziente con tutti (1 Ts 5,14), 9 Mantenga con piacere la disciplina e infonda rispetto. 10 E sebbene ambedue siano necessarie, tuttavia cerchi di essere più amato che temuto, 11 pensando sempre che dovrà rendere conto a Dio in relazione a voi (Cfr. Eb 13,17).

12 Perciò, obbedendo maggiormente, avrete misericordia non solo di voi, ma anche di lui, poiché quanto più la sua posizione è sopra di voi, tanto più si trova in una situazione di pericolo maggiore.

13 Il Signore vi dia la grazia di osservare tutte queste cose con amore, come amanti delle bellezze spirituali e profumando del buon profumo di Cristo (2 Cor 2,15), grazie alla vostra buona conversione di vita, 14 stabiliti sotto la grazia non come schiavi sotto la legge, ma come uomini liberi.

15 Affinché vi possiate osservare in questo piccolo libro come in uno specchio e perché non avvenga che trascuriate qualcosa per dimenticanza, vi venga letto una volta alla settimana. 16 E quando vi troverete a compiere quanto scritto, rendete grazie a Dio, elargitore di ogni bene. 17 Nel caso che qualcuno di voi vedesse che gli manca qualcosa, pianga per il passato e provveda per il futuro, 18 pregando affinché gli sia rimesso il debito e non sia indotto in tentazione (Mt 6,12-13).

 


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24 febbraio 2017                a cura di Alberto "da Cormano"        Grazie dei suggerimenti       alberto@ora-et-labora.net