La Regula Magistri;

la primitiva Regola di San Benedetto

Di Odo J. Zimmermann O.S.B.

Estratto e tradotto da "American Benedictine Review", Vol. 1, n. 1, primavera 1950

American Benedictine Academy - Newark, New Jersey


Nel 1938 cominciarono ad apparire articoli sulla Revue d'histoire ecclesiastique riguardanti la Regula Magistri [1] e la Regola di San Benedetto. La discussione principale era incentrata sulla dipendenza dell'una dall'altra. La questione è ancora in discussione e lo studio più recente del problema è di Dom Cappuyns nelle Recherches de théologie ancienne et médiévale [2]. D. M. Cappuyns cerca di provare che Cassiodoro è l'autore o il compilatore della cosiddetta Regula Magistri e che dipende per il suo materiale da una primitiva Regola di San Benedetto.

Prima di lanciarsi in una discussione su questo tema, è meglio richiamare alcuni argomenti riguardanti la RM. Essa è stata generalmente considerata un commento alla Regola di San Benedetto. Un recente studio, tuttavia, ha rivelato che potrebbe essere stata una fonte molto importante per la regola di San Benedetto. Non è stata attribuita in modo definitivo ad alcun autore conosciuto, né ad un periodo particolare, né a nessun paese. C'è una notevole somiglianza tra questa e la Regola di San Benedetto. Oltre alla stretta corrispondenza nel testo dei titoli dei capitoli, e spesso anche nell'argomento dei capitoli, c'è una corrispondenza sconcertante del testo del Prologo e dei primi sette capitoli della Regola di San Benedetto con i primi dieci capitoli della RM. Sebbene quest'ultima sia molto più ampia e prolissa, è molto sorprendente notare la grande quantità di materiale che è espresso con identiche parole e frasi della Regola benedettina. "Stimiamo", dice Dom McCann, "che questo materiale ammonti in tutto ad una decina di colonne della Patrologia Latina di J.P. Migne (Abbreviata in PL), vale a dire a circa un quarto della Regola di San Benedetto" [3].

Per un comodo confronto di alcune sezioni delle due Regole, vengono qui inseriti i seguenti passaggi paralleli contenuti nei rispettivi Prologhi.

(P.L. 88. 943f)

Incipit Prologus Regulae.

O homo, primo tibi qui legis, deinde et tibi qui me auscultas dicentem, dimitte alia modo quae cogitas; et me tibi loquentem, et per os meum Deum te convenientem cognosce. Ad quem Dominum ex voluntate nostra per bona acta vel beneplacita justitiae ire debemus: ne per negligentiam peccatorum inviti rapiamur accersiti per mortem. Ergo, auditor, qui me audis dicentem, percipe quae tibi, non os meum, sed per hanc scripturam loquitur Deus: qui te, dum adhuc vivis, convenit de hoc quod ei post mortem redditurus es rationem. Quia quod adhuc vivimus, ad inducias vivimus: cum nos pietas Dei exspectat quotidie, emendari, et meliores vult esse nos hodie quam fuimus heri. Ergo tu, qui me auscultas, ita attende, ut dicta mea et auditus tuus per considerationem mentis ambulando in trivium cordis tui perveniant.

REGULA S. BENEDICTI

(Dom Cuthbert Butler [4])

Incipit Prologus Regulae Monasteriorum.

Obsculta, o fili, praecepta magistri, et inclina aurem cordis tui, et admonitionem pii patris libenter excipe et efficaciter comple, ut ad eum per oboedientiae laborem redeas, a quo per inoboedientiae desidiam recesseras.

Ad te ergo nunc mihi sermo dirigitur, quisquis abrenuntians propriis voluntatibus, Domino Christo vero regi militaturus, oboedientiae fortissima atque praeclara arma sumis.

 

Il resto del Prologo della RM (43 righe di testo nella PL) è qui omesso. Il Prologo è seguito da un Thema, comprendente un commento al Padre nostro. Anche la prima parte di questo Thema, che ammonta a circa quattro colonne nella PL, è qui omessa. Ci uniremo di nuovo al Magister nel suo commento al “sed libera nos a malo”.

Nella sezione seguente quelle parti della RM che sono identiche alla Regola di San Benedetto saranno riportate a sinistra in doppio spazio, con le varianti testuali della Regola di San Benedetto a destra. Le parole e le frasi della RM che non sono identiche a quelle della Regola di San Benedetto sono in corsivo. Quelle che non si trovano in San Benedetto sono in corsivo e racchiuse tra parentesi. Le parti omesse interamente nella Regola Benedettina sono riportate in un unico spazio. Le parentesi aperte (…) indicano le aggiunte alla RM

 

La somiglianza della RM osservata nel testo sopra riportato permane in tutti i primi sette capitoli della Regola di San Benedetto. Dopo di che troviamo meno corrispondenze nel testo, ma le molte somiglianze sono ancora veramente sorprendenti. Il capitolo 8 di San Benedetto trova il suo parallelo nel capitolo 33 della RM. I titoli sono identici: De officiis divinis in noctibus. Il capitolo 23 di San Benedetto ed il capitolo 12 della RM hanno ancora titoli identici: De excommunicatione culparum. Anche il contenuto è lo stesso, sebbene la formulazione sia leggermente diversa.

R.M. Capitolo 12.

In his omnibus supradictis si quis frater contumax, aut superbus, aut murmurans, aut inobediens praepositis suis frequenter exstiterit; et secundum divinam praeceptionem semel, et secundo vel tertio, vel quovis vitio monitus et correptus non emendaverit, referatur hoc a praepositis abbati: et qui praeest secundum qualitatem vel meritum culpae perpenset, et tali eum excommunicatione condemnet, ut sciat, qui Deum contemnit, quomodo dignus est judicari per contemptum majori exhibitum; dicente ipso Domino doctoribus nostris: Qui vos audit me audit; et qui vos spernit, me spernit (Luc. X) . Quae excommunicatio tale habeat meritum.

Regola di San Benedetto Capitolo 23.

Si quis frater contumax aut inoboediens aut superbus aut murmurans vel in aliquo contrarius exsistens sanctae regulae et praeceptis seniorum suorum contemptor repertus fuerit, hic secundum Domini nostri praeceptum admoneatur semel et secundo secrete a senioribus suis. Si non emendaverit, obiurgetur publice coram omnibus. Si vero neque sic correxerit, si intellegit qualis poena sit, excommunicationi subiaceat; sin autem improbus est, vindictae corporali subdatur.

 

Altri paragrafi sono stati completamente modificati. A volte parti di più capitoli sono state fuse in uno solo. Frequenti somiglianze con la regola di San Benedetto si trovano ovunque. Ciò è dimostrato in particolare nei titoli dei capitoli.

Un esame molto superficiale dei due testi mostra che se la RM è stata scritta per prima, San Benedetto deve essere accusato di aver estratto in toto la parte più ispirata della sua Regola da questa fonte. Come potrebbe allora San Gregorio Magno nel Secondo Libro dei Dialoghi affermare che la Regola è un riflesso della vita e del carattere di San Benedetto? [5] Se possiamo provare che Cassiodoro o qualsiasi altro scrittore successivo è l'autore della RM, allora San Benedetto non può aver copiato dalla RM, e nessuno può privarlo in pratica di tutte le pretese di originalità in un documento che è stato accolto attraverso i secoli come il grande contributo personale di San Benedetto alla legislazione monastica.

Se accettiamo gli argomenti di Cappuyns e consideriamo Cassiodoro come l'autore od il compilatore della RM, allora Cassiodoro è un semplice copista che prende alla lettera interi capitoli da San Benedetto senza nemmeno riconoscere l'esistenza del Patriarca del monachesimo occidentale. Ciò non sembra essere caratteristico del Cassiodoro che conosciamo. Nelle sue Institutiones ed in altre opere è normalmente molto coscienzioso nell'indicare le sue fonti. Perché non dovrebbe riconoscere l'opera di San Benedetto, suo contemporaneo? Cappuyns fa di tutto per sviluppare una ragione plausibile. Trova un altro caso in cui Cassiodoro non menziona le sue fonti. Claudianus Mamertus, ad esempio, il principale ispiratore del De Anima non è menzionato perché, dice Cappuyns, Cassiodoro “di principio non parla dei magistri novelli. Claudianus Mamertus è senza dubbio uno di questi. A maggior ragione lo è San Benedetto” [6], e quindi non è menzionato da Cassiodoro. Quell'esempio non è parallelo perché, anche se Mamertus ne ha fornito l'ispirazione, Cassiodoro ha scritto il De Anima nel suo stile ed ha sviluppato le idee a modo suo. Questo esempio non è quindi una spiegazione soddisfacente per la reticenza del Magister riguardo alla Regola di San Benedetto.

Inoltre, nel capitolo 1 della RM l'autore fornisce un resoconto dettagliato della vita dei Girovaghi e dei Sarabaiti, con i quali sembra aver avuto rapporti personali per un lungo periodo di tempo. Parla come uno che ha fatto le sue osservazioni stando sulle porte di un monastero, dove ha visto questi monaci vagabondi andare e venire, e descrive le loro abitudini quotidiane di pigrizia, inganno e gola senza mezzi termini. È probabile che Cassiodoro avesse avuto tali contatti con Girovaghi e Sarabaiti nel suo monastero di Vivarium? L'immagine che lui stesso ci offre di Vivarium è quella di un rifugio tranquillo e pacifico per i monaci letterati ed i santi eremiti, lontano dalle volgari invasioni della "peggior specie di monaci", come Cassiodoro dice nelle “Cassiodori Senatoris Institutiones”. La descrizione dei Girovaghi e dei Sarabaiti difficilmente può essere opera di Cassiodoro.

Dom Cappuyns, (nell’opera citata a pag. 266) afferma che Cassiodoro deve aver usato una forma primitiva della regola di San Benedetto nella compilazione della RM. Ciò suona molto plausibile, perché il testo da cui Cassiodoro ha preso a prestito evidentemente non conteneva alcuni di quei bellissimi esempi di matura discrezione e moderazione come le righe 117 e segg. del Prologo. Cassiodoro, con il suo occhio per la bellezza ed il suo apprezzamento per la qualità letteraria, ne avrebbe riconosciuto anche il merito e, anche se non li avesse commentati come commentava altri grandi scritti, almeno non avrebbe mancato di includerli nella sua propria compilazione della RM.

Ora, se Cassiodoro ha copiato intere sezioni da una precedente Regola di San Benedetto, ne consegue logicamente che quelle sezioni della RM che corrispondono letteralmente alla Regola benedettina sono la copia esatta di una primitiva Regola di San Benedetto.

Nel caso di citazioni che non si trovano nell'attuale Regola di San Benedetto, non possiamo concludere che anche Cassiodoro abbia copiato molte di queste dalla Regola primitiva? Abbiamo visto sopra che difficilmente avrebbe potuto essere l'autore della descrizione dei Girovaghi e dei Sarabaiti. Anche questa descrizione era nella Regola originale?

Non è stato ancora dimostrato, tuttavia, che Cassiodoro sia realmente l'autore od il compilatore della RM. Quando consideriamo lo stile della RM e lo confrontiamo con quello di Cassiodoro, troviamo buoni motivi per non attribuirgliene la paternità.

La tabella seguente mostra i risultati ottenuti dall'esame di 208 clausulae (= Conclusione di un periodo o di una frase [*]) della RM nella posizione finale. Gli esempi sono tratti da sezioni della RM che non hanno nulla in comune con la Regola di San Benedetto o mostrano una grande differenza nel modo in cui vengono espressi simili contenuti di pensiero. [7] Se Cassiodoro è l'autore della RM, allora la caratteristica del suo stile dovrebbe apparire in quelle sezioni della RM dove è indipendente dalla Regola di San Benedetto.

Per arrivare alle seguenti percentuali non si è tenuto conto della normale tipologia [8].

 

R.M.

Planus                      32.2%

Velox                        31.3%

Tardus                      19.2%

Trispondaicus           4.8%

Cassiodoro (Tutte le sue opere)

Planus                      32.2%

Velox                        27.6%

Tardus                      25.1%

Trispondaicus           9.7%

 

Nonostante queste somiglianze, ci sono due variazioni significative. Nelle Variae Cassiodoro osserva la seguente normale divisione delle parole nel 91,8% delle occorrenze del planus: arma / perducit o arma / qui ducit. Anche nelle altre sue opere tiene in debita considerazione questa normale tipologia nell'uso del planus. La RM osserva questa divisione di parole nel planus solo nel 59,7% delle sue occorrenze nei 208 esempi trattati nella tabella sopra. Inoltre, in questi esempi ci sono otto parole di cinque sillabe in posizione finale, mentre in Cassiodoro "parole di più di quattro sillabe si trovano raramente in posizione finale", secondo Sorella Mary Josephine Suelzer.

Un altro tratto caratteristico eccezionale di Cassiodoro è il suo uso frequente di circonlocuzioni verbali come "probor esse compulsus" o "provenire monstratur" [9]. Nelle sue Institutiones compaiono 12 esempi in 57 righe di testo; nell'Expositio in Psalmum, 13 esempi in 247 versi; nel De Orthographia, 16 in 147 righe [10]. In tutto, 41 esempi in 451 righe di testo. Un esame della RM, d'altra parte, mostra che nel Prologo, Thema, Capitoli 1, 11, 12, 13 e 14 (pari a circa 1200 righe di testo nella PL) c'è solo un esempio (Cap. 1. 951C: mentiri Deo per tonsuram noscuntur) che può sicuramente essere classificato come una circonlocuzione di questo tipo. Evidentemente questo tratto è estraneo alla RM

Cassiodoro, quindi, difficilmente può essere l'autore od il compilatore della RM. Gli argomenti esposti da Dom Cappuyns, tuttavia, suggeriscono un'altra soluzione che è allo stesso tempo semplice e plausibile, vale a dire che l'intera RM è la primitiva Regola di San Benedetto.

Nella stessa frase di apertura della presente Santa Regola, San Benedetto si definisce magister. Obsculta, o fili, praecepta magistri. Ciò non è necessariamente un'arrogante affermazione da parte sua, poiché esprime semplicemente la relazione naturale che esiste tra lui ed i suoi monaci. Anche i titoli dei capitoli della RM mostrano questo tipo di relazione. Appaiono regolarmente nella seguente forma: Interrogatio discipuli. Qualis debeat esse abbas? Rispondi Dominus per magistrum.

San Gregorio nella sua vita di San Benedetto lo chiama magister in diverse occasioni e usa spesso il termine discipulus per un monaco. [11] Ciò sembra dimostrare che il rapporto di magister e discipulus tra San Benedetto ed i suoi monaci fosse dato per scontato da San Gregorio

Genestout, Alamo e Cavanera sostengono con forza la priorità della RM. Capelle e Cappuyns [12] hanno già suggerito che la RM contiene almeno parti di una primitiva Regola di San Benedetto. Il passo successivo è considerare l'intera RM come l'opera giovanile di San Benedetto ed accettarla, così com'è, con la sua estensione e prolissità, come l'esuberante legislazione dell'uomo giovane ed inesperto che il patriarca maturo ed esperto ha rivisto e modificato nel codice conciso e pratico che abbiamo oggi.

Questo approccio offre una soluzione naturale e plausibile a molti, se non a tutti, i problemi e le difficoltà riguardanti l'interrelazione di questi due documenti. Non sarà più necessario inventare scuse inverosimili per Cassiodoro o l'incertus auctor, né supporre che uno di loro sia stato soggetto ai capricci di una mentalità distorta. Se la RM è opera di San Benedetto, l'intero problema dell'originalità e delle fonti non riconosciute è risolto. Quindi, possiamo anche spiegare perché una regola così lunga e dettagliata per i monaci, come la RM, avrebbe dovuto essere conservata per noi senza lasciare traccia del suo effettivo utilizzo in un qualsiasi monastero durante un periodo lungo ed attivo della storia monastica. È naturale che la RM sia passata in disuso dopo essere stata sostituita dall'attuale Regola di San Benedetto. Ma ci devono essere state delle copie di essa, poiché era in uso fino all'introduzione della Regola riveduta.

Si può anche determinare il suo luogo di origine, ovvero Subiaco [13]. Tutti gli episodi riportati nella RM sembrano rientrare nello scenario di Subiaco, come possiamo raffigurarlo dalle indicazioni della Santa Regola e dalla descrizione data da San Gregorio Magno. San Benedetto, da giovane, guadagnò una reputazione di santità ed austerità. La sua fama attirò l'attenzione ed in molti si recarono da lui: i buoni, i cattivi e gli indifferenti. Si misero sotto la sua guida e lui diventò il loro magister. Costruì monasteri per alcuni, ad altri permise di vivere da eremiti.

Esaminiamo ora la descrizione dei Girovaghi che ci fornisce la RM. Alcuni brani del relativo Primo Capitolo (PL vol. 88, col. 951C-953B) recitano come segue:

13 La quarta specie di monaci, — non si dovrebbe neppure nominarla ed io farei meglio a passarla sotto silenzio piuttosto che parlare di gente simile, — 14 la si chiama la specie dei girovaghi. Tutta la loro vita, vagando nelle varie province, si fanno accogliere tre o quattro giorni nelle celle e nei monasteri dei vari monaci. 15 Così, pur volendo essere ricevuti ogni giorno di nuovo da gente diversa, come si addice all'arrivo di un ospite, 16 e pur costringendo ogni giorno degli ospiti vari, per il piacere del loro arrivo, a preparare loro cibi scelti e ad uccidere col coltello, in onore del loro arrivo, animali di cortile, 17 essi non credono, in tal modo, di essere a carico di queste varie persone, poiché, cambiando ospite tutti i giorni, si fanno preparare da varia gente piatti diversi, come si conviene all'arrivo di un nuovo arrivato, sotto la forma di una carità importuna. 18 E quando, come se fosse malgrado loro, esigono da ospiti diversi il compimento del precetto dell'Apostolo, nel quale egli dice: «Siate premurosi nell'ospitalità (Rm 12,13)», 19 quando, prendendo a pretesto questo precetto richiedono, dopo il cammino, cure per i loro piedi senza riposo ma, col pretesto del viaggio sono, molto più dei loro piedi, le loro viscere sporcate da una cena o un pranzo troppo generosi che desiderano curare con bicchieri colmi senza fine. ......... 24 Ed immediatamente interrogano per sapere dove si trova un monaco o un monastero nella vicinanza, per fare sosta e per fermarsi quando avranno lasciato questi luoghi,

........31 E quando, dopo due giorni passati presso lo stesso ospite, le ricercatezze culinarie iniziano a diminuire e scomparire 32 e la mattina del giorno dopo vedono l'ospite occupato, non a cucinare il pasto, ma ai lavori della propria celletta, immediatamente pensano bene di cercarsi un ospite altrove. Non appena arrivati, ecco che ripartono! 34 Allora si affrettano di dire addio a quest'ospite diventato avaro e, nella rapidità che hanno di scappare da questo alloggio, chiedono all'ospite di fare una preghiera per la loro partenza. 35 Si affrettano come se fossero spinti, come se già li attendessero dei pranzi già pronti presso altri ospiti.

36 E se, a poca distanza di questo monastero, trovano una celletta di monaco, si riposano dicendo che arrivano da oltre i confini dell'Italia [14]. 37 E, con la testa inclinata in segno d'umiltà, ripetono a quest'ospite qualche storia menzognera di pellegrinaggio o di schiavitù, 38 obbligando il loro amorevole ospite, per pietà per questo lungo viaggio, a svuotare tutta la sua povertà nelle pentole e sulla tavola.

 

Questa descrizione dei Girovaghi si inserisce facilmente nel quadro di Subiaco. Questi monaci vagabondi si fermavano nei monasteri che San Benedetto vi aveva costruito ed anche nelle case degli eremiti. Abusavano dell'ospitalità di ciascuno a turno. Il loro modo di vivere diventò di conoscenza comune. In effetti, i singoli Girovaghi sono praticamente identificati dalle loro parole ed abitudini. Quando San Benedetto visita i monasteri o contatta gli eremiti, raccoglie l'intera storia della vita e del carattere ingannevole dei Girovaghi. La sua descrizione di essi potrebbe quindi facilmente includere i dettagli forniti nella RM, poiché sembrano mostrare che l'autore fosse in contatto con i monasteri e con i singoli monaci che gli hanno raccontato le proprie esperienze. Chi, allora, avrebbe potuto dare questa descrizione meglio di San Benedetto stesso?

Si possono anche spiegare le differenze psicologiche tra la RM e la Regola di San Benedetto. La prima è naturalmente immatura e mostra lo zelo di un uomo più giovane che è interessato e preoccupato per i particolari e le minuzie. Ciò è evidente in tutta la RM. Nella redazione finale, tuttavia, la maggior parte dei dettagli sono riassunti in poche frasi o minimizzati con una o due parole. Più spesso i dettagli vengono semplicemente omessi. Ma la stessa caratteristica di fornire dettagli minuti è comune in tutti i capitoli della RM. Ad esempio, il Capitolo 26, De mensura ciborum, è ridotto a poco più della metà della sua lunghezza originale nel Capitolo 39 dell'attuale regola di San Benedetto. Il Capitolo 11 della RM, De praepositis monasterii, subisce un cambiamento simile nel Capitolo 21 di San Benedetto. Il Capitolo 81 (RM), De vestimentis, è riassunto da San Benedetto in una dichiarazione generale e sono conservati solo i dettagli necessari.

Nel confronto totale dei due testi troviamo lo stesso tipo di revisione: i dettagli in eccesso vengono eliminati o riassunti e codificati in leggi generali, ma le idee principali rimangono le stesse. La frase della RM (C. 26) “Medius panis pensans libram singulis fratribus in die sufficiat”, diventa “Panis libra una propensa sufficiat in die” (C. 39). Il Capitolo 83 della RM, Quomodo debent haberi in monasterio sacerdotes, è reciso dei suoi dettagli nel Capitolo 60 della Regola di San Benedetto, De sacerdotibus qui forte voluerint in monasterio habitare. Sebbene la formulazione dei due capitoli sia diversa, lo spirito è lo stesso: il sacerdote è onorato e rispettato, ma deve essere soggetto alla Regola.

In generale la presente Regola di San Benedetto mostra una maggiore maturità ed un giudizio più solido rispetto alla RM. Esprime i principi generali dedotti dai dettagli descrittivi del testo della RM. Ciò mostra chiaramente la sua crescita costante ed il suo sviluppo naturale rispetto alla RM.

Se nella RM confrontiamo il capitolo 10 sull'umiltà con il capitolo 7 di San Benedetto sulla stessa virtù, troviamo ulteriori prove che confermano la paternità comune. Il capitolo 7 (sull'umiltà) è così caratteristico di San Benedetto che nessuno dubita della sua paternità. "Perciò il VII capitolo è ritenuto giustamente come la finale espressione della spiritualità monastica" [15], non può essere opera di nessuno tranne che di San Benedetto. Sappiamo che ne ha preso in prestito l'intera struttura da Cassiano. Ma san Benedetto cambiò l'ordine dei gradi di umiltà e, inoltre, ampliò notevolmente il breve riassunto di Cassiano.

Ma questo capitolo si trova letteralmente nella RM, con solo lievi variazioni nelle singole parole o frasi. L'autore del capitolo sull'umiltà deve essere lo stesso nella RM e nella Regola di San Benedetto. Ma nella RM questo capitolo contiene sezioni che non sono contenute nella presente Regola di San Benedetto. Costituiscono una parte così naturale dell'intero capitolo, tuttavia, che siamo costretti a concludere che l'intero capitolo 10 della RM è stato messo insieme da San Benedetto e che ne ha omesso parti nella sua stesura finale. Se dunque san Benedetto è l'autore di tutto questo capitolo della RM [16], cosa ci impedisce di concludere che abbia scritto tutta la prima sezione della RM, dal Prologo al capitolo 10 compreso?

Dal breve paragrafo alla fine del capitolo 10 della RM, (“Qui finisce l’attività della milizia del cuore: come si fuggono i peccati per il timore di Dio”) sappiamo che i primi dieci capitoli formano un'unità a sé stante. C'è una base, quindi, per dire che questa sezione è forse l'unica parte della RM che San Benedetto ha scritto e che non è l'autore degli 85 capitoli che rimangono. Ma un esame della sezione successiva della RM indicherà il contrario. Dobbiamo solo esaminare i titoli dei capitoli per vedere la loro somiglianza con quelli di San Benedetto. Alcuni sono stati predisposti per un comodo confronto.

 

La somiglianza e la corrispondenza delle frasi continuano in tutta la RM. Quasi ogni intestazione di capitolo della Regola di San Benedetto ha un'intestazione corrispondente nella RM. E la corrispondenza dei titoli dei capitoli da sola è un argomento forte per la paternità comune. Oltre a questo ci sono grandi somiglianze nel contenuto di un certo numero di capitoli. Capitolo 12 (RM) e Capitolo 23 (San Benedetto); Capitoli 64 e 29; Capitoli 81 e 55. Un gran numero di frasi è identico in entrambi i testi. Dom McCann, nell’opera citata, sottolinea la presenza di queste parole “benedettine” nella RM. L'identità di queste non può essere spiegata in modo soddisfacente se non si accetta San Benedetto come l'autore di entrambe le Regole. Che una notevole identità di testo si estenda solo ai primi dieci capitoli della RM sembra indicare che questa sezione fosse già stata sottoposta ad una revisione per mano di S. Benedetto. È la sezione che contiene gli elementi essenziali della spiritualità monastica o, nelle parole di chiusura del capitolo 10 del testo della RM, l’actus militiae cordis (L’attività della milizia del cuore).

La severità della sezione successiva della RM in alcune delle sue leggi non è in contrasto con il carattere di San Benedetto ,come ce lo delinea San Gregorio Magno. Quante volte San Benedetto viene raffigurato mentre rimprovera severamente i monaci per infrazioni che potremmo facilmente considerare piuttosto lievi? Ad esempio, il monaco che ha accettato alcuni fazzoletti in segno di ringraziamento dalle suore (Dial., II, 19); i fratelli che hanno cenato sulla via del ritorno al monastero (Dial., II, 12); il fratello di Valentiniano che ha rotto il digiuno mentre si recava al monastero (Dial., II, 13). Queste severità riflettono la legislazione della RM al Capitolo 82, Si debet in monasterio frater aliquid peculiare habere, può facilmente spiegare la storia dei fazzoletti. Gli altri due incidenti possono essere spiegati sulla base di tre capitoli che trattano minuziosamente la questione del mangiare e del digiuno durante il viaggio: Capitolo 59, Qua hora debent fratres in via reficere; Capitolo 62, Si debet extra horam consitutam in via frater aut manducare aut bibere; e il capitolo 61, che tratta esplicitamente della questione del mangiare fuori dal monastero su invito di altri. La prescrizione vale per i monaci, ma può anche spiegare la severità di San Benedetto con il fratello di Valentiniano.

Nel capitolo 33 del Libro II dei Dialoghi, San Gregorio descrive l'ultimo incontro tra San Benedetto e sua sorella, Santa Scolastica. Supplica il suo santo fratello di restare tutta la notte a parlare con lei delle gioie della vita eterna - ut usque mane de coelestis vitae gaudiis loquamur. Nella RM ci sono due descrizioni vivide ed interessanti delle gioie del cielo (Nel finale dei Capitoli 3 e 10). L'autore della RM e San Benedetto avevano evidentemente questo interesse in comune.

Il capitolo 70 della RM, De charitate fratrum circa aegrotos, è molto caratteristico di San Benedetto. Così stabilisce questo capitolo: “I fratelli che desiderano mostrare la pienezza della loro carità si superino a vicenda visitando i fratelli malati, consolandoli e servendoli; affinché la carità trovi la sua prova nel momento del bisogno, quando i fratelli mettono in pratica le parole del Signore: "Ero malato e mi hai visitato".

Il buon giudizio e la discrezione che si trovano nella RM sono stati spesso ignorati nel passato. Un esame del testo mostrerà che la quantità di legislazione eccessiva o scriteriata è relativamente piccola. Gli esempi standard messi chiaramente in evidenza ogni volta che viene menzionata la RM sono il capitolo 13, Quomodo debeat frater excommunicatus tractari, ed il capitolo 92, De honore vel gradu post abbatem caeteris denegando. Verso la fine del capitolo 13 troviamo la seguente legislazione: " I fratelli scomunicati, qualora si dimostrino così superbi che ostinandosi nell’orgoglio del loro cuore, al terzo giorno, all’ora nona, non abbiano ancora voluto dar riparazione all’abate, verranno messi in prigione e battuti a vergate fino al sangue (Letter. “Fino alla morte), e se parrà bene all’abate siano espulsi dal monastero; ... È giusto dunque che questi tali debbano essere presi a vergate ed espulsi,...”

Riguardo a ciò possiamo solo dire che i romani loro contemporanei conoscevano questo tipo di battiture meglio di noi al giorno d’oggi, così che San Benedetto e la sua epoca non rimasero scioccati come noi alla loro menzione. Inoltre l'ad necem caedantur virgis (siano battuti a vergate fino al sangue) è usato in parte in senso figurato, perché l'abate può ancora espellere questi uomini dal monastero dopo che la punizione è stata inflitta. Non si pensa assolutamente di picchiare a morte.

Per quanto riguarda il secondo esempio, il comando piuttosto irragionevole di cambiare costantemente l'ordine di rango nella comunità, dobbiamo tenere presente il motivo alla base della legge. La RM mira al progresso spirituale dei monaci. Il magister vuole che siano umili e non cerchino gli onori della carica, in modo che possano essere "più inclini a competere tra loro in buone azioni ed umiltà (certatim omnes in bonis actibus, vel in humilitate faciat propensare)" (Cfr. Cap. 92, 1045C). La legislazione non è un mero capriccio di un abate dittatoriale e nemmeno è necessariamente contraria al carattere di San Benedetto. Lo spirito che sta dietro ad essa sembra essere molto in linea con le parole del prologo di San Benedetto: “Se qualcosa è in qualche modo rigorosamente stabilito per l'emendamento dei vizi. ... "

È stato affermato che la RM è un commento alla Regola di San Benedetto. Se è un commento, allora perché l'autore non segue la normale procedura di un commentatore, come fa così bene nel commento al Padre Nostro che segue immediatamente il suo Prologo? Se rendiamo la RM un commento della Santa Regola, allora siamo costretti a concludere che l'autore della RM possedeva una strana combinazione di buon senso comune e di profonda intuizione spirituale, ma una totale mancanza di procedura logica ed una mancanza di gusto. Il suo commento procede in modo molto confuso. Invece di seguire i capitoli di San Benedetto in successione, salta da uno all'altro, ne divide alcuni e distribuisce sezioni di altri a piacimento in tutta la sua opera. Egli aggiunge idee irrilevanti e non commenta alcune delle sezioni più belle della Regola. Come commento la RM non ha senso.

Inoltre, è psicologicamente malsano considerare la RM come successiva a San Benedetto, poiché quella posizione ci costringerà ad accettare una teoria secondo cui l'autore della RM, possedendo alcuni tratti mentali molto peculiari, ha prodotto una caricatura della Regola di S. Benedetto. Perez de Urbel, ad esempio, nel discutere la liturgia della RM dice: "È vero che il Maestro non parla degli inni Te Deum o Te Decet, ma non si può vedere in questo dettaglio un segno di antichità, poiché noi sosteniamo che è contrario agli inni di ogni tipo, che sono stati formalmente esclusi dalla liturgia in una parte notevole dell'Occidente". Ne testimoniano anche le dichiarazioni piuttosto severe di Dom Justin McCann. Dopo aver parlato della gentilezza e della cortesia che San Benedetto si aspetta dai suoi monaci, Dom McCann afferma che "tale riconoscimento dei diritti personali e delle distinzioni personali è estraneo allo spirito e contrario ai principi" dell'autore della RM. Nel confrontare la prescrizione del Maestro (RM cap. 2) e quella di San Benedetto (cap. 7) “Nel consigliarsi con i fratelli”, dice Dom McCann: “Il Maestro, more suo, ha storpiato il testo di San Benedetto di questo capitolo e abbiamo l'impressione che non gli interessasse molto questa disposizione; ma che comunque c'è. "

Ancora una volta Dom McCann dice: "Perché ci sembra che la spiegazione più semplice di queste numerose differenze omogenee è che il Maestro abbia esaminato il testo di San Benedetto, per così dire, con la sua matita blu editoriale ed abbia cancellato ogni passaggio che implicava che i monaci dovessero avere un ordine fisso o dovessero ricevere un trattamento differenziato per una ragione qualsiasi. "

Dom Cappuyns sorvola sulle incongruenze che siamo costretti ad imporre al carattere di Cassiodoro, se vogliamo accettarlo come l'autore della RM. Egli occulta l'intero assunto con l'affermazione: “Il linguaggio, lo stile, le fonti simili, la dottrina ed i dettagli bizzarri di ogni tipo che sono caratteristici di quest'ultima (RM), ci costringono ad imputarne la paternità a Cassiodoro. "

Queste conclusioni seguono necessariamente l'ipotesi che la RM sia stata scritta più tardi della Regola di San Benedetto. Inoltre, se esaminiamo la RM, la sua unità di stile e di scopo viene facilmente rilevata. Questa unità lega l'intera RM, dal capitolo 1 al capitolo 95, in un tutto composito. I dettagli della vivida descrizione che si trovano nel primo capitolo sono caratteristici di diversi altri capitoli, come ad esempio i capitoli 25, 26, 27, 69, per citarne solo alcuni. Lo stesso andamento delle intestazioni dei capitoli mostra un'unità di intenti nella Regola. Tutte le intestazioni concernono direttamente le regolamentazioni spirituali e temporali delle comunità di monaci sotto un abate.

Confrontando lo stile e gli artifici retorici della RM con quelli della Regola di San Benedetto, viene messa in luce la somiglianza stilistica. I punti di confronto includono: a) clausulae; b) responsio; c) frasi che assomigliano a versi; d) rima ed assonanza.

a) Clausulae (= Conclusione di un periodo o di una frase)

Le percentuali riportate di seguito per le clausulae della Regola di San Benedetto sono state ricavate dagli elenchi di clausulae quantitative e accentuali fatte da Dom Anselmo Lentini nel suo studio sul ritmo in prosa di San Benedetto [17]. Nelle presenti tabelle sono incluse solo clausulae in posizione finale.

R.M.

Planus                                      32.2%

Velox                                        31.2%

Taddus                                    19.2%

Trispondaicus                          4.8%

Medius                                      4.8%

Dispondeus dactylicus           0.96%

No cursus                                 6.7%

Regola di San Benedetto

Planus.                                       30.7%

Velox                                          11.2%

Taddus                                       16.3%

Trispondaicus                           13.2%

Medius                                       14.6%

Dispondeus dactylicus.             3.2%

No cursus                                  10.6%

La percentuale dell'uso di parole di cinque o più sillabe nella posizione finale è del 3,8% per la RM e del 12,4% per la Regola di San Benedetto.

A giudicare da tutti i dati precedenti, si deve concludere che le due Regole sono state scritte da due autori distinti o che lo stesso autore abbia interrotto l'uso studiato delle clausulae. Quest'ultima conclusione è abbastanza probabile poiché, da giovane, San Benedetto si trovò di fronte al compito di scrivere una Regola per i monaci che si erano posti sotto la sua guida. Mentre scriveva, si conformava naturalmente agli standard di scrittura formale che aveva imparato a scuola. Più tardi, quando tornò a rivedere il suo precedente lavoro, essendo ora più vecchio, meno preoccupato dello stile e più concentrato sulla precisione e immediatezza nella legislazione, trascurò in larga misura il ritmo della prosa. Inoltre, le differenze osservate nell'uso delle clausulae non mostrano un'incongruenza di stile, ma piuttosto un'osservanza meno rigorosa di un tecnicismo della retorica. La consistenza nell'uso del cursus nelle due Regole è indicata dal fatto che la RM osserva una normale tipologia del 59,7% delle occorrenze del cursus planus negli esempi riportati, e la Regola di San Benedetto osserva il cursus planus nel 56,3% di tutti i suoi utilizzi del planus.

 

b) Responsio

Il ritmo della prosa non si esaurisce nel susseguirsi di proposizioni considerate singolarmente. Nella Regola di San Benedetto le cadenze delle frasi successive sono spesso armonizzate in modo che la ripetizione regolare dello stesso o di un simile finale ritmico produca un piacevole effetto sonoro. L'uso di questo espediente retorico si chiama responsio.

I due esempi riportati di seguito indicano il tipo di responsio che si trova nella Regola di San Benedetto.

 

I seguenti esempi di responsio presi dalla RM sembrano molto simili a quelli di San Benedetto.

 

c) Frasi che assomigliano al versetto

Nella regola di San Benedetto, oltre alla responsio di clausulae, troviamo spesso due frasi o clausole che producono l'impressione di distici in versi. Così l'osservazione vale anche per la RM, come indicano gli esempi sopra citati sotto responsio ed i seguenti esempi.

 

 

d) Rima ed assonanza

"L'assonanza, e spesso la rima genuina, è così frequente nella Regola di San Benedetto, che non possiamo ignorarla in silenzio", dice Dom Lentini. Le stesse parole possono essere applicate alla RM. Esempi tratti dalle due Regole, posti in colonne parallele, mostrano che questa caratteristica è comune allo stile di entrambe.

 

Esempi di somiglianze retoriche e stilistiche nelle due Regole potrebbero essere moltiplicati ancor più, ma quelli sopra riportati sono sufficienti a dimostrare un'altra notevole somiglianza che esiste tra la RM e la Regola di San Benedetto.

In conclusione, si deve riconoscere che le intricate interrelazioni psicologiche tra le due Regole e l'intreccio dell'identità testuale non possono essere spiegate in modo soddisfacente, a meno che non si ponga un autore per entrambe le Regole. Siamo certi che San Benedetto ha scritto la Regola che abbiamo oggi. Se accettiamo la RM come il suo lavoro giovanile, allora abbiamo una spiegazione naturale per la sua paternità, la sua data ed il luogo di origine, e possiamo anche dare un ragionevole conto delle differenze psicologiche che esistono tra la RM e l'attuale Regola di S. Benedetto. Se una persona prima di San Benedetto ha scritto la RM, allora San Benedetto resta privo di ogni pretesa di originalità. Ma le parole di san Gregorio Magno e del sensus communis di tutti i secoli passati si oppongono a ciò. Inoltre, il personaggio di San Benedetto, come abbozzato da Papa San Gregorio, sembra coincidere con quello del Magister. La RM difficilmente avrebbe potuto essere scritta dopo il tempo di San Benedetto, perché la sua interpretazione diventerebbe allora priva di senso come un film al contrario. Questa teoria comporta anche implicazioni ingiustificabili sul carattere dell'autore della RM. Infine, le grandi somiglianze di retorica e di stile sono una forte evidenza che le due Regole sono opera di una sola persona. Possiamo concludere che la RM può essere meglio spiegata considerandola come l'opera precedente di San Benedetto.


[*] Nota del traduttore: Il cursus è una cadenza o clausola ritmica, molto ricercata nella prosa "regulata" latina del Medioevo, cadenza o clausola che chiude armoniosamente i periodi e membri di periodo, e che comprende almeno due parole, ognuna fornita di un accento proprio.

L'apparizione del cursus, con caratteristiche che durano lungo l'intero Medioevo, si può collocare nel sec. III d. C. Varie sono le forme che assunse, di cui quattro costituiscono le clausole principali: cursus planus, tardus, velox e (con designazione del tutto moderna) trispondaicus. Fra tali tipi i trattatisti medievali raccomandavano in modo speciale il velox e il planus, e il velox, preferito alla fine delle frasi, ritenevano la clausola più bella.

Il cursus planus è formato da un polisillabo parossitono (o piano che dir si voglia) seguito da un trisillabo pure parossitono, ed è esemplificabile con víncla perfrégit, retributiónem merétur, o anche ópis est nóstrae (perché è legittima la soluzione del trisillabo in un monosillabo e in un bisillabo). Il tardus, detto anche ecclesiasticus, risulta da un polisillabo parossitono seguito da un quadrisillabo proparossitono (o sdrucciolo): esempî, víncla perfrégeret, felicitátis percípient, o anche, con l'ammesso scioglimento del quadrisillabo, examinátis quae tángimus. Il velox consta di un polisillabo proparossitono seguito da un quadrisillabo parossitono, vínculum fregerámus, consíliis et respónsis, e perfino cándida nostra sígna. Il trispondaicus è costituito da un polisillabo seguito da un quadrisillabo, ambedue parossitoni: ésse videátur, (una) vóce clamavérunt. (Fonte: Enciclopedia Treccani - treccani.it)


[1] In seguito abbreviata in RM. Il testo è stato pubblicato nel volume 88, col. 943-1052 della Patrologia Latina di J. P. Migne – Parigi 1850

[2] D. M. Cappuyns, “L’auteur de la Regula Magistri: Cassiodore,” Recherches de théologie ancienne et médiévale, XV (1948), 209-268.

Oltre a Cappuyns, anche i seguenti autori sostengono la priorità della Regola di San Benedetto: D. B. Capelle, “Cassien, le Maître et saint Benoît, "Recherches de théologie ancienne et médiévale, XI (1939), 110-118; Aux origines de la Règle de saint Benoît," ibid., pp. 375-388; “Un plaidoyer pour la Règle du Maître,” ibid., XII (1940), 5-32; “Le Maître anterieur a saint Benoît?” Revue d’histoire ecclésiastique, XLI, (1946), 66-75.—D. A. Lambert, “Autour de la Règle du Maître,” Revue Mabillon, XXXII (1942), 21-79.—D. C. Lambot, “Passage de la Regula Magistri dépendant d’un manuscrit interpolé de la Règle Bénédictine,” Revue Bénédictine, LI (1939), 139-143.—D. J. McCann, “The Rule of the Master,” Downside Review, LVII (1939), 3-22; “The Master’s Rule Again,” ibid., LVIII (1940), 150-159. D. J. Pérez de Urbel, “La Règle du Maître,” Revue d’histoire ecclésiastique, XXXIV (1938), 707-739; “Le Maître et saint Benoît,” ibid., 756-764.

Gli autori che seguono sostengono invece la priorità della R.M.: D. M. Alamo, “La Règle de saint Benoît éclairée par sa source, la Règle du Maître,” Revue d’histoire ecclésiastique, XXXIV (1938), 740-755; “Noveaux éclaircisements sur le Maître et saint Benoît,” ibid., XXXVIII (1942), 332-360.—F. Cavallera, “La Regula Magistri et la Règle de saint Benoît. Le problème littéraire” Revue d’ascétique et de mystique, XX (1939), 225-236; “La Regula Magistri sa doctrine spirituelie,” ibid., 337-368; “Où en est la question de la Règle du Maître et de ses rapports avec la Règle de saint Benoît?” ibid., XXIV (1948), 72-79.—D. A. Genestout, “La Règle du Maître et la Règle de saint Benoît,” Revue d’ascitique et de mystique, XXI (1940), 51-112; “Le plus ancien témoin manuscrit de la Règle du Maître, le Parisinus latin 12634,” Scriptorium, I (1946-47, 129-142; “Unité de composition de la Règle de S. Benoît et de la Règle du Maître d’après leur manière d’introduire les citations de l’Ecriture,” Studia Anselmiana XVIII-XIX (1947), 227-272.—M. F. Masai, “La Règle de saint Benoît et Regula Magistri," Latomus VI (1947), 207-229.

[3] McCann, “The Rule of the Master,” op. cit., pag.4.

[4] Dom Cuthbert Butler, Sancti Benedicti Regula Monasteriorum (Friburgi, Briagoviae, 1935).

[5] Gregorii Magni Dialogi, ed. U. Morrica (Roma, 1942), II,36.

[6] Cappuyns, op. cit., p. 265.

[7] Sono state esaminate le seguenti sezioni della RM: Prologo; Tema fino a col. 949D; Capitolo 1, da 951C fino alla fine; Capitolo 2, 957A-B, Capitolo 3, da 958C fino alla fine; Capitolo 4, Capitolo 5, Capitolo 6, Capitolo 7, da 960B a 962C; Capitoli dal 62 al 79 compreso. La Clausulae seguite da un periodo, un punto esclamativo od interrogativo sono state considerate come aventi posizione finale. Sono state escluse le citazioni della Scrittura.

[8] La base per il confronto è il criterio usato da Cassiodoro così come indicato da Sorella Mary Josephine Suelzer, The Clausulae of Cassiodorus (Washington, D.C., 1944), pag. 18-20. Le percentuali per Cassiodoro si trovano alle pag. 40-41.

[9] B.H. Skahill, The Syntax of the Variae of Cassiodorus (Washington, D.C., 1934), p. 200.

[10] Gli esempi sono stati estratti dalle seguenti sezioni delle opere di Cassiodoro: Institutiones, Praefatio 1; Libro I, Cap. 14, 3.4 (Mynors, opera citata); Expositio in Psalterium, Salmo 1 (PL, vol. 70, 96-100); De Orthographia (PL, vol. 70, 1239-1243).

[11] Dialogi, II, 3: magistri adiutor coepit existere; ibid. 8: quia magistri corpus necare non potuit.

[12] L’argomento degli articoli di Capelle e di Cappuyns, menzionati nella precedente nota 2, è che la RM si basa su di una primitiva Regola di san Benedetto.

[13] Il fatto che la RM legifera per comunità grandi e piccole (cap. 11) non contrasta necessariamente col fatto che sia stata scritta a Subiaco, dove S. Benedetto aveva stabilito dodici monasteri di pari dimensioni, secondo S. Gregorio (Dial., II, 3). Questi monasteri non poterono rimanere di pari dimensioni molto a lungo, perché continuarono a crescere e ad espandersi. Inoltre, S. Benedetto era a conoscenza di altre comunità della zona. Egli conosceva Vicovaro e lo spirito dei suoi monaci ancor prima che gli chiedessero di diventare loro superiore. Se questi monaci avrebbero potuto mettersi sotto la sua guida mentre era ancora un eremita, non è certo irragionevole supporre che altre abbazie dei dintorni avrebbero voluto adottare la sua Regola dopo che Benedetto fondò i suoi dodici monasteri. 

[14] Questo testo è utilizzato come base per affermare che la RM non è stata scritta in Italia. Si confronti Pérez de Urbel, “La règle du Maître,” op. cit., Pag.734; McCann, “The Master’s Rule Again,” op. cit. pag. 153 n.1. Il testo latino della RM recita così: dicunt se porro a finibus advenire Italiae. Dom McCann lo traduce così: “e dichiarano di aver fatto molta strada, dai confini dell’Italia” (Ibid., pag.154). Il testo latino non implica necessariamente che gli oratori non fossero residenti sul suolo italiano.

Aggiunta del traduttore. Nella nota relativa a questo argomento che si trova nel volume 2° della Regola del Maestro a cura di Marcellina Bozzi OSB, Paideia Editrice 1995, si legge: “a finibus… Italiae: espressione ambigua, potendosi intendere che hanno attraversato tutta l’Italia, venendo dai suoi confini, oppure che giungono da un paese lontano cioè l’Italia; con fines = territorio, secondo un uso più comune”.

[15] Paul Delatte, “Commentario alla Regola di S. Benedetto”, a cura del convento di S. Benedetto in Bergamo, 1951, pag. 121.

[16] L’ultimo paragrafo di questo capitolo, la descrizione delle gioie del cielo, è tolto quasi letteralmente dalla leggenda di san Sebastiano (AA. SS. II, Gen. 20), 631.

[17] Dom Anselmo Lentini, Il ritmo prosaico nella Regola di S. Benedetto (Montecassino, 1942). Gli elenchi di clausulae, che includono solo quelle in posizione finale, sono contenuti nelle pagine 35-43. Lo spondaicus dactylicus è trattato come medius ed il dactylicus spondaicus come planus. Dom Lentini elenca le clausulae nelle quali non si trovano ritmi particolari alla pagina 56.


Ritorno alla pagina iniziale: "Regola del Maestro" 

Ritorno alla pagina iniziale: "Regole monastiche e conventuali"


| Ora, lege et labora | San Benedetto | Santa Regola | Attualità di San Benedetto |

| Storia del Monachesimo | A Diogneto | Imitazione di Cristo | Sacra Bibbia |


4 ottobre 2020                a cura di Alberto "da Cormano"      Grazie dei suggerimenti       alberto@ora-et-labora.net