REGOLA DEL MAESTRO

Estratto dal libro "Regola del Maestro" a cura di Marcellina Bozzi O.S.B. - Paideia Editrice 1995

LXXXI

LE VESTI E LE CALZATURE DEI FRATELLI. [RB 55]

 

1 Come abito monastico, d’inverno, i fratelli devono avere usualmente, per il giorno, indumenti di grossa lana feltrata, per la notte una tunica a parte 2 che devono liberare dagli insetti dopo l’ufficio notturno, perché di giorno sono occupati nei diversi lavori. 3 D’inverno abbiano inoltre un mantello di feltro, calzoni di lana pure feltrata, fascette o pedalini.

4 D’estate invece portino indumenti in tessuto di lino misto a lana, non troppo grosso, in vista del lavoro e del sudore; 5 e abbiano mantelli di lana e lino leggeri, ma non troppo, a causa del sudore nel gran caldo, e calzoni di lino. 6 Camicie di lino però agli uomini di Dio proibiamo di usarne, perché il monaco si deve distinguere in qualcosa dal clero. 7 E ognuno abbia un abbigliamento più leggero, di lana e lino, da usare nei giorni festivi, solo quando si recano per la sinassi alla chiesa. 8 D’estate abbiano anche, decade per decade, un fazzoletto di lino ciascuno per il sudore e un asciugatoio per la faccia.

9 Tutti questi indumenti siano conservati in cassoni, uno per ogni decade, e ne tengano le chiavi i rispettivi prepositi, 10 Questi cassoni siano collocati nel guardaroba, dove si tengano anche gli arnesi del monastero e tutti gli oggetti. 11 Abbiamo già più sopra dato disposizioni circa il responsabile di questo locale. 12 E abbiamo detto che tutti i cambi siano riposti in un cassone unico per ciascuna decade e ne tengano le chiavi i rispettivi prepositi, 13 perché non avendo ogni fratello un cassone a propria disposizione, non abbia dove nascondere qualcosa a suo uso personale. 14 Grazie a questa norma tutte le decadi pratichino l’osservanza. 15 Se poi un fratello mostri di mettersi in posa e di compiacersi un po’ troppo del suo aspetto esteriore, 16 subito l’abbigliamento che porta gli sia tolto dai suoi prepositi e passato a un altro, e a lui sia dato quello altrui. 17 Questo per non dare ansa nel fratello alla volontà propria. 18 Tutto ciò infatti che natura reclama per lui, gli si deve anzi negare. 19 «Lo spirito infatti ha aspirazioni contrarie ai desideri della carne» (Gal. 5,16-17) 20 e perciò l’uomo di Dio è uno spirituale e non un carnale.

21 I settimanari di cucina abbiano al loro entrare in servizio tuniche di tela di sacco e sopravvesti di pelle. 22 Indumenti di tal genere, tanto più all’interno del monastero, potranno togliere la vergogna (dell’essere nudi) e reggere a tutti i danni dello sporco 23 e alle macchie delle pentole, della caldaia e dei recipienti, e anche al calore del focolare e alle diverse immondezze della cucina. 24 Tutti questi indumenti, finita la settimana, lavati alla sera dell’ultimo giorno dai settimanari, siano consegnati agli altri che entrano in servizio.

25 Quanto alle calzature, conviene che i fratelli abbiano scarponcini ferrati di pelle di vitello, non per piacere, ma per utilità, 26 di cui devono servirsi nella stagione invernale; 27 D’estate poi siano riposte, dopo averle ingrassate, c conviene che tutti portino invece sandali chiodati, tanto in monastero che in viaggio, 28 perché le scarpe messe da parte durino a lungo e il piede del fratello nel sandalo stia fresco. 29 Per l’ufficio notturno d’estate usino zoccoli di legno, per evitare che tornando ai loro giacigli coi piedi sporchi, possano insudiciare le coperte dei letti. 30 D’inverno all’ufficio notturno usino pedule di pelliccia, per non aver freddo ai piedi. 31 A letto d’inverno abbiano ciascuno una stuoia, una coltre spessa e una coperta pesante di lana; - 32 d’estate invece per il caldo, in cambio di queste coperte pesanti, ne usino di sdruscite e leggere, - 33 e ai piedi del letto abbiano ciascuno una pelle, per pulirsi i piedi dallo sporco e così salire sui loro letti.

 

Domanda dei discepoli:

LXXXII

I FRATELLI NON DEVONO AVERE NULLA DI PROPRIO IN MONASTERO.

[RB 33; 55]

Il Signore ha risposto per bocca del Maestro:

 

1 Ogni persona nella vita di questo mondo è mossa ad agire, fatica e si adopera per tre cose. 2 II viaggiatore sulla sua strada, il soldato nella battaglia, l’imperatore nel suo palazzo, il contadino nel campo, il salariato nelle sue occupazioni, 3 tutti sono sollecitati a lavorare per avere, finché vivono, di che vestirsi, calzarsi e nutrirsi. 4 Ma a coloro ai quali il Signore ha offerto il dono di essere al suo servizio, egli ha insegnato pure a non preoccuparsi troppo della vita presente, 5 poiché tutto quaggiù passa 6 e tutte queste cose che ora vediamo e di cui usiamo, sono per pochi giorni a nostra disposizione 7 e corrono via in un baleno, col tempo della nostra esistenza; 8 poi, con la morte del corpo, spentasi in noi la luce di questa terra, chiusi gli occhi alla vita, dobbiamo lasciare a questo mondo tutto ciò che abbiamo. 9 II Signore ha insegnato invece a pensare sempre alle realtà eterne che una volta fatte presenti non passano più, io ma perdurano, consistendo per i giusti nei beni della vita celeste e per i peccatori nelle pene dell’inferno. 11 Nel desiderio di questi beni e nel timore di questi mali sempre dobbiamo occupare la nostra mente in questa vita: in pensieri ultra- terreni, quasi già ci sembrasse di trovarci convocati lassù. 12 II Signore ha ordinato ai suoi servi che nessuno si metta in ansia per le necessità di questa vita 13 e esorta quelli che credono in lui a non pensare più al domani, ma a desiderare soltanto il suo regno e la sua giustizia. 14 Dice infatti nel santo evangelo: «Non preoccupatevi di che mangiare o bere o vestirvi» (Mt. 6,25), 15 ma «cercate prima il regno e la giustizia di Dio e tutto vi sarà dato per giunta» (Mt. 6,33).

16 Dunque se tutte queste cose necessarie ci sono procurate dal Signore ed è l’abate solo, per mandato di Dio, che si incarica di fornirci tutto, 17 perché il discepolo dovrebbe osare di procurarsi o possedere o pretendere qualcosa a titolo personale? 18 D’altra parte è proibito in monastero avere qualcosa in proprio, appunto perché «nessuno che è al servizio di Dio, si immischia negli affari del mondo, per poter piacere a colui presso il quale si è arruolato» (2 Tim. 2,4). 19 Così, se il fratello si sottometterà all’autorità altrui con tutto ciò che possiede, non ci sarà cosa alcuna in cui possa affermarsi la sua volontà propria che è nemica alla volontà di Dio. 20 Anania e Satira non meritarono di trovar credito presso gli apostoli per la parte che si erano tenuta in proprio con frode, 21 e quando consegnarono tutti i loro averi ai piedi degli apostoli, furono condannati con sentenza di morte immediata, per quanto con frode avevano sottratto, a loro possesso personale (Atti 5,1-11). 22 Non si può infatti commettere frode contro Dio, dato che «non v’è nulla di occulto che non sarà da lui messo in luce» (Mt. 10,26). 23 Dunque dal momento che l’abate pensa per ciascun fratello al vitto per la mensa, al vestito per il corpo, alle calzature per i piedi, 24 per che motivo uno avrebbe bisogno di possedere qualcosa in proprio, o un oggetto o dell’oro, o monete o qualsiasi cosa necessaria, 25 visto che tutto ciò che si deve comperare o avere, Dio glielo fornisce attraverso il monastero?

26 Se poi qualcuno sia stato trovato in possesso di qualcosa di personale, l’abate lo condanni a scomunica grave e prolungata, 27 in modo che grazie all’esempio della sua punizione nessuno osi imitare il fatto. 28 E perché questo abuso non si verifichi in alcuno, tutti siano con frequenza esaminati dai loro prepositi. 29 Se poi un fratello abbia mostrato di rallegrarsi e compiacersi molto di qualche oggetto, 30 lo si tolga a lui e sia passato a un altro, di qualunque cosa si tratti; e a lui sia dato quello dell’altro, 31 per non dare ansa in lui alla volontà propria.

 


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10 gennaio 2017      a cura di Alberto "da Cormano" Grazie dei suggerimenti alberto@ora-et-labora.net