S. CAESARII

REGULA AD MONACHOS

(Estratto da "Patrologia Latina Database" Vol. 67 - Migne)

REGOLA PER I MONACI

DI SAN CESARIO D'ARLES

Libera traduzione dal latino

INCIPIT REGULA A S. TETRADIO PRESBYTERO, NEPOTE BEATAE MEMORIAE S. CAESARII EPISCOPI ARELATENSIS ABBATE, MEA PARVA PERSONA ROGANTE, TRANSMISSA: QUAM A SUO SUPRAMEMORATO DOMINO CAESARIO DIXIT IPSE DICTATAM; QUAM DUM ESSET SACERDOS IPSE PER DIVERSA MONASTERIA TRANSMISIT.

[1099B] Incipit in Christi nomine Regula, qualis debeat esse in monasterio ubi abbas est, quicunque fuerit.

INIZIA LA REGOLA INVIATAMI DAL SANTO PRESBITERO E ABATE TERIDIO, NIPOTE DEL SANTO DI BEATA MEMORIA CESARIO DI ARLES, SU RICHIESTA DELLA MIA POVERA PERSONA: EGLI DICE CHE QUESTA REGOLA E’ STATA DETTATA DAL SOPRA RICORDATO CESARIO E DA LUI E’ STATA TRASMESSA A DIVERSI MONASTERI MENTRE ERA VESCOVO.

In nome di Cristo inizia la Regola che ci deve essere in un monastero dove si sia un abate, chiunque egli sia.

CAPUT PRIMUM.

 Imprimis si quis ad conversionem venerit, ea conditione excipiatur, ut usque ad mortem suam ibi perseveret. Vestimenta vero laica non ei mutentur, nisi antea de facultate sua chartas venditionis faciat, sicut Dominus praecepit dicens: Si vis perfectus esse, vade, vende omnia quae habes, da pauperibus, et veni, sequere me  (Matth. XIX) . Certe si non vult vendere, donationis chartas aut parentibus aut monasterio faciat, dummodo liber sit, et nihil habeat proprium. Si vero pater ejus aut mater vivat, et non habet potestatem faciendi, quando illi migraverint cogatur facere. Quaecunque secum exhibuit abbati tradat; nihil sibi reservet: et si aliquis de propinquis  [1099C] aliquid transmiserit, offerat abbati. Si ipsi est necessarium, ipso jubente habeat; si illi necesse non est, in commune redactum, cui opus est tribuatur.

 

II. Sint vobis omnia communia. 

III. Cellam peculiarem, aut armariolum, vel quamlibet clausuram nullus habeat; in una schola omnes maneant.

IV. Non jurent; quia Dominus dixit: Nolite jurare omnino, sed sit sermo vester est est, non non  (Matth. V) .

V. Mentiri qui inventus fuerit, disciplinam legitimam accipiat; quia Os quod mentitur occidit animam  (Sap. I) ; et, Perdes eos qui loquuntur mendacium  (Psal. V) .

VI. Non maledicant: quia scriptum est: Neque  [1099D] maledici regnum Dei possidebunt  (I Cor. VI) .

VII. Operam non quam unusquisque voluerit, sed quae eis ordinata fuerit, faciant.

VIII. Dum psallimus, nullus loqui praesumat.

 

Capitolo primo

Innanzitutto, se qualcuno perviene alla vita di conversione sia accolto a questa condizione: che perseveri in essa fino alla sua morte. Non gli siano cambiati gli abiti laici se non prima di aver fatto di sua volontà una carta di vendita (dei suoi possessi), come ordina il Signore dicendo: “Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri (e avrai un tesoro nel cielo;) e vieni! Seguimi!“ (Mt 19,21). In ogni caso se non vuole venderli, faccia una carta di donazione ai parenti o al monastero, in modo che sia libero e non abbia niente di proprio. Se invece vivono ancora il padre e la madre, e non ha la possibilità di fare ciò, sia costretto a farlo quando moriranno.

Consegni all’abate qualunque cosa abbia egli mostri di possedere; non si riservi nulla; e se qualche parente gli invia qualcosa, lo offra all’abate. Se necessita di averlo, lo abbia col comando dell’abate; se non gli serve, sia messo in comune ed affidato a chi serve.

II. Tutto sia comune tra di voi.

III. Nessuno abbia una cella propria, o un armadietto, o qualunque cosa possa essere richiusa; soggiornino tutti in uno stesso spazio.

IV. Non giurino; perché il Signore ha detto: “Non giurate affatto. … Sia invece il vostro parlare: Sì, sì, No, no“ (Mt 5, 34-37).

V. Chi fosse trovato a mentire, riceva la giusta punizione; perché: “Una bocca menzognera uccide l’anima” (Sap 1,11); e ancora: “Tu distruggi chi dice menzogne” (Sal 5,7).

VI. Non calunnino: perché sta scritto: “I calunniatori non erediteranno il regno di Dio” (1Cor 6,10).

VII. Ciascuno non esegua il lavoro che vuole, ma quello che gli è stato ordinato.

VIII. Mentre si salmeggia, nessuno abbia la presunzione di parlare.

 

IX. Ad mensam dum manducant, nullus loquatur; sed unus legat quemcunque librum: ut sicut corpus reficitur cibo, ita anima reficiatur Dei verbo, sicut dicit Dominus: Non autem in solo pane vivit homo, sed ex omni verbo Dei  (Matth. IV) . Qualis est terra sine  [1100B] pluvia, et caro sine cibo, talis est anima si non reficiatur Dei verbo.

 

X. Filium de baptismo nullus excipiat.

 

XI. Mulieres in monasterio nunquam ingrediantur. Qui in remoto loco est, signo tacto, ad omne opus Dei nullus tardius veniat. Si tardius venerit, statim de ferula in manus accipiat. Arguente abbate, aut praeposito, aut quolibet seniore, respondere penitus non praesumat.

XII. Lites inter vos non habeatis: sic enim dicit Apostolus: Servum Domini non oportet litigare, sed mansuetum esse  (II Tim. II) . Certe si excesserit, ut est humana fragilitas, ut se sermonibus duris exstimulent, Sol non occidat super iracundiam vestram  (Ephes. IV) .

IX. Nessuno parli a tavola mentre si mangia; ci sia invece uno che legge un qualsiasi libro: in modo che come il corpo si ritempra col cibo, così l’anima si ritempra con la parola di Dio, come dice il Signore: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” (Mt 4,4). Come è la terra senza la pioggia, e la carne senza il cibo, tale è l’anima se non si ritempra con la parola di Dio.

X. Nessuno accetti di fare da padrino di battesimo a un bimbo.

XI. Le donne non entrino mai in monastero. Chi si trova in un luogo distante, dopo che è stato dato il segnale, non arrivi mai tardi ogni qual volta c’è l’ufficio divino. Se arrivasse tardi, riceva immediatamente un colpo di verga sulla mano. Rimproverato dall’abate, dal preposito o da qualunque altro anziano, non abbia per niente la presunzione di rispondere.

XII. Non abbiate liti tra di voi: così infatti dice l’Apostolo: “Un servo del Signore non deve essere litigioso, ma mite con tutti” (2 Tm 2,4). In ogni caso se, a causa dell’umana fragilità, si andasse oltre fino a pungolarsi con dure parole, non tramonti il sole sopra la vostra ira (Ef 4,26).

[1100C] XIII. Sed nec ullus praesumat iratum culpare (oppure, secondo altri manoscritti più credibili: Sed nec ullus se praesumat iratum culcare); sed qui se sciunt fecisse quod non debuerunt, invicem sibi veniam petant, implentes illud Dei mandatum ubi dicit: Dimittite et dimittetur vobis. Si vos non dimiseritis, nec Pater vester coelestis dimittet vobis peccata vestra  (Matth. VI) . Ira viri justitiam Dei non operatur  (Jac. I) . Si offers munus tuum ad altare, et recordatus fueris quia frater tuus habet aliquid adversum te, vade prius reconciliari fratri tuo; et tunc veniens offeres munus tuum  (Matth. V) . Certus esto quia dum iratus es contra alium, oratio tua non recipitur; nec irato licet communicare. Et ideo implete quod Dominus dicit: Pacem meam do vobis, pacem meam dimitto vobis  (Joan. XIV) . In hoc cognoscent omnes homines quod mei discipuli estis, si vos invicem diligitis  (Ibid., XIII) .  [1100D] Dixit amplius Joannes: Qui odit fratrem suum, in tenebris est, et in tenebris ambulat. Qui odit fratrem suum, homicida est. Charitas Deus est; qui manet in charitate, Deus in eo manet  (I Joan. III) . Et qui inimicos jubemur diligere, et bene eis facere, qua fronte fratres odimus?

 

XIV. Omni tempore usque ad tertiam legant; post tertiam unusquisque sibi opera injuncta faciat.

XV. Nullus occulte aliquid accipiat, praecipue epistolas  [1101A] sine scientia abbatis nullus accipiat nec transmittat.

 

XIII. Ma nessuno abbia la presunzione di incolpare con sentimento di rabbia ( oppure, secondo altri manoscritti più credibili: Ma nessuno osi coricarsi in stato di collera); ma coloro che sanno di aver fatto qualcosa che non dovevano, si chiedano scusa a vicenda, compiendo quel comando di Dio quando dice: “Perdonate e sarete perdonati” (Lc 6,37). Se voi non perdonerete, neanche il Padre vostro che è nei cieli perdonerà i vostri peccati (Mt 6,15). L’ira dell’uomo non compie ciò che è giusto davanti a Dio. (Gc 1,20). Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono. (Mt 5,23-24). Sappi che quando tu sei adirato contro un altro, la tua preghiera non è accolta ; e chi è adirato neppure si può comunicare. Dunque mettete in pratica ciò che dice il Signore: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” (Gv 14,27). E ancora: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,35).

Dice in modo più ampio Giovanni: “Chi odia suo fratello, è nelle tenebre, cammina nelle tenebre” (1 Gv 2,11), “Chiunque odia il proprio fratello è omicida” (1 Gv 3,15) e : “Dio è amore; chi rimane nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui” (1 Gv 4,16). E noi che siamo stati comandati di amare i nemici e di fare loro del bene, con quale faccia tosta odiamo i fratelli?

XIV. In ogni stagione leggano fino all’ora terza; dopo la terza ora ognuno compia il lavoro che gli è stato assegnato.

XV. Nessuno accetti qualcosa di nascosto. In particolare nessuno riceva o trasmetta delle lettere senza che l’abate lo sappia.

 

XVI. Victum et vestimenta abbas ministret. Quia sicut sancitum ut nihil proprium habeant, ita justum est ut omnes quae necessaria fuerint a sancto abbate accipiant.

 

XVII. Infirmi tractentur, ut citius convalescant.

 

XVIII. Omne ministerium cum bona voluntate facite, ut impleatis illud: Voluntarie sacrificabo tibi  (Psal. LIII) : quia satis alta merces erit illius qui voluntarie, quam illius qui invitus facit quod jubetur.

XVI. L’abate provveda a distribuire il cibo e i vestiti. Poiché come è cosa santa che non abbiano niente di proprio, così è giusto che tutti ricevano dal santo abate ciò che è necessario.

XVII. Gli infermi siano curati in modo che guariscano in fretta.

XVIII. Eseguire tutti i compiti assegnati con buona volontà, in modo da realizzare pienamente queste parole: “Ti offrirò un sacrificio spontaneo” (Sal 54,8): poiché vi sarà un premio molto più lauto per colui che compie spontaneamente ciò che gli è stato comandato rispetto a chi lo compie di malavoglia.

XIX. Contendite intrare per angustam portam, quia arcta et laboriosa via est quae ducit ad vitam, lata et spatiosa quae ducit ad mortem  (Luc. XIII) . Vos vero sicut certamen habituri eratis, si in pugna contra  [1101B] gentem aliquam ambulassetis, ut non ibi mortem faceretis; tanto magis in isto spiritali certamine pugnate, ut non vos adversarii animae percutiant. Quanta vitia habueritis, tantos habebitis adversarios; et ideo certate sicut milites Christi, ut cum ipso regnetis in coelis, qui dixit: Si quis tulerit crucem suam et secutus me fuerit: si quis reliquerit patrem, matrem, uxorem, filios et facultates, centuplum accipiet, et vitam aeternam possidebit  (Matth. XIX).

 Hoc certamen habete inter vos, qui alterum vincat per humilitatem, per charitatem: qui sit minor; qui sit in opus Dei vigilantior; qui patientiam habeat majorem; qui sit tacitus, mitis, blandus, compunctus: ut laetetur Deus et angeli ejus de vestra sancta conversatione, et confundatur diabolus hostis antiquus; qui semper  [1101C] cogitat miserum hominem contra Dei facere voluntatem, ne sit ibi unde ille pro sua praesumptione jactatus est: Sic currite ut apprehendatis  (I Cor. IX) , et possitis dicere: Viam mandatorum tuorum cucurri  (Psal. CXVIII) . Videte, fratres, quomodo caute ambuletis; non quasi insipientes: redimentes tempus, quoniam  [1102A] dies mali sunt. Propterea nolite fieri imprudentes, sed intelligentes quae sit voluntas Dei. Et nolite inebriari vino, in quo est luxuria, sed implemini Spiritu sancto, loquentes vobismetipsis in psalmis, et hymnis, et canticis spiritualibus, cantantes et psallentes in cordibus vestris Patri et Deo: subjecti invicem in timore Christi  (Ephes. V) .

 

XIX. Sforzatevi di entrare per la porta stretta poiché  (Lc 13,24), quanto stretta è faticosa è la via che conduce alla vita, tanto larga e spaziosa è la via che conduce alla perdizione (Mt 7, 13-14). Voi, dunque, così come intraprendevate una battaglia per non incontrare la morte, se andavate in guerra contro un popolo straniero; quanto più combattete in questo in questo combattimento spirituale, affinché gli avversari della vostra anima non vi trafiggano. Quanto numerosi saranno i vizi, tanti saranno gli avversari; per questo motivo combattete come soldati di Cristo, affinché regniate con lui nei cieli, che ha detto: “Se qualcuno (vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso,) prenda la sua croce e mi segua” (Mt 16,24) e “Chiunque avrà lasciato ( case, o fratelli, o sorelle, o) padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna” (Mt 19,29).

Gareggiate così tra di voi, che l’uno superi l’altro in umiltà, in carità: che si faccia più piccolo; che sia più vigilante nell’ufficio divino; che sia più paziente; che sia più silenzioso, mite, moderato, contrito: in modo che Dio e i suoi angeli siano lieti della vostra santa conversione, e che resti confuso l’antico nemico, il diavolo; lui che sempre spinge il misero uomo ad agire contro la volontà di Dio, per impedire che giunga là da dove è stato precipitato per la sua presunzione: “correte anche voi in modo da conquistarlo (il premio)!” ( 1 Cor 9,24) e possiate dire: “Corro sulla via dei tuoi comandi” (Sal 119,32). “Fate dunque molta attenzione al vostro modo di vivere, comportandovi non da stolti ma da saggi, facendo buon uso del tempo, perché i giorni sono cattivi. Non siate perciò sconsiderati, ma sappiate comprendere qual è la volontà del Signore. E non ubriacatevi di vino, che fa perdere il controllo di sé; siate invece ricolmi dello Spirito, intrattenendovi fra voi con salmi, inni, canti ispirati, cantando e inneggiando al Signore con il vostro cuore” (Ef 5,15-19): “Nel timore di Cristo, siate sottomessi gli uni agli altri” (Ef 5,21).

XX. Vigilias, a mense Octobri usque ad Pascha, duos nocturnos faciant, et tres missas. Ab una missa legat frater folia tria, et orate; legat alia tria, et levet se.

XX. Alle vigilie si recitino due notturni e tre serie di letture, dal mese di ottobre fino a Pasqua. Ad ogni serie un fratello legga tre pagine e poi pregate; ne legga altre tre e si alzi.

XXI. Dicite antiphonam, responsorium et aliam antiphonam; antiphonas ipsas de ordine Psalterii. Post hoc dicant matutinos, directaneum: Exaltabo te, Deus meus et Rex meus. Deinde in ordine totus matutinarius  [1102B] in antiphonas dicatur. Omni dominica sex missas facite. Prima missa semper resurrectio legatur, nullus sedeat. Perfectis missis dicite matutinos, directaneo: Exaltabo te, Deus meus et Rex meus. Deinde, Confitemini. Inde, Cantemus Domino. Lauda, anima mea, Dominum. Benedictionem. Laudate Dominum de coelis. Te Deum laudamus. Gloria in excelsis Deo, et capitellum. Omni dominica sic dicatur.

XXI. Dite un salmo antifonale, un responsorio e un altro salmo antifonale; questi salmi siano estratti dall’ordine del salterio. Dopo di ciò dicano il mattutino, (recitando) direttamente: “O Dio, mio re, voglio esaltarti” (Sal 145,1). Poi nell’ordine tutto il mattutino con i salmi antifonali. Ogni domenica fate sei serie di letture. Nella prima si legga sempre “la Resurrezione” e nessuno si segga. Concluse le letture dite i mattutini, (recitando) direttamente : “O Dio, mio re, voglio esaltarti” (Sal 145,1). Quindi il “Confitemini (Sal 119). E poi il “Cantemus Domino”(Es 15,1), il “Lauda anima mea Dominum” (Sal 146,2), la benedizione, il “Laudate dominum de coelis” (Sal 149), il “Te Deum laudamus”, il "Gloria in excelsis Deo” e il versetto. Tutte le domeniche si dicano così.

XXII. A sancto Pascha usque ad mensem Septembrem, quarta et sexta tantum jejunandum. A mense Septembre usque ad Domini Natale, quotidie jejunandum. Iterum ante duas hebdomadas ante Quadragesimam, quotidie jejunandum; excepta dominica, in qua non licet penitus jejunare, propter resurrectionem Domini. Si quis die dominica jejunaverit, peccat.  [1102C] A Domini Natale usque ante duas hebdomadas de Quadragesima, secunda, quarta et sexta; inde postea usque Pascha, omni die jejunandum, absque die dominica. Qui dominica jejunat, peccat. Missus vero in jejunio tres, in prandia [Leg. prandio] vero et in coena duo tantum praeparentur: in prandio binas biberes et in coena accipiant, et in jejunio ternas. Ad lectum suum nullus praesumat habere quod manducetur aut bibatur.

XXII. Dalla santa Pasqua fino al mese di settembre si digiuni solo il mercoledì e il venerdì. Dal mese di settembre fino al Natale del Signore si digiuni ogni giorno. Di nuovo si digiuni nelle due settimane prima della Quaresima; eccetto la domenica, in cui non è assolutamente consentito digiunare, a motivo della Resurrezione del Signore. Se qualcuno digiuna di domenica, pecca. Dal Natale del Signore fino alle due settimane prima della Quaresima, (si digiuni) il lunedì, il mercoledì e il venerdì; poi fino a Pasqua, si digiuni ogni giorno, eccetto la domenica. Chi digiuna la domenica, pecca. Quando è giorno di digiuno (si servano) tre portate, se invece ci sono pranzo e cena se ne preparino solo due: a pranzo e a cena si ricevano due bevande, e in (tempo di) digiuno tre. Nessuno pensi di tenere accanto al letto qualcosa da mangiare o da bere.

XXIII. Qui pro aliqua culpa excommunicatus fuerit, in una cella recludatur, et cum uno seniore ibi legat, donec jubeatur ad veniam venire.

XXIV. Pullos et carnes nunquam sani accipiant; infirmis quidquid necesse fuerit ministretur.

 

XXV. Omni sabbato et omni dominica, vel diebus festis duodecim psalmi, tres antiphonae, tres lectiones; una de Prophetiis, alia de Apostolo et tertia de Evangelio dicantur.

XXIII. Chi sarà scomunicato per una qualunque colpa, venga chiuso in una cella, e qui legga con un anziano, finché non gli venga ordinato di venire a chiedere perdono.

XXIV. I sani non ricevano mai pollame e carne; agli infermi sia fornito ciò che sarà loro necessario.

XXV. Ogni sabato e ogni domenica, e nei giorni festivi (si dicano) dodici salmi, tre salmi antifonali, tre letture; una (lettura) dai Profeti, l’altra dall’Apostolo e la terza dai Vangeli.

XXVI. Haec licet minus idonei bellatores arma vobis spiritualia contra ignitas diaboli providemus.

 [1103B] Gaudete et exsultate in Domino, venerabiles filii, et gratias illi jugiter uberes agite, qui vos de tenebrosa saeculi hujus conversatione ad portum quietis et religionis attrahere et provocare dignatus est. Cogitate jugiter unde existis, et ubi pervenire meruistis. Reliquistis fideliter mundi tenebras, et lucem Christi feliciter videre coepistis. Contempsistis libidinis incendium, et ad castitatis refrigerium pervenistis; respuistis gulam, et abstinentiam elegistis; repudiastis avaritiam atque luxuriam, et charitatem vel misericordiam tenuistis. Et quamvis vobis usque ad exitum vitae non deerit pugna, tamen Deo donante  [1104A] securi sumus de vestra victoria. Sed rogo vos, venerabiles filii, ut quantum estis securi de praeteritis, tantum sitis solliciti de futuris. Omnia enim crimina vel peccata cito ad nos revertuntur, si non quotidie bonis operibus expugnantur. Audite apostolum Petrum dicentem: Sobrii estote, et vigilate, quia adversarius vester diabolus, tanquam leo rugiens, aliquid devorare quaerens, circuit  (I Petr. V) . Quandiu in hoc corpore vivimus, die noctuque Christo adjutore vel duce, contra diabolum repugnemus. Sunt enim aliqui, quod pejus est, negligentes et tepidi, qui de solo Christianitatis vocabulo gloriantur, et putant quod illis sufficiat vestem mutasse, et religionis tantum habitum suscepisse; nescientes illud propheticum: Fili, accedens ad servitutem Dei, sta in justitia et timore,  [1104B] et praepara animam tuam ad tentationem  (Eccli. II) ; nec sententiam Psalmistae considerantes: Propter verba labiorum tuorum, ego custodivi vias duras  (Psal. XVI) . Et illud quod Apostolus dixit: Per multas tribulationes oportet nos intrare in regnum coelorum  (Act. XIV) . Vestes enim saeculares deponere, et religiosas assumere, unius horae momento possumus; mores vero bonos jugiter retinere, vel contra male dulces voluptates saeculi hujus, quandiu vivimus, Christo adjutore, laborare debemus. Quia non qui incoeperit, sed qui perseveraverit usque ad finem, hic salvus erit  (Marc. XIII) .

 

 

XXVI. Per quanto noi siamo dei combattenti non proprio di valore, (tuttavia) vi procuriamo le armi spirituali contro le saette infuocate del diavolo.

Gioite ed esultate nel Signore, venerabili figli, e ringraziatelo sempre molto, lui che si è degnato di attirarvi e di invitarvi dalla tenebrosa vita di questo mondo al porto della quiete e della vita religiosa. Pensate sempre da dove siete usciti, e dove avete meritato di giungere. Avete abbandonato con fede le tenebre del mondo, e avete cominciato a vedere con gioia la luce di Cristo. Avete disprezzato l’incendio della libidine e siete giunti al refrigerio della castità; avete rigettato la gola e avete scelto l’astinenza; avete ripudiato l’avarizia e la lussuria, e avete osservato la carità e la misericordia. E sebbene non vi mancherà la lotta fino alla fine della vita, tuttavia siamo sicuri della vostra vittoria grazie a Dio. Ma vi prego, venerabili figli, che siate così solleciti alle cose future, così come siete sicuri di quelle passate. Infatti tutte le nostre colpe e i nostri peccati ricadono in fretta su di noi, se ogni giorno non vengono sconfitti con le buone opere. Ascoltate l’Apostolo Paolo che dice: “Siate sobri, vegliate. Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro cercando chi divorare” (1 Pt 5,8). Fino a quando viviamo in questo corpo combattiamo giorno e notte contro il diavolo, con l’aiuto e la guida di Cristo. Infatti, e ciò è ancora peggio, vi sono alcuni negligenti e tiepidi, che si gloriano solo del nome di cristiani, e pensano che sia loro sufficiente cambiare abito e accogliere della vita religiosa solo l’aspetto esteriore; non conoscendo quella parola profetica: “Figlio, se ti presenti per servire il Signore, prepàrati alla tentazione. Abbi un cuore retto e sii costante” (Sir 2,1-2) e non prendendo in considerazione il pensiero del salmista: “Per riguardo alle parole delle tue labbra, ho percorso vie faticose” (Sal 16,4 Vulg.). E anche ciò che disse l’Apostolo: “Dobbiamo entrare nel regno di Dio attraverso molte tribolazioni” (At 14,21). In ogni momento noi,  infatti, possiamo deporre gli abiti secolari e indossare quelli religiosi; fin quando viviamo dobbiamo invece sempre conservare i buoni costumi, così come dobbiamo darci da fare, con l’aiuto di Cristo, contro i maligni e dolci piaceri di questo mondo. Poiché non colui che avrà iniziato: “Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato”  (Mc 13,13)

 


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23 novembre 2014                       a cura di Alberto "da Cormano" Grazie dei suggerimenti alberto@ora-et-labora.net