Patti monastici - Consensoria monachorum

Introduzione

 

Di José Carlos Martín-Iglesias

Estratto e tradotto da “La Hispania visigótica y mozárabe. Dos épocas en su literatura

Universidad de Extremadura-Universidad de Salamanca, 2010


 Link al testo italiano dei "Patti Monastici"


 

Il piccolo documento noto come Consensoria monachorum non è un tipico patto monastico, in quanto non comprende il previsto contratto legale di professione monastica stipulato tra alcuni monaci ed un abate, ma piuttosto un patto, corredato da numerose citazioni bibliche (alcune apocrife), che i suoi firmatari, dal sacerdote all'ultimo dei monaci, si impegnano a conformarsi a beneficio della vita comunitaria, presupponendo che rimanga in vigore finché vi sia il consenso unanime dei membri della comunità. Così, in essa i sottoscrittori si impegnano a condividere gli stessi ideali ed a mettere tutti i loro beni in comune a disposizione della congregazione; stabiliscono che, nel caso in cui qualcuno voglia entrare in monastero, debba rinunciare a tutti i suoi beni e dimostrare la sua vocazione monastica al priore ed ai suoi futuri fratelli (allo stesso modo, se qualche monaco lascia il monastero per qualsiasi motivo, non deve portare via da lì con sé nulla); si impegnano a non ascoltare dottrine estranee a quelle esposte nel monastero (ma non necessariamente eretiche), a correggersi in caso di litigio con un loro fratello e, se lo ripetono, ad accettare le pene imposte dal superiore; ed infine, se per qualche attacco esterno (forse comandato dagli ex professi per recuperare il loro patrimonio) fossero costretti a fuggire dal monastero, si impegnano ad incontrare il preposito al più presto e dovunque si trovi. Va notato a questo punto che in tutte le occorrenze del termine praepositus nell'edizione di Hümpfner, in quella di Holstenius-Brockie si legge abbas. In assenza di una buona edizione critica del testo e di uno studio approfondito dello stesso, non è facile stabilire se la voce praepositus debba essere intesa come mero sinonimo di abbas, equivalenza tipica dei primi tre quarti del VI secolo in Spagna, di cui si possono tuttavia notare sopravvivenze nella Regula Complutensis di Fruttuoso di Braga.

Si è molto discusso sulla datazione e localizzazione di questo documento, per un certo tempo attribuito addirittura ad Agostino d'Ippona. Bruyne ha voluto vedervi un testo ispanico priscillianista [1] dell'ultimo quarto del sec. IV. Oggi si ritiene, piuttosto, che risalga alla seconda metà del VII secolo e che deve essere stato elaborato in Galizia, forse in ambiente fruttuosiano, poiché in esso sono state osservate importanti somiglianze con la Regula communis di Fruttuoso. Tuttavia, la Consensoria monachorum necessita ancora sia di una buona edizione critica che di un approfondito studio interno. Al momento, né il suo carattere galiziano-portoghese, né la sua datazione al secolo VII possono ritenersi definitivamente provati, anche se plausibili. Linage Conde, ad esempio, ritiene che potrebbe essere stato realizzato poco dopo l'invasione islamica della penisola iberica nell’anno 711, in un monastero situato in una zona minacciata dall'invasore. Díaz y Díaz da parte sua, pur ammettendo per questo testo una datazione visigota, ha insistito sul carattere chiaramente priscilliano di alcuni elementi che vi si possono riscontrare: come l'uso del termine doctor applicato, non all'abate, come si dice spesso, ma al vescovo incaricato dell'indottrinamento e della vigilanza della fede; o l'inclusione di citazioni bibliche non canoniche, la cui origine extra canonica non avrebbe dovuto essere percepita da chi le ha utilizzate. Díaz y Díaz conclude sottolineando che, in realtà, di questo tipo di patto non si sa quasi nulla: si tratta di un documento autentico, redatto e firmato in uno specifico monastero, oppure di una creazione artificiale scritta per essere utilizzata quando necessario? un'appendice o un allegato a qualsiasi norma, come il cosiddetto Pactum s. Fructuosi o la Formula Lirinensis? o forse un residuo di qualche regola perduta, come quella di Juan de Biclaro? [2]

D'altra parte, si deve ancora stabilire se, come proponeva Bruyne, vi si debba distinguere un primo abbozzo, che si concluderebbe con il primo periodo del cap. 5: Igitur haec quae scripta sunt cum summa diligentia obseruanda sunt a praeposito usque ad omnes fratres. (trad. “Pertanto, tutto ciò che è stato scritto qui deve errere osservato con il più grande zelo sia dal preposito che da ciascuno dei fratelli"), seguita, da quel momento e fino alla fine del documento, da una serie di nuovi precetti che completerebbero le regole della prima parte del documento, probabilmente in conseguenza di alcune brutte esperienze vissute nel monastero. Tra queste, il capitolo 8, ad esempio, sui beni del monastero, insiste nello stesso senso del capitolo 4, da cui si deduce, sempre secondo Bruyne, che i divieti previsti nel suddetto capitolo 4 non erano stati adempiuti con il dovuto rigore. Secondo la tesi di Bruyne, a questa necessità di un nuovo impegno di maggiore esigenza rispetto al precedente risponderebbe l'obbligo di firma del documento, stabilito nel capitolo 9, l'ultimo del testo nella versione che ci è pervenuta. Ciò sarebbe dovuto, sempre secondo il suddetto studioso, al fatto che nella prima versione del patto i monaci non si sarebbero impegnati per iscritto, aderendo ad esso, al suo compimento, come si legge nella frase già citato dal cap. 5.

 

Bibliografia (Il testo originale comprende una ben più ampia bibliografia).

 

Consensoria monachorum (Clauis Patrum Latinorum - CPL 1872)

― BRUYNE, D. de, “La Regula consensoria. Une règle des moines priscillianistes”, Revue Bénédictine 25, 1908, pp. 83-88.

― BISHKO, CH. J., “The Date and Nature of the Spanish Consensoria monachorum”, American Journal of Philology 69, 1948, pp. 377-395 (reimp. id., Spanish and Portuguese Monastic History, 600-1300, London, Variorum Reprints, 1984, nº II: artículo original + “Additional Note”, pp. 396A-399A).

― ARBESMANN, R.- HÜMPFNER, W., Jordani de Saxonia ordinis Eremitarum S. Augustini Liber vitasfratrum, New York, Cosmopolitan Science & Art Service Co., 1943, pp. 485-488 (ed. de W. Hümpfner; = L. Verheijen, La Règle de saint Augustin, vol. 2. Recherches historiques, Paris, Études Augustiniennes, 1967, pp. 7- 9). (*)

― LINAGE CONDE, A., Los orígenes del monacato benedictino en la Península Ibérica, vol. 1, León, Centro de Estudios e Investigación “San Isidoro” - CSIC, 1973, p. 326.

― HOLSTENIUS, L.- BROCKIE, M., Codex regularum monasticarum et canonicarum quas SS. Patres Monachis, Canonichis & Virginibus Sanctimonialibus servandas praescripserunt..., 6 vols., Augustae Vindelicorum, 1759 (reimp. Graz, Akademische Druck - u. Verlagsanstalt, 1957-1958): vol. 1, pp. 136-137 (= PL 66, cols. 993-996).

― BERNALDO, J., “Pactual Monasticism? About a Much Discussed Feature of Early Spanish Monasticism”, In Quest of the Kingdom. Ten Papers on Medieval Monastic Spirituality, ed. A. Härdelin, Stockolm, Almqvist - Wiksell International, 1991, pp. 27-63.

― DÍAZ Y DÍAZ, M. C. “The Lerins Manuscript of the Isidorian Rule: An Addition and a Partial Retraction”, Classical Folia 21, 1967, pp. 143-157: pp. 147-148 (reimp. id., Vie chrétienne et culture dans l’Espagne du VIIe au Xe siècles, Aldershot, Variorum Reprints, 1992, nº X).



[1] Il priscillianesimo è una dottrina cristologica di ispirazione cristiana sviluppatasi nella penisola iberica nel IV secolo e fondata dal vescovo Priscilliano (Galizia, 340 – Treviri, 385) e poi diffusasi soprattutto in Gallia meridionale. Deriva da dottrine agnostiche-manichee e antitrinitarie. Condannato nel concilio di Saragozza del 380, il priscillianesimo fu considerato un'eresia sia dalla Chiesa ortodossa orientale che dalla Chiesa cattolica romana. Sopravvisse fino al VI secolo. (Fonte Wikipedia)

[2] Giovanni di Biclaro (latino: Biclarum, Iohannes Biclarensis; 540 circa – dopo il 621) fu uno storico visigoto, nato in Lusitania, nella città di Scallabis (odierna Santarém in Portogallo), che a giudicare dal nome proveniva da una famiglia cattolica. Ancora giovane si recò a Costantinopoli, per studiare latino e greco. Tornato dopo sedici anni in patria, vi fondò il monastero di Biclaro (presso Tarragona o, secondo altri, Béjar). Vescovo di Gerona, sottoscrisse probabilmente il Concilio di Barcellona (599) e il decreto di Gundemaro (610). La sua cronaca, iniziata verso il 592, narra le vicende dal 567 al 590 ed è fonte importante per la storia dei Visigoti spagnoli.


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19 maggio 2022                a cura di Alberto "da Cormano"        Grazie dei suggerimenti       alberto@ora-et-labora.net