Regole monastiche della Spagna Visigota

Introduzione alle Regole

Estratto da: Ravenna Capitale - Il principio della territorialità nelle Regole monastiche della Spagna visigota: appunti, fonti ed edizioni

Di Federico Fernàndez de Bujàn (UNED, Madrid)

Maggioli Editore - 2013


 

1. Praefatio

Nella Spagna dei secoli VI e VII, con il vigore della nuova fede cattolica dei Visigoti, la vita monastica acquista un impulso straordinario [1]. I monasteri ispanici nel periodo precedente al VI secolo si reggevano sulle regole dei Santi Pacomio, Cassiano, Agostino e Benedetto, a giudicare dai contenuti dei codici miscellanei; come si può dedurre da quanto si afferma in un manoscritto conservato nella straordinaria biblioteca del Monastero dell'Escorial [2]. Così Le parole con le quali iniziano la Regula Isidoris sembra confermarlo:

Plura sunt praecepta vel instituta maiorum quae a sanctis Patribus sparsim prolata reperiuntur.

L’applicazione concreta di queste regole avveniva in conformità ad altre norme emanate dai Concili, dalle assemblee civico-ecclesiastiche, alle quali ho fatto riferimento nel II Convegno di Ravenna capitale [3].

Tra queste, per quanto concerne l'argomento di cui ci occupiamo in questa occasione, si deve citare il Primo Concilio di Toledo [4] dell’anno 400 e quello di Tarragona dell’anno 516. Esistono quattro regole giuridiche che disciplinano la vita monastica nella Spagna visigota del periodo in esame. Procedo a esporle in ordine cronologico.

Prima di cominciare, devo precisare che la principale fonte della quale mi sono servito per la sintesi che presento, è un'opera, pubblicata in due volumi, nell'anno 1971 con il Titolo “Santos Padres Españoles” [5]. A mio avviso non è stata sufficientemente conosciuta nel nostro paese e meno all'estero. Per questo, desidero mettere in luce l’importante valore di questo magnifico studio che, nel suo volume II, ha recuperato i testi e ha aggiunto le traduzioni allo spagnolo, con il testo latino - in alcune volte, era la prima traduzione -, delle quattro principali Regole monastiche della Spagna visigota. Così l’informazione richiusa in quest’articolo, soprattutto per quanto si riferisce alle fonti e alle edizioni delle sue divulgazioni, sono assolutamente tributarie di quest'opera, permanentemente consultata [6].

Perciò porgo la sua diffusione - per chi voglia conoscere e approfondire sulle Regole monastiche della Spagna visigota- come un omaggio a questo rigoroso studio dei Professori Julio Campos Ruiz e Ismael Roca Melia, Professori Ordinari presso l'Università Pontificia di Salamanca, che hanno tutto il merito delle magnifiche e originali traduzioni, inoltre delle preziose introduzioni e il superbo lavoro di ricerca sulle fonti e nell'apparato bibliografico consultato.

 

 2. Regola di San Leandro

2.1. Introduzione

La Regola di San Leandro può considerarsi la prima Regola monacale spugnola in senso autentico. Alcuni studiosi affermano che la prima Regola sarebbe quella di San Martino di Braga, denominata Sentencias”, ma la dottrina più accreditata considera che questa non sia propriamente una Regola monacale dotata del carattere di norma organizzativa, ma una raccolta, tradotta dal greco, di storie e leggende monacali.

La Regola di Leandro è stata redatta per il convento in cui aveva professalo i voti - e del quale in seguito sarebbe divenuta Badessa -, sua sorella Fiorentina. Per il suo contenuto dottrinale si ricollega al pensiero patristico che prende corpo da Tertulliano e da Cipriano,

Quando Leandro la scrisse, era già Vescovo, Così si può leggere nella Praescriptio con la quale comincia e si può intendere dal suo contenuto, ad esempio quando parla della giurisdizione della sua Diocesi, È probabile che sia Vescovo di una piccola città della Betica chiamata Écija. In seguito diventerà Vescovo dell’Hispalense, che oggi corrisponde all'attuale Siviglia. La Regola è scritta come se si trattasse di un'Epistola rivolta a sua sorella Fiorentina. Si pensa che Leandro scriva la Regola quasi come un legato, poiché poco dopo è condannato all'esilio nella capitale dell'Impero d'Oriente, per opera del Re Leovigildo che riunisce il Concilio ariano di Toledo, di tutto questo vi offre puntuale notizia il Biclarense e lo conferma il proprio Isidoro [7].

Leandro è esiliato nel 583, con altre autorevoli personalità che restano fedeli al cattolicesimo. Di questo siamo a conoscenza grazie ad Isidoro, che lo narra nella sua Storia dei Goti [8]. Leandro resta a Costantinopoli solo due anni, perché nel 586, secondo il suo amico Gregorio, riceve l’incarico di educare il principe Recaredo alla fede cattolica.

La più probabile data di scrittura di questa Regola è l’anno 580. La sua originalità, tra gli studiosi, è molto discussa. A prescindere che il suo contenuto sia più o meno originale, è sicuro che Leandro si sia ispirato a delle fonti antiche, quoad sensum et substratum sebbene la redazione letterale sia personale dell'Autore.

Alcuni classici dicono che la sua fonte d'ispirazione sia la Regola di Osio De laude virginitatis” [9]. Altri sostengono che possa avere influito l’opera Amulus di Severo, Vescovo di Malaga. Questa Regola, ben poco conosciuta, è menzionata proprio da Isidoro [10], ma il celeberrimo Vescovo hispalensi non dice niente, fatta eccezione per il suo titolo. È probabile per questo che Isidoro non l’abbia letta, e per tale motivo è più che probabile che neanche l’abbia potuto leggere e forse nemmeno conoscere suo fratello maggiore Leandro. In questo momento, inoltre, gli studiosi ritengono che la Regola di Leandro sarebbe stata scritta prima di quella di Severo [11].

Il grande studioso spagnolo P. Madoz ha posto l'accento sul rapporto diretto che sussiste tra il contenuto della Regola di Leandro e i testi dì San Cipriano, determinati brani dei quali, inoltre, sono parte di una tradizione di ampio respiro che risalirebbe fino agli scritti classici di Girolamo, Cassiano ed Agostino [12].

Nel capitolo XXII della Regola di Leandro, relativo al modo in coi devono essere considerate le novizie che hanno professato i voti, si afferma:

Per il Signore non esiste preferenza verso alcune persone, bensì la signora e la schiava vengono ascoltate allo stesso modo e si considerano della medesima condizione, indipendentemente dalla loro nascita o stato.

La Regola di San Leandro non ha molta diffusione nella penisola iberica, e di meno al di fuori. Sono pochissimi i manoscritti nei quali si conserva, per intero o per una parte importante, la citata Regola.

 

 2.2. La sua trasmissione

2.2.1. Fonti

La Regola di San Leandro presenta le seguenti fonti antiche:

- Un manoscritto della “Biblioteca del Monastero dell'Escorial” a San Lorenzo dell'Escorial, (Madrid). E= Codice de El Escoriai, a.I.13, secolo IX [13].

- Un manoscritto nella Biblioteca di Montecassino. C= Codice Casinense, Montecassìno, B A. 331, fine secolo XIII.

- Un manoscritto nella "Biblioteca Nacional" di Madrid. M= Codice 112 (olim, A 115, secoli XI e XII) [14].

- Un manoscritto nella "Biblioteca de la Real Academia de Historia" a Madrid, A= Codice Aemilianensis, Codice 53, secolo XI.

- Un manoscritto della “Bibliothèque Nationale de France" a Parigi. P= Fragmentum Parisiense, Nov. acqu. Lat. N. 239, secolo XI [15].

- Un manoscritto nel "British Museum" a Londra. I= Fragmentum Londinense. Add. 30055. Secolo XI [16].

2.2.2. Edizioni

Le sue principali Edizioni sono:

- La prima edizione che è arrivata fino ai nostri giorni è la di Fr. Prudencìo de Sandoval [17] dell'anno 1604. È stata scritta principalmente sulla base del manoscritto M della "Biblioteca Nacional de Madrid ".

- Sulla base di tutti i quattro manoscritti M, A, P, I, sono state pubblicate due edizioni di grande prestigio e indiscussa autorità, fino al secolo scorso, Una titolata Codex Regularum che si attribuisce a San Benito Amano nel secolo VIII, che fu ordinata da Lucas Holstensius [18]  nel 1759. Questa edizione è stata riprodotta da P.R.P. Brockie, [19], e poi riproposta di nuovo, questa volta senza nessun cambiamento [20]. L'altra edizione è di Migne [21] che, in gran parte, è una riproduzione dì quella di Holstenio,

- Dalla metà del secolo ventesimo, l'edizione più citata e riconosciuta è quella del P. Ángel Custodia Vega, condotta sul manoscritto "E-Escurialense", e pubblicata nel 1947 [22]. Questa magnifica edizione è stata elaborata anche grazie alla consultazione di diversi Codici, che non erano stati in precedenza presi in considerazione per le altre edizioni. Inoltre, questa nuova edizione aggiunge altri dieci capitoli e mezzo,

- Su questa edizione di Vega è stata realizzata un'edizione tradotta in spagnolo da parte di P. Francisco e B. Vizmanos, S.I., Madrid, 1949.

- L'ultima edizione, con un doppio testo latino-spagnolo, è contenuta nell'accuratissima opera “Reglas monásticas en la España visigoda", fonte di ispirazione di questo articolo [23].

 

3. La regola di Sant’Isidoro

3.1. Introduzione

Ho scritto nella mia relazione al III Convegno Ravenna Capitale: “Purtroppo sono scarsi i dati storici che possiamo considerare certi nella biografia di Sant'Isidoro. È sorprendente come la vita di un personaggio di tale influenza nel suo tempo e nei secoli successivi, non sia stata oggetto di molteplici e ben documentate narrazioni biografiche. Tra i racconti che ci sono pervenuti, emergono quelli del diacono Redento, che ne descrive gli ultimi giorni fino alla morte, e dei suoi discepoli Braulione di Saragozza e Ildefonso di Toledo, che esprimono ammirazione per la sua persona e ne riportano l'elenco delle opere.

Queste testimonianze di prima mano sono contenute, per la prima volta, nella Cronaca del Biclarense. A questi dati è possibile accostare alcune notizie sparse riportate dagli storici dell'epoca, che ne narrano determinati aspetti dell'attività ecclesiastica e civile, oltre ad alcune informazioni lasciateci da Isidoro stesso nei suoi scritti, principalmente nella corrispondenza epistolare'' [24]. Dalla Renotatio di San Braulione, discepolo di Isidoro, si può dedurre che il Santo sivigliano avrebbe scritto una Regula monachorum per disciplinare la vita dei monaci. Dice:

Monasticae regulae librum unum, quem pro patrie usu et invalidorum animis decentissime temperavit [25].

In una precedente occasione, ho scritto, a questo proposito: “Alcuni studiosi propendono per l'esercizio del ministero nell’ambito di un qualche ordine monastico, sulla base del fatto che è l'autore di una Regola monastica, sebbene tale argomento sia di per sé alquanto debole. Alcuni arrivano ad affermare che abbia preso l'abito di San Benedetto, tuttavia è più probabile che si sia consacrato a Dio nel clero secolare” [26].

Si discute la data esatta della redazione di questa Regola e per quale monastero fosse destinata in modo particolare. Gli studiosi indicano un arco storico molto probabile tra il 615 e il 619. Si è dibattuto a lungo se lo stesso Isidoro fosse monaco e in seguito abate; indicazioni in questo senso sembrerebbero emergere dalla propria Prefatio di questa regola, anche se altri studiosi lo negano sulla base dei suoi dati biografici.

Nel capitolo IV, sotto il titolo dei conversi, si afferma: "A colui che entra nel monastero non si deve chiedere l'origine né la provenienza. Sia che sia ricco o povero, servo o libero, rustico o istruito... Tra i monaci non si distingue per origine o condizione, perché tutti essi sono uguali dinanzi a Dio’’ [27].

 

3.2. La sua trasmissione

3.2.1. Fonti

La trasmissione manoscritta della Regola di SantTsidoro [28] è più complicata di quella del fratello Leandro che abbiamo appena esaminato. La ragione sarebbe che questa Regola “isidoriana" è molto più diffusa di quella e questo, invece di essere una ragione per facilitare la sua trasmissione, de facto, la complica. Come si può spiegare ciò? La gran diffusione della Regola produce molte copie diverse e in questi c'è un'abitudine, di solito, di introdurre interpolazioni nel testo originale. Così questi cambiamenti rendono più complicato risolvere il problema di cercare e individuare la versione autentica.

Gli studiosi hanno fatto una classifica in due categorie diverse sui manoscritti che sono arrivati all’attualità. Nella prima stanno quelli che si considerano più puri, e che sono solo tre:

- Un manoscritto conservato nella "Biblioteca del Monastero del Escorial", che è lo stesso che ho già indicato nell’epigrafe precedente nel riferire sulle fonti della Regola di San Leandro; l'ho segnalato come E=codice de El Escorial, a.I.13, secolo IX.

- Un manoscritto conservato nella Bibliothèque Nationale de France a Parigi, diverso da quello che abbiamo citato per la Regola di San Leandro. Si tratta del Pr = cod. lat. 10876, secolo IX.

- Un altro manoscritto conservato anche nella Bibliothèque Nationale de France a Parigi. Si tratta del Ps = cod. lat. 13090, secolo XII. La differenza essenziale con il precedente è che questo è molto piccolo e frammentario giacché il suo contenuto è ridotto alla Praefatio, il capitolo I e parte degli altri capitoli dei quali il contenuto è sì autentico, ma molto breve.

- Un manoscritto conservato nel Britìsh Museum a Londra, con la denominazione L = cod. Add. 30055, secolo X. La provenienza è ritenuta spagnola per le note marginali che contiene, la lettera è visigota. Lo stesso che l'anteriore, gli specialisti lo considerano autentico ma è molto frammentario.

Il secondo gruppo lo costituisce un insieme di codici che sono sicuramente interpolati. Tra loro è rilevante uno nella Biblioteca Nazionale a München, che si conosce come M = Col. CLM 28118 [29].

 

3.2.2. Le principali edizioni

E veramente suscita stupore che della Regula Isidori - che tantissima diffusione e influenza ha avuto nel suo tempo e nei secoli posteriori -, non abbiamo ricevuto neppure una sola edizione dedicata esclusivamente alla sua riproduzione e studio: la conosciamo solamente attraverso delle Opera omnia che riuniscono le opere del Santo Vescovo hispalense. Di queste numerose collezioni o raccolte proponiamo come più notevoli le seguenti:

- La prima, nell'ordine cronologico, sarebbe quella dì Juan Grial: Divi Isidori Hispal.,. Episcopi, Opera. Madrid 1599.

- Le diverse edizioni di Lucas Holstenius del Codex regularum monasticarum che è una raccolta di regole monastiche; la prima pubblicata a Roma nell'anno 1661 [30].

- L'edizione di Faustino. Arévalo, Sancti Isidori Hispalensis episcopi Hispaniarum Opera omnia [31].

 

4. La regola di San Fruttuoso di Braga

4.1. Introduzione [32]

Se Isidoro è un ispano-romano che disciplina e stabilisce una regola di grande influenza, San Fruttuoso di Braga è un goto di grande tempra, anch'egli autore di una regola che godrà di notevole diffusione nel tempo [33]. La sua Regola riguarda la stessa natura giuridica delle altre Regole del monachesimo spagnolo giacché sono tutte scritte a somiglianza del patto di fedeltà dei sudditi con i Re nella monarchia visigota.

Nella Regola "fruttuosiana" si stabilisce che nessuno può osare di operare distinzioni tra i monaci. Si ricerca dunque una norma di uguaglianza tra loro, tanto per quanto riguarda le cose quotidiane come anche per le più importanti in riferimento alla vita della comunità.

Tra queste ultime possiamo sottolineare la scelta dell'abate, per la quale non è possibile fare nessuna discriminazione. Nel capitolo diciannove, intitolato “Dell'abate e del prevosto”, si stabiliscono le regole della sua elezione tra i monaci del monastero, senza che in esse si avverta alcun tipo di distinzione per motivi dì origine.

Si menziona solamente che il monaco, per la sua stessa condizione, è in tutto e per tutto uguale ai suoi confratelli, persino per ciò che concerne l'elezione degli incarichi di governo, che in realtà devono essere intesi, in modo evangelico, come servizi alla comunità: potrà, infatti, presiedere la vita monastica qualsiasi monaco, senza che debba soddisfare particolari requisiti di origine o sapienza [34].

 

4.2.1. Fonti

I principali manoscritti di questa regola sono conservati:

- Un primo manoscritto è conservato nella Biblioteca del Monastero dell'Escorial, che è lo stesso che ho già indicato nelle rubriche precedenti, quando ho riferito in merito alle fonti della Regola di San Leandro e quella di Sant’Isidoro. È segnalato come E=codice de El Escorial, a.I.13, secolo IX.

- Un secondo manoscritto è conservato a Valencia ed è conosciuto come V = Valenciennes conservato nella "Biblioteca Pública”, 288 (278).

- Un terzo è nel British Museum, a Londra, già menzionato nelle fonti della Regola di Sant'Isidoro, con l'appellativo L = cod. Add. 30055, secolo X.

- Un quarto è mantenuto nella “Bibliothèque Nationale de France” a Parigi, diverso da quello che abbiamo menzionato per la Regola di San Leandro e differente anche da quello già segnalato per la Regola di Sant'Isidoro. Si tratta del P = cod. lat. 10877, secolo X.

 

4.2.2. Le principali edizioni

La regola di San Fruttuoso ha avuto poche edizioni:

- compare, in una versione abbastanza completa, nel Codex regularum monasticarum di Lucas Holstenius, che ho già nominato prima.

- Resta, anche in forma frammentaria, nella Concordia Regularum di Hugo Menard [35].

- Esiste anche una versione bilingue, latino-spagnolo, nella nostra opera di riferimento, “Las Reglas monasticas de la España visigoda" [36].

 

5. La Regula communis [37]

5.1. Introduzione

La sua paternità è in costante discussione, perché in vari codici è considerata essere stata redatta da San Fruttuoso Vescovo. Tra questi merita di essere posto l'accento sulla testimonianza di Benedetto d'Aniane, che la attribuisce allo stesso Fruttuoso nella sua Concordia regularum [38].

Ciononostante, una volta esaminato il suo contenuto, è possibile individuare dei passaggi in virtù dei quali sembra che la paternità non sia di una sola persona ma piuttosto di varie; ad esempio, quando si dice: placuit sanctae communi regulae si sta parlando degli abati che si sono riuniti per mettere in comune le proprie esperienze e tradizioni, per il migliore ordinamento della vita dei rispettivi monasteri. È possibile che la posizione più corretta sia considerarla un'opera collettiva, sebbene molto ispirata alla regola di San Fruttuoso e redatta dopo il 656.

Nel capitolo quarto - il cui titolo fa riferimento a coloro che debbano essere ammessi nel monastero - si dichiara:

Se sono servi, non dovranno essere ammessi se non portano con sé il documento di libertà concesso dal loro signore.

Prosegue però affermando che, una volta accettati, saranno tutti di uguale condizione. Sia nell’organizzazione della vita monastica, disciplinata nel dettaglio, che nelle attività di cui si dovranno incaricare i membri della comunità e nei lavori da svolgere, a tutti è conferito un trattamento di assoluta uguaglianza.

 

5.2. La sua trasmissione

5.2.1. Fonti

- Un manoscritto, già menzionato per la Regola di Sant'Isidoro, custodito nella Biblioteca Nazionale a München con l'appellativo M = Col. CLM 28118, secolo IX.

- Un manoscritto conservato nel British Museum a Londra, con la denominazione L = cod. Add. 30055, secolo X. È già stato citato in relazione alla Regola di San Leandro. Purtroppo questo manoscritto della Regula communis ha una parte molto frammentaria.

 

5.2.2. Le principali edizioni

Non possiamo aggiungere nulla di più rispetto a quanto abbiamo già riferito nel commento alla Regola di San Fruttuoso. Ci limitiamo a mettere in risalto la versione originale, sempre bilingue come le altre tre, nella nostra opera di riferimento [39].

 

6. Postfatio

Negli esempi che abbiamo poc'anzi riferito, limitati, brevi e senza un approfondito commento, contenuti nelle quattro Regole richiamate, torna costantemente ad essere presente un principio di territorialità, a scapito del principio di personalità, con la applicazione delle norme che regolano la vita monastica nella Spagna visigota, senza che nell'ampio e in parte diverso contenuto, delle quattro regole menzionate, possa essere scoperta e rilevata alcuna norma che sancisca qualsiasi distinzione tra le persone sulla base delle loro diverse condizioni, e come tali parliamo di nascita, nazionalità, stato di libertà o schiavitù, situazione economiche o posizione di nobiltà o popolare.

Si tratta di una regola fondamentale che sussiste nella pura logica evangelica, sulla base del rispetto del principio di uguaglianza, non solo tra i monaci, ma tra tutti gli esseri umani come figli di Dio. Questo principio di considerare tutti uguali, senza nessun distinguo, è un principio metagiuridico, teologico con contenuto anche filosofico, ma ha una proiezione anche giuridica, nella regolamentazione della vita religiosa in comune.

Possiamo chiudere quest'umile notizia - a modo di appunti - con la rievocazione del notevolissimo testo di San Paolo:

Non c'è qui né Giudeo né Greco, né schiavo né libero, né maschio né femmina... tutti siete uno in Cristo Gesù (Gal 3,28).

Questo testo, che Paolo scrive nella sua Lettera alla comunità di Galazia [40], sarebbe stato scandaloso ascoltarlo negli anni cinquanta del primo secolo, poiché metteva in discussione e denunciava i tre principali motivi di discriminazione che sono stati in vigore per quasi duemila anni. Da Cristo, Dio incarnato nella storia umana, tutti gli uomini sono uguali, devono essere trattati e considerati dello stesso modo. Questa proposizione era, per quei tempi, un cambiamento radicale nella cultura, nella società e nella politica. Suonava quasi come una vera "rivoluzione sociale” ma era la conseguenza e stava in consonanza con tutta la dottrina del Maestro.

Ancora, per questo motivo, quando i Santi Padri e, nel nostro ambito di studio, territoriale e storico, le grandi figure del monachesimo ispano e le principali personalità ecclesiastiche - Leandro, Isidoro e Fruttuoso, così come i tanti abati innominati, disciplinano la vita monastica della Spagna visigota - lo fanno partendo dal principio su cui si basa e che ispira la sapienza del Maestro. Non possono esservi distinzioni de fatto e, ancora di meno, nelle norme che regolano le comunità.

Per questo il principio che sta alla base della disciplina e conseguentemente dell'applicazione della vita monastica non può essere mai il principio di personalità che può operare delle distinzioni indebite tra le persone per motivi diversi e non solo di nascita. Il logico principio di ordinazione presente nelle Regole monastiche è il principio di territorialità nell'applicazione del Diritto.

Concludo. Quando, tra i discepoli del Signore, sorge la disputa su chi di essi sia il più importante, Cristo insegna loro le nuove norme che infrangono tutte le regole precedenti:

Sapete che i re della terra li tiranneggiano e i grandi li sottomettono. Non sarà così tra di voi. Chi desidera essere il primo, che sia il servo di tutti (Mc 10,42-43).

Chi è il più piccolo tra tutti voi, questi è grande (agli occhi di Dio) (Lc 9,48).

Questo ideale di vita, d'accordo con la volontà di Dio, è stato riprodotto fedelmente da San Leandro, Sant'Isidoro, San Fruttuoso e l'insieme degli abati che avrebbero redatto quella Regula communis che è stata scrupolosamente osservata durante i secoli, forse fino alla fine del IX secolo, nei monasteri della Spagna visigota.



[1] Con carattere generale, v. FERROTIN M., ed., L'Eglise wisigothique et mozarobe d'Espagne du V au XI siècle, Parigi, 1904; AA.VV., Il monachesimo nell’alto Medioevo e la formazione della civiltà occidentale. Spoleto, 1956; LlNAGE CONDE A., Los origenes del monacato benedictino en la Peninsula Ibèrica, 3 voll., CSIC. Leon, 1973; GARCÌA COLOMBÀS M., El monacato primitivo, BAC, 2 voll. Madrid, 1974; DOMINGUEZ DEL VAL U., Historia de la antigua literatura latina hispano-cristiana, t. IV, Fundacion Universitaria Espanola, Madrid, 1998, pp. 157-387,

[2] Cfr. El Escorial, a.I.13. Può vedersi, Diaz y DIaz M., Aspectos de la tradición de la Regala Isidori, in Studia Monastica, vol. 5, fasc. 1, p. 30.

[3] FERNÀNDEZ DE BUJÀN F., Da Teodorico I a Recaredo: il consolidamento del regno visigoto, in II Convegno Ravenna capitale. Società, diritto e istituzioni nei papiri ravennati, 14-15 maggio 2010.

[4] Si denominano Concili di Toledo le diciotto assemblee ecclesiastiche che si celebrarono nella città di Toledo tra gli anni 400 al 702. Questi Concili, dal Terzo, furono molto importanti perché attraverso i suoi Atti conosciamo quello che accadeva nel regno nei vari aspetti politici, sociali e giacché i suoi accordi non erano solo religiosi ma anche politici, sociali e amministrativi. Le riunioni conciliari importanti erano generali, e riunivano persone con cariche pubbliche e rappresentanti della nobiltà insieme a tutti i vescovi del territorio. Sebbene fossero convocate dal Re, non erano presiedute da lui ma dal Vescovo più ragguardevole del regno (in un secondo tempo dall'arcivescovo di Toledo); ad esse partecipavano le alte gerarchie ecclesiastiche e la nobiltà. Per saperne di più, vid. VIVES J., Concilios visigóticos e hispanorromanos. Barcelona, 1963; ID., Concilios visigóticos e hispano romanos, VlVES J., MARIN T., MARTINEZ G. (ed.), Espana Cristiana, textos 1, CSIC, Barcelona-Madrid, 1968.

[5] V. Santos Padres Espanoles, I. y II. BAC, Madrid, 1971

[6] V, Santos Padres Espanoles, II. San Leandro San Isidoro, San Fructuoso. "Reglas monàsticas de la Espana visigoda. Los tres libros de las Sentencias, (Introducciones, versión y notas de Julio Campos Ruiz y de Ismael Roca Melia”. BAC. Madrid, 1971.

[7] V. Isidorus, Hist. Goth., p. 50.

[8] Sant’Isidoro di Siviglia aveva una grande ammirazione per suo fratello maggiore. Così dice di lui, tra altri elogi: Vir suavis eloquio, ingenio praestantissimus, vita quoque tantum atque doctrina clarissimus. V. ISIDORUS, De Viris Illustribus, p. 28.

[9] Sant’Isidoro dà notizia di questa Regola che il Vescovo di Cordoba scrive per sua sorella. V. ISIDORUS, op. cit. p. 1.

[10] ISIDORUS, op. cit. p. 30.

[11] Così il P. Florez afferma che la data della Regola del Severo sarebbe l’anno 590, cioè, dieci anni più tardi che quella di Leandro. Cfr. FLÓREZ E., ES (Espana Sagrada), voi. 8, p. 446.

[12] Cfr. MADOZ J., Varios enigmas de la regla de San Leandro descifrados por el estudio de sus fuentes, in Miscellanea Giovanni Mercati, Città del Vaticano, 1946, pp. 265-295; Collec. Studi e Testi, T. 121, p. 274 ss.

[13] Per Studiare la sua origine e il suo valore paleografico, può vedersi, ANTOLIN G., Un Codex regularum del siglo IX, Madrid, 1908.

[14] Proviene dal "Monasterio de San Millàn de la Cogolla". Su questo manoscritto è stata fatta l'edizione della Regola scritta da Fr. Prudencio de Sandoval 0.S.B. nel 1604.

[15] È ritenuto di provenienza spagnola per le note scritte in castigliano. Forma parte del gruppo dei manoscritti A e M,

[16] Di origine spagnola anch'esso. Ci sono note scritte in castigliano, che si credono del diciottesimo setolo,

[17] Storico spagnolo, dell'Ordine di San Benedetto, fu vescovo di Tuy e di Pamplona nel primo terzo del secolo sedicesimo.

[18] Si tratta dello storico e umanista tedesco Lukas Holste, in latino Lucas Holstenius, nato a Amburgo (1592-1662).

[19] Ausgsburg, 1759.

[20] Gratz, 1957

[21] Migne, PL. 72, pp. 873-894.

[22] CUSTODIA VEGA A.O .S.A., La regla de San Leandro, in La Ciudad de Dios, 159, Madrid, 1947, pp. 355-394.

[23] V. Santos Padres Espanoles. San Leandro, San Isidoro, San Fructuoso. Reglas monàsticas en la Espana visigoda, op. cit., pp. 75-125. Il lesto dalla Regola, con la versione latina costituisce la seconda traduzione in spagnolo.

[24] V. FERNÀNDEZ DE BUJÀN F., Il potere politico nel pensiero di Isidoro di Siviglia, in Ravenna Capitale. Uno sguardo ad Occidente. Isidoro di Siviglia, Sant'Arcangelo di Romagna, 2012. p. 1

[25] BRAULIUS, Renovatio librorum divi Isidori (PL 83.67).

[26] V. FERNÀNDEZ DE BUJÀN F., Il potere politico nel pensiero di Isidoro di Siviglia, cit., p. 3.

[27] Regula Isidori, II. 96.

[28] Uno studio interessante su questo problema è quello inserito nell'opera, di carattere generale, dell’autorevole PEREZ DE URBEL J., El monasterio en la vida espanola en la Edad Media, Barcelona, 1942.

[29] Nel suo contenuto stanno la Regula Isidori, la Regula Monachorum Fructuosi, la Regula Fructuosi communis e il Pactum. Uno studio molto dettagliato è quello del BEESON C. H., In Isidor Studem, München, 1913.

[30] Questa ha una reimpressione nel 1663 a Parigi. Inoltre è completata con un'altra in collaborazione con Brockie nel 1759, riprodotta a Gratz nel 1958.

[31] ARÈVALO F., Isidoriana, Sancti Isidori Hispalensis episcopi Hispaniarum Opera omnia, Roma, 1797-1803.

[32] V. Santos Padres Espanoles. San Leandro, San Isidoro, San Fructuoso. Reglas monàsticas en la Espana visigoda, op. cit., pp. 75-125. Anche qui, il testo della Regola, con la versione latina, costituisce la prima traduzione in spagnolo.

[33] Sulla sua vita, può vedersi MUNDO A., Il monachesimo nella Penisola Iberica fino al secolo VII, in Il monachesimo nell'alto medioevo, cit., pp. 97-108; GARCIA VILLADA Z,. Historia eclesiastica de Espana, vol, II, pp. 310 e 317 ss., Madrid, 1932; e DIAZ Y DIAZ C., Fructueux, in Dictionnaire de Spiritualité, vol. 5, coll. 1541 a 1546.

[34] V. Regola San Fruttuoso di Braga, II,161.

[35] V. MENARD H., Concordia Regularum, auctore San Benedicto Aniane Abbate, Parisiis, 1638; CAETANO DO AMARAL A., Vida e regras religiosas de San Fructuoso Bracharense, Lisbona, 1805.

[36] V. Santos Padres Espanoles. San Leandro, San Isidoro, San Fructuoso. Reglas monàsticas en la Espana visigoda, op. cit., pp. 127-162.

[37] Adotta anche in alcuni codici il nome di Collectanea degli abati

[38] V. BENEDETTO D'ANIANE, Concordia Regularum, 3,5,

[39] V. Santos Padres Espanoles. San Leandro, San Isidoro, San Fructuoso. Reglas monàsticas en la Espana visigoda, op. cit., pp. 163-212.

[40] Si stabiliscono tre possibili luoghi di scrittura nei tre viaggi di San Paolo narrati negli Atti degli apostoli: Efeso, Macedonia o Corinto. In qualsiasi caso, la data sarebbe tra gli anni 54 e 57.

 


Ritorno alle "Regole ispaniche"

 Ritorno alle "Regole monastiche e conventuali"


| Ora, lege et labora | San Benedetto | Santa Regola | Attualità di San Benedetto |

| Storia del Monachesimo | A Diogneto | Imitazione di Cristo | Sacra Bibbia |


25 ottobre 2018                a cura di Alberto "da Cormano"        Grazie dei suggerimenti       alberto@ora-et-labora.net