Le norme della vita monastica:

Un’aggiunta conforme alla pratica della quiete

Introduzione

di Robert E. Sinkewicz

Estratto e tradotto da "Evagrius of Pontus - The Greek Ascetic Corpus", Oxford University Press 2003

 

Evagrio scrisse due trattati riguardanti principalmente le prime fasi della formazione monastica, le Norme (o Fondamenti o Ragioni) e gli Eulogios. Questo primo testo prende come tema centrale la pratica della quiete o hêsychia [1]. Come Evagrio usa il termine, hêsychia si riferisce sia alla quiete esteriore che a quella interiore che il monaco deve continuamente coltivare, perché può essere facilmente stravolta o persa. Sia nella scelta dello spazio fisico che nel controllo del proprio spazio interiore, il monaco ricerca lo stato di perfetta quiete che gli consentirà di dedicarsi risolutamente alla pratica della contemplazione. Per Evagrio, essere un monaco e vivere nella vera hêsychia sono praticamente la stessa cosa. Il testo delle Norme è quindi dedicato alla discussione delle condizioni necessarie per la coltivazione della quiete e dei pericoli da evitare nel preservarla.

Il primo requisito è ritirarsi dalla società per intraprendere la vita solitaria (1-3). [2] Ciò implica la rinuncia al matrimonio con le relative preoccupazioni e distrazioni. Attraverso una lettura allegorica di una citazione di Geremia (16: 1–4), Evagrio accomuna le ansie paoline e le preoccupazioni del mondo sofferte dai coniugi (1 Cor. 7: 32–4) con i pensieri ed i desideri della carne. Chi rimane vincolato a questi non può ottenere la vita eterna. Il monaco quindi si astiene dal matrimonio, rinuncia ai pensieri ed ai desideri della carne e lascia dietro di sé tutte le preoccupazioni materiali di questo mondo. Evagrio qui associa la pratica dell'hêsychia monastica con la tradizione consolidata della verginità ascetica.

Anche i versetti biblici che cita hanno una storia consolidata in questo contesto. [3]

In secondo luogo, il monaco deve adottare uno stile di vita semplice e privo di distrazioni inutili. Ciò significa un'alimentazione semplice e frugale, anche tenendo conto degli obblighi di ospitalità (3). I beni e le comodità fisiche devono essere ridotti all'essenziale richiesto per la sussistenza di base (4-5). L'elemosina non è una scusa per accumulare ricchezza. L'abbigliamento deve essere ridotto al minimo necessario, con l'eventuale eccedenza da dare ad altri bisognosi. I servi devono essere considerati una distrazione inutile ed una possibile fonte di scandalo nel caso di un servitore giovane.

In terzo luogo, il monaco deve esercitare grande cautela nei suoi rapporti umani. Per preservare la quiete, il monaco sceglierà di vivere da solo o solo con fratelli che la pensano allo stesso modo, evitando qualsiasi associazione con persone che hanno una mentalità materiale e che sono coinvolte negli affari. I legami familiari presentano i propri pericoli. Gli incontri con i parenti devono essere evitati ed il monaco deve liberarsi da ogni inquietudine dovuta al suo affetto o preoccupazione per genitori e parenti (5). Facendo un attento bilancio delle sue circostanze, il monaco deve decidere se favoriscono o meno la quiete e, in caso contrario, deve accettare l'esilio volontario. La città è un luogo pericoloso e deve essere evitata poiché non offre nessun valore allo stile di vita del monaco. L’isolamento del deserto si presenta come il luogo ideale per la maturazione della quiete (6). Ma anche lì il monaco deve stare attento ai frequenti incontri con i fratelli e deve scegliere con cura gli amici, amici spirituali che lo aiuteranno nel suo progresso. Occasionalmente possono essere accettati inviti a mangiare con un fratello, ma il monaco non deve mai stare lontano dalla sua cella a lungo (7-8). Il lavoro manuale è una pratica essenziale nella vita monastica, intrapresa in modo che il monaco non sia un peso per nessuno e possa avere dell’eccedenza per aiutare altri bisognosi. Evitando così la pigrizia, il monaco scongiura il pericolo dell'accidia e supera le cupidigie. Ma ad un certo punto il monaco deve vendere i prodotti del suo lavoro manuale, coinvolgendolo così nel commercio dei villaggi o delle città vicine. Nel corso della vendita dei suoi prodotti o dell'acquisto di beni di prima necessità, il monaco potrebbe rimanere coinvolto nelle discussioni sui prezzi e nelle controversie che potrebbero seguire. Si è ritenuto preferibile che qualcun altro andasse al mercato per conto del monaco (8).

Infine, Evagrio rivolge la sua attenzione agli esercizi ascetici che stabiliranno la quiete nel cuore del monaco. Soprattutto il monaco deve coltivare un atteggiamento interiore di compunzione attraverso la meditazione sulla morte, sul giudizio, sul paradiso e sull'inferno, richiamando alla mente le cose buone in serbo per i giusti e le pene che saranno inflitte ai peccatori (9). Il digiuno è raccomandato come pratica ascetica centrale che purificherà l'anima e scaccerà i demoni, ma il digiuno può essere affievolito nel dare o ricevere ospitalità od in caso di malattia (10). La preghiera deve essere offerta sempre con un atteggiamento di vigilanza ed umiltà, ricordando che i demoni faranno ogni sforzo per rendere inefficace la preghiera (11).

C'è molto poco in questo breve opuscolo introduttivo sulla vita monastica che può essere riconosciuto come insegnamento specifico di Evagrio. Il lettore acuto potrebbe forse riconoscere il riferimento al "regno dei cieli ed alla giustizia di Dio" alla fine del cap. 4 delle Norme come un'allusione velata alla vita pratica e gnostica, poiché Evagrio stesso offre tale interpretazione nella Preghiera 39. [4] I sette riferimenti nel trattato relativi all'importanza di essere liberi da tutti gli attaccamenti alla "materialità" di qualsiasi tipo [5] possono suggerire la preoccupazione di Evagrio che l'asceta si spogli progressivamente, per quanto possibile, di tutti gli attaccamenti materiali al fine di raggiungere l'impassibilità e prepararsi alla preghiera pura o immateriale. [6] A parte questi riferimenti, ben nascosti al suo insegnamento, Evagrio presenta in questo trattato l'insegnamento comune della tradizione del deserto. Questo stesso insegnamento sarebbe entrato di nuovo nella documentazione scritta nel secolo successivo nelle prime raccolte degli Apophthegmata Patrum . [7]

Il testo tradotto di seguito è quello di PG 40. 12 5 2-64 con riferimento occasionale a quello della Filocalia 1. 38-43 ed al manoscritto Lavra Γ 93. [8] I riferimenti della Patrologia Greca (PG) sono riportati tra parentesi quadre. La paternità Evagriana può essere considerata sicura, poiché il testo è attribuito ad Evagrio nelle tradizioni manoscritte greche e siriache, nonché negli estratti trovati negli Apophthegmata . [9] Ho aggiunto titoli di attualità per aiutare nella lettura del testo

 



[1] Cfr. la discussione su hesychia e Norme in A. Guillaumont, "Les fondements de la vie monastique selon Evagre le Pontique", Annuaire du College de France, 78 (1977-8), 467-77; "Un philosophe au desert: Evagre le Pontique", Revue de I'Histoire des Religions,181 (1972), 29—56 [Origines 12:185—212].

[2] I numeri tra parentesi si riferiscono alle sezioni del testo.

[3] 1 Cor. 7 in particolare era un noto locus classicus per gli scrittori patristici che desideravano argomentare i meriti del celibato. Si veda Elizabeth A. Clark, Reading Renunciation: Asceticism and Scripture in Early Christianity (Princeton, NJ: Princeton University Press, 1999), 106-7, 2.5 9-3 2.9.

[4] "Nella tua preghiera cerca solo la giustizia ed il regno, cioè virtù e conoscenza, e tutto il resto " ti sarà aggiunto " (Matteo 6,33)."

[5] Norme 2. 1253B5 - In quanto soldato di Cristo, il monaco deve essere 'liberato dalla materia e dalle ansie'; 2. 1253B10, "Ha abbandonato tutte le preoccupazioni materiali del mondo"; 3. 1253C7 - Gli viene detto di 'rimanere libero dalle preoccupazioni materiali e dalle passioni, al di là di ogni desiderio'; 5. 1256D10— 1157A5. Deve evitare di vivere con persone che hanno una "mentalità materiale" e deve vivere da solo o "con fratelli liberi da preoccupazioni materiali". Chi sceglie di vivere "con persone dalla mentalità materiale" rischia, tra le altre cose, "la follia per le cose materiali".

[6] Preghiera 66, "Avvicinati all'Immateriale in modo immateriale e otterrai la comprensione"; 119, "Beata la mente che diventa immateriale e libera da ogni cosa durante il tempo della preghiera"; 145, "Chi è ancora impigliato in peccati e occasioni di ira, che osa spudoratamente aspirare alla conoscenza di cose più divine o che si imbarca anche in una preghiera immateriale, riceva il rimprovero dell'Apostolo".

[7] Si veda ad esempio l'insegnamento sull'hêsychia negli Apophthegmata Patrum, Raccolta alfabetica, A10, 11, 34 (Antonio 10, 11, 34); A40, 63, 82 (Arsenio 2, 25, 44); A100 (Agatone 18); A138 (Anub 1); A154 (Ammonata); A194 (Dula 1); A311 (Teodora 3); A340 (Giovanni Nano (o Kolobos) 25); A423 (Isacco il Tebano 2); A471 (Macario d’Alessandria 18); A475 (Macario d'Egitto 22); A564 (Netra); A729 (Poemen 155); A793 (Paolo il Cosmeta 2); A801 (Rufo 1); A923 (Cheremone). Per l'esilio volontario (xeniteia) si veda A83 (Agatone 1); A152 (Andrea); A449 (Longino 1); A636 (Poemen 62); A776 (Pisto); A911 (Titoes 2).

[8] C'è un'altra testimonianza del testo nell'opera pseudo-atanasiana, Vitae monasticae institutio (CPG2265), PG 28. 845-9, che è composta da una serie di lunghi estratti dalle Norme.

[9] Ad esempio, i seguenti manoscritti greci attribuiscono il testo ad Evagrio: D, E, O e B. Si veda A. e C. Guillaumont, Évagre le Pontique, Traité Pratique ou le Moine, SC 170 (Paris: Cerf, 1971), 170, 179, 268 e 140. Per i manoscritti siriaci si veda J. Muyldermans, Evagriana Syriaca. Textes inédits du British Museum et de la Vaticane, Bibliothèque du Muséon, 31 (Louvain: Publications Universitaires, 1952), 31-2. Gli Apophthegmata in questione sono A227—8 (Evagrio 1—2).


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7 aprile 2021       a cura di Alberto "da Cormano"        Grazie dei suggerimenti       alberto@ora-et-labora.net