Evagrio

Estratto da “Palladio, Storia Lausiaca”, a cura di Christine Mohrmann,

Fondazione Lorenzo Valla, Arnoldo Mondadori Editore 1974


La Storia Lausiaca (Historia Lausiaca in latino) è un'opera fondamentale che racconta la storia dei Padri del deserto (monaci paleocristiani che vivevano nel deserto egiziano) scritta nel 419-420 da Palladio di Galazia, su richiesta di Lauso, ciambellano alla corte dell'imperatore bizantino Teodosio II, prendendo come punto di riferimento la vita di Antonio abate di Atanasio di Alessandria. Palladio fu discepolo di Evagrio Pontico di cui fu grande influenzatore.

Scritta originariamente in greco, la Storia Lausiaca era così popolare da essere tradotta in arabo, armeno, copto, etiope, latino, siriaco e sogdiano. (Fonte: “Wikipedia”)


 

38, 1. Le vicende di Evagrio, il celebre diacono, l’uomo che ha vissuto una vita conforme a quella degli apostoli, non è giusto che siano cancellate dal silenzio, ma al contrario affidate alla scrittura, per l’edificazione di quanti verranno a conoscere questo racconto e per glorificare la bontà del nostro Salvatore. Io ho ritenuto giusto esporre, risalendo al principio, come egli pervenne alla meta e come dopo aver raggiunto la perfezione ascetica morì all'età di cinquantaquattro anni, nel deserto, realizzando ciò che è scritto: «In poco tempo compì l'opera di molti anni».

2. Quanto alla sua origine, egli era del Ponto, della città di Ibora, ed era figlio di un corepiscopo; fu nominato lettore dal santo Basilio, vescovo della chiesa di Cesarea. Or dunque, dopo la morte del santo Basilio (nel 379), le doti di Evagrio furono notate da un uomo sapientissimo, del tutto inaccessibile alle passioni e insigne per splendore di cultura, Gregorio di Nazianzo: questi, vescovo, gli impose le mani facendolo diacono. In seguito, durante il grande sinodo di Costantinopoli (nel 381), lo cedette al beato vescovo Nettario, dato che era abilissimo nell'argomentare contro tutte le eresie. Ed egli fioriva nella grande città, infondendo la sua giovanile veemenza nei discorsi rivolti contro ogni eresia. 3. Ebbene, mentre era tenuto in grande considerazione da tutta la città gli accadde di venire irretito dalla vana immagine di un desiderio di donna: ce lo raccontò personalmente più tardi, quando riuscì a liberarne il pensiero. La donna a sua volta s'innamorò di lui: apparteneva al rango dei nobili. Evagrio, temendo Dio e rispettando la propria coscienza, vide nitidamente la gravità dello scandalo e il perfido compiacimento degli eretici; pregò quindi Dio, supplicando di venire fermato da lui. La donna l’incalzava e smaniava, ed egli pur volendo ritirarsi non ne aveva la forza, perché era trattenuto dai legami di quella servitù. 4. Non molto tempo dopo, poiché la sua preghiera era giunta a segno prima che sperimentasse il peccato, gli si manifestò una visione angelica sotto l'aspetto dei soldati del governatore: viene trascinato via, viene condotto come in un tribunale e cacciato in quella che chiamano custodia; con cerchi e catene di ferro gli inchiodano il collo e le mani, senza che gli uomini venuti ad arrestarlo rivelino, a quanto pare, il motivo della condanna. Ma dentro di sé egli era cosciente di subire tutto ciò a causa di quella donna, e sospettava che fosse intervenuto il marito. 5. Nel pieno di questa sua insopportabile angoscia si svolgeva un altro processo ed altri uomini erano sottoposti alla tortura per provare una qualche accusa, e la sua angoscia restava grande. Ma l’angelo che aveva prodotto la visione mutò forma e, preso l’aspetto di un suo sincero amico, gli parlò, mentre si trovava legato in mezzo a una fila di quaranta imputati alla catena: «Perché sei trattenuto qui, signor diacono?». Egli rispose: «A dire la verità non lo so, ma ho il sospetto che un tale, l’ex- governatore, abbia agito contro di me, preso da una gelosia irragionevole; e temo che il magistrato, corrotto con danaro, mi condanni a una pena». 6. L’altro gli disse: «Se vuoi dare ascolto al tuo amico, non ti conviene rimanere in questa città». Evagrio gli rispose: «Se Dio mi libera da questa disgrazia e tu mi vedi ancora a Costantinopoli, sappi che merito veramente questa pena». L’altro disse: «Porterò qui il Vangelo, e tu giurami su di esso che ti ritirerai da questa città e avrai cura della tua anima; e allora ti libererò da questa situazione disperata». 7. E dunque portò il Vangelo e Evagrio giurò su di esso: «Tranne un solo giorno, giusto il tempo di caricare sulla nave le mie vesti, non avverrà che io mi trattenga». Quando il giuramento fu compiuto, egli si riebbe dall’estasi in cui era caduto durante la notte, e alzatosi pensò: «Anche se il giuramento è avvenuto durante un'estasi, tuttavia ho giurato». E quindi, gettate tutte le sue cose su una nave, se ne andò a Gerusalemme.

8. Lì fu ricevuto dalla beata Melania di Roma. Ma di nuovo il diavolo indurì il suo cuore come un tempo quello di Faraone; giovane com'era, e nel pieno fermento dell’età, si trovò nel dubbio ed ebbe l’anima divisa, pur senza rivelare niente a nessuno; e ancora una volta mutò vesti, e il torpore della vanità penetrò anche nel suo linguaggio. Ma quel Dio che impedisce la perdizione di tutti noi, lo fece cadere in un accesso di febbre, e per lo spazio di sei mesi macerò in una lunga malattia la sua misera carne, dalla quale era impacciato.

9. Poiché i medici erano sconcertati e non riuscivano a trovare la cura adatta, la beata Melania gli disse: «La lunghezza della tua malattia non mi piace, figlio. Via, dimmi ciò che giace nel tuo pensiero, perché questa tua malattia non è estranea a Dio». Allora le confessò tutta la sua vicenda. Essa gli disse: «Dammi la tua parola davanti al Signore, che tu mantieni come tua meta la vita eremitica; e anche se sono una peccatrice, pregherò perché ti sia dato altro tempo di vita». Egli acconsentì, e quindi in pochi giorni ritrovò la salute; alzatosi, ricevette da Melania in persona nuovi abiti e lasciò la città per trasferirsi sul monte della Nitria, che si trova in Egitto.

10. Dopo avere abitato su questo monte per due anni, il terzo si addentrò nel deserto. Visse quattordici anni nelle cosiddette Celle, consumando una libbra di pane al giorno e ogni tre mesi un sestiere d’olio, lui che veniva dalla vita molle, raffinata e lussuosa. Recitava cento preghiere, e come scriba si applicava nel corso dell’anno solo per il valore dei cibi che consumava; bisogna sapere che aveva una speciale disposizione a tracciare i caratteri detti ossirinchi. Dopo quindici anni, purificata la mente al più alto grado, ricevette la grazia della scienza, della saggezza e della capacità di discernere gli spiriti. Compose tre libri sacri per i monaci, chiamati Antirretici, suggerendo i modi di combattere i demoni. 11. Il demone della lussuria lo tormentò gravemente, com’egli stesso ci raccontava; e per tutta una notte, d’inverno, rimase nudo nel pozzo, di modo che le sue membra si fecero di ghiaccio. Un’altra volta fu lo spirito della bestemmia a tormentarlo: per quaranta giorni non riparò sotto un tetto, com’egli stesso ci narrò, tanto che il suo corpo pullulava di zecche come quello degli animali bruti. Gli si avvicinarono in pieno giorno tre demoni in forma di chierici, che volevano interrogarlo sulla fede; uno si professò Ariano, un altro Eunomiano, un altro Apollinarista; dicendo poche parole egli li vinse tutti grazie alla sua sapienza. 12. Un’altra volta, un giorno che la chiave della chiesa era smarrita, egli fece il segno della croce sulla fronte della serratura, spinse con la mano e aprì, invocando Cristo. Fu flagellato a tal punto dai demoni ed ebbe tante esperienze demoniache che è impossibile contarle. Ad uno dei suoi discepoli disse ciò che gli sarebbe accaduto dopo diciotto anni, profetizzandogli ogni evento secondo la visione ricevuta. E ancora diceva: «Da quando sono giunto nel deserto non ho toccato una lattuga, né alcun altro legume verde, né frutta, né uva, né carni, né acqua per lavarmi». 13. Infine, dopo sedici anni di questo regime privo di cibi cotti, poiché il suo corpo, a causa della debolezza dello stomaco, aveva bisogno di alimenti passati attraverso il fuoco, non toccò più il pane, ma prese solo un po’ di verdure, o tisane o legumi secchi per due anni; e mentre seguiva questo regime morì, dopo aver ricevuto la comunione in chiesa, il giorno dell’Epifania (nel 399 o 400). In punto di morte [ci] disse: «Da tre anni non sono più tormentato dai desideri carnali, dopo tanto vivere e faticare e soffrire e pregare senza sosta». Gli fu annunziata la morte del padre ed egli disse a chi gli aveva dato la notizia: «Cessa di bestemmiare: il padre mio è immortale».

 


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7 aprile 2021       a cura di Alberto "da Cormano"        Grazie dei suggerimenti       alberto@ora-et-labora.net