Typikon o Regola Canonica del nostro santo Padre Atanasio dell'Athos, portatore di Dio

Estratto e tradotto dall'inglese da “Byzantine monastic foundation documents”, Vol. I, edited by John Thomas and Angela Constantinides Hero, Dumbarton Oaks Research Library and Collection Washington, D.C., 2000


Data: 973-975.

Traduttore dal greco all'inglese: George Dennis.

Edizione greca utilizzata: Ph. Meyer, Die Haupturkunden für die Geschichte der Athosklöster (Leipzig, 1894), pp. 10222.

Manoscritto: Lavra, manoscritto non numerato (anno 1814); Codex Iveron 754 (XVI secolo circa).

(I parallelismi con il “Testamento di Teodoro Studita” sono indicati in carattere grassetto).


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 [1.] Coloro che si sforzano di viaggiare lungo la risoluta via della vita solitaria e che non deviano nel tentativo di raggiungere il loro santo obiettivo, che per purezza di mente, anima e corpo si sono condizionati grazie alla brillante illuminazione che viene dallo Spirito Santo, finiscono per inondare non solo se stessi di luce o, per dirla più correttamente, di un'apparenza divina, ma anche tutti coloro con cui dialogano nel mondo. Essi illuminano altre persone di qualsiasi rango o vocazione. Li sfidano e li incitano a raggiungere un obiettivo simile, attirandoli e attraendoli come la luce di un faro o come una calamita.

[2.] Un ardente sostenitore e amante di questa vita solitaria fu il venerato e grande imperatore Niceforo [II Foca (963-969)], famoso per il suo valore e la sua virtù, al quale Dio, il mirabile artefice, concesse la ricompensa che meritava di sottomettere le città barbare del nemico. Egli avrebbe sigillato le sue devote intenzioni con una conclusione adeguata se non fosse stato ostacolato da coloro che allora brandivano gli scettri dell'Impero Romano. Spinto, quindi, da questo santo zelo, fondò numerosi centri di ascetismo intorno al monte Kyminas (nella Bitinia) e vi stabilì dei monaci. Ha generosamente provveduto ai loro bisogni in parte con le proprie abbondanti risorse e, con l’intervento dei successivi imperatori, ha fornito loro sostegno e assistenza sotto forma di sussidi annuali. Li ha dotati con entusiasmo di doni e donazioni ad intervalli regolari. In effetti, ha mostrato la stessa generosità nelle sue benignità ai monaci sul Monte Olimpo. Anche se non si vestiva con l'abito monastico per il motivo che abbiamo menzionato, nondimeno ha superato i monaci che trascorrono la loro vita sulla montagna grazie alla sua pratica della virtù, del suo stretto controllo sulla sua mente, dei suoi lunghi digiuni, delle sue faticose veglie e del suo continuo dormire sulla terra. Ha portato avanti la sua lotta e ha controllato i suoi desideri a tal punto che non possiamo nemmeno descriverlo a parole.

[3.] Infatti egli veniva regolarmente alla lavra del suo benedetto nipote Michele [1], il santissimo monaco, che fu anche il mio superiore. Questo imperatore, la cui memoria è eterna, è venuto così a conoscenza di me e ripose una certa fiducia nel mio umile essere, oltre che un affetto spirituale ed un amore inaspettato. Perché non c'era traccia di ambiguità o ipocrisia in quell'anima santa ed irreprensibile. Pertanto, questa era la sua disposizione verso di me, dal momento che rivelò i suoi pensieri su come avrebbe preferito vivere una vita solitaria e su come gli era stato impedito dagli imperatori.

[4.] In seguito, dopo che era passato un po' di tempo, non molto tempo dopo che io ero partito dal monte Kyminas ed ero passato a quello di Athos, fu comandato dal benedetto imperatore Romano [II (959-963)] di guidare una spedizione contro gli empi cretesi [2], e così (Niceforo) si accampò nell'isola. Nonostante fosse impegnato in combattimento, diverse volte mi mandò a chiamare per attraversare l'isola dei barbari e così raggiungerlo. Quando mi sono rifiutato di muovermi, ha semplicemente inviato più lettere e non ha ceduto fino a quando non sono effettivamente andato lì.

[5.] Durante il mio soggiorno con l'imperatore in quest'isola dei barbari, non diede tregua alle sue fervide suppliche ed ai suoi sforzi per persuadere il mio umile essere a permettere che una lavra fosse costruita partendo dalla mia umile cella, in modo che potesse egli stesso giungere sul Monte Athos dopo aver portato a termine il compito assegnatogli dal decreto imperiale ed aver conquistato la città barbara [3]. Se le cose fossero andate bene avrebbe rinunciato al mondo ed avrebbe vissuto il tipo di vita che era stata la sua scelta fin dal lontano passato. Io non fui facilmente persuaso ad andare d'accordo con i suoi piani, perché volevo vivere da solo ed essere lasciato solo, continuare nel mio modo abituale ed evitare di essere costantemente preoccupato e infastidito da disturbi e distrazioni. Perché pensavo solo alla mia salvezza e forse non ero abbastanza sollecito per la salvezza degli altri. Ma, sebbene affermassi con fermezza che dovevo tornare proprio al monte Kyminas e che non sarei stato in grado di occuparmi di ulteriori rapporti con gli amici, il suo entusiasmo non si placò, né le sue suppliche, poiché mi consigliò di prendere provvedimenti per portare a buon fine il suo piano.

[6.] Ora poi, dopo tutti i suoi trionfi e vittorie, si stabilì a Costantinopoli, mentre io tornavo nella mia cella. Dopo un po' di tempo mandò da me il suo servitore, il monaco Metodio. Costui mi trovò nel luogo che mi era stato dato dal più benedetto e venerato signore Stefano, a quel tempo protos (letteralmente: il primo, cioè il capo) del Monte Athos, e dal resto dei monaci anziani, secondo la loro usanza. Perché quando una persona persevera per due o tre anni sul monte sacro e sceglie di condurre una vita solitaria, costui deve ricevere, con la loro approvazione, un luogo per sé dove desidera stare. Questo Metodio mi consegnò una lettera dell'imperatore e un po' d'oro, pari a sei litrai [4]. Poi rimase con me nella mia cella per circa sei mesi. Egli fece una grande pressione su di me perché venissi incontro ai desideri dell'imperatore, che non aveva ancora assunto quel grado, e per far costruire la lavra; ed alla fine accettai. Mentre Metodio era ancora lì, abbiamo rapidamente avviato la costruzione e completato le celle per l'imperatore, che sono ancora lì fino ad oggi. L'uomo poi se ne andò lietamente mentre stavamo intraprendendo la costruzione della chiesa.

[7.] Continuammo i lavori, ma non erano trascorsi quattro mesi quando apprendemmo che Niceforo era stato proclamato imperatore ed aveva preso possesso del palazzo. Lasciai a metà i lavori della chiesa e mi recai nella capitale. Entrando in sua presenza, lo rimproverai fortemente, e pensavo non senza ragione. "Gli ordini che mi hai dato riguardavano una cosa," dissi, "ma sembra che tu stia pensando e pianificando qualcos'altro, come gli eventi hanno dimostrato". Ho trattato l'imperatore più venerato come se fosse in colpa, credendo che avrebbe sopportato tutto ciò che avevo da dire umilmente. Ma lui rispose difendendosi ostinatamente e mi assicurò sotto giuramento che teneva il diadema con totale disprezzo, così come la stessa maestà imperiale. Mi assicurò inoltre che non aveva alcun rapporto con sua moglie. Quando il tempo fosse propizio, sarebbe sfuggito a tutto ciò che ora è considerato un ostacolo e si sarebbe recato sul monte santo e avrebbe adempiuto il patto che aveva fatto al Signore. Concluse con questa osservazione: “Non scoraggiarti. Non lasciare la chiesa lì costruita solo a metà". Che tutti, quindi, mettano da parte ogni pensiero di incredulità e sappiano per certo che, se il Signore, per ragioni che solo lui conosce, non avesse decretato di concludere la sua vita con la morte di un martire, avrebbe messo un giusto sigillo sul suo patto e sulle sue promesse a Dio. “Tutto ciò”, tuttavia, “che vuole il Signore lo compie in cielo e sulla terra" (Sal 135(134),6)", come dice il profeta.

[8.] Con tale sicurezza, quindi, e confidando nelle sue parole, tornai nella mia cella e di nuovo mi concentrai sulla costruzione della chiesa. L'imperatore in effetti contribuì con denaro, con spese per vettovaglie e con gli stipendi per gli operai che lavoravano duramente per costruire la chiesa. Sicuramente ha dato il suo contributo. Tuttavia, rispetto a quanto stavo spendendo, l'importo dato dal tre volte benedetto imperatore non mi sembrava sufficiente. La maggior parte dei contributi, come se fossero donazioni e requisizioni di prodotti, furono dati alla mia umile persona per il completamento della chiesa da altri amanti di Cristo. Ma quanto duro lavoro (ho fatto), quante afflizioni ho sofferto, quante prove e difficoltà ho sopportato, quante spese ho sostenuto per l'estrazione della pietra, lo scavo, l'accumulo di terra, il trasporto di pietre, lo sradicamento, il taglio, la rimozione di rami, cespugli e alberi, al fine di costruire la santa chiesa della Santissima Madre di Dio [5] e sistemare l'intera lavra; discutere tutto questo in dettaglio richiederebbe più tempo di quello che ho a mia disposizione. È sufficiente che solo il Signore sappia esattamente cosa intendo. Perché Egli guida dolcemente tutte le cose partendo dalla loro non esistenza.

[9.] C'è un altro piccolo luogo a circa dieci miglia di distanza dalla Lavra, scosceso e ricoperto di vegetazione, che è stato chiamato Mylopotamos. Ripulendo i boschi e le rocce e livellando il sito, vi ho stabilito lì una chiesa ed alcune celle nel nome del santo, grande martire Eustachio (I-II secolo) per servire come dipendenza (della Lavra). Ho anche piantato una vigna per fornire vino per l'Eucaristia, così che i fratelli che perseverano nel nome del Signore nella Lavra e gli ospiti che vi soggiornano possano avere del vino.

[10.] Memore di quell'antico e pertinente precetto dei padri, avrei dovuto mantenermi senza distrazioni e senza preoccupazioni. Perché mancanza di distrazione significa meno ansie ed essere liberi dall'ansia significa meno disturbi e la concordanza di tutto ciò si traduce in uno stato d'essere migliore e più perfetto. Molte ragioni, però, hanno portato il mio umile io a questa decisione. La riva del mare lungo la montagna era scoscesa e senza porti su entrambi i lati, cioè a nord ed a sud, per più di ottanta miglia. La montagna ricorda una penisola che si protende verso il mare a forma di croce. Le isole del mare, Lemnos, Imbros, Thasos ed le rimanenti sono a grande distanza. Per questo motivo, quando arriva l'inverno, una nave non è in grado di navigare dalla montagna alla terraferma per procurare le provviste necessarie o di risalire da lì fino alla montagna. Non riesce a trovare alcun tipo di ancoraggio perché la spiaggia su entrambi i lati non offre riparo. D'altra parte, non c'è assolutamente modo per una persona di trasportare le proprie provviste sulla terraferma, in parte perché la strada è così lunga ed in parte perché la montagna è praticamente impraticabile per gli animali da soma. Dalla terraferma alla punta della montagna di fronte al sol levante, dove il mare forma un profondo golfo e dove è costruita la lavra, vi è una distanza, più o meno, di un centinaio di miglia. Per questo fui spinto a piantare una vigna, perché il bisogno doveva essere soddisfatto, soprattutto per l'offerta in chiesa. Perché anche se dovessi ammettere che si potrebbe svolgere qualche attività commerciale, anche se in realtà è impossibile, considero disonorevole e fuori luogo inviare dei monaci a vendere vino nei villaggi e nelle città, trascorrendo molto tempo nel visitare persone laiche, nel mescolarsi con loro, soggiornare nelle loro case e, a questo proposito, conversare liberamente con le donne e non fare alcuno sforzo per fuggire dall’indecenza e dal danno prodotto da tali incontri.

[11.] È vero che molti qui sulla montagna si sono occupati di coltivare campi ed hanno piantato vigne. Alcuni hanno acquistato quelli già pronti ed hanno lavorato duramente per migliorarli e farli sembrare più fiorenti. Ma non li consideriamo modelli e probabilmente non lo faremo mai. Tuttavia, considerando ciò che è benefico, innocuo e non dannoso per i fratelli assegnati a questi servizi, proprio come avrei fatto nel mio caso, sono stato spinto a compiere questi passi. In ogni caso abbiamo detto abbastanza riguardo a questi argomenti.

[12.] Il benedetto imperatore amante di Cristo, la cui vita pubblica era degna del nome che portava [6], mentre era ancora in vita pianificava in anticipo per i bisogni e il governo dei fratelli che servivano nella lavra di nuova costruzione. Emise una venerata Crisobolla e decretò che il dominio e la proprietà [7] della [Lavra e] del suo territorio dipendevano dalla mia umile persona e dai miei successori, come è chiaramente espresso nelle parole della Crisobolla:

"Decretiamo che dopo di noi questa Lavra sarà di proprietà del molto reverendo monaco Atanasio e, mentre la mia maestà è ancora in vita, vogliamo che questo stesso reverendissimo monaco Atanasio sia il superiore indisturbato degli ottanta monaci di questa Lavra e delle kellia (celle) intorno alla lavra. Tutto deve essere amministrato da lui secondo ciò che è caro a Dio ed in consonanza con la costituzione monastica. Dopo la sua morte, se mia maestà sarà ancora in vita, la persona che si è distinta in quella stessa Lavra e nelle kellia ad essa soggetta e nella quale lo stesso reverendo monaco Atanasio prima di morire avrebbe dovuto riporre la sua fiducia, quell'uomo deve essere collocato nella posizione di superiore. Ma quando Dio ci chiamerà da questa vana vita e ci farà partecipare al comune calice della morte, non vogliamo che nessun altro sia nominato superiore di questa Lavra eccetto colui che i monaci della Lavra e delle kellia soggette ad essa, dopo essersi riuniti e dopo un attento esame, considereranno distinto in virtù e capace di esercitare questo ufficio, e lo stabiliranno come superiore. In nessuna circostanza permettiamo ad una persona di una diversa lavra o monastero di diventare superiore di questa Lavra. Anche dopo la nostra morte non vogliamo che a nessuno sia permesso di concedere questa Lavra ad una persona laica od ecclesiastica od anche ad un monaco, oppure di assoggettarla ad un altro monastero. È nostra volontà e comando che invece rimanga libera ed autonoma".

[13.] Questo è ciò che ha decretato quell'anima meravigliosa ed irreprensibile, non essendo molto lontana dalle mie opinioni. Nessuno pensi, quindi, che una semplice parola fosse inclusa nella Crisobolla senza la mia piena consapevolezza ed approvazione, ma era come se gliel'avessi suggerita io. Poiché, quindi, secondo l'intento della Crisobolla, mentre era ancora in vita, aveva rimesso tutto al mio giudizio, sarei stato io a scegliere come le cose dovevano essere gestite, a prendere accordi ed a organizzare le questioni relative a questa santissima Lavra. Io dovevo esercitare il dominio e l'autorità come avrei voluto. Al meglio delle mie capacità, io dovevo stabilire le norme, fornire un ordine regolare e riflettere seriamente sulle modalità in cui l'impresa monastica sarebbe meglio servita e metterle in pratica.

[14.] È abbastanza facile immaginare che, dopo che questo uomo benedetto se ne fosse andato da questa vita, avrei avuto molta più libertà e autorità, dal momento che sarei stato responsabile, nello stabilire regole e norme. Inoltre, giunto alla fine della mia vita, dovrei lasciare dietro di me la persona che Dio dovrebbe approvare e che mi sia apparsa soddisfacente e degna di questo servizio pastorale. Perché stavo pregando che quell'uomo rimanesse in vita, non solo per il mio bene, ma affinché la sua invincibile guida servisse il bene comune del mondo intero. La mia preghiera era che potessi affidargli i miei affari e quelli di questa Lavra in modo che la sua mente profonda e prudente potesse meglio gestirli ed ordinarli. Ma quello per cui stavo pregando non è avvenuto come avevo sperato, ma come è sembrato buono alla provvidenza di Dio. Al di là di ogni mia aspettativa o dubbio, per un giudizio incomprensibile noto a Dio, la sua provvidenza si prese cura di fargli scambiare la vita qui per una vita serena e più perfetta, e gli concesse il regno dei cieli incontaminato e incrollabile come degna ricompensa per le sue molte e grandi fatiche [8]. Nel frattempo, mi è stato lasciato il compito di continuare a vivere questa vita laboriosa e misera, piena com'è di innumerevoli avversità.

[15.] Ingiungo, sotto minaccia di condanna, a colui che sarà eletto superiore dopo di me, mentre allo stesso tempo lo raccomando ed anche sinceramente lo prendo in considerazione, di rimanere vincolato dalla santa, consustanziale, immacolata e vivificante Trinità e dal mio umile essere che, quando verrà il suo turno di lasciare questa vita deperibile, che non contiene nulla di duraturo o stabile, anch’egli possa lasciare dietro di sé un successore per la posizione di superiore. Deve essere pienamente sicuro agli occhi di Dio che quest'uomo è adatto e capace di assumere quella posizione. Deve essere un uomo che la luce delle proprie virtù ponga chiaramente in primo piano e che sia riconosciuto come tale dai fratelli più eminenti e più devoti.

[16.] Nel mio caso, ora, ho il dominio assoluto, così che nemmeno una persona può negare il mio comando, e tuttavia non ho intenzione di lasciare il mio successore senza aver consultato i fratelli. Se, quando si tratta di scegliere un superiore, qualcuno, ingannato da pensieri demoniaci e sviato dalla propria ostinazione, dovesse promuovere la candidatura di chiunque altro – al di fuori di colui che il superiore e l'intera assemblea dei fratelli più preminenti avranno giudicato come migliore - e dovesse eleggerlo, e costui dovesse essere scoperto a formare fazioni, raduni illegali, divisioni e scismi, costui deve essere perseguito e tagliato fuori dalla comunità come un arto malato, come colui che non vive nella comunità nel modo inteso da Dio e come colui che non cerca ciò che aiuta il suo progresso e da cui trarre veramente beneficio.

[17.] Se accadesse, come è sicuramente possibile, che il superiore muoia mentre è lontano dalla Lavra, allora i fratelli preminenti e più devoti, come detto, devono riunirsi, analizzare il problema e così arrivare ad una decisione e votare. Perché non concediamo questo potere di prendere la decisione a tutti indiscriminatamente. Ingiungiamo e comandiamo che il superiore debba essere selezionato solo da questa particolare comunità. Non deve essere un uomo che è giunto qui da qualche altro monastero, si è formato in modo nuovo in un solo giorno e subito dopo sia stato incaricato. Poiché non porta con sé nulla che possa aiutare i fratelli nella pratica della virtù, tranne il fatto che vuole che votino per lui come loro capo, sebbene non sappiano nulla del suo modo di vivere. Che il santo raduno dei fratelli sia certo di ciò, ovvero che riteniamo essenziale che un forestiero proveniente da un altro monastero non assuma subito la posizione di superiore.

[18.] In effetti, un capitolo della Crisobolla lo proibisce espressamente. "Non vogliamo che nessuno sia avanzato alla posizione di superiore di questa Lavra tranne quella persona che i monaci della Lavra, dopo un'attenta indagine, troveranno eccezionale in virtù e adatta per il compito e la installeranno come superiore". Per nessun altro motivo avevo consigliato all'imperatore tre volte benedetto di aggiungere questa clausola se non quella di impedire alla Lavra di diventare soggetta a qualche altra persona. Né il patriarca né il [capo del] sakellion (cioè delle finanze), né qualsiasi altra persona deve arrogarsi l'autorità di nominare il superiore. La Lavra deve rimanere sovrana ed indipendente, come ho detto.

[19.] Perché se fosse permesso che il superiore possa essere nominato da qualche forestiero, allora la Lavra finirebbe sotto l'autorità di quella persona. Ma è mio giudizio e mio comando che il superiore in quel momento, quando arriverà il giorno in cui dovrà andarsene da questa vita, debba avere l'autorità di lasciare dietro di sé un uomo più competente e adatto come suo successore per essere responsabile dei fratelli. Di conseguenza ho pianificato ciò in anticipo. Ma se dovesse accadere che il superiore muoia senza aver designato la persona che dovrebbe lasciare come suo successore, allora prescriviamo che i monaci si riuniscano, deliberino e prendano una decisione sulla nomina del loro superiore. Deve essere sicuramente scelto da questa comunità. Non deve essere un uomo giunto qui da qualche altro monastero, formatosi in modo nuovo in un solo giorno ed all'improvviso essere messo al comando. Non deve essere uno che non porta nulla con sé per aiutare i fratelli nella pratica della virtù, tranne il fatto che vuole che votino per lui come loro superiore, sebbene non sappiano nulla del suo modo di vivere. Nel caso in cui mi trovassi in difficoltà nella scelta di un successore da lasciare come pastore ai fratelli come vorrei, intendo lasciare la scelta del superiore al giudizio ed al voto dei monaci.

[20.] Anche questo è incluso nella Crisobolla. In nessun modo ed in nessun momento riceviamo una persona da una lavra o da un monastero sconosciuto come superiore. Ho portato questo all'attenzione del venerato imperatore ed ho suggerito che fosse chiarito nella Crisobolla per evitare qualsiasi malinteso. Una persona che riconosciamo come uno sconosciuto che, come è stato chiarito sopra, non è stato presente qui alla Lavra, che non è stato visibile tra i fratelli, che non ha lottato al loro fianco nelle loro battaglie spirituali e meditazioni. (Una persona che) non ha dato alcuna prova della forza della sua perseveranza nei servizi, nelle diverse situazioni, nelle osservanze prescritte e nelle recitazioni del salterio. Costui, arrivato da poco, quasi fosse oggi, come in quella mostruosa favola sui giganti [9], è lui, di fretta, ad essere messo al comando, una persona che è stata formata da qualche altro tipo di direzione spirituale, estranea alla nostra e da non prendere sul serio?

[21.] Tuttavia, ho anche pensato che potrebbe essere utile aggiungere questa clausola. Una persona che ha perseverato nel nostro monastero e che ha vissuto insieme ai fratelli per tre o anche due anni, anche se può essere venuta da noi da qualche altro monastero, una persona del genere non la chiamo estranea, ma consideratela come un figlio, membro della chiesa e membro della mia comunità. Questa persona non è diversa da quelle che ho tonsurato, ma è uguale a loro. In ogni modo sono figli onorabili e veri, specialmente quelli che hanno lasciato i propri monasteri ed hanno assegnato tutto ciò che avevano alla mia umile persona. Uomini come questi li considero figli ed eredi e figli del mio cuore e li lascio in comunione con tutta la comunità. Ingiungo quindi a tutti i futuri superiori, miei successori, di garantire sotto vincolo di punizione e di giurare, secondo il più terribile timore di Dio, che non faranno alcuna distinzione tra questi uomini e quelli della Lavra che hanno ricevuto il santo abito da noi. Ancor di più, se si distinguono in virtù, devono essere tanto più ben disposti verso di loro ed offrire loro l'incoraggiamento appropriato corrispondente alla loro virtù, ed allo stesso modo considerarli e mostrar loro la preferenza a causa della loro religiosità. Questo è il mio comando per voi.

[22.] Se si osserva che uno di questi monaci, intendo uno di quelli che è venuto qui da un monastero diverso, si distingue chiaramente nel monastero ed è competente, adatto e dovesse apparire meritevole di guida dei fratelli, allora senza esitazione o ulteriori indugi sia lui ad essere incaricato. Non solo il superiore che si avvicina alla morte deve testimoniare che vuole lasciarlo come suo successore, ma quel monaco deve anche essere scelto da tutti i fratelli della Lavra.

[23.] La prescrizione di cui sopra non contraddice né indebolisce in alcun modo la clausola della venerata Crisobolla, sebbene le sue parole possano trasmettere quell'impressione. Piuttosto, è in piena armonia con essa. Poco prima è stato esplicitamente dichiarato che una persona è definita come estranea quando, senza seria riflessione e di propria iniziativa, si è trasferita da un altro monastero per diventare superiore della Lavra o che la mano dei potenti ha portato con l’intenzione di diventare loro i padroni della Lavra. È nostro desiderio che mai una persona del genere sia scelta dai fratelli o che essi ne cerchino una che non abbia condiviso il loro modo di vivere e sia rimasta in mezzo a loro per almeno un anno, come minimo. Ho pensato di dover spiegare queste cose in modo da poter rendere molto chiare le intenzioni del più venerato e santissimo imperatore a tutti coloro che desiderano leggere il presente testamento ed ho esposto chiaramente le mie opinioni sull'oggetto dei miei impegni, l'obiettivo per il quale mi sono battuto. A dire il vero, entrambi condividiamo lo stesso zelo e la stessa preoccupazione che anche la chiesa non debba essere soggetta ad una persona inadatta o non qualificata.

[24.] Oltre a tutte queste cose ingiungo ed ordino ancora una volta al superiore ed a tutti i fratelli, dal più grande al più piccolo e dichiaro soggetto a penitenza - nel nome del Signore Dio Sovrano di Tutti e della veramente santissima Madre di Dio - che non devono parlare con malizia o agire con arroganza con qualsiasi pretesto verso coloro che si trasferiscono qui da noi da vari monasteri a causa dell'amore di Dio e di noi stessi e che sono stati numerati ed elencati tra i fratelli della nostra comunità. Non devono trattarli con disprezzo o insultarli come "tonsura forestiera".

[25.] Ho sentito che in certe comunità alcuni uomini insicuri che non hanno paura del Signore hanno spesso agito in questo modo. Fanno osservazioni offensive come: “Questo individuo è stato tonsurato in un monastero forestiero e per questo motivo deve essere disprezzato. Questa persona è del nostro monastero e quindi deve essere trattata con rispetto ". Se qualcuno nella nostra Lavra dovesse essere scoperto a fare una cosa del genere dopo la mia morte, deve essere soggetto alla punizione che abbiamo assegnato nel nome del Signore Dio, Sovrano di Tutti, ed il giorno del giudizio possa avere la Madre Santissima di Dio che lo condanna, così come il mio umile essere. Perché noi consideriamo questa malattia dell'anima più dannosa di una malattia pestilenziale.

[26.] Ma perché chiamarla anche malattia? È un'eresia e la più dannosa delle eresie. Perché dividersi e considerare diverso l'abito di alcuni monaci è peggio dell'eresia. Quel monaco non appartiene a una razza forestiera; non professa un'altra dottrina; la sua anima non è stata creata in un modo diverso dalla nostra, né ha un diverso divino Signore. Entrambi i monaci si attengono alla sana dottrina ed entrambi appartengono all'unico Cristo e Signore ed alla sua chiesa. "Perché del Signore è la terra e tutto ciò che essa contiene" (1 Cor 10,26 = Sal 24(23),1), sotto un unico sovrano e signore, come ha detto il santo. Cosa rende allora questo monaco diverso da quello se non per il luogo in cui ha fatto la sua professione ed ha ricevuto l'abito? In realtà, questo non sarà diverso dall'altro per giustificare il fatto di chiamare l’uno "tonsurato in casa" e l'altro "tonsura forestiera".

[27.] Ciò per cui viviamo è lo sradicamento della nostra stessa volontà, questo è il nostro obiettivo più alto, e concentrarci sulla virtù e sulla comprensione del fatto che siamo stati chiamati al dolore, non alle delizie.

Ognuno di noi non deve seguire i propri desideri. Anche se alcuni monasteri furono istituiti oltre Cadice e alcuni monaci di quei luoghi visitarono questo posto e poi scelsero di essere arruolato tra i nostri fratelli, non li chiameremmo forestieri. Perché sono riluttante a designare un monastero come forestiero, poiché quella parola mi suggerisce una separazione da Dio.

[28.] Se, come affermano alcuni uomini, il più grande atto di rettitudine, un atto che non richiede ulteriore realizzazione o miglioramento, è la concessione della tonsura, questo sarebbe sufficiente per tutti e non ci sarebbe assolutamente bisogno di nessun altro impegno duro e faticoso. Tuttavia, non guarderò di buon occhio il monaco che io stesso ho tonsurato se dovesse diventare disattento, pigro e mediocre, anche se approvo uno che è venuto da un altro luogo ed è stato vestito con l'abito monastico lì, specialmente se è adornato con ogni sorta di virtù eccellenti. Al contrario, questo è il mio genuino figlio ed erede e figlio della chiesa. Ma quest'altro che dimora in questo luogo, a cui è stata concessa la tonsura ed il taglio dei capelli, ma che è privo di virtù, mi è assolutamente forestiero, completamente alieno e nemico della chiesa. Perché se tutti apparteniamo all'unico Cristo, come in realtà è per sua grazia, e ad una madre, la santa chiesa di Dio; se siamo della stessa fede e della stessa professione, allora non vi siano litigi tra voi, e che uno non sia chiamato forestiero ed un altro nativo indiscusso. Solo la virtù deve essere onorata.

[29.] Ingiungo quindi al superiore ed a quelli dei miei fratelli che ricoprono incarichi di comando, nonché ai miei figli e padri, di stare attenti a chiunque sia abbastanza incurante da pronunciare insulti di questo tipo contro i fratelli. Se una persona del genere, trascinata da qualche impulso fuorviante o meschinità di spirito, è così maleducata da insultare un fratello chiamandolo "tonsura forestiera ", sia tagliato fuori dalla chiesa, cioè non partecipi dei sacri misteri per tre settimane. Non deve entrare ed unirsi ai fratelli ai loro pasti comuni, ma deve mangiare da solo, astenendosi dal vino e dall'olio, e così fare penitenza. Se davvero dovesse correggersi, in modo che la sua lingua sia frenata dal silenzio e la sua mano sia davanti alla sua bocca, allora ringraziamo Dio. Se, tuttavia, dovesse essere scoperto di nuovo a pensare tali pensieri ed a pronunciare più insulti, allora deve essere completamente tagliato fuori dalla Lavra ed espulso come un arto malsano e cancrenoso del corpo della chiesa, in modo che la sua malattia e corruzione non possano diffondersi agli altri.

[30.] Dopodiché, l'uomo che mi succede a capo della comunità deve essere introdotto a quelle cose che è obbligato ad osservare ed a fare. [= Testamento Teodoro Studita (abbrev. Poi in “Test. Teod.”) [1]]: Salvo grave necessità, non altererai per niente la costituzione e il governo che hai ricevuto dalla mia umiltà. [=Test. Teod. [2]]: Non possederai nulla di questo mondo né conserverai nulla per te stesso come tuo, nemmeno un pezzo d'argento. [=Test. Teod. [3]]: Non dividerai la tua anima ed il tuo cuore per relazioni e preoccupazioni verso altri uomini al di fuori di quelli che Dio ti ha affidato e che io ti ho consegnato, quelli che sono diventati i tuoi figli e fratelli spirituali. Non disporrai delle cose del tuo monastero per coloro che (sono nel mondo e che) erano un tempo tuoi vicini secondo la carne, siano essi parenti o amici o compagni. E non farai ciò né in vita né dopo la morte, né per esigenze della carità né per motivo di eredità. Perché tu non fai più parte del mondo secolare e quindi non devi avere comunanza di beni con quelli del mondo. Ma se alcuni volessero passare dalla vita ordinaria al nostro ordine (monastico), allora dovrai prenderli in considerazione ad imitazione dei santi Padri.

[31.] [=Test. Teod. [4]]: Non avrai uno schiavo a te affidato né per il tuo uso personale né per il tuo monastero o per i campi, poiché egli è un uomo creato ad immagine di Dio. Questa facoltà è concessa solo a coloro che sono nella vita mondana, così come lo è il matrimonio. [=Test. Teod. [5]]: Per i necessari utilizzi non avrai un animale di sesso femminile, poiché hai rinunciato completamente ad ogni creatura femminile.

[32] [=Test. Teod. [7]]: Vigilerai sempre affinché tutte le cose nella comunità siano tenute in comune e siano indivisibili e che nulla sia di proprietà di alcun individuo, nemmeno un ago. Il tuo corpo e la tua anima, nient'altro, siano suddivisi in eguaglianza nella carità verso tutti i tuoi figli, fratelli e padri spirituali. [=Test. Teod. [8]]: Come fuggitivo dal mondo e dal matrimonio, non devi designare dei secolari come fratelli o impegnarti in relazioni spirituali con loro. [=Test. Teod. [22]]: Non fare il custode del luogo protetto (dove si custodiscono gli averi) e non assumere l’impegno di amministrare (i beni del monastero), ma che la tua chiave sia la massima cura delle anime, per legare e sciogliere (i peccati) secondo le Scritture (cfr. Mt 16,19). Dovrai affidare il denaro e le altre cose necessarie agli amministratori, ai cellerari ed altri, come conviene ad ogni servizio, e tutti senza dubbio sotto la tua autorità. Insieme ai fratelli più importanti, puoi tenere conto di ogni amministrazione e trasferire gli uffici a qualsiasi persona tu decida.

[33.] [=Test. Teod. [19]]: Non avrai abiti molto elaborati e costosi. Piuttosto, indosserai abiti e scarpe umili ad imitazione dei Padri. [=Test. Teod. [20]]: Non spendere prodigalmente né per il tuo stile di vita né per l'accoglienza degli ospiti. Questo comportamento ti distrarrà (dai tuoi obiettivi) poiché è proprio di una vita voluttuaria. [=Test. Teod. [10]]: Non uscirai frequentemente e non vagherai senza necessità, abbandonando il tuo gregge. Perché è desiderabile che tu abbia tempo da trascorrere con il tuo gregge ed essere in grado di salvare queste pecore dotate di ragione, ma astute e dedite al randagismo. Senza il dovuto esame, non devi permettere ai fratelli sotto la tua responsabilità di andare in viaggio da nessuna parte, specialmente durante la stagione invernale. Durante questo periodo, anche quando lo desiderano, potrebbero non essere in grado di tornare a causa della difficoltà della navigazione. Siate consapevoli del fatto che soggiornare fuori dalla propria cella e trascorrere del tempo con le persone del mondo per sua stessa natura produce, come dice il grande Antonio, la morte eterna [10].

[34] [=Test. Teod. [14]]: Non devi lasciare il tuo gregge e trasferirti in un altro o indirizzarti verso una (più alta) dignità. [=Test. Teod. [17]]: Non stabilirai un alloggio per te od una casa secolare per i tuoi figli spirituali dove andrete spesso ed in cui ci siano donne. Piuttosto sceglierai di alloggiare presso uomini pii per le esigenze e le necessità di spostarti (dal monastero). [=Test. Teod. [18]]: Non prendere nella tua cella un giovane allievo di cui disporre, poiché ciò può far male ad un (fratello) fragile, ma fatti servire da vari fratelli e da una persona al di sopra di ogni sospetto. Non devi acquistare una proprietà o un campo nella Lavra - ciò che sarebbe dannoso e causerebbe distrazioni inopportune per la comunità - tranne che una dipendenza nella città per fornire un posto dove stare ai nostri fratelli che si recano lì. Ciò che è stato lasciato in eredità da me, dalla provvidenza e dalla grazia di Dio, è sufficiente per loro se ne hanno cura.

[35.] Non ostacolerai il rifornimento di beni di prima necessità di coloro che trascorrono l'inverno nel ricovero vicino al porto per tutti i giorni o mesi in cui ne avranno bisogno. Non diminuirai il servizio offerto agli ospiti anche se a causa di avversità economiche le risorse e le esigenze della Lavra dovessero essere ridotte ad un modios [11]. [=Test. Teod. [23]]: Non preferirai al bene della comunità la persona di nessun uomo, eminente e potente secondo il secolo. Né rinuncerai ad esporre la tua vita fino allo spargimento di sangue nel proteggere queste leggi e comandi divini.

[36.] Ordiniamo che oltre agli ottanta monaci, come stabilito per ordine del beato imperatore signore Niceforo nella sua venerata Crisobolla, venga aggiunto un altro gruppo di quaranta monaci, in modo che con entrambi i gruppi il numero totale dei monaci sia centoventi, insieme a quelli che risiedono nella dipendenza. Simile alla concessione fatta dal molto benedetto imperatore sovrano Niceforo, il sovrano Giovanni [I Zimisce (969-976)], nostro molto venerato imperatore, ha aggiunto 244 nomismata (monete d’oro) alla donazione fatta regolarmente alla nostra Lavra. Nella sua Crisobolla l'imperatore Giovanni decretò che questa somma dovesse essere fornita in perpetuo per la nostra Lavra dal prelievo [12] imposto a Lemno, e nello stesso tempo confermò la disposizione generale espressa nella Crisobolla del molto benedetto imperatore sovrano Niceforo.

[37.] Di questi centoventi monaci desideriamo che cinque monaci, kelliotai [13] della Lavra, dimorino fuori in solitudine. Deve essere loro accordato uno stipendio annuale fino a tre nomismata e cinque modioi di grano. Ordiniamo che siano senza possedimenti, esercitando l'astinenza ed osservando assoluta riverenza ed umiltà verso il superiore. Stabiliamo che se qualcuno di loro fosse in grado da solo di essere responsabile di un compagno, può avere uno, ed uno solo, discepolo. Non voglio che nessuno abbia due discepoli, e ancora di più, nessun kelliotes deve pensare di aggiungere un'altra cella senza la mia conoscenza ed approvazione. Piuttosto, se ad un certo punto uno di questi cinque dovesse partire o dovesse morire, allora, se ne viene trovato un altro idoneo e capace di vivere una tale vita, che sia portato qui per sopperire a quello scomparso. Ma, in caso contrario, rimangano come sono. Non voglio che queste [celle] vengano assegnate a degli kelliotai semplicemente a caso.

[38.] Decretiamo che tutti gli altri siano sotto l'obbedienza, come pure sotto la guida e la cura di un solo pastore. Dopo uno studio approfondito della questione per un lungo periodo di tempo, nonché grazie ad un duro lavoro e prove, ho scoperto per esperienza che il mio giudizio è giusto e benefico e dichiaro la vita in comune la migliore e meno irta di pericoli per tutti i fratelli. Tutti insieme devono guardare allo stesso obiettivo di salvezza. Sebbene l'intera pienezza della comunità sia unita da legami diversi, (i fratelli) formano un solo cuore nella loro vita comune, una volontà, un desiderio ed un corpo, come prescrive l'apostolo (Rom 12,4; 1 Cor 12,12). Mostrino obbedienza vera, perfetta e non finta al superiore. La vera ed irreprensibile obbedienza dei sudditi verso il loro superiore si manifesta in questo modo, non solo astenendosi da ciò che il superiore considera fuori luogo, ma anche non facendo nemmeno ciò che è lodevole a sua insaputa. Non vorrei sostenere che esercitare l'astinenza ed affliggere il proprio corpo non abbia alcun effetto benefico, ma se una persona fa ciò che ritiene meglio per se stessa senza averlo prima chiesto e fa affidamento sulla propria iniziativa, commetterà un errore maggiore piuttosto che aver fatto qualcosa di virtuoso. Ma la ricompensa dell'obbedienza è maggiore di quella che si ottiene con l'astinenza.

[39.] Esortiamo tutti a condividere i pasti in comune ed a celebrare l'intero servizio comune nella santa chiesa di Dio, sia di notte che di giorno, come ho chiarito loro con i fatti ed ho ordinato e trasmesso per iscritto.

[40.] Se qualcuno con il sostegno e la cooperazione di Dio dovesse desiderare di scambiare il fastidio dell'obbedienza con la solitudine e la residenza individuale in un kellion, informi il superiore del suo desiderio. Costui, a sua volta, esamini attentamente le condizioni dell'uomo. Se effettivamente possiede la forza e la diligenza richieste a coloro che risiedono nella kellia, se è stato precedentemente esercitato nell’obbedienza, se ha imparato a stare in una cella con concentrazione e stretta sorveglianza sulla sua mente, se ha imparato a pregare e vegliare, per controllarsi, per esercitare l'astinenza, per meditare, per dedicarsi allo studio delle Scritture con umiltà ed attribuire una certa importanza al lavoro con le sue mani, allora il superiore gli permetta di farlo. Ma se una persona non ha esperienza di questo difficile modo di vivere, sia piuttosto messo a lavorare per servire e sia istruito a tenersi occupato, in modo che nemmeno ciò che sembra possedere (di buono) sia distrutto dalla sua stupida pigrizia, si lasci abbattere dallo spirito dell’accidia e dall'amore per il piacere. Fa’ che un tale uomo sappia esattamente che cerca di vivere separato e da solo per nessun altro motivo se non per poter andare qua e là ogni volta che vuole e poter vagare fuori dal suo kellion, pur avendo cibo, bevande e sonno illimitati; (costui non pone) nessun termine alla rilassatezza della sua carne, con il risultato, come si suole dire, di rendere la sua prigione ancora più dura per se stesso.

[41.] Inoltre, ingiungo a colui che sarà responsabile dei fratelli dopo di me, facendolo giurare per il Dio vivente, che nel corso del tempo a nessuno di coloro ai quali il Signore fornirà il desiderio e la forza - intendo coloro che perseverano nell'obbedienza all'interno del monastero - deve essere impedito di vivere in una seria solitudine e meditazione nelle loro celle. Non devono essere impediti o disturbati in modo controverso od offensivo, né dall'imposizione di servizi, né da mormorii, né da qualsiasi altro pretesto. (I responsabili) devono piuttosto impegnarsi e mostrare grande desiderio di metterli a loro agio, sia nei bisogni essenziali che in tutto ciò che è loro dovuto. La loro solitudine e diligente [ricerca della virtù] non devono essere considerate come pigrizia. Perché spesso io stesso ho pregato Dio, così come prego ancora, affinché tutti possano diventare come loro. Sono rimasti costantemente obbedienti al padre ed al superiore e non hanno abbandonato la loro solitudine. Sotto entrambi gli aspetti, sicuramente, hanno acquisito una duplice ricompensa.

[42.] Fu principalmente con questo in mente che feci in modo che il benedetto imperatore scrivesse, dichiarasse distintamente e annotasse attentamente nella Crisobolla, che la donazione regolare di grano deve essere ripartita tra la chiesa ed i monaci nella kellia, cioè i kelliotai. Comando anche ed esorto con forza che quei monaci che perseverano nella loro solitudine sotto l'obbedienza del loro padre superiore e che lottano, come si dice, con umiltà per la gloria di Dio e per il proprio bene e per quello della comunità, così come per il supporto della Lavra, devono essere curati in ogni modo sia dal superiore che dai fratelli e quindi non devono preoccuparsi dei loro bisogni corporei e possono vivere completamente indisturbati. Proprio come io, mentre sono ancora vivo, ho fatto uno sforzo speciale per prendermi cura di loro in modo smisurato, così voglio che si prenda cura di loro colui che mi succederà dopo che avrò lasciato questa vita.

[43.] Se Dio concedesse ad alcuni di loro la forza di portare avanti lotte maggiori ritirandosi in una solitudine più remota ed isolata, non deve essere loro impedito di essere messi alla prova. Poiché le celle del molto benedetto e venerato imperatore (Niceforo) sono a poca distanza dalla Lavra, così come quelle di San Giovanni Crisostomo e come la chiesa della Santissima Trinità con il suo complesso di celle ed altre proprietà sotto l'obbedienza della Lavra; e queste celle le riservo per il bene di coloro che combattono così.

[44.] Se qualcuno dovesse mai farsi avanti offrendo un dono d'ingresso al fine di risiedere in quelle celle o, come un inquilino, dando una somma di denaro alla Lavra o ad alcuni individui, al fine di affittarle per un certo numero di anni, il superiore non può essere autorizzato ad aderire alla richiesta di quella persona. Come abbiamo stabilito, ribadiamo che queste celle sono sotto l'autorità e la proprietà della Lavra e sono (destinate) al beneficio ed alla quiete di quei nostri discepoli selezionati per uscire, lottare e mettersi alla prova, e per rientrare di nuovo nell'obbedienza.

[45.] Non voglio che altri kellia, presunti luoghi di ritiro, vengano costruiti più vicino alla Lavra od in qualsiasi parte dell'area circostante [14]. Perché ce ne sono già abbastanza per coloro che sono in grado di abitare da soli. Confido in Dio che se si trovassero cinque tali uomini (cfr. Gen 18,32) la Lavra sarà sostenuta ed i fratelli faranno rapidi progressi a causa delle preghiere, dei consigli e dei consigli spirituali di questi uomini. Ma è possibile che diventino deboli di cuore e soggetti all’accidia, poiché accade che i solitari si scoraggino e si sentano obbligati a cambiare il loro modo di vivere per un po' di tempo; allora hanno bisogno di un po' di consolazione e di rinnovamento dello spirito affinché possano riprendere le loro fatiche con maggiore intensità e restare saldi con le proprie forze. In una tale situazione il superiore permetta a quel monaco di trasferirsi a Mylopotamos [15] presumendo che proprio il cambiamento di luogo possa fornire un rimedio appropriato e lo riporti in un buono stato d'animo.

[46.] I monaci che scoprono di non essere in grado di condurre una tale vita devono attenersi alla sottomissione alla regola e portare avanti la loro lotta come atleti e martiri, in modo che non finiscano per non essere all'altezza di entrambi gli obiettivi. Davanti a Dio ed agli angeli rendo testimonianza che coloro che perseverano nella genuina obbedienza e restano saldi nell'amore di Dio e nel vero affetto reciproco non prendono il secondo posto rispetto a coloro che portano avanti la speciale lotta per la solitudine. Ma saranno giudicati superiori e considerati degni di corone eterne dal giudice buono e imparziale.

[47.] Voglio che le celle di Giovanni l'Iberiano siano mantenute proprio come ho stabilito nella concessione che gli ho indirizzato. Vale a dire, i suoi successori devono preservare il buon rapporto che esiste tra loro e noi. Devono astenersi da tutto ciò che è proibito dalle leggi, specialmente per quanto riguarda qualsiasi sviluppo oltre a quanto è stato decretato, sia andando oltre il numero di otto, sia cercando di venderle o di fare una donazione, sia in qualsiasi altro modo al fine di separarle dalla Lavra.

[48.] Ingiungo inoltre che ogni tutela sia presa per osservare quanto segue. Ordino al superiore ed ai fratelli che hanno posizioni di comando dopo di lui di non ricevere mai un eunuco nella nostra Lavra, anche se è un vecchio, né [devono ricevere] un giovane ragazzo, anche se dovesse essere il figlio dell’uomo che tiene tra le mani lo scettro imperiale. Se qualcuno trasgredisce questo mio comando ricevendo tali persone proibite, che sia separato dal Padre e dal Figlio e dallo Spirito Santo, dalla Trinità santa, consustanziale e vivificante; accetti anche lui la maledizione dei nostri santi padri e sia anatemizzato dall'eredità dei giusti.

[49.] Per quanto riguarda gli altri, se una persona arriva e sceglie di offrire un dono d'ingresso ed essere iscritta alla nostra comunità spirituale e condividere la vita e le sofferenze dei suoi membri secondo il comando di Cristo, sia al servizio della chiesa che nel pasto comune a tavola, allora sia certamente ricevuta. Ma il suo dono di ingresso deve essere dato ai poveri, così che non sia costantemente tentato a causa di questo dono e non si inorgoglisca davanti ai fratelli come se avesse compiuto una grande azione, come se dovesse rimproverare i suoi fratelli e, quindi, causando attrito tra di loro. Ma se costui arriva con testimonianze riguardanti il suo buon comportamento e la sua reputazione è tale che il superiore prevede che nessun danno ne deriverà per un qualche simile motivo e se questo uomo desidera fare un'offerta a Dio dai suoi possedimenti, questa non deve essere rifiutata. Naturalmente, nemmeno ciò deve essere consentito senza alcune verifiche.

[50.] Questo ora è ciò che dobbiamo consigliare e prescrivere riguardo alla tonsura dei fratelli. Al superiore non è permesso di tonsurare nessuno subito, senza preliminari, ma solo dopo un intero anno. Si può fare un'eccezione nel caso di alcuni che sono devoti, ben conosciuti ed il cui stile di vita religioso è ben attestato. Perché considero un compito desiderabile di estrema e primaria importanza accettare tali persone e prestare attenzione ai loro speciali bisogni.

[51.] Si sappia anche che il Peristerai, cioè il monastero di Sant'Andrea, capo dei santi apostoli, rientra nella nostra autorità e proprietà, come è compreso e decretato nelle due venerabili Crisobolle, quella del venerato, tre volte benedetto imperatore signore Niceforo e quella del nostro attuale devoto sovrano imperatore Giovanni, colui che ora detiene lo scettro dell'impero dei romani. Abbiamo quindi deciso di fare il seguente accordo. È nostro desiderio che Stefano, il monaco e superiore più devoto, rimanga assolutamente indisturbato nella sua posizione di cura e governo di questo monastero e non sia responsabile verso nessuno. Nessuno dei miei successori ha l'autorità di rimuoverlo o di porre fine al suo governo di questo monastero di Peristerai per il resto della sua vita. Perché ci ha servito con tutte le sue forze, per quanto possibile ci è stato di grande conforto, ci ha accordato il dovuto onore ed ha mostrato la sottomissione che ci si aspetterebbe. Sembra anche che abbia apportato molti e grandi miglioramenti al monastero. Dopo che avrò lasciato questa vita, chiunque cercasse di rimuoverlo dal governo di questo monastero od in qualsiasi modo gli causasse qualsiasi tipo di problema, sarà tagliato fuori dalla santa Trinità vivificante e consustanziale e cadrà sotto la mia propria maledizione. Infatti, ora ordino che sia commemorato continuamente nelle sacre liturgie celebrate dai sacerdoti della Lavra mentre è in vita e che, dopo la sua morte, si tenga per lui una funzione commemorativa ogni anno. Dopo la partenza da questa vita del monaco e reverendissimo superiore Stefano, vogliamo che un altro superiore sia nominato a succedergli dal superiore della Lavra.

[52.] Poiché, tuttavia, l'essenziale della vita monastica era stato completamente trascurato dai precedenti superiori in questo monastero per molto tempo [16] e praticamente tutti i monaci del monastero avevano ceduto alla completa indifferenza e disattenzione, mi rendo conto che l'economia deve essere impiegata per far guardare tutti in questo monastero verso un solo uomo e servire sotto un solo uomo, cioè il superiore della Lavra. Sotto il governo di un solo uomo possono essere attratti insieme verso obiettivi più spirituali nelle loro preghiere, salmodie e letture, ed anche nel loro cibo e nelle bevande, nella misura in cui il servizio ed il lavoro di ciascuno, il loro viaggio e la loro età, o la malattia e la salute di ciascuno richiederanno in momenti diversi. Ordino quindi che amministratori e sacerdoti molto competenti siano inviati dalla Lavra da parte del suo superiore. Devono essere accuratamente esaminati e testati da lui, così come dai monaci a lui soggetti. [Gli amministratori] si occuperanno della corretta gestione dei bisogni più corporali, mentre [i sacerdoti] si accompagneranno ai fratelli e li renderanno perfetti in parole e modi di agire virtuosi ed in azioni gradite a Dio. Quando ciò sarà accaduto, sono convinto che, con l'aiuto di Dio, trarranno grande profitto l’uno dall’altro e l'uno nell'altro, sia come comunità che come singola entità. Poiché, né quelli della Lavra né quelli del monastero spesso menzionato, differiranno l'uno dall'altro a causa di un duplice governo, ma continueranno a lavorare insieme verso l'unità dell'amore e l'unione delle menti fissando lo sguardo sull'essere sotto un'unica e primaria regola. Se qualcuno dovesse mai tentare di rompere questa nostra disposizione benefica e salutare, che sia tagliato fuori dall'amore, poiché l'amore è Dio (Cfr. 1 Gv 4,8).

[53.] Si aggiunga anche questa alle prescrizioni che ho stabilito. Se qualcuno dei nostri fratelli che perseverano nella Lavra o qualcuno che è venuto qui da un monastero diverso volesse costruire ulteriori celle o scavare un campo e coltivarlo, non è assolutamente permesso in tutta la circonferenza della Lavra, cioè dall’estremità dei depositi fino al (monte) Antiathos [17]. Questo genere di cose dà generalmente luogo a disordini e scandali. In particolare, (la presenza di) tale attività nelle vicinanze per sua stessa natura erode a poco a poco gli elementi fondamentali dell'isolamento e della solitudine. Per questo motivo proibisco al superiore della Lavra od a qualsiasi altra persona di consentire (l’allestimento) di una cella o di un campo coltivato. Inoltre, non voglio che venga piantato un altro vigneto, nemmeno nella misura di un pezzo di terra delle dimensioni di un'aiuola [18], né sull'intera circonferenza della Lavra né a Mylopotamos. Perché, come già accennato, per la provvidenza di Dio, quello che ho lasciato è sufficiente. Ho pensato che fosse superfluo fare una menzione speciale di pecore e capre, poiché credo che sia del tutto fuori luogo che i monaci le possiedano, specialmente i monaci che risiedono sulla montagna [19].

[54.] Ora avete ricevuto tutto questo e qualsiasi altra cosa io debba trasmettere, scritta e non scritta, padre mio e fratello mio, chiunque voi siate che, per dirla brevemente, come superiori avete ricevuto da Dio e dalla mia umile persona quel potere e quella completa autorità sulla Lavra che anch'io avevo. [=Test. Teod. [24]]: Voi lo osserverete e lo custodirete per la gloria di Dio, per il mio onore, per l'assistenza di coloro che desiderano imparare e per instillare lo zelo divino in coloro che vedranno e ascolteranno. Possiate voi fare del bene e possiate prosperare nel Signore. Lungi da [me] dire o anche solo pensare il contrario.

[55.] Ecco, dunque, io affido a voi, alla presenza di Dio e dei suoi angeli eletti, l'intera comunità in Cristo. Accoglieteli, prendeteli con voi, guidateli e proteggeteli come agnelli di Cristo, come membra amate, prendete cura di ciascuno di loro con rispetto e cura amorevole, con uguale misura di amore per ciascuno, perché ogni uomo ama tutte le membra del suo corpo allo stesso modo.

[56.] [=Test. Teod. [25]]: Ora è tempo che voi, figli, fratelli e padri miei, ascoltiate la mia voce pietosa. Accettate e date il benvenuto al signore vostro superiore, così come l'ho scelto io stesso. Guardatelo con rispetto ed onore ed abbracciatelo come mio successore. Proprio come avete fatto con me, così anche con lui osservate la regola dell'obbedienza e non disprezzatelo perché è stato recentemente promosso nel Signore. E non aspettatevi qualcosa di più dei doni che gli sono stati dati dallo Spirito Santo. È sufficiente che lui mantenga ciò che gli è stato ordinato dalla mia umiltà. "Se voi mi amate", figli miei, e tenete presente il mio amore, "osservate i miei comandamenti" (cfr. Gv 14,15). Mantenete la pace tra di voi. Mantenete una buona disposizione, umiltà ed obbedienza al vostro superiore fino alla morte, senza contraddirlo o infastidirlo in alcun modo. Custodite inviolata la vostra angelica professione.

[=Test. Teod. [26]]: Odiate il mondo, non tornate alle opere del mondo. Essendo stati sciolti dai legami degli affetti carnali, non legatevi di nuovo ad essi. Avendo rinunciato a tutti i piaceri ed a tutte le cose deperibili della vita attuale, non abbandonate per negligenza il vostro impegno prediletto ed il combattimento dell’obbedienza, diventando lo scherno dei demoni.

[=Test. Teod. [4]]: Perseverate sulla strada dell'obbedienza fino alla fine, in modo tale da "ricevere la corona della gloria (di giustizia) che non appassisce" (cfr. 1 Pt 5,4 e 2 Tm 4,8). Guidati dall'umiltà, rinnegate sempre la vostra volontà e conformatevi solo a ciò che è approvato dal vostro superiore. Se terrete a mente queste cose e se le custodirete fino alla fine sarete beati. Perché il coro dei martiri vi accoglierà e, incoronati nel regno dei cieli, godrete dei beni eterni in Cristo Gesù nostro Signore. Quindi ora addio, figli miei, e ricordate la mia umile persona.


- Nota del traduttore dall'inglese: Il testo originale contiene molte altre note che ho tralasciato. Quelle con indicata la "Fonte" sono mie.

 

[1] Michele Maleinos, nipote di Niceforo II Foca e fondatore del sopra menzionato monastero di Kyminas.

[2] I governanti arabi di Creta, originariamente rifugiati presso al-Hakam, il sovrano omayyade di Spagna, che conquistò questo possesso bizantino circa nel 828.

[3] Chandax (Candia), capitale dell'isola di Creta sotto il dominio arabo.

[4] Litra (plur. litrai), unità di misura di peso: litra o libra = 12 ouncia = gr 327,36. (Fonte: "Storia dei bizantini in Sicilia", di Luigi Santagati, Edizioni Lussografica 2012).

[5] La Lavra katholikon.

[6] Cioè “Niceforo", letteralmente: "portatore di vittoria.”

[7] Kyriotes e despoteia; riguardo ai quali termini si veda R. Morris, “Legal Terminology in Monastic Documents of the Tenth and Eleventh Centuries,” Jöb 32.2 (1982), 281–90, at 284–85.

[8] Niceforo Foca fu assassinato il 10 dicembre 969, nel corso di un colpo di stato progettato dal suo successore Giovanni Zimisce.

[9] Si veda Esiodo, Teogonia, 185.

[10] Cfr. Apophthegmata patrum 10, PG 65, col. 77BC.

[11] L’unità di misura per gli aridi, in particolare il grano, era il modio (modion) pari a 8,754 litri, composto da 16 sestiari (sextarion) di 0,547 litri. Considerando il peso specifico del grano pari a kg 760/m3, avremo circa 6,67 kg. Il modion equivaleva a 20,7 libre. (Fonte: "Storia dei bizantini in Sicilia", di Luigi Santagati, Edizioni Lussografica 2012).

[12] Il termine Epeixis (tradotto "prelievo") significa una necessità pressante o un'emergenza, ma qui deve riferirsi ad una “imposizione” o tassa.

[13] kelliotai - Monaci che vivono da soli o con un compagno nelle vicinanze di un monastero cenobitico che visita periodicamente per la partecipazione al culto e per ricevere le provviste settimanali.

[14] Non si devono costruire altre celle. Ciò è in consonanza con la disinclinazione di Atanasio (per lo meno in questo documento) per consentire la continua espansione della Lavra, per la quale si veda anche [34] sopra e [53] sotto. Per il Mylopotamos, si veda [9] sopra e [53] sotto.

[15] Ovvero la dipendenza di sant’Eustasio menzionata in [9].

[16] Riforma della dipendenza. L'implicazione è che questo monastero, fondato come istituzione cenobitica da Eutimio il Giovane nell'871 (si veda L. Petit, “Vie et office de saint Euthyme le Jeune,” BHO 5 (1904), 39-46) ed a cui diede una regola (ora perduto), aveva successivamente abbandonato il cenobitismo per qualche forma alternativa di organizzazione monastica.

[17] Cima della montagna sulla penisola Athonite, tra i monasteri di Simonos Petra e di San Paolo.

[18] Per questo significato della parola plinthion, si veda Megale Hellenike Enkyklopaideia (Atene, 1932), vol. 20, pag. 348, sotto la voce plinthion. È ovvio dal contesto che Atanasio non si riferisce alla misura di terra con lo stesso nome che era l'equivalente di 3 modioi (E. Schilbach, Byzantinische Metrologische Quellen [Salonicco, 1982], p. 186).

[19] Niente nuove celle, campi coltivati o vigneti; pecore e capre vietate. Nella disposizione [31] derivata da Teodoro Studita, Atanasio vieta l'uso di animali di sesso femminile. In precedenza, Zimisce aveva vietato l'importazione di animali al Monte Athos, con un'eccezione per un giogo di animali consentito alla Lavra (capitolo [23] del Typikon dell'imperatore Giovanni Zimisce del 971-972). Si vedano i capitoli [34] e [45] per ulteriori disposizioni che precludono la crescita futura della comunità Atonita.

 


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12 febbraio 2021                a cura di Alberto "da Cormano"        Grazie dei suggerimenti       alberto@ora-et-labora.net