LA CONVERSIONE DI SANT'ATANASIO ATONITA
ALL’IDEALE CENOBITICO E L'INFLUENZA STUDITA
di Julien Leroy, O.S.B. - En-Calcat
Estratto e tradotto da: “Le Millénaire du 
Mont Athos 963-1963”, Éditions de Chevetogne
 
La fondazione del Monastero della Grande Lavra deve essere considerato un evento 
epocale nella storia del monachesimo orientale. Non solo perché la Lavra era, ed 
è tuttora, il monastero più importante della Santa Montagna, non solo perché 
questa fondazione ha preparato quella di altri due monasteri atoniti tra i più 
illustri del mondo bizantino, Vatopédi e Iviron, ma perché segna un punto di 
svolta che sarà a lungo decisivo nella spiritualità monastica dell'Athos. 
Sant'Atanasio, il fondatore della Lavra, introdusse, non senza difficoltà, la 
vita cenobitica su una terra che era la roccaforte della vita eremitica e 
dell'esicasmo
[1]. Egli ha provocato una specie di 
conversione collettiva dalla spiritualità atonita all'ideale cenobitico. Questa 
conversione, è vero, non fu totale; eremitismo e tendenze esicaste sono sempre 
state abbondantemente rappresentate sulla Santa Montagna, ma l'influenza del 
cenobitismo fu così importante da modificare profondamente l'aspetto della 
penisola, a partire dal suo aspetto più materiale, quello che attira ogni anno 
tanti turisti. I venti monasteri sovrani, anche se attualmente non sono più 
cenobitici, sono tutti originariamente dei
coenobia. Le skiti
[2], siano esse skiti idiorritmiche
[3] come Nea Skiti, Sant’Anna o Kavsokalyvia, 
o skiti cenobitiche come il Serail o la skiti rumena del Prodromo, hanno, in 
ultima analisi, un'origine cenobitica. Cosa sarebbe il Monte Athos senza questi 
grandi monasteri che lo rendono così splendido? Ed il numero dei monaci che vi 
abitano è maggiore, e di molto, di quello dei calogeri
[4] che, a diversi titoli, conducono la vita 
esicasta nelle “kellia”
[5] e negli eremi
[6].
Ma la bellezza dei monumenti, la natura pittoresca del loro sito, la ricchezza 
dei loro tesori non sono nulla in confronto alla ricchezza spirituale. Tuttavia, 
sull’Athos, questa ricchezza deriva soprattutto dalla diversità delle 
spiritualità che coesistono ed a volte si scontrano. Sotto l'uniformità 
dell'abito si nascondono stili di vita molto diversi, quindi spiritualità 
diverse e talvolta complesse
[7].
Tutto questo lo dobbiamo alla fondazione della Lavra. Anche se, prima 
dell'arrivo di Atanasio, i monaci vivevano fianco a fianco e formavano dei "monai" 
(dal greco: dimore), non si poteva ancora parlare di colonie di cenobiti. “Per 
difendersi dagli animali selvatici e per aiutarsi a vicenda, molti eremiti 
costruiscono le loro capanne, più o meno vicini tra di loro. Stimolati 
dall'istinto sociale, si raggruppano, formando così una sorta di villaggio 
semi-eremitico molto sparso, dove regna una disciplina embrionale e dove prende 
forma un'organizzazione collettiva. Si riuniscono in determinati periodi e, la 
domenica e nei giorni festivi, si recano tutti in una cappella comune per 
assistere alle funzioni"
[8]. 
Se il monastero fondato tra l'869 e l'873 vicino a Hiérissos da Giovanni 
Kolovos è un cenobio e se la sua giurisdizione si è estesa per qualche tempo sui 
territori dell’Athos, sembra che i monaci atoniti abbiano cercato, riuscendovi, 
di sfuggire a questa giurisdizione incompatibile con il loro ideale eremitico
[9]. Nessuna traccia, in questa prima fase 
della storia atonita, di una qualunque influenza della vita cenobitica. Anche 
Sant'Eutimio il Giovane, che per diciassette anni visse una vita autentica da 
cenobita presso il monastero "tôn 
Pissadinôn" nell'Olimpo della Bitinia
[10], non cerca di vivere durante il suo 
soggiorno ad Athos, alla fine del secolo IX, il suo ideale primitivo e, quando 
fonda un cenobio, lo fa fuori dalla Santa Montagna vicino a Salonicco
Questa conversione della spiritualità atonita all'ideale cenobitico è la 
conseguenza di un'altra conversione: quella dello stesso Atanasio. Niente, 
infatti, lo aveva preparato a diventare il paladino del cenobitismo, né le sue 
prime aspirazioni di vita monastica, né la formazione ricevuta sul Monte Kymina, 
né il clima spirituale che trovò sulla Santa Montagna.
La vocazione monastica del piccolo Avraamios (Abramo) di Trebisonda si è 
manifestata molto presto. Il suo biografo
[11] racconta con ammirazione come gioca a 
fare il monaco con i suoi compagni. Nei loro giochi devoti lo considerano 
persino il loro legislatore, ma già si tratta di "vita solitaria" e nessuna vita 
comune. Più tardi questa vocazione si affermerà e si manifesterà in modo meno 
infantile. Da studente, Avraamios vive come un monaco, ma un monaco di tipo 
consolidato: gli piacciono solo la solitudine ed il silenzio, al punto che non 
accetta di condividere i pasti con la sua famiglia adottiva, e conduce una vita 
molto austera, mangiando pane e dormendo su di una sedia!
[12] A Costantinopoli, tuttavia, non può 
ignorare l'esistenza dei moltissimi monasteri cenobitici che si trovano nella 
città 
[13] e dall'altra parte del Bosforo vede la 
montagna, anch'essa santa, dell'Olimpo i cui
coenobia sono famosi nella città 
imperiale
[14]. Ma è durante un viaggio ad Abido
[15] che scopre la bianca vetta dell'Athos ed 
ecco che è assolutamente affascinato da questa terra che per lui è eminentemente 
santa perché è la patria dei kellioti (dimoranti nelle
kellia) e degli eremiti
[16]. Nessuno dei grandi egumeni bizantini 
riceve le sue confidenze; l'unica personalità che lo conquisterà sarà san 
Michele Maleinos
[17], giunto a Costantinopoli per affari. 
Avraamios diventa suo discepolo; va con lui al monastero di Monte-Kyminas 
(fondato da Michele), e riceve l'abito dalle sue mani. È stato scritto più volte 
che fu nel monastero di Michele Maleinos che Avraamios, diventato fratello 
Atanasio, fu iniziato al cenobitismo e più in particolare alla concezione 
studita della vita cenobitica
[18]. Niente è meno esatto. Conosciamo molto 
bene l'ideale monastico di san Michele Maleinos. Il suo discepolo Teofane, che 
visse al suo fianco per quarant'anni, dal 921 al 961
[19], e quindi all'epoca in cui anche 
Atanasio era discepolo di Michele, ci ha lasciato una biografia del santo che 
pullula di dettagli concreti e di preziose annotazioni. Il monastero in cui 
Maleinos iniziò la sua carriera monastica non sembra essere stato un
coenobium
[20], ma una comunità che prepara all’hésychia, 
nella migliore tradizione del monachesimo del Monte Olimpo
[21]. Sono rivelatori dei dettagli molto 
piccoli: così Michele indossa solo una tunica come vestiario e cammina scalzo. 
Ad ogni modo dopo tre anni, "la sua anima brucia del fuoco dell’anacoresi”. Si 
ritira su di una roccia dove conduce una vita solitaria ed il suo ascetismo; 
prende, ad esempio, un solo pasto tra lunedì e sabato. Certo, il suo biografo, 
da perfetto discepolo, condivide la concezione del suo maestro e non nasconde la 
sua ammirazione per la vita di solitudine. Sempre più spinto dal desiderio dell’hesychia, 
Michele sprofonda in una solitudine più profonda. La dieta diventa ancora più 
austera
[22]. Michele finisce anche per abbandonare 
l'unico compagno della sua solitudine, per essere veramente e totalmente solo 
nella capanna che si è costruito. Quando i discepoli arrivarono, attratti dalla 
sua fama di santità, costruì un monastero e scrisse per loro un
typicon che non abbiamo più; è chiaro 
che questo monastero non è un cenobio; il nome di laura
[23] chiarisce abbastanza il fatto che, se si 
conduce una certa vita insieme, è solo in modo transitorio e per prepararsi alla 
vita solitaria.
Del resto, quando il biografo di Michele vorrà confrontarlo con i suoi 
predecessori, lo metterà in parallelo con i santi Eutimio e Saba, i fondatori 
delle laure palestinesi. Paragone tanto più eclatante in quanto sembra 
riecheggiare il giudizio unanime dei cristiani di Costantinopoli. Se i Bizantini 
non pensano assolutamente a paragonare Michele con Teodoro Studita - la cui 
opera monastica aveva avuto un considerevole irraggiamento, che era morto solo 
un secolo prima e che era uno dei loro illustri compatrioti - ma ai due santi 
palestinesi - morti circa quattrocento anni prima e che avevano vissuto in una 
terra lontana - è la migliore prova che tra l'ideale cenobitico dello Studita e 
la concezione monastica di Michele Maleinos, non c'era nulla in comune.
È in questa laura del Monte Kyminas che il giovane Atanasio riceverà la sua 
formazione monastica. Possiamo vederne l'orientamento. Per quattro anni rimase 
alla laura per prepararsi attraverso una certa vita comune alla desiderata 
solitudine; durante questo necessario tirocinio fa le concessioni imposte 
dall'obbedienza e rinuncia temporaneamente alle sue austerità, ma non appena è 
autorizzato dal suo padre spirituale ad andare in cerca dell’hesychia, 
riprenderà le sue austerità originali. È ovvio che Atanasio si trova 
perfettamente a suo agio in questa vita ed in questa spiritualità. Non troviamo 
la minima traccia di alcun conflitto interno nel racconto della sua permanenza 
con Michele Maleinos. La prima prova che si presenterà sarà per lui un segnale. 
Piuttosto che accettare, con l'incarico di superiore della laura, un genere di 
vita che giudica incompatibile con la sua vocazione, preferisce partire per il 
meraviglioso paese che aveva intravisto al largo di Abido, per vivere lì 
pienamente il suo ideale.
Il suo biografo ce lo descrive entusiasta di ciò che trova sulla Santa Montagna: 
"ammirava la vita eremita" che vi si conduceva… I monaci atoniti non erano dei 
veri monaci? Non lavoravano la terra, non avevano muli o asini; si muovevano a 
piedi, portando sulle spalle il loro unico mobilio: la stuoia su cui, giunta la 
sera, si riposavano qualche breve ora
[24]; mangiavano solo i frutti che la 
Provvidenza offriva loro od il poco pane e le verdure che portavano loro i 
pellegrini. Atanasio è un uomo felice, che ha trovato l'ambiente ideale in cui 
fiorirà la sua vocazione.
Cercherà costantemente questa felicità nella fedeltà al suo ideale primitivo, sia vicino all'eremo dello Zygos, sia vicino a Karyès [25]. "Egli conversa continuamente con Dio", ci dice il suo biografo. È vero che lavora un po', il che è scusato, "perché era un uomo" [26]. Dopo la visita alla Santa Montagna del Maestro Leone, Atanasio, sempre spinto dal suo ardentissimo amore per la solitudine, fugge sulla punta estrema dell'Athos, in un luogo chiamato Melana [27]. Non era solo la distanza che nella sua nuova capanna gli assicurava solitudine e silenzio, ma anche l'ambientazione desertica di questa straordinaria regione. Egli affronta eroicamente i demoni dell’accidia. Quest'anno di lotta ha sicuramente lasciato un segno profondo in lui; ha capito quali possono essere i pericoli della solitudine [28], ma dopo aver vinto queste dure tentazioni con la sua pazienza, è più che mai attaccato a questo ideale contemplativo; questo luogo gli diventerà più caro di ogni altra cosa. Quando Niceforo Foca [29] gli chiede le sue preghiere per la conquista di Creta e lo prega di venire ed unirsi a lui sul luogo delle sue battaglie, Atanasio esita così tanto a lasciare la sua solitudine, che ha bisogno della minaccia di formidabili sanzioni da parte dell'Epistasia [30] atonita per acconsentire. È allora che l'ideale monastico di Atanasio inizierà a piegarsi. Niceforo Foca dice che è pronto a lasciare il mondo per vivere con il suo padre spirituale Atanasio; c'è solo un ostacolo, non hanno un monastero. Niceforo si incarica del finanziamento di questa fondazione. Ma, attenzione a non prendere un abbaglio, la fondazione che progetta non è un cenobio; vuole che si costruiscano "celle di esicasti", cinque in tutto, certamente abbastanza lontane tra di loro, una chiesa dove, la domenica, gli eremiti possano incontrarsi per la liturgia, ed un refettorio per consumare i pasti insieme, quel giorno, prima di tornare alle loro celle solitarie È proprio una fondazione nel tipo del monastero di Michele Maléinos, tanto che Niceforo la chiama una "laura". Il nome le rimarrà. Forse questa non era una novità sulla Santa Montagna [31]. È proprio attraverso il nuovo egumeno della laura di Maléinos che Niceforo Foca trasmette i fondi destinati alla costruzione [32]. I primi lavori iniziano subito dopo, cioè alla fine del 961. Atanasio li conduce nello spirito che è sempre stato il suo: costruisce il kathisma (semplice dimora per un monaco solitario) che destina a Niceforo, sul fianco della montagna, a pochi minuti dall’attuale monastero di Lavra [33], e quindi organizza il suo eremo di Mélana. In quest’epoca la dieta è molto austera e conforme alla tradizione eremitica: pane, frutta ed acqua. Ma improvvisamente Atanasio sembra cambiare orientamento. Al katholikon (la chiesa principale) - quella che ancora esiste - aggiunge due cappelle; costruisce nuove celle, ma che non sono più "celle di esicasti"; le dispone in un rettangolo attorno al katholikon [34]. Di fronte alla chiesa costruisce il mirabile refettorio che ancora si vede, con le sue venti tavole di marmo, dove possono sedere duecentoquaranta “calogeri” (monaci di rito bizantino).
 
Atanasio pensa in grande! Questo insieme che ha appena realizzato e 
che è stato tramandato quasi immutato fino ad oggi
[35], diventerà il prototipo di tutti i 
monasteri atoniti. È probabile che la pianta di un
coenobium non differisse dalla pianta 
del nucleo centrale delle laure
[36], ma gli edifici cenobitici sono molto 
più grandi, perché le celle completano l’insieme abituale delle laure
[37]. Anche se nessun testo ci assicura che 
Atanasio, a partire da un periodo successivo al 963, orientò decisamente la sua 
spiritualità personale e la sua concezione di vita monastica verso il 
cenobitismo, lo stupefacente complesso del monastero attesta, soprattutto quando 
lo scopriamo arrivando dalla skiti 
del Prodromo, che, costruendo la Lavra, Atanasio voleva farne un cenobio, ed un 
grande cenobio.
Ma il fondatore non si accontenta di costruire; egli legifera; non è senza 
ragione che il suo biografo pone subito dopo l'enumerazione delle costruzioni 
intraprese in quell’epoca, diversi paragrafi in cui vengono studiati i vari 
regolamenti che il santo stabilì per i suoi monaci.
Si capisce la violenta reazione degli antichi monaci di Athos che lo accusano di 
aver distrutto le vecchie regole e lo affliggono per tutte queste costruzioni, 
per la coltivazione della terra, per le piantagioni di viti e frutteti. In una 
regione monastica fino ad allora gelosamente riservata all'esicasmo, o per lo 
meno a delle forme di vita derivate dalla spiritualità contemplativa, Atanasio 
introduce la vita cenobitica. Se c'è una certa somiglianza tra una laura ed un 
cenobio, perché vi si vive una vita comune, la differenza tra i due stili di 
vita è assolutamente radicale: la laura è solo un cenobio transitorio dove i 
monaci si preparano ai combattimenti della solitudine
[38]. In altre parole, è un cenobio ordinato 
alla contemplazione
[39]. Accanto al nucleo centrale sorgono le 
molte celle degli esicasti che, dopo aver completato la loro formazione 
spirituale, conducono la vita contemplativa. Il sistema delle laure, poiché è 
solo un perfezionamento della vita eremita, poteva essere accolto senza 
difficoltà dai monaci atoniti; la vita cenobitica era incompatibile con 
l'esicasmo atonita. I monaci del Monte Athos, ed in particolare Paolo (del 
monastero) di Xéropotamou, lo capirono bene; anche se in realtà le loro critiche 
riguardavano solo l'aspetto più materiale del nuovo stile di vita monastica 
introdotto da Atanasio, è contro la spiritualità cenobitica che insorsero. 
L'imperatore bizantino Giovanni I Zimisce lo capì bene come loro, poiché scelse 
come arbitro di questo conflitto l'egumeno del monastero di Stoudios
[40].
L'ideale cenobitico, infatti, dalla fine del VII secolo a Bisanzio porta il nome del monastero dove Teodoro fece rivivere la vita cenobitica di cui i Bizantini avevano perso la tradizione. Il monastero di Studios diventerà, e per molto tempo, il prototipo dei monasteri cenobitici [41]. Poiché a Lavra Atanasio aveva scoperto il valore del cenobitismo, non poteva che diventare il discepolo di san Teodoro Studita. Anche nei pochi testi che ci rimangono del fondatore della Lavra si trovano continuamente tracce dell'influenza studita. Nel suo Typicon, composto nel 970-971, dopo il suo viaggio a Costantinopoli, Atanasio introdusse una parte importante del Testamento di San Teodoro Studita, quello che raggruppa i precetti indirizzati al successore. Dei ventiquattro articoli inclusi in questo testo, Atanasio ne ha trattenuti quattordici. La maggior parte delle volte ha copiato fedelmente il suo modello, integrando, se necessario, tale o tal altra prescrizione. L'omissione degli articoli che non sono stati trattenuti da Atanasio, è facilmente spiegabile in generale: così i tre paragrafi 9, 15 e 16, relativi ai rapporti con le donne, senza dubbio non avevano motivo di esistere sulla Santa Montagna, dove la regola di avaton [42] era senza dubbio già in vigore. Il divieto fatto dalla Studita di distinguere tra il grande e piccolo abito non poteva essere incorporato nel Typicon, poiché a quel tempo era una consuetudine recepita [43]. Quanto all'obbligo imposto da Teodoro all'egumeno di spostarsi a piedi, od in caso di necessità su di un asino, doveva inevitabilmente scomparire da un regolamento redatto per un monastero stabilito in una regione solitaria e montuosa, dove il mulo era, ed è tuttora, l'unico mezzo di trasporto conveniente nella maggior parte dei casi.

Ci spieghiamo meno, 
invece, la sparizione della prescrizione concernente le catechesi
[44]. Comunque sia, prendendo a prestito dal 
Testamento del grande riformatore del cenobitismo bizantino la maggior parte 
delle istruzioni che intende dare al suo successore, sant'Atanasio si pone 
deliberatamente sulla scia del monachesimo studita.
Ancora più straordinario è il prestito da un altro testo studita. L'ipotiposi 
(che significa circa: gli abbozzi di 
istruzioni. Ndt.) di Lavra, scritta da sant'Atanasio poco dopo la 
trasformazione della laura in cenobio, si distingue molto visibilmente dall'ipotiposi 
studita; egli vi ha apportato alcune modifiche importanti; ne ha tolto le usanze 
proprie degli studiti, come il saluto fatto con le mani; ma ne conserva 
l'essenziale, ne segue il piano generale e ne riproduce anche i lemmi 
[45]. 
Così la dieta è, più o meno, la stessa che ci è specificata nell'ipotiposi 
studita. Il lavoro, che occupava un posto considerevole nella vita quotidiana 
degli studiti e nella loro spiritualità 
[46], 
ha negli scritti di Atanasio una durata approssimativamente uguale 
[47].
La vita di Atanasio conferma questi dettagli. Possiamo intuire che le "diaconie" 
hanno avuto un posto importante a Lavra come nel monastero di Studios, o più 
esattamente come nei monasteri studiti dell'Olimpo 
[48]. 
Troviamo in Atanasio, 
come per Teodoro, la preoccupazione di alleggerire e facilitare il lavoro, 
affinché non diventi opprimente
[49]. Insomma, suddivisa tra ufficio, lettura 
e lavoro manuale, la giornata del lauriota somiglia a quella di tutti i cenobiti 
che, dalla Bitinia all'Italia meridionale, erano gli eredi spirituali di Teodoro 
Studita.
Sembra persino che Atanasio abbia voluto completare il lavoro legislativo di 
Teodoro. L'egumeno del monastero di Studios aveva regolamentato la vita dei suoi 
monaci 
[50]. Lo aveva fatto con flessibilità, 
lasciando alla libertà di ciascuno la cura di ravvivare questo regolamento 
comune con i suoi contributi personali. Così Teodoro non ha stabilito regole per 
il silenzio. Non ha per niente previsto dei momenti dedicati allo svago, non 
imponendo in cambio uno stretto obbligo del silenzio. Lo studita pratica il 
silenzio con una libertà che può degenerare, ma che nessuna regolamentazione 
vincola. Inoltre, di tanto in tanto, Teodoro è obbligato ad alzare il tono per 
frenare le chiacchiere, o anche per porre fine al vero frastuono, ad esempio 
all’uscita dai servizi o dai pasti. Atanasio non intende modificare la 
concezione del silenzio, ma istituisce dei supervisori che reprimono gli abusi. 
Gli epistemonarchi (Ndt. Coloro a cui in un monastero è affidata la disciplina e 
l'osservanza delle regole), che nel monastero di Studios erano responsabili solo 
di ricevere accuse spontanee dai fratelli, ricevono a Lavra la missione di 
vigilare sulla buona condotta dei fratelli; essi stimolano i ritardatari e 
chiedono spiegazioni a coloro che vogliono lasciare la chiesa prima della fine 
dei servizi; un portinaio è appositamente istituito all'ingresso della chiesa 
per dare una mano agli epistemonarchi. Nel monastero, ed in particolare nel 
refettorio, due epitereti (vigilanti) sono incaricati della sorveglianza dei 
monaci. Troviamo presso Atanasio una preoccupazione per l'ordine e la regolarità 
esteriore che non troviamo nella stessa misura nel monastero di Studios.
 Queste 
innovazioni sono in linea con le tendenze del cenobitismo. San Basilio non ha 
mai pensato di dare ai suoi discepoli leggi diverse dalla Scrittura, né di fare 
di loro qualcosa di diverso dai cristiani. Teodoro, che nondimeno voleva fare 
della sua opera di riforma un ritorno a questo spirito evangelico di Basilio, fu 
obbligato a stabilire alcune norme che specificassero le forme concrete della 
fedeltà alla Scrittura; ma egli cercò di farlo con discrezione, poiché la sua 
concezione del monastero-corpo-mistico 
[51] implica la 
diversità dei membri nell'unità della carità. Il fondatore di Lavra, aggiungendo 
nuove prescrizioni a quelle di Teodoro, racchiude l'ideale studita in una 
cornice più ristretta; di tempo in tempo la lettera assumerà sempre più 
importanza, spesso a scapito dello spirito; i
typica diventeranno sempre più 
lunghi, sempre più precisi e meticolosi 
[52]. Il Vangelo 
correrà il rischio di non trarne più vantaggio; si finirà per perdere di vista 
l'ideale cenobitico primitivo che altro non era che l'ideale evangelico. Si 
cercherà quindi di dare di nuovo vita all'istituzione cenobitica infondendole 
un'altra spiritualità. L'esicasmo troverà lì la sua rivincita 
[53].
Già in sant'Atanasio la concezione del cenobitismo non è così integrale da non 
poter dare uno spazio, certamente molto limitato, alla ricerca di Dio attraverso 
la contemplazione. Il fondatore di Lavra prevede che cinque dei suoi monaci 
potranno vivere come esicasti. Teodoro Studita non ha mai ammesso questa 
possibilità
[54].
Questo significa che Atanasio pensava che l'ideale esicasta fosse superiore 
all'ideale cenobitico? Sarebbe un errore pensarlo. Egli si è spiegato molto 
chiaramente: "A tutti voi affermo, davanti a Dio ed agli angeli, che coloro che 
perseverano nell'autentica sottomissione, rimanendo nell'amore di Dio e nella 
devozione per gli altri, non saranno inferiori a coloro che lottano all’estremo 
nell’esichia; al contrario, riconosceremo che sono superiori a loro e 
meriteranno di ricevere le corone eterne dal buono ed integerrimo giudice»
(Meyer, op. cit., 118, pp.18-23). 
Vuole così lasciare una possibilità eccezionale, a coloro che non trovano nella 
vita cenobitica la propria spirituale fioritura, di trovare il loro vero posto. 
Perché per Atanasio, come per lo Studita, la vita cenobitica è pienamente 
definita dall'hypotegé, la 
“sottomissione” (ad un padre spirituale): "Quanto a coloro che non possono 
condurre questo tipo di vita (esicasta), rimangano sottomessi e combattano come 
atleti e come martiri"; ed altrove: "chiariamo che tutti gli altri devono essere 
sottomessi, sotto il governo e la direzione di un unico pastore" 
(Meyer, op. cit., 118, pp.15-17; 
21-22). 
In questo brano, Atanasio afferma che dopo molto tempo, con molta fatica ed una 
lunga esperienza, ha imparato che la cosa migliore era che “tutti i fratelli 
vivano insieme e che insieme guardino verso la stessa meta di salvezza; che essi 
formino nel cenobio un'unica volontà, un unico desiderio, che tutta la 
Fraternità sia un corpo unico armoniosamente composto da membri diversi”. È 
difficile immaginare un riassunto migliore dell'insegnamento di Teodoro.
Tuttavia, la concezione dell'hypotagé, 
(sottomissione), sembra essere stata in pratica meno rigorosa a Lavra che nel 
monastero di Studios; si tratta meno delle diaconie
[55] nei testi di Lavra che nelle catechesi 
studite; l’hypotagé 
(sottomissione) si modera verso l’hypakoé
(obbedienza).
L'obbedienza aveva certamente il suo posto nel monachesimo studita
[56], ma la sottomissione era più totale, più 
esigente; ogni monaco doveva mostrarsi servitore dei suoi fratelli, meno con i 
sentimenti che con il suo lavoro e la sua dedizione in ogni momento. Inoltre, a 
Lavra, è l'hypakoé che diventa il 
criterio della vera hypotagé: "che i 
fratelli dimostrino al loro superiore una vera, perfetta, sincera obbedienza, 
perché la vera e irreprensibile sottomissione dei cenobiti nei confronti del 
loro egumeno, consiste non solo nell'evitare ciò che il giudizio del superiore 
vieta, ma anche nel non fare ciò che è lodevole, senza il suo permesso“ 
(Meyer, op. cit. p.115.). 
Non è impossibile che ci sia una reminiscenza della regola benedettina
[57]. C'è in ogni caso una nuova sfumatura 
che viene introdotta nella concezione della sottomissione cenobitica; essa 
avvicina ancora di più la concezione monastica di Atanasio al monachesimo 
occidentale incarnato nello spirito benedettino.
Questo è davvero ciò che è notevole nell'opera legislativa di Atanasio. In lui 
si ri uniscono Teodoro Studita e Benedetto da Norcia, il Bizantino ed il Romano, 
l'Oriente e l'Occidente. Se a Lavra l'accoglienza è fraterna anche per i monaci 
d'Occidente, se vi troviamo più comprensione e possibilità di dialogo, questo è 
indubbiamente dovuto all'intercessione del santo fondatore.
[1] 
Esicasmo. Nel monachesimo cristiano orientale, il termine designa una 
tradizione contemplativa che risale al IV secolo. I monaci esicasti (dal 
greco, hesychìa, “quiete”), particolarmente quelli del monte Athos, si 
dedicavano a un’incessante preghiera mentale per raggiungere l’unione 
con Dio. Per concentrarsi e favorire l’estasi recitavano la preghiera di 
Gesù, nota come “preghiera del cuore”, che consisteva generalmente nelle 
parole: “Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore” 
ripetuta incessantemente regolando il respiro conformemente alla 
recitazione e contemplandosi l’ombelico (onfaloscopìa). (Fonte: "Microsoft 
Encarta 2009")
[2] 
Il termine deriva da askitìs, 
“asceta”. Una skiti è costituita da un insieme di
kalyve (kalyva, 
propriamente “capanna”, è la dimora di un singolo monaco o di una 
piccola fraternità); ha un’amministrazione interna propria e tuttavia 
dipende da un monastero sovrano. È governata dal
dikeos, eletto ogni anno 
dall’assemblea degli anziani di tutte le kalyve, aiutato da quattro 
consiglieri. Nei giorni festivi i monaci della skiti celebrano il culto 
divino nel kyriakòn, la 
chiesa centrale della skiti. (Fonte: "Monte 
Athos", di Nikolaos Chatzinikolaou, Asterios Editore, Trieste, 2016)
[3] 
Oltre ai vari stili spirituali della vita monastica, possono essere 
menzionati tre tipi formali di organizzazione. Il primo è quello del 
monachesimo cenobitico. In questo tipo tutti i membri della comunità 
fanno tutte le cose in comune. La seconda forma è chiamata idiorritmica 
(dal greco idios "proprio, particolare", rhythmos, "regola" o "ordine") 
in cui i monaci o le monache pregano insieme liturgicamente, ma lavorano 
e mangiano individualmente o in piccoli gruppi. In questo tipo di 
monachesimo le persone possono persino salmodiare e fare gli uffici 
separatamente, riunendosi solo per la liturgia eucaristica ed anche 
allora, forse, solo in certe occasioni. Infine, vi è il tipo eremitico 
del monachesimo in cui i singoli monaci o monache sono in realtà 
eremiti, chiamati anche anacoreti o reclusi. Vivono in totale isolamento 
individuale e non si uniscono mai alla preghiera liturgica della 
comunità, eccetto di nuovo forse nelle occasioni più solenni. Nei casi 
più rari può accadere persino che la Santa Eucaristia venga portata al 
monaco o monaca che rimane perennemente sola. (Fonte: "The Orthodox 
Faith" di Thomas Hopko - SVS Press 1981)
[4] 
Il calogero è una figura religiosa caratteristica della chiesa ortodossa 
di Grecia. Derivante dal greco 
Καλόγερος 
(Kalògheros), 
che significa "buon vecchio", il termine indica dei monaci appartenenti 
all'ordine basiliano, così detto perché basato sulla regola di san 
Basilio Magno. Vivono per gran parte sul monte Athos e prestano servizio 
presso le chiese d'oriente. Conducono una vita molto austera e ritirata, 
basata sull'osservanza di quattro quaresime l'anno, molte penitenze e 
lavoro nei campi, con un regime alimentare che esclude l'assunzione di 
carne. (Foonte: “Wikipedia”)
[5]
Kellia, in greco.
Kellion – incontreremo ancora 
questo termine – può indicare la cella (la stanza) del monaco o, come in 
questo caso, l’abitazione monastica singola dipendente da uno dei venti 
monasteri athoniti; vi può abitare un solo monaco o una piccola 
fraternità dedita, di norma, a lavori di agricoltura; è un edificio 
naturalmente più piccolo del monastero e della skiti, ma più grande 
della kalyva; al Monte Athos ne esistono circa 140. (Fonte: "Monte 
Athos", di Nikolaos Chatzinikolaou, Asterios Editore, Trieste, 2016)
[6] 
Non conosco statistiche precise su questo argomento. I. Doens, 
Monastères orthodoxes en Grèce, in "Irénikon", 34, 1961, p. 358, 
pubblicò una tabella presa in prestito da N.G. Mylona-Kos, 
”Αγιον” 
Oρος 
καί Σλαϋοι,, 
Atene, 1960. Secondo questa tabella, c'erano nel 1959, 1641 monaci sulla 
Santa Montagna, di cui 735 erano nei venti grandi monasteri. C'erano 
quindi in questo periodo 906 monaci "exartimatikoi". Ma non tutti 
conducevano una vita di tipo esicasta; dovremmo sottrarre da questa 
cifra il numero di monaci che vivono nelle skiti, alcune delle quali 
sono importanti quanto i monasteri. Non credo che i monaci che vivono 
nelle kellia o negli eremi siano più di tre o quattrocento.
[7] 
Ci sono sempre state correnti diverse e talvolta contraddittorie nel 
monachesimo. È deplorevole che questo fatto fondamentale non venga 
tenuto maggiormente in considerazione. Tuttavia, confrontandosi e stando 
accanto, queste varie forme di spiritualità sono inevitabilmente portate 
ad influenzarsi a vicenda. Anche nel monachesimo occidentale, sarebbe 
facile identificare diverse tendenze spirituali che si compenetrano. 
Tanto più nell'Athos, dove i monasteri e le kellia sono così vicine tra 
loro e sono chiamate, per lo statuto stesso della Santa Montagna, ad 
avere rapporti numerosi e continui.
[8] 
Amand De Mendieta. 
“Le Mont-Athos. La presqu'île des 
caloyers”. Bruges: Desclée de Brouwer, 1955
[9] 
I monaci del Monte Athos, definendo un limite al loro territorio, la 
Grande Vigla, escludevano da Athos il monastero di Kolovos ed 
eliminavano la possibile influenza di questo monastero e di una 
spiritualità diversa da quella che intendevano praticare. Il loro 
atteggiamento successivo verso sant'Atanasio è ispirato dalla stessa 
preoccupazione.
[10] 
I dettagli forniti dalla vita di sant’Eutimio il Giovane permettono di 
vedere che il monastero "tôn 
Pissadinôn" era sicuramente cenobitico. … Che abbia appartenuto o 
meno alla confederazione studita, sembra certo che questo monastero 
abbia subito l’influenza della riforma cenobitica di Teodoro Studita; in 
effetti era situato nella valle del Kilissé Déré, come il monastero 
studita dei Simboli. Si veda B. Menthon,
L’Olympe de Bithynie, Paris, 
1935, pp. 163-164.
[11] 
Ci sono due vite di sant'Atanasio l'Atonita: la
Vita A, a cura di I. 
Pomjalovskij, Zitie prepodobnago 
Athanasija Athonskago, San Pietroburgo, 1895, e la
Vita B, a cura di L. Petit,
Vie de saint Athanase l'Athonite, 
in "Analecta Bollandiana", 
25, 1906, pp. 12-87. È generalmente accettato che la
Vita B sia solo una nuova 
redazione della Vita A. 
Potrebbe essere che la Vita B 
abbia, per alcuni punti, una fonte di documentazione migliore della
Vita A. Citerò qui solo la
Vita B, indicando pagina e 
righe dell'edizione (che io ho riportato solo parzialmente. Ndt.).
[12] 
Secondo la Vita B Atanasio mangia solo pane d’orzo ed una volta ogni due 
giorni. Beve solo acqua, lotta contro il sonno e pratica altre pratiche 
più abituali agli eremiti che ai cenobiti.
[13] 
Alcuni di questi monasteri sono molto famosi: monasteri di Dalmata, 
Dios, Bassos, Stoudios, Pégé ecc ... In genere si hanno pochissime 
informazioni sulla vita religiosa di questi monasteri cenobitici nella 
prima metà del X sec. Stando a quattro catechesi inedite di un igumeno 
del monastero di Stoudios, che risalgono a questo periodo, la vita 
cenobitica era in declino. Questo, credo, spiega in parte il nuovo 
orientamento spirituale di Simeone lo Studita (o Eulabès) e del suo 
discepolo Simeone il Nuovo Teologo (949-1022). Il declino di 
un'istituzione monastica provoca molto spesso una riforma, ma è raro che 
questa riforma sia un ritorno all'ideale originario di questa 
istituzione. Generalmente si cerca di dare nuova vita all'istituzione, 
introducendo principi di vita spirituale presi a prestito da una 
corrente contemporanea che è in piena espansione. Così, nel XVI e XVII 
secolo, sul Monate Athos le riforme dell'idiorritmia non portarono a un 
ritorno al cenobitismo, ma alla creazione degli Skiti. Allo stesso modo 
in Occidente, nel Medioevo, molti riformatori del cenobitismo non 
cercarono di riscoprire il significato del cenobitismo ritornando allo 
spirito della Regola, ma introdussero nel cenobitismo elementi di 
spiritualità eremitica.
[14] 
Riguardo ai monasteri dell'Olimpo si veda il sommario, ma nondimeno così 
prezioso, lavoro di B. Menthon, l'Olympe de Bithynie, Paris, 1935. A 
metà del X secolo, che cosa erano diventati i monasteri dell'Olimpo 
fondati per la maggior parte nell'VIII e IX secolo? Abbiamo pochissime 
informazioni su di essi. La maggior parte di essi certamente esisteva 
ancora. È un dato di fatto che, salvo eventi straordinari, i monasteri 
sopravvivono molto a lungo dopo un periodo più o meno lungo di 
prosperità. Alcune importanti testimonianze ci forniscono la prova di 
questa sopravvivenza del monachesimo dell'Olimpo nel suo insieme. 
Costantino Porfirogenito visita il Monte Olimpo poco prima della sua 
morte (959) ed il racconto di questa visita - che occupa un posto 
importante nella cronaca dello storico Leone il Diacono (circa 950-992) 
"Theophanus continuatus": PG 109, pp. 481-484 - mostra l'alta stima che 
c'era a Costantinopoli per questo centro monastico. Nel 970 un asceta 
dell'Olimpo, Basilio lo Scamandrino, fu nominato patriarca (PG 117, pp. 
804-808 e 889-892). Intorno al 990, un igumeno dell'Olimpo porta una 
lettera del patriarca Nichola II Crisoberge al principe Simeone di 
Bulgaria (PG 111, 80 C).
[15] 
Abido (o Abydos, secondo 
l'originale greco-latino in uso presso altre lingue) è un'antica città 
della Misia, in Asia Minore, situata a Nara Burnu sul miglior approdo 
presente sul lato asiatico dell'Ellesponto, lo stretto dei Dardanelli, 
(in Turchia). Di fronte, sul lato europeo, dall'altra parte dello 
stretto, si trova Sesto, nel Chersoneso Tracico. Queste due città 
segnano gli estremi del passaggio più breve tra le due sponde dei 
Dardanelli, che in questo punto si restringono a poco più di un 
miglio.(Fonte "Wikipedia")
[16] 
Vita B, 18, 13. Il biografo non specifica le ragioni di questa 
predilezione del giovane Avraamios per l'Athos, ma è chiaro che solo il 
gusto ed il desiderio di una vita eremitica, o quasi eremitica, 
potrebbero avergli fatto desiderare di andare a vivere all'Athos, poiché 
a quel tempo non esisteva alcun monastero cenobitico sulla Santa 
Montagna.
[17] 
Michele Maleinos (Costantinopoli, 894 – 961) è stato un monaco cristiano 
bizantino. Zio dell'imperatore bizantino Niceforo II. Alla nascita ebbe 
il nome di Manuele Maleinos (Μανουήλ Μαλείνος) rampollo di una delle più 
potenti e influenti famiglie della Cappadocia. Crebbe alla corte di 
Leone VI il Saggio, alla morte del monarca, giovane diciottenne, 
abbandonò il mondo per ritirarsi in solitudine in Bitinia. Qui fondò, 
sul monte Kyminas, una lavra (monastero). Presso questo monastero mosse 
i suoi primi passi il fondatore della Repubblica del Monte Athos 
Atanasio l'Atonita. (Fonte "Wikipedia")
[18] 
C. Korolevskji, Athos, in 
“Dictionnaire d’Histoire et de Géographie écclésiastiques”, t. V, col. 
74: “Il sistema studita era già adottato da san Michele Maleinos per il 
monastero del Monte-Kyminas, e sant’Atanasio non fece fatica a farlo 
trionfare sul monte Athos”.
[19] 
L. Petit, Vie de saint Michel Maléinos, in “Revue de l’Orient chrétien”, 
7, 1902, pp.545.546, e 566.
[20] 
Esso è chiamato μοναστήριον (monasterion)
(558,5 e 554,30) e non χοινόβιον (koinobion). 
Senza dubbio al suo interno si vive una certa vita comune: uffici 
liturgici e pasti, ma l’austerità del vestiario e del sonno e la 
possibilità di passare rapidamente alla vita eremitica indicano che si 
tratta di una laura.
[21] 
Nell’VIII e IX secolo, i monasteri dell’Olimpo sembrano non aver 
conosciuto l’autentica vita cenobitica prima della riforma studita. Il 
ritorno ad un cenobitismo integrale appare nei monasteri dell’Olimpo che 
dipendono dal monastero di Stoudios e nei monasteri della confederazione 
di cui san Pietro d’Atroa è il fondatore.
[22] 
Sembra che a partire da questo periodo Michele ne scende al monastero 
neanche alla domenica, come aveva l’abitudine di fare.
[23]
làura (o lavra) [che 
in epoca antica significa « cammino, strada » e poi « quartiere »]. — 
Organizzazione monastica bizantina. Distinta dall’eremo (dove il monaco 
vive solo) e dal cenobio (ove il monaco vive in comunità, in celle 
separate ma cinte da un muro), la 1aura indicava un gruppo più o meno 
grande di celle monastiche (per lo più formate di piccole capanne o di 
grotte scavate nel terreno arido e roccioso), ognuna separata dalle 
altre, ma con una chiesa in comune e con un sacerdote che amministrava i 
sacramenti e, spesso, ma non sempre, guidava i monaci nella vita 
spirituale (anacoreti perciò nel senso stretto della parola). Prime 
laure pare siano state quelle di Faran, nel deserto di Giuda, in 
Palestina, e di Gerico sorte entrambe per iniziativa di s. Caritone 
(323-330); ben presto altre ne sorsero con un massimo di fioritura nel 
sec. 5°, specialmente 
per merito di s. Eutimio il Grande e del suo discepolo s. Saba. Numerose 
laure scavate nella roccia, e frequentate sino al 13° sec, ed oltre, si 
trovano in Puglia e in Basilicata, interessanti, oltretutto, per gli 
affreschi che ricoprono celle e oratori. Altre laure scavate nella 
roccia, di grande interesse per l’architettura e per la pittura, sono in 
Cappadocia. Singolare la situazione del monastero delle Meteore in 
Grecia. Distrutte in Palestina dai Persiani e poi dagli Arabi nel sec. 
7°, le laure nelle altre regioni, anche per conseguenza di abusi sorti 
per la scarsa disciplina dei monaci, si trasformarono in veri e propri 
cenobi, e la parola 1aura divenne sinonimo di monastero, restringendosi 
anzi, più tardi, ad indicare solo quei monasteri celebri per numero e 
santità di monaci. In questo senso famose sono la laura di s. Saba a 
Gerusalemme, del monte Sinai e la Grande Laura del monte Àthos, ancora 
oggi esistenti. (Fonte: “ora-et-labora.net”)
[24] 
Vita B, 23, pp.7-14; questa precisa descrizione della vita atonita 
all’arrivo di Atanasio ci permette di meglio misurare la sua evoluzione 
spirituale e di comprendere l’ostilità che essa suscita.
[25] 
Vita B, 28, p. 18; il luogo, si dice, dove ora si innalza il
kellion di Aghia Triada 
(monastero della Santa Trinità nei pressi della città di Kalambaka che 
si trova in Grecia nella periferia della Tessaglia. Ndt.), sulla strada 
del (monastero) Roussikon.
[26] 
Questo bisogno di scusare il lavoro di Atanasio è significativo della 
spirituaità atonita primitiva: il lavoro manuale, soprettutto quello di 
Atanasio, che era calligrafo, era considerato come incompatibile con la 
contemplazione; è senza dubbio la ragione per la quale il biografo 
precisa che, malgrado il suo lavoro, Atanasio “conversava senza sosta 
con Dio”.
[27] 
Melana non si trova dove attualmente è collocata la Lavra, ma ad una 
quindicina di minuti più in là, sopra il mare.
[28] 
Nel suo Typicon, Atanasio 
prevede il caqso in cui gli esicasti vegono tetati dall’accidia, “poiché 
ciò succede agli esicasti”.
[29] 
Niceforo II Foca, imperatore d'Oriente. - Apparteneva alla nobile 
famiglia cappadoce dei Foca che era fra le più illustri e potenti 
dell'aristocrazia bizantina e che aveva dato all'impero generali di 
grande valore. Seguendo la tradizione della famiglia, entrò giovanissimo 
nell'esercito (era nato intorno al 912) elevandosi rapidamente ai più 
alti gradi. Nel 960 fu posto a capo di una spedizione contro gli Arabi 
di Creta, dove riportò una strepitosa vittoria espugnando Chandax 
(Candia) e conquistando l'isola (961) ….. Con la partecipazione di sua 
moglie fu ordita una congiura militare contro di lui. Della congiura 
Niceforo ebbe avviso da delatori anonimi, ma non riuscì a scoprir nulla 
di concreto e nella notte fra il 10 e l'11 dicembre 969 egli fu dai 
cospiratori, a capo dei quali era Giovanni Zimisce, penetrati col favore 
di Teofano nel suo appartamento del Bucoleon, barbaramente assassinato. 
(Fonte "Enciclopedia Treccani")
[30] 
Epistasìa: (ἡ
ἱερὰ
ἐπιστασία) 
Organismo costituito da quattro membri, detti epistati, eletti dai 
rappresentanti dei venti monasteri della confederazione del monte Athos. 
Detiene il potere esecutivo e giudiziario nel territorio della Sacra 
Montagna. È presieduta da uno degli epistati, eletto per cinque anni, 
detto protos. (Fonte: "Piccolo 
glossario dei termini liturgici ed ecclesiastici bizantini", di 
Giovanni Fabriani, Roma 2020, www.liturgiabizantina.it)
[31] 
« Eutimio di Tessalonico visse tre anni in un eremo dell'Athos, poi 
circa nell'862 divenne capo di una laura. L'esistenza di simili laure è 
attestato a Karyès, Zygou et à Xéropotamou » (E. Amand de Mendieta,
Le Mont-Athos, 12).
[32] 
Michele Maléinos è morto il 12 luglio 961 (L. Petit, Vie de San Michele 
Maléinos, in "Revue de l'Orient 
Chrétien", 1902, p. 59 1), ed è nel settembre dello stesso anno che 
Metodio, igumeno della laura di Maléinos, va in missione nell'Athos.
[33] 
Questo kathisma porta attualmente il nome di kathisma del Prodromo e si 
trova a cinque minuti di distanza da Lavra sopra il monastero.
[34]
Vita B, 35, p. 7; la 
disposizione delle celle rettangolari intorno alla chiesa sembra essere 
stata una consuetudine nei 
coenobia. Se ne trovano molti esempi nei monasteri palestinesi, a 
partire dal VII secolo. ; si veda V. Corbo,
L'ambiente materiale della vita 
dei monachi di Palestina nel periodo bizantino, in “Il monachesimo 
Orientale”, Roma, 1958, specialmente, pp. 246-257. Riguardo alla Lavra, 
si noterà che il biografo non si accontenta di dire che le celle sono 
disposte in un rettangolo, ma anche che si toccano (35, 8), ciò che 
mostra perfettamente l'orientamento cenobitico della costruzione.
[35] 
Il monastero della Lavra è il solo monastero atonita che non sia andato 
a fuoco e che, quindi, non sia stato ricostruito. Alexandros Lavriotis, 
op. cit., 130, et A. Deroko, Deux 
genres d'architectures dans un monastère, dans «Revue des Études 
byzantines» (Mélanges Raymond Janin), XIX, 1961, p. 385.
[36]
V. 
Corbo,
op. cit., 
238, scrive: « sarà quindi sufficiente dare uno sguardo alle rovine dei 
cenobi per capire anche come fosse costruito il nucleo centrale delle 
laure, che in fondo non era che un piccolo cenobio in miniatura».
[37] 
È praticamente impossibile conoscere attualmente la pianta delle laure o 
degli altri monasteri dell'Olimpo. Nessuno dei monasteri, il cui sito è 
stato identificato da P. Menthon, offre resti sufficienti per consentire 
l'identificazione della sua pianta. Solo scavi metodici permetterebbero 
senza dubbio di conoscere la disposizione di questi monasteri. Così per 
il monastero di Pélécète: "basta raschiare il terreno ricoperto da un 
sottile prato, per incontrare blocchi di muratura bizantina" (B. 
Menthon, L'Olympe de Bithynie, Parigi, 1935, p. 38). Le dimensioni del 
nucleo centrale di alcune laure palestinesi si trovano nell'articolo 
citato da V. Corbo; la più grande, la laura degli Elioti, 50 metri per 
50; la più piccola 15 su 15. Il monastero della Lavra ha proporzioni 
altrimenti imponenti.
[38] 
La permanenza nella laura, prima di partire verso la solitudine, non è 
mai molto lunga. Abbiamo visto prima che è stata di tre anni per Michele 
Maleinos e di quattro anni per Atanasio.
[39] 
Mi sembra che ciò che caratterizza l'autentico cenobitismo, così come lo 
troviamo in testimoni così diversi come i santi Pacomio, Basilio, 
Benedetto e Teodoro Studite, sia la volontà di condurre soprattutto una 
vita conforme allo spirito del Vangelo ed al perfezionamento di quello 
spirito. Da qui l'importanza della carità pratica, concreta e di una 
ricerca meno definita della pura contemplazione. Mentre gli antichi 
sembrano aver chiaramente distinto l'ideale cenobitico dall'ideale 
eremitico, tutto orientato alla contemplazione, ci si può chiedere fino 
a che punto gli scrittori moderni che la pensano diversamente non si 
lasciano trasportare da un patrimonio di spiritualità medievale, 
fortemente marcato da autori come lo Pseudo-Dionigi l'Areopagita e 
Gregorio Magno. Il dibattito è attuale ed è con cautela che tutti gli 
elementi devono essere considerati.
[40] 
Sembrerebbe chiaro che, scegliendo Eutimio, l'egumeno del monastero di 
Studios, per arbitrare il conflitto tra i solitari di Athos e S. 
Atanasio, Giovanni Zimisce volesse attirarsi le grazie del fondatore di 
Lavra e farsi perdonare l'omicidio di Niceforo Foca. Aveva quindi capito 
molto bene il significato cenobitico dell'opera di Atanasio e che questa 
poteva essere approvata solo da un cenobita.
[41] 
L’influenza della dottrina monastica de S. Teodoro Studita, e plus in 
particolare dell’ipotiposi studita, si manifesta non solo a Bisanzio e 
nell’Olimpo (Ph. 
Meyer,
Die Haupturkunden für die Geschichte der Athosklôster, 
pp. 15-20), ma anche nell’Italia meridionale : su questo tema si veda T.
Minisci,
Riflessi studitani nel monachesimo italo-greco, 
nell’opera già citata « Il monachesimo orientale », pp. 215-233, e nei 
paesi slavi : « L’influence studite rentre dans la plus authentique 
tradition du monachisme russe. Fin dal X secolo, san Teodosio di 
Pečerska, (o Teodosio di Kiev - Vasilev, 1029 circa – 3 maggio 1074) 
fece tradurre il regolamento studita, 
l’oustav 
stouditskij, 
per la laura delle Grotte di Kiev. La maggior parte dei monasteri russi 
hanno seguito l’esempio della laura delle Grotte e, pur non dicendosi 
studite, si sono conformate all’osservanza dello Studion» : L. 
Gillet, 
in « Revue liturgique et monastique», pp. 204-205 ; si veda anche M. J. 
Rouet de
Journel,
Monachisme et monastères russes, 
Paris, 1952, p. 33.
[42] 
Sembra che l'ingresso alla Santa Montagna fosse proibito alle donne 
molto prima che Atanasio arrivasse ad Athos. Le rivendicazioni dei 
monaci atoniti contro le ingerenze di Giovanni Kolovos, la loro lotta 
contro le innovazioni di Atanasio che accusano di aver introdotto il 
mondo sulla montagna, dimostrano il loro desiderio di farne una terra 
protetta dalle tentazioni del mondo. Infatti, mentre troviamo vicino 
all'Olimpo monasteri di donne accanto a monasteri di uomini (ad esempio 
a Mantinéon, e nella confederazione di S. Pietro d'Atroa), non 
conosciamo l'esistenza di nessun monastero femminile in Athos, né la 
presenza di una sola asceta. D'altra parte, è del tutto possibile che il 
divieto di animali femmine sia stato importato da Atanasio che lo prese 
in prestito da Teodoro Studite. Questo divieto non ha nulla a che fare 
con la moralità sessuale, come pensiamo troppo spesso e come sembra 
suggerire lo stesso Testamento di Teodoro (PG 99, 1280 A 4). Va sempre 
di pari passo, nei testi teodoriani più antichi, con il divieto di avere 
dei servitori. Pare che il riformatore studita volesse in questo modo 
impedire ai suoi monasteri di vivere con il reddito di greggi allevati 
da dei salariati, costringendo così i suoi monaci a lavorare manualmente 
per vivere e provvedere ai bisogni dei poveri.
[43] 
Michele Maléinos prende il piccolo abito nel 912 ed il grande abito 
quattro anni dopo (L. Petit, op. cit., 553, 29 e 557, 7-8); Atanasio, 
che aveva ricevuto il piccolo abito sul monte Kymina (Vita B, § 9), 
ricevette il grande abito dalle mani dell'eremita Elia, dopo la 
costruzione della chiesa di Lavra (Vita B, § 25).
[44] 
Forse è semplicemente perché Atanasio aveva cambiato i giorni della 
catechesi; è certo, in ogni caso, che egli faceva delle catechesi alla 
sua comunità: Vita B, 55, 17 
e Meyer, op. cit., 127, 10; i novizi erano ammessi in comunità al 
momento della catechesi: Meyer, op. cit., 136, 4, ed il giorno della sua 
morte Atanasio radunò i suoi monaci e "fece loro la catechesi del beato 
Teodoro Studita" a cui aggiunse alcune riflessioni personali:
Vita B, 76, pp. 11-12.
[45] 
Questi lemmi non dividono il testo in capitoli; essi sottolineano solo 
alcuni paragrafi considerati senza dubbio come i più importanti; 
avrebbero potuto scomparire senza difficoltà.
[46] 
Per lo studita, il lavoro è la forma concreta che assume la 
"sottomissione": J. Leroy, La 
Réforme Studite, op. cit., pagg. 195-197, e in
Théologie de la vie monastique, 
Parigi, 1961, pp. 434-435.
[47] 
Meyer, op. cit., 138, p. 32 e ss. L'orario di lavoro è più o meno lo 
stesso di quello dei lavoratori secolari; in Quaresima è ancora più 
lungo: da Prima fino all'Ufficio della sera.
[48] 
Nel monastero di Stoudios, che si trovava in città, il lavoro era 
prevalentemente artigianale; a Lavra sembra essere stato prevalentemente 
agricolo, come nei monasteri dell'Olimpo. In
Vita B si parla di 
giardinaggio, di vigneti, di alberi da frutto, di cura dei muli, ma 
anche di forgiatura, di calligrafia, per non parlare della cucina, della 
panificazione ecc ...
[49] 
Uno dei compiti più duri della vita monastica era lo
zymé; I fratelli lavoravano a 
turno per impastare il pane. Sia nel monastero di Studios che a Lavra 
c'era poca voglia di fare questo duro lavoro; Atanasio, riprendendo 
un'idea di Teodoro Studita, fece costruire un'impastatrice meccanica 
mossa da buoi: Vita B, pp. 
62-63.
[50] 
Sebbene l'ipotiposi studita non provenga da Teodoro, è certo che 
l'egumeno del monastero di Studios aveva composto dei regolamenti; è 
spesso menzionato nelle catechesi. Su questo punto si veda
La Reform Studite, op. cit., 
pagg. 208-210.
[51] 
Questo punto della dottrina studita è fondamentale e meriterebbe uno 
studio. Se ne trova un abbozzo in 
La réforme studite, pp.199-200.
[52] 
Lo stesso fenomeno si riscontra in Occidente; la Regola di San Benedetto 
è chiarita ed integrata dalle "Declarationes 
in Regulam" che passano, amplificandosi, da una Congregazione 
all'altra. Queste stesse dichiarazioni sono ulteriormente chiarite, 
all'interno di un monastero, da consuetudini locali o da usanze non 
scritte che tuttavia hanno forza di legge; nessun dettaglio della vita 
quotidiana viene trascurato. Si leggano, ad esempio, le Usanze di Cluny, 
di Cîteaux o degli altri monasteri medievali!
[53] 
È curioso notare che è, in definitiva, dal monastero di Studios che, con 
Simeone Studita, è emerso il rinnovamento della tendenza esicasta, alla 
fine del X secolo, come oggi è dal monastero cenobitico di Dionysiou, 
che P. Théoklitos si è fatto il più caloroso apologeta della 
spiritualità esicasta.
[54] 
Stabilendo il principio che la vita cenobitica è superiore a tutte le 
altre forme di vita monastica, perché è quella che ha condotto il 
Signore, gli sembra inconcepibile che si possa passare dal cenobio 
all'esichia: "si è innamorati dell'esichia, si desidera ardentemente e 
si cerca una vita diversa da quella che il Signore ha dato; voi che 
agite così, riflettete e vedrete che io non mento, perché parlo di cose 
dalle quali io stesso sono stato tentato ”(Grandes 
Catéchèses, libro III, cat. 31, inedito).
[55] 
Le diaconie sembrano aver ricoperto un posto importante nella vita dei 
monaci di Lavra, ma si deve riconoscere che la parola è relativamente 
poco usata nei testi di Atanasio: Meyer, 
op. cit., pagg. 126, 5; 127, 25 e 34; 129, 33.
[56] 
Nel monachesimo studita, l'obbedienza al superiore, che manifesta la 
volontà di Dio, si esprime concretamente con la sottomissione, la 
remissività verso tutti i fratelli: "chi vuole veramente essere salvato, 
cerca solo una cosa: la volontà di Dio, quella del suo superiore, e di 
tutta la Fraternità ”(cat. 26 del libro I delle Grandi Catechesi). È la 
dedizione ai fratelli nel lavoro che è il segno della genuina obbedienza 
al superiore.
[57] 
Regola di san Benedetto, cap XLIX, 8-9: “Ma anche ciò che ciascuno vuole 
offrire personalmente a Dio dev'essere prima sottoposto umilmente 
all'abate e poi compiuto con la sua benedizione e approvazione, perché 
tutto quello che si fa senza il permesso dell'abate sarà considerato 
come presunzione e vanità, anziché come merito. Perciò si deve far tutto 
con l'autorizzazione dell'abate”. È vero che nella Regola l’obbedienza 
non è limitata all’abate (Cap. LXXI,
ut oboedientes sibi sint invicem 
– che tutti si obbediscano a vicenda), ma la dottrina dell’hypotagé
(sottomissione) cenobitica è lungi 
dall’avere il vigore della concezione studita. Nella Regola predomina
l’hypakoé
(obbedienza).
Ritorno alla pagina su "Sant'Atanasio l'Atonita"
Ritorno alla pagina iniziale "Regole monastiche e conventuali"
| Ora, lege et labora | San Benedetto | Santa Regola | Attualità di San Benedetto |
| Storia del Monachesimo | A Diogneto | Imitazione di Cristo | Sacra Bibbia |
6 febbraio 
2021                a cura 
di Alberto "da Cormano"    
    alberto@ora-et-labora.net
      
alberto@ora-et-labora.net