Isaia di Scete, Asceticon

Un'introduzione

Estratto e tradotto da: "Desert Christians: An Introduction to the Literature of Early Monasticism",

William Harmless, Oxford University Press, 2004

 

Un certo numero di scrittori fu particolarmente importante nel chiarire e divulgare la spiritualità del monachesimo egiziano al più vasto mondo romano. Giovanni Cassiano, per esempio, ebbe un ruolo chiave nel portare gli ideali e le pratiche egiziane nell'ovest latino. Si potrebbe dire qualcosa di simile su Abba Isaia di Scete: ha contribuito a portare la spiritualità egiziana in Palestina. Isaia - nel modo migliore in cui gli studiosi possono ricostruire le cose - sembra essere stato un monaco egiziano che lasciò Scete circa nel 430. Fece un pellegrinaggio in Terra Santa e si stabilì infine a Beth Dallatha, vicino a Gaza. Fu accompagnato da un discepolo di nome Pietro ed emerse come capo di una comunità di monaci lì a Gaza, dove visse fino alla sua morte nel 491. Isaia stesso era un monofisita [1] e alcuni dei suoi discepoli erano ostili oppositori del Concilio di Calcedonia del 451. Ma Isaia, con sgomento dei suoi discepoli, era profondamente tollerante nei confronti delle opinioni contrastanti e fu consultato e rispettato da monofisiti, calcedoniani e nestoriani. Oggi chiameremmo Isaia un ecumenista.

Una grande opera conosciuta come Ascetikon (o "Discorsi Ascetici") ci è pervenuta sotto il suo nome. L'opera, composta originariamente in greco, è un'ampia antologia che occupa oltre 200 pagine in un'edizione moderna. Il manoscritto più noto contiene ventinove Logoi ("discorsi", "saggi"), ma un trentesimo importante è stato scoperto sia in alcuni manoscritti greci che in una prima traduzione siriaca. Il Logos 30 contiene storie che sarebbero finite nell'edizione finale degli Apophthegmata Patrum e le differenze tra esso e l'edizione finale degli Apaphthegmata offrono indizi su come gli Apaphthegmata abbiano definitivamente assunto la forma scritta. Isaia e la sua cerchia, a quanto pare, facevano parte di quei gruppi monastici responsabili della compilazione delle storie e detti che alla fine divennero gli Apaphthegmata..

Ma il lavoro di Isaia è affascinante nei suoi ambiti. Contiene un mix diversificato di generi: brevi saggi, lettere, detti e sermoni. Alcuni Logoi sono istruzioni per i novizi:

Logos 3: "Statuti per i novizi"

Logos 9: "Precetti per coloro che hanno rinunciato al mondo"

Alcuni Logoi sono brevi antologie di detti e storie su Isaia annotate dal suo discepolo Pietro (ad esempio i Logoi 8, 10, 18, 23 e 26); infatti, Logos 8 si intitola "Apophthegmata". Gran parte dell'insegnamento di Isaia è concreto e chiaro, rispecchiando da vicino il tipo di insegnamento che appare negli Apaphthegmata.

Lavoro manuale

Se fai il tuo lavoro manuale, non essere negligente, ma applica te stesso con il timore di Dio, per non peccare per ignoranza. (Isaia di Scete, Asceticon, Logos 3.29).

Esichia [2] e vita nella cella

Qualcuno ha anche chiesto [Isaia]: "Cosa significa stare in esichia all'interno della cella?" E lui rispose: “stare in esichia all'interno della cella significa gettarsi davanti a Dio e fare tutto il possibile per resistere ad ogni pensiero malvagio suggerito dal nemico. Questo è ciò che significa fuggire dal mondo". (Isaia di Scete, Asceticon, Logos 21.13).

Manifestazione di pensieri

Se tu interroghi un anziano riguardo ad un tuo "pensiero", svela liberamente il "pensiero" a lui se sai che è degno di fiducia e che manterrà confidenziale ciò che gli hai detto. (Isaia di Scete, Asceticon, Logos 4.3)

Non criticare il cuoco

Se tuo fratello ha preparato un piatto non buono, non dirgli: "Hai cucinato male!" Perché questa è la morte per la tua anima. Piuttosto, esamina te stesso. Se fossi stato tu ad averlo sentito da qualcun altro, come ne saresti stato turbato! (Isaia di Scete, Asceticon, Logos 5.5)

In cerca di perdono

Se in qualche occasione hai fatto qualcosa di sbagliato, non lasciarti guidare dalla vergogna, ma convertiti e dì "Perdonami" e la tua colpa passerà. (Isaia di Scete, Asceticon, Logos 3.24)

Umiltà

Ama l'umiltà ed essa ti proteggerà dai tuoi peccati. (Isaia di Scete, Asceticon, Logos 9.15)

Ogni giorno come ultimo

Pensa ogni giorno: "Ho solo oggi per vivere nel mondo" e non peccherai contro Dio. (Isaia di Scete, Asceticon, Logos 9.21)

Preghiera incessante

Ama pregare incessantemente, in modo che il tuo cuore sia illuminato (Isaia di Scete, Asceticon, Logos 16.23).

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Ma questi brevi detti ed ammonimenti sono solo un aspetto dell'insegnamento di Isaia. Esistono anche estese omelie che usano lo stile origenista di interpretazione biblica; vale a dire dettagliate allegorie (ad es. i Logoi 4, 11, 12 e 21). C'è anche una lunga e toccante lettera che Isaia scrisse a Pietro quando entrò per la prima volta nella vita monastica (Logos 25). Alcuni trattati sono destinati agli anacoreti ed altri ai cenobiti;

Logos 4: "Riguardo la coscienza di coloro che vivono abitualmente nella cella".

Logos 5: "Riguardo i precetti sicuri e l'edificazione di coloro che desiderano vivere insieme in pace".

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Ci sono anche brevi trattati sulle virtù individuali e sulla vita spirituale:

Logos 14: "La pratica del lutto"

Logos 15: “Riguardo la rinuncia”

Logos 20: "Umiltà"

Logos 21: "Sulla penitenza"

Logos 23: “Riguardo la perfezione”

Logos 24: “Riguardo l'impassibilità”.

 

Isaia aveva alcune visioni teologiche molto peculiari e teorie sulla natura, sulla grazia e sull'opera redentrice di Cristo. Il passaggio seguente è un estratto del Logos 2, un trattato intitolato "Sullo stato naturale dello Spirito".

La nostra originale natura e l'innaturalità del peccato.

“Non voglio che ignoriate, fratelli, che all'inizio, quando Dio ha creato l'umanità, ha messo [Adamo] in paradiso con le sue facoltà pure ed integre nel loro stato naturale. Ma quando [Adamo] ascoltò il seduttore, tutte le sue facoltà si trasformarono in uno stato contro natura e cadde precipitosamente dalla sua gloria. Nostro Signore ebbe pietà del genere umano a causa del suo grande amore. "Il Verbo si fece carne" (Gv 1,14), vale a dire [divenne un uomo simile a noi] "ma senza peccato" (Eb 4,14), al fine di riportare ciò che era contro natura in conformità con la natura mediante il suo corpo santo; ed avendo pietà dell'umanità, la mise in grado di tornare in paradiso, risollevando coloro che camminavano sulle sue orme e secondo i suoi comandamenti. Comandamenti che ci aveva dato per poter vincere coloro che ci avevano respinto dalla nostra gloria. Egli ci insegnò il culto spirituale (Cfr. Rm 12,1) ed una legge tale che l'umanità potesse mantenersi nel suo stato naturale, l'unico per cui Dio l'aveva creata. (Isaia di Scete, Asceticon, Logos 2.1-4)

Salendo sulla croce di Cristo

Abba Isaia, come Giovanni Cassiano, avrebbe paragonato il percorso monastico al percorso di Cristo sulla croce. Eppure Isaia gli dà alcuni accenti unici: il monaco ha bisogno di "salire sulla croce", e questo "salire sulla croce" segnala un ingresso non nella sofferenza, ma nell'impassibilità, [nella mancanza di passioni].

[Abba Isaia] ha anche detto: “Se il nostro Signore Gesù Cristo non avesse prima guarito tutte le passioni dell'umanità per le quali era venuto [nella carne], non sarebbe stato innalzato sulla croce. Quindi, prima che il Signore entrasse nella carne, l'umanità era cieca, muta, paralizzata, sorda, lebbrosa e zoppa, messa a morte da tutto ciò che è contrario alla natura. Ma quando ebbe pietà di noi e venne in mezzo a noi, resuscitò il morto, fece camminare lo zoppo, fece vedere i ciechi, fece parlare il muto, fece udire i sordi e fece sorgere l'uomo nuovo (Cfr. Ef 4,24), libero da ogni infermità. Questo è colui che poi salì sulla croce. (Isaia di Scete, Asceticon, Logos 8.55)

La visione del buon ladrone sulla croce

E due ladroni furono appesi con [Gesù]; quello a destra gli diede gloria e lo supplicò, dicendo: "Ricordati di me, Signore, quando entrerai nel tuo Regno" (Lc 22,42); e quello a sinistra bestemmiò contro di lui. Questo è il significato: prima che lo spirito sia risvegliato dalla sua negligenza, sta con il Nemico; ma se nostro Signore Gesù Cristo lo resuscita dalla sua negligenza, gli fa recuperare la sua visione e gli fa discernere ogni cosa, allora così potrà salire sulla croce * (Isaia di Scete, Asceticon, Logos 8,55)

La passione di Cristo come modello

La croce è il segno dell'immortalità. Gesù pregò così [nel giardino dei Getsémani]: "Se è possibile passi via da me questo calice [in quest'ora]" (Mt 26,39). Questa parola è per noi: se lo spirito desidera salire sulla croce, ha bisogno di molte preghiera e lacrime abbondanti; deve essere sottomesso ad ogni ora davanti a Dio nel chiedere l'aiuto della sua generosità, in modo tale che lo fortifichi e lo custodisca fino a quando non lo farà risorgere ad una nuova santa ed invincibile condizione. Perché il pericolo è grande nell'ora sulla croce.

Il nostro stesso maestro, il nostro amato Signore Dio Gesù, è stato il nostro modello in tutto, come dice l'Apostolo: "Perché io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze, facendomi conforme alla sua morte, nella speranza di giungere alla risurrezione dai morti” (Fil 3,10-11). Il fiele che assaggiò per noi (Cfr. Mt 27,34) era per poter estinguere ogni vana agitazione. La corona di spine, intrecciata e posta sulla sua testa, (Cfr. Mt 27,29) è un esempio per noi perché accettiamo di essere rimproverati, subendo insulti ad ogni ora senza esserne turbati. Che Gesù sia stato consegnato per essere flagellato prima di essere crocifisso (Cfr. Mt 27,26) è un esempio per noi perché disprezziamo ogni affronto umano ed ogni infamia. Queste sono le cose che una persona deve fare per salire con lui sulla croce. (Isaia di Scete, Asceticon, Logos 13.2-3)

La croce come entrata nell'impassibilità (mancanza di passione)

Chi sono quelli che si tengono stretti a Gesù durante le tentazioni se non quelli che hanno resistito ai vizi contro natura fino a quando non li hanno recisi? Pertanto chi desidera mangiare e bere alla sua mensa cammini con lui verso la croce. La croce di Gesù è quindi l'astensione da tutte le passioni. (Isaia di Scete, Asceticon, Logos 16.125).

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Per il testo dell'Asceticon di Abba Isaia, si veda René Draguet, ed., Les cinq recensions de l'Asceticon syriaque d'Abba Isaie, CSCO 289-290, 293-294. Per una traduzione francese, si veda H. de Broc, Isaie de Scété: recueil ascetique, SO 7 bis (Bégrolles-en-Mauges: Abbaye de Bellefontaine, 1985).

Edizioni italiane:

- Isaia di Scete, Asceticon, a cura di L. Coco, ed. San Paolo 2011.

- Isaia di Gaza, Asceticon, a cura di G. Giaccio, ed. Chirico 2009.

 


[1] (Ndt.) Il monofisismo (dal greco monos, «unico», e physis, «natura») è il termine usato nella teologia cattolica e nella storiografia occidentale per indicare la forma di cristologia, elaborata nel V secolo dall'archimandrita greco Eutiche, secondo la quale la natura umana di Gesù era assorbita da quella divina e dunque in lui era presente solo la natura divina. Nel 451 fu convocato il concilio di Calcedonia, che si concluse con la condanna del monofisismo. Il concilio dichiarò che Cristo «è in due nature che esistono senza confusione, senza mutamenti, senza divisione né separazione».

[2] (Ndt.) L'esicasmo (dal greco συχασμός hesychasmos, che deriva da συχία hesychia, (Esichia in italiano) calma, pace, tranquillità, assenza di preoccupazione) è una dottrina e pratica ascetica diffusa tra i monaci dell'Oriente cristiano fin dai tempi dei Padri del deserto (IV secolo). Scopo dell'esicasmo è la ricerca della pace interiore, in unione con Dio e in armonia con il creato.


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14 marzo 2020                a cura di Alberto "da Cormano"        Grazie dei suggerimenti       alberto@ora-et-labora.net