I CISTERCENSI
Ludwig Hertling, Angiolino Bulla
Estratto da “Storia della Chiesa. La penetrazione dello spazio
umano ad opera del cristianesimo”
Città Nuova, 2001
La storia degli ordini religiosi non scorre come un fiume
tranquillo, ma procede a ondate, simili alle periodiche inondazioni
del Nilo in Egitto, in antico la patria della vita religiosa. Ciò
deriva dal fatto che in questo campo la personalità gioca una parte
tanto importante, quale non si riscontra in nessun altro settore
della vita ecclesiale. La storia degli ordini religiosi è la storia
dei grandi fondatori e dei grandi riformatori. Il che non significa
che ogni nuova ondata cancelli le precedenti. Quasi tutti i grandi
ordini religiosi mantengono un compito stabile nella Chiesa anche
dopo il tramonto del loro iniziale periodo di splendore.
Le nuove ondate, o nuove voci, nel coro della Chiesa universale
erano stati Cluny, Camaldoli e i canonici regolari. Da allora,
durante i secoli XII e XIII, nuove ondate si susseguirono alle
ondate precedenti, e più d’una comparve in concomitanza con altre.
L’ordine dei cistercensi apparve per primo.
Sul finire dell’XI secolo Cluny si trovava all’apogeo del suo
prestigio e della sua potenza; esercitava una specie di monopolio
religioso nella Chiesa. Cinque cluniacensi salirono, uno dopo
l’altro, il soglio pontificio. Monasteri che seguissero usanze
diverse da quelle di Cluny erano pressoché scomparsi. Cluny non era
in decadenza, ma il suo stile era rimasto unidirezionale. Era una
forma ideale di vita monastica, ma non
la forma ideale. Per reazione sorsero un po’ alla
volta, quasi contemporaneamente, monasteri che imboccarono vie
diverse da quella di Cluny; in Francia Fontévrault presso Poitiers,
Savigny in Normandia, e, in Italia, Montevergine e Pulsano. Un
monastero destinato a grande affermazione fu quello fondato nel 1098
non lontano da Digione, nella zona desertica di
Cîteaux (Cistercium), da Roberto abate di
Molesme (m. 1111).
Gli inizi furono modesti. Nel 1113 veniva fondata la prima abbazia
affiliata di La Ferté, nel 1114 Pontigny, nel 1115 Clairvaux (ebbe
come abate Bernardo, allora venticinquenne) e nel 1115 Morimond.
Quelle prime fondazioni sorsero con il proposito di osservare la
regola di san Benedetto nella sua forma originale e austera. Ma
presto si introdussero nel sistema di vita dei mutamenti, per cui la
fondazione si può ritenere piuttosto un ordine nuovo che una
ramificazione di quello benedettino. Il secondo successore di
Roberto, Stefano Harding (1109-1133), compose nel 1118 lo statuto
dell’ordine, che chiamò
Carta caritatis,
nel quale si poneva in rilievo soprattutto la necessità della
povertà apostolica, della solitudine, il dovere della preghiera e di
un concreto lavoro manuale. L’approvazione dello statuto da parte di
Callisto II (23 dicembre 1119) segnò la nascita dell’ordine
cistercense. Secondo alcuni il documento redatto dall’abate Stefano
va considerato, insieme alla regola di san Benedetto, come uno dei
pochi documenti fondamentali nella storia delle costituzioni
monastiche.
L’eccezionale rigore penitenziale di
Cîteaux non era adatto a sollecitare
l’afflusso di seguaci. L’istituzione rischiò di perire. L’uomo che
aiutò a diffondere il nuovo ideale di vita monastica fu il giovane
nobile burgundo Bernardo di Clairvaux (1090/1091-1153). Quando,
nell’aprile 1112, bussò alla porta di Cîteaux
era in compagnia di trenta compagni, che aveva conquistato
all’ideale monastico. Bernardo dette al monastero il primo
fortissimo impulso e seppe imprimere al nuovo ideale una forza di
espansione imprevista.
Distintivi dell’ordine cistercense furono un severo modo di vivere,
unito alla più assoluta povertà dei monaci. Anche la casa di Dio
doveva essere architettonicamente semplice. Le antiche chiese
cistercensi si distinguono per il coro rettangolare, in luogo della
corona di cappelle, e per l’assenza di campanile. Il monastero
possedeva fondi terrieri, lavorati direttamente dai monaci.
L’importanza attribuita al lavoro manuale e alla coltivazione
agricola fece sì che l’ordine cistercense acquistasse anche
un’importanza altamente civilizzatrice. Molti
territori dell’Europa centrale e orientale, in passato rimasti
incolti, vennero aperti all’agricoltura. Località come
Zistersdorf (villaggio del cistercense) e altre rammentano ancora
oggi l’opera di colonizzazione cistercense. L’organizzazione
dell’ordine era fondata, in linea con il modello benedettino, sulla
stabilità dei monaci
(stabilitas loci) e l’autonomia del monastero. Ma con
i Cistercensi si ha per la prima volta una precisa organizzazione
costituzionale di tutto l’ordine in una vera e propria congregazione
monastica. Tutti gli abati dovevano riunirsi ogni anno a
Cîteaux, sede dell’abate generale, in un
capitolo generale, cui competeva il diritto supremo della
sorveglianza e della legislazione; l’abate di Cîteaux
nominava degli appositi visitatori con il
compito di visitare annualmente i
monasteri derivati da Cîteaux e di
riferire poi al capitolo generale. L’organizzazione cistercense si
rivelò ben presto tanto salutare, che il concilio Lateranense del
1215 la prescrisse anche agli altri ordini. I Cistercensi si
distinsero per la loro devozione alla Madre di Dio; tutte le loro
chiese furono dedicate a Maria come patrona dell’ordine.
La diffusione dei cistercensi fu straordinariamente rapida. Fino al
1350 sorsero più di 600 abbazie, oltre quelle antiche, che
spontaneamente adottarono la nuova regola. Dopo la Francia e la
Germania, fra i luoghi di maggior diffusione vi fu anche l’Irlanda,
dove i cistercensi furono introdotti da Malachia (m. 1148 a
Clairvaux), arcivescovo di Armagh e amico di Bernardo. In Germania i
cistercensi vantavano di poter attraversare tutto il regno senza
essere costretti a chiedere ospitalità in un monastero o convento di
altro ordine religioso. Il motivo fondamentale della stima che
godettero e della loro rapida diffusione fu, oltre l’eccellenza dei
loro ordinamenti monastici, la personalità assolutamente superiore
di Bernardo, ritenuto il secondo fondatore dell’ordine cistercense.
Bernardo personifica il Medioevo e lo spirito nazionale francese
(nacque a Fontaines nel 1090), presi nel loro significato migliore.
Dai suoi scritti emana una profonda devozione, una dedizione eroica
agli ideali più elevati, acutezza d’ingegno e ampiezza di vedute. Il
latino di Bernardo non è una lingua morta; non è la lingua di
Cicerone, ma uno strumento di espressione straordinariamente vivo,
ricco di spirito e perfino di arguzia, con una musicalità tutta
propria.
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18 maggio 2025
a cura di Alberto "da Cormano"