Estratti dalla 
"Regola di Bose
La Regola è stata rivista tre volte:
- Impegni a un minimo comune, 
[Bose 1968
- Tracce spirituali per una vita comune, 
Bose 1968 (pubblicata in “Studi Francescani” 
68 [1971/1]
- Esortazione al fratello che entra in 
comunità, Bose 1971 (pubblicata col titolo
Tracce spirituali in “Servitium” 
I, 5 [1971/22]
- Regola di Bose, approvata nel Capitolo del 4 ottobre 
1971 ed 
in seguito approvata il 22 aprile 1973 dall’Arcivescovo Pellegrino di Torino 
La Regola di Bose  non è stata ancora pubblicata ed è 
a disposizione dei soli monaci.
Prologo 1-2
L’Evangelo 3-5
La vocazione 6-8
La probazione 9-11
La vita comune 
12-17
Il celibato 18-20
La tua povertà 
21-23
Il tuo lavoro 24-25
La tua obbedienza 
26-28
Colui che presiede 
29-31
Ordine e disciplina 
32-34
La preghiera 35-37
L’ospitalità e 
l’accoglienza 38-40
La missione e la 
fraternità 41-42
La comunità e le 
Chiese 43-45
Presenza nel mondo 
46-47
Conclusione 48
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Prologo 1-2
1. Fratello, sorella, non potete contare su voi stessi, 
ma solo sull'amore di Dio. Colui che vi ha chiamati non deluderà le vostre 
speranze; (Rm 5,5) egli vi renderà saldi e vi proteggerà da colui che divide. (2 
Ts 3,3)
Ricordate la promessa di Cristo: "Non c'è nessuno che 
abbia rinunciato a casa, a terre, a fratelli o sorelle, a madre o padre, a 
marito o moglie per amore mio e per amore del Vangelo che non riceva cento volte 
di più ora in questa età presente, e la vita eterna nel tempo che verrà."(Mc 
10,29)
Cercate dunque il regno di Dio e la sua giustizia (Mt 
6,33) e proclamate nella vostra vita che il regno dei cieli è vicino. (Mt 10,3) 
Non cercate denaro o beni per voi stessi, (Mt. 10,9) non preoccupatevi del 
vostro domani, (Mt 6,34) date e portate pace a tutti. (Lc 10,5) Siate come 
pecore tra i lupi; siate prudenti, ma sinceri e semplici come una colomba. (Mt 
10,16) Non temete le sofferenze quotidiane della vita e le esperienze di 
persecuzione. (Mt 5,12; 10,26)
Rallegratevi in esse e siate felici di soffrire per 
Cristo! (At 5,41) Segui il tuo Maestro come suo discepolo, ascoltando la sua 
parola: (Mt 4,19) sia che tu sia sveglio o che tu dorma, notte e giorno, 
germoglierà e crescerà, anche se non sai come. (Mc 4,27)
2. Non sei più solo! Devi contare in tutto sui tuoi 
fratelli e sorelle. (Gen 4,9) Ama costoro, che Dio ti ha dato come primi 
custodi, allo stesso modo in cui Cristo ti ha amato fino alla fine. (Gv 13,34) 
Ama questa comunità, e con essa e attraverso di essa tutti gli uomini.
Ama tutte le creature, per esse loda Dio, e da esse 
cerca di trarre purificazione, lezione e consolazione. (Dan 3,57, Gv 13,35) Tu 
sei stato chiamato ad essere un segno di amore fraterno! Nella vita comune, il 
celibato, la povertà e l'obbedienza, non cercano altro che seguire Cristo. (Mt 
6,5) Niente di ciò che tu fai deve essere fatto per far colpo sugli altri.
Ungi il tuo corpo con profumo, sii allegro, lascia che 
il tuo viso irradi gioia. (Mt 6,17, 1 Ts 5,16) Cerca di credere che Dio è 
presente ovunque. Consacrati all’arte della conoscenza della divina presenza fino a 
testimoniarla, (1 Ts 5,17) cerca di pregare senza interruzione il tuo Signore. 
(Mc 10,37) Non mettere nulla al di sopra dell’amore di Cristo!
Chiedi ogni giorno allo Spirito di Dio affinché 
completi l'opera che ha iniziato in voi. (Lc 11,13) Dopo aver messo la mano 
all'aratro, non voltarti indietro; (Lc 9,61) guidati dallo Spirito Santo, vai 
avanti sulle orme di Gesù, (Mt 16,24) il tuo Maestro, il tuo Signore, verso il 
tuo unico Padre, Dio. (Gv 6,43) Amen.
L’Evangelo 3-5
3. Fratello, sorella, uno solo dev’essere il fine per 
cui scegli di vivere in questa comunità: vivere radicalmente l’Evangelo. 
L’Evangelo sarà la regola, assoluta e suprema. Tu sei entrato in comunità per 
seguire Gesù. La tua vita dunque si ispirerà e si conformerà alla vita di Gesù 
descritta e predicata nell’Evangelo. Quali siano le situazioni acquisite, le 
tradizioni fissate, le istituzioni create, tutto dev’essere messo costantemente 
in discussione e sottoposto al giudizio dell’Evangelo. La conformità ad esso non 
è mai raggiunta pienamente una volta per tutte, ma tu devi ricercarla giorno per 
giorno. 
Nessuna comunità e nessuna persona possono realizzare 
ed esaurire tutte le esigenze dell’Evangelo. Solo la chiesa universale nella sua 
completezza storica può esprimere la totalità degli appelli contenuti in esso.
4. È certamente vero che non è possibile determinare 
una condizione precisa in cui la comunità, nell'esprimere i propri fini e le 
proprie intenzioni, rispecchi necessariamente la volontà del Signore. [...] 
Tuttavia, dovresti ascoltare e obbedire alle decisioni prese dal Consiglio, 
poiché ogni accordo raggiunto dai fratelli e dalle sorelle durante il Consiglio 
è il risultato di un sincero sforzo di discernere la volontà di Dio per te e per 
la comunità.
5. La presente regola 
spirituale è un aiuto per te, uno strumento per vivere l’Evangelo e soprattutto 
un mezzo di comunione fraterna. Essa vuole essere per te non una legge ma una 
descrizione di vita senza la quale non si può edificare una comunità e non ci 
può essere creazione comune. E’ su questa regola che tu misurerai la tua 
appartenenza alla comunità, è con essa che tu cercherai di confrontare il tuo 
cammino rispetto a quello degli altri. Non avere paura e non gemere per queste 
direttive comuni: esse non sono fatte per schiacciare la tua personalità, ma 
sono a tuo servizio, per liberarti dai pesi inutili che minacciano la tua vita 
spirituale e per farti camminare più speditamente sulle tracce di Cristo! (...) 
...sappi che seguendo lo spirito di questa regola tu avanzi nel cammino 
tracciato dall’Evangelo!
.... credo che il cuore sia la comunione, la koinonìa. 
(...) Tutto nella nostra vita è strutturato affinché ci sia un reale volersi 
bene, una reale vita di comunione, che significa comunione di tutto, ma che 
significa principalmente carità effettiva.
La vocazione 6-8
6. Fratello, sorella, tu sei un semplice cristiano che è stato 
chiamato a vivere l’Evangelo attraverso la tua vocazione primaria: il battesimo. 
Solo seguendo Cristo nel suo cammino ti identificherai a lui per tornare al 
Padre.
Come 
cristiano ogni giorno devi sforzarti di perdere la tua vita per lui, di 
rinnegare te stesso e metterti a seguirlo con attenzione e pazienza.
Lo Spirito è colui che anima questo ritorno, è colui 
che da protagonista ti porta al regno. Ma lo Spirito chiama e agisce in modi 
differenti: ecco perché tu devi essere quel che sono i tuoi fratelli cristiani, 
ma in altro modo. Niente ti è più essenziale della vocazione che ti è stata 
rivolta e confermata con il battesimo.
7.  
 ( ... ) tu devi essere quel che sono i tuoi 
fratelli cristiani ma in altro modo. Niente è più essenziale della vocazione che 
ti è stata rivolta e confermata con il battesimo. Ma tu sei chiamato a vivere 
questa vocazione in altro modo, con altri mezzi, e tutto questo perché lo 
Spirito Santo suscita nella Chiesa carismi particolari con cui si edifica il 
Corpo di Cristo, la comunione dei santi, la Chiesa (Ef 4,12). Così le vocazioni 
diverse mai escludono gli elementi essenziali della vita cristiana ma ciascuna 
ne realizza in modo speciale alcuni aspetti. Tu dunque sei stato chiamato a 
seguire Cristo nella vita comune e nel celibato.  
7-8. Fratello, sorella, tu sei stato chiamato a seguire Cristo 
nella vita comune e nel celibato: vivrai dunque nella fede, nella carità, nella 
speranza, nella preghiera, nel servizio, come i tuoi fratelli cristiani, ma 
anche nel celibato, nella vita comune, nella solitudine, nell’assiduità con Dio, 
come a te in particolare Cristo ha richiesto.
Quando rispondi a questo appello, non intraprendi una 
nuova maniera di vivere l’Evangelo. E di questo devi avere coscienza, per 
sentire che non sei solo nel cammino storico dei credenti. Prima di te sulla 
stessa strada e vocazione, realizzata nel modo conveniente al loro tempo, hanno 
camminato Elia e Giovanni il Precursore, Pacomio e Maria, Basilio e Macrina, 
Benedetto e Scolastica, Francesco e Chiara, e tanti altri. Vedi dunque che non 
sei solo, ma avvolto da una grande nube di testimoni. 
8. Innanzitutto vi è il tempo dell'iniziale conoscenza, che 
prevede almeno quattro permanenze a Bose, durante le quali il giovane vive due 
settimane di ritiro col maestro dei novizi. Ritornato a casa, il candidato è 
invitato a scrivere la lettera di richiesta di ingresso in comunità. Terminato 
questo primo periodo, il giovane deve aver manifestato la reale e ferma volontà 
di vivere in modo radicale l'Evangelo. Quando la richiesta viene accolta dal 
consiglio dei fratelli e delle sorelle, allora si realizza l'ammissione in 
comunità, dopo aver rinunziato ai propri beni. Ha inizio, così, la vita 
monastica vera e propria, che fa camminare il giovane per una via battuta nel 
corso dei secoli da generazioni di credenti: Prima di te sulla stessa strada e 
vocazione, realizzata nel modo conveniente al loro tempo, hanno camminato Elia e 
Giovanni il Precursore, Basilio e Macrina, Benedetto e Scolastica, Francesco e 
Chiara, e tanti altri. 
8. E non dimenticare che la vocazione ti impegna fino 
alla fine, fino all'incontro definitivo, faccia a faccia con Cristo.  
La probazione 9-11
9. Fratello, sorella, la prima realtà che scopri 
entrando in comunità è la solitudine. Mentre prima per te tutti i legami 
rispondevano alla libertà e alla spontaneità, in comunità essi rispondono 
soltanto alla stessa vocazione.
9. Fratello, sorella, quando giungi in comunità col desiderio 
di seguire l’Evangelo, tu conosci poche cose di questa vita che ti ha attirato e 
che hai scelto. Ti occorre dunque un tempo di riflessione e di maturazione della 
vocazione ricevuta. Tu avrai nella comunità la stessa 
vita dei fratelli integralmente, ma non appartieni ancora alla comunità. Questo
per un certo tempo, finché, provato il tuo 
spirito e la tua vocazione, alla comunità e a te apparirà opportuno il tuo 
impegno. Allora nell'ufficio di veglia tu domanderai a Dio la sua misericordia e 
alla comunità la comunione dei fratelli. Questi ti accoglieranno con un 
abbraccio. Da quel momento tu sei fratello o sorella nella comunità.
10. Pieno di quell’amore vero che non si accontenta di 
doni parziali e passeggeri, ti impegni con l’accoglienza liturgica a vivere 
stabilmente nella comunità la vocazione ricevuta, accolta e poi scelta. Da 
allora i tuoi atti e i tuoi atteggiamenti prendono una visibilità comunitaria. 
11. Provata la tua vocazione all’interno della comunità, viene 
per te il momento, fratello, sorella, di dare in modo definitivo questa tua vita 
a Dio, e di darla davanti alla chiesa. 
 I 
voti sono nient’altro che l’umile risposta ai doni che lo Spirito ti ha fatto; 
essi hanno un carattere ecclesiale. 
Non risponderai più soltanto di fronte alla comunità, ma di fronte alla Chiesa 
universale, che conta da quel momento su di te nello svolgimento del tuo 
ministero. 
Nella liturgia della 
professione, invocato lo Spirito santo affinché ti ispiri un consenso degno e 
incrollabile, tu pronuncerai il “sì” totale, irrevocabile, libero, all’appello 
di vivere il celibato e la vita comune secondo lo spirito della Regola. Questo 
“sì” lo pronuncerai davanti alla chiesa garante e confermante il tuo carisma 
nello Spirito santo al Padre, per Cristo che è l’Amen eterno, il testimone 
fedele e verace. La misericordia di Dio, l’intercessione dei santi del cielo e 
della terra e la preghiera della comunità sosterranno da quel momento la tua 
fedeltà. 
La vita comune 
12-17
12. La vita di comunione è essenziale per i cristiani. 
Senza comunione non c’è chiesa. Ma anche questa esigenza per te diventa 
radicale. Tu fai vita comune con dei fratelli e delle sorelle (...). Ricordalo: 
la vita comune significa radicalità di comunione nei beni spirituali, in quelli 
materiali, nella vita, nelle attività e nelle speranze affinché tu sia veramente 
un segno di amore fraterno (...). Fratello, sorella, da solo avresti potuto ben 
poco. Unito agli altri dalla stessa vocazione, tu puoi dimorare in una fede 
capace di trasportare ostacoli grandi come le montagne. La comunità, anche se 
formata da un piccolo numero di uomini e di donne, resta il “piccolo gregge” che 
spera contro ogni speranza. 
15. Non tenere nel tuo cuore i torti che hai subito, 
per scaricarti con battute e beffe. Questi non sono mezzi di correzione, ma un 
segno di un profondo male, di incapacità di comunicare, comprendere e perdonare. 
Con battute e beffe, invece di correggere il male, tu disgreghi la comunità.
Il celibato 18-20
18. Questa dimensione di attesa è del resto un valore 
spirituale di cui il celibato è capace: Il tuo celibato sarà annuncio e profezia 
del Regno in cui si sarà non più maschi né femmine, ma una sola cosa in Cristo.
Fratello, sorella, tu sei stato chiamato da Dio a 
vivere nel celibato la tua vocazione cristiana: questo significa che tu devi 
vivere in una purezza radicale e nella solitudine del celibato. L’effetto di 
questa purezza di cuore ti rende abile a vedere Dio (Mt 5,8), l’effetto della 
solitudine ti rende abile ad ascoltare Dio, con cui parli col tuo cuore (Os 
2,16). Non dimenticare: la decisione del celibato va vissuta nel più profondo 
del cuore ed è valida solo se risponde alla chiamata interiore di Cristo. (...) 
Cristo ha scelto ad alcuni il celibato per testimoniare che il tempo si è fatto 
breve e che la figura di questo mondo passa perché egli viene presto. Dona 
dunque il tuo celibato al Signore e sii un segno concreto visibile dell’attesa 
del ritorno di Cristo.
19. ... nella solitudine del celibato sarai tentato di 
creare o di mettere delle presenze personali e specifiche: i genitori, i 
parenti, gli amici. Ma bada bene: lascia la casa di tuo padre, il tuo paese, la 
gente della tua terra! L’Evangelo è duro su questo esigenza di abbandono! (...) 
Tu non hai solo rinunciato al matrimonio ma hai anche accettato la solitudine 
feconda dell’unico amore, quello di Cristo. Evita dunque di compensare il 
sacrificio che hai fatto con affetti specifici. La solitudine del celibato è un 
modo di farsi solidale anche con tutti quelli che sono costretti a vivere soli, 
senza famiglia, senza amici, emarginati da tutti. Persegui dunque una castità 
perfetta nelle relazioni, negli incontri, nella fraternità, nella comunità. 
(...)
La purezza è contraria a tutte le esigenze della natura. L’impurità poi lascia 
una sottile schiavitù della carne che ti è di ostacolo nella vita secondo lo 
spirito. Qui segui il consiglio dell’Evangelo, togli l’occhio, taglia il piede 
se questo ti scandalizza. Ogni relazione che ti diventa di scandalo troncala, 
bruciala sul suo nascere» .
20. ... certo non riuscirai mai ad ottenere questo 
pienamente: ci vuole da parte tua infinita pazienza e costante istanza 
purificatrice. Verrà il momento in cui sentirai pesante questo giogo del 
celibato: se cadi ripara subito, ma non dimenticare che il peccato di un membro 
contamina tutto il corpo della comunità. La fecondità cui tu hai rinunciato si 
farà sentire con forza, proverai un malessere che ti farà sentire sterile, 
inutile, con una vita senza continuità: sono i mali del deserto, sono la tua 
croce quotidiana.
La tua povertà 
21-23
21. Fratello, sorella, la tua povertà secondo 
l’Evangelo significa condividere i beni e vivere nel massimo provvisorio 
consentito (Lc 14,33; Mt 6,25) per seguire Cristo nella sua spogliazione e nel 
suo abbassamento (Fil 2,8), e diventare conforme a lui che da ricco si fece 
povero tra gli uomini (2 Cor 8,9).
21. Tu conoscerai la povertà innanzitutto mettendo i 
tuoi beni e il guadagno del tuo lavoro in totale comunione con gli altri. 
Consegnerai il tuo salario al fratello incaricato dal consiglio, e così esso non 
sarà più tuo, ma di tutti. L’Evangelo è duro ed esigente su tale punto: 
condividere i beni, perfino il mantello è un’esigenza preliminare ed elementare 
per seguire Gesù.
21. Solo la carità, il bisogno di donare gioia a te ed 
agli altri – una gioia condivisa – potrà estendere il concetto di povertà che la 
comunità ti ha indicato.
22. Il vivere nel massimo provvisorio consentito deve 
aiutarti ad abbandonarti totalmente in Dio! Non ti inquietare, dunque, cioè non 
dubitare dell’azione di Dio che ti è Padre! È normale che la vita della comunità 
si svolga in una relativa incertezza economica. Se non fosse così fidarsi di Dio 
sarebbe un gioco di parole. Se la comunità cerca una sicurezza troppo umana, se 
prevede e calcola come i prudenti di questo mondo essa non vivrà più nella 
fiducia in Dio ma di se stessa.
(...) E siccome gli edifici stessi condizionano la vita 
spirituale e umana di una comunità, la comunità vivrà di case semplici, come 
quelle abitate dai poveri. (...) Povertà è anche piccolezza comunitaria. La 
comunità certo potrà organizzare incontri a servizio delle chiese e del mondo, 
ma mai con dimensioni di folla e di spettacolo
 ...tu cercherai di osservare un ritmo di spese e 
consumi economici adeguati alla vita della comunità, ai suoi bisogni e allo 
stile di vita semplice e povera di ogni cristiano. Esprimerai la povertà nel tuo 
modo di vestirti, di comportarti, di usare dei beni comuni, nella scelta dei 
mezzi di trasporto senza moltiplicare le tue esigenze. (...) Niente povertà 
ostentata: vivila nel segreto! (...) ...Non farai riserve né costituirai 
risparmi ma farai sì che non si conservi una somma di denaro superiore ai 
bisogni immediati. Se ti resta qualcosa fa sì che la comunità lo dia ai poveri. 
Ma la tua povertà non sia economia, avarizia, maniera legalistica di vivere 
l’esigenza evangelica.
23. Tu vivrai la tua povertà anche sottoponendoti al 
lavoro, come tutti gli uomini. Povertà sarà per te spogliazione quotidiana, 
tendente a fare di te uno dei piccoli, uno dei poveri di JHWH (Lc 6,20). Tu lo 
sai: come fratello, anche senza segni esteriori, per la visibilità della 
comunità cui appartieni ti sarà difficile e quasi impossibile la povertà degli 
ultimi, dei disprezzati, degli oppressi. Ti è facile trovare accoglienza, essere 
onorato e stimato. Tutte queste cose non accadono al povero. Per questo 
l’esigenza di povertà va unita a una grande umiltà di spirito che deve 
accompagnarti dentro e fuori la comunità, a un senso di piccolezza e a un 
atteggiamento che fugge onori e riconoscimenti.  Non fuggire il contatto con i 
ricchi, con gli intellettuali, i "primi", ma evita che costituiscano tra te e i 
poveri, i semplici, un ostacolo nelle relazioni e nel servizio. Il segno di 
questa povertà di animo sovente si manifesta dal modo con cui accogli questi 
ultimi in comunità. (...)
Riceverai con semplicità i doni eventualmente fatti con 
amicizia solo se ve ne sarà bisogno in comunità, ma rifiuterai che la vita della 
comunità sia finanziata da qualsiasi potere. (...) Fai in modo che le dimensioni 
della casa, dell’accoglienza, delle attività restino dimensioni povere
Il tuo lavoro 24-25
24-25. Fratello, sorella, tu vivrai la tua povertà 
anche sottoponendoti al lavoro, come tutti gli uomini. Tu lavorerai perché i 
Padri e gli apostoli hanno lavorato per vivere del lavoro delle proprie mani, 
perché non ti è lecito farti servire dagli altri, perché il lavoro è 
collaborazione alla creazione in atto da parte della Sapienza di Dio, perché tu 
devi testimoniare la tua solidarietà con gli uomini operando in mezzo a loro. (. 
. .) Bada di prendere sul serio la tua vita di lavoro. La tentazione sarebbe 
quella di lavorare quando ti piace e come ti piace: ma così resteresti un 
dilettante. Sei un uomo come gli altri, lavorerai come loro, cercherai come loro 
la giustizia e la fine dello sfruttamento ma non ti esimerai dal vivere la loro 
condizione. Per questo non fuggirai dal mondo e dagli uomini, ma vivrai come 
loro, più o meno socializzato, come le condizioni ti richiederanno. (...) Tu ti 
guarderai dal minimizzare il lavoro del tuo fratello o dal fare confronti.
25.  ( . ...) Ognuno entrando in comunità mantiene 
possibilmente il lavoro (. .. ) che aveva quando fu chiamato. La comunità 
veglierà affinché il lavoro di ciascuno sia compatibile con la vita comune e non 
schiacci la personalità del singolo. (. . .) Tutti i fratelli però faranno 
lavori manuali in comunità. (. . .) Se la fatica, il lavoro non fa corpo con la 
preghiera, allora quella che dovrebbe essere una vita di ricerca di Dio nelle 
difficoltà liberatrici, diventerebbe una vita di privilegiati. 
La tua obbedienza 
26-28
26. Senza unità di spirito, non c'è servizio audace e totale 
di Gesù Cristo. L'individualismo disgrega e arresta la vita della comunità nel 
suo cammino. Fratello, sorella, non dimenticarlo, Gesù è il tuo modello di 
obbedienza: egli “si è fatto obbediente fino alla 
morte” (Fil 2,8). Nella sua vita terrena egli 
ha soltanto obbedito dicendo sempre: “Non la mia ma la tua volontà sia fatta” 
(Lc 22,42). 
Così per essere fratello o sorella in Cristo devi fare la volontà del Padre (Mt 
12,50). È a Dio che si indirizza la tua obbedienza. Anche per te, tuo cibo è 
fare la volontà di Dio. Questa obbedienza a Dio si manifesta però anche in 
un'obbedienza concreta, visibile, alla comunità, cioè ai tuoi fratelli. È la 
comunità dunque che per te esprime ordinariamente la volontà del Cristo nel 
chiederti l'obbedienza e nell'indicarti la via da percorrere. Così tu sei 
liberato anche dal soggettivismo che minaccia la tua vita secondo lo Spirito, e 
sei capace di una disponibilità totale che non ti permette di fare riserve di te 
stesso. ( .. ) l'obbedienza alla comunità è per te un vero e proprio servizio, 
per aiutarti a camminare speditamente e con i fratelli sulle tracce di Cristo. A 
volte ti parrà duro obbedire alla comunità, ma senza questa morte a te stesso 
come potresti dire di essere uno che segue Gesù con la croce ogni giorno?.
26. Ma avendo tu scelto di vivere la comunità e il celibato con dei fratelli di cui essere custode, tu non sarai sballottato a ogni soffio di vento, e con l’Evangelo terrai conto anche di essi: infatti sono per te la regola vivente. In essi parlerà Cristo ogni volta che tu dovrai riconoscere di non vedere chiaro, di non sapere come rispondere con gioia agli appelli dell’Evangelo.
27. La comunità esprime la sua volontà, cui sei tenuto, nel 
consiglio. Il consiglio è la riunione di tutti i fratelli che siano stati 
ammessi in comunità e accettati con l'ammissione liturgica. 
Certo non si può fissare la condizione assoluta in cui la comunità esprimendo la 
sua volontà riferisce la volontà del Signore. Non esistono condizioni 
preliminari, e nulla garantisce in modo assoluto che obbedire al consiglio sia 
automaticamente obbedire a Dio e all’Evangelo. Pertanto tu ascolterai, e 
obbedirai alle decisioni emerse con chiarezza nel consiglio della comunità,
decisioni emerse
col concorso di tutti i fratelli che hanno cercato di 
discernere la volontà di Dio su di te e sulla comunità: concorso di tutti i 
fratelli con i loro rispettivi carismi che non solo edificano la comunità ma la 
progettano giorno per giorno. 
( .. .) Per questo non ci può 
essere come criterio assoluto il criterio di maggioranza in consiglio. Questo 
sarà un criterio indicativo, ma tu terrai conto del carisma di ciascuno e del 
suo peso nel discernere la volontà di Dio.
27. L'Evangelo resta per 
te, per gli altri, per la comunità intera la sola legislazione ispiratrice di 
decisioni. Se tu puoi invocarlo contro una decisione di comunità, è tuo dovere 
assoluto farlo, ricordando a tutti che è l'Evangelo l'unica norma assoluta e 
definitiva per la vita del cristiano. Per questo le decisioni della comunità 
dovranno sempre ispirarsi all'Evangelo, derivare da esso. Esse sono necessarie 
nella misura in cui diventano il tramite tra te e l'Evangelo, fra l'Evangelo e 
la comunità. (. .. ) Non mormorare dunque contro le decisioni della comunità, 
osservale con amore e con gioia. 
Tu non potrai obbedire con 
cecità e con meccanicismo; la tua obbedienza è quella di un uomo responsabile e 
vivo. Non ti può bastare di obbedire alla lettera. Cerca dunque di fare tua, di 
comprendere dall'interno una decisione presa contro il tuo parere. Solo così la 
tua obbedienza, soprattutto se amorosa e fiduciosa, libererà le tue facoltà 
intellettuali per renderle docili allo Spirito Santo. (. . .) Spetta dunque alla 
comunità in consiglio prendere le decisioni e determinare il cammino da seguire 
(. .. ). 
28. Il consiglio sarà 
possibilmente settimanale. Chi presiede all’unità vigili affinché questo avvenga 
abitualmente. (...) Non occorre che sempre ci siano decisioni da prendere per 
radunare il consiglio. Il consiglio si riunirà comunque per fare il punto sulla 
vita comunitaria della settimana trascorsa, per la correzione fraterna, per 
penetrare maggiormente il senso della vita che conduci quotidianamente in 
obbedienza all’Evangelo. (...) Nel consiglio tutti devono essere ascoltati, 
timidi e deboli, esperti e giovani, perché Dio rivela sovente al più giovane ciò 
che è meglio. Le decisioni del consiglio richiedono da parte tua assoluta 
obbedienza. Solo così tu edifichi la comunità e ti assimili al modello di Gesù 
paziente e obbediente. Ogni anno ci sarà almeno un consiglio generale che si 
interrogherà sul cammino della comunità. Sarà il consiglio che deciderà le 
svolte e i passi in avanti da farsi con tutti i membri.
Colui che presiede 
29-31
29.
Per il 
priore di Bose, al grande vescovo di Cesarea (Basilio) e alle fraternità 
cristiane da lui fondate la Comunità di Bose si è ispirata per quanto riguarda 
le proprie strutture interne e la funzione di chi presiede all'unità: funzione 
che significa semplicemente esercitare il carisma dell'unità nella comunità. 
È per esigenza di comunione che nella comunità c'è chi suscita e ricerca 
l'unità.  Il priore, pertanto non è più grande degli altri, non è capo, né 
padre, né maestro, né direttore. Questi titoli e queste funzioni competono a 
Cristo solo. Usarle significa derubare e attentare all’unica signoria. ( ... ) 
Chi presiede nella comunità non deve dominare ma solo servire i fratelli. Per 
questo gli sono essenziali il carisma della saldezza e quello del discernimento.
29-30. La comunità esprime 
la sua volontà, cui sei tenuto, nel consiglio. Certo non si può fissare la 
condizione assoluta in cui la comunità esprimendo la sua volontà riferisce la 
volontà del Signore. Non esistono condizioni 
preliminari, e nulla garantisce in modo assoluto che obbedire al consiglio sia 
automaticamente obbedire a Dio e all’Evangelo. Pertanto tu ascolterai, e 
obbedirai alle decisioni emerse con chiarezza nel consiglio della comunità, col 
concorso di tutti i fratelli che hanno cercato di discernere la volontà di Dio 
su di te e sulla comunità: concorso di tutti i fratelli con i loro rispettivi 
carismi che non solo edificano la comunità ma la progettano giorno per giorno.
30. Saldezza per 
riconfermare i fratelli. Come Pietro, dunque, peccatore come lui, rinnegatore 
per tre volte di Cristo, egli si convertirà e confermerà i fratelli con la sua 
saldezza: Tu ti rivolgerai a lui con 
confidenza, con semplicità esporrai la tua situazione, ed egli con il suo 
carisma cercherà di aiutarti a vedere chiaro e di confermarti nella vocazione 
ricevuta. (...) è a lui dunque che manifesterai le tue passeggere esitazioni, i 
tuoi dubbi, le tue crisi, le tue difficoltà. Egli è là per questo. Se ogni volta 
che tu provi tale difficoltà ti rivolgessi alla comunità per risolverle, tu 
comprendi, creeresti una situazione di perenne crisi e di incertezza 
paralizzante nella comunità. Dunque tu ti rivolgerai a lui con confidenza, con 
semplicità esporrai la tua situazione, ed egli con il suo carisma cercherà di 
aiutarti a vedere chiaro e di confermarti nella vocazione ricevuta.
30. L’altro carisma è quello del discernimento: con 
questo si edifica l’unità della comunità:
Discernimento significa 
comprensione del fratello, ascolto di lui, e da questo deriva il lavoro di 
comunione in comunità. Certo Cristo può fare l'unità più di lui, ma egli è lo 
strumento ordinario per tale opera in comunità. Chi presiede è come "l’occhio 
della comunità", cioè colui che vigila sul cammino di essa, sull’esecuzione 
delle decisioni, sul comportamento di ogni membro. Quando un membro sbaglia ogni 
fratello potrà farglielo notare, ma se la comunità non se ne accorge sarà lui ad 
intervenire. Chi presiede dunque sostenga i timidi e contenga gli invadenti.
31. Riguardo all'Evangelo, poi, il priore della 
comunità sia intransigente dove l'Evangelo è intransigente, ma resti nella 
dolcezza e nella misericordia. Questa ultima è certo una virtù che deve cercare 
di possedere (.. perciò) la chieda a Dio con costanza e la usi sempre con 
abbondanza. Egli sopporti e non drammatizzi situazioni di disobbedienza 
all'Evangelo. Non taccia però mai la verità e le esigenze dell'Evangelo, 
altrimenti invece di aiutare la comunità la rovinerà. 
(...) Niente autoritarismo in lui, ma neanche falsa 
umiltà. Egli darà alla fine di ogni ufficio la benedizione alla comunità, e 
questo sarà l’unico segno visibile del suo incarico.
Ordine e disciplina 
32-34
.................................................
La preghiera 35-37
35. 
Per ogni cristiano la preghiera è un dovere essenziale, 
ma per te è radicale, essa è la tua funzione primaria nella Chiesa. Fratello, 
sorella, non dimenticare: non devi preferire nulla alla preghiera del tuo Dio.  
( . .)  L’ufficio è dunque un sacrificio di lode, di adorazione, di filiale 
obbedienza a Dio solo. In esso tu prolunghi e partecipi alla preghiera di Gesù 
al Padre. Cerca dunque di accordare il tuo cuore alla tua voce. Normalmente la 
preghiera sarà cantata: è naturale lodare Dio con tutto il nostro essere, con la 
nostra voce, e pieni di gioia. Canto sobrio, ma decoroso, che renda manifesta la 
bellezza della lode di Dio nella semplicità. Questa lode dovrebbe essere 
incessante: per questo tu sarai nella Chiesa 
uno 
che 
è 
sempre 
pronto a pregare e a vegliare finché Cristo venga.  ( . .) 
Normalmente la 
preghiera sarà cantata. 
 ( 
.. ) Quando l'ufficio 
ti diventa difficile, confida nella capacità dei fratelli a supplire il tuo 
vuoto. La tua preghiera avviene infatti nella preghiera comune dei santi del 
cielo e della terra. Questi primi tuoi fratelli pregano col fervore che manca a 
te in quel momento. E se non ti senti di pregare offri il tuo corpo atono: anche 
la sua sola presenza nei luoghi e accanto ai fratelli che pregano è lode e 
gloria a Dio.  ( .. ) Celebra gli uffici  ( .. ) in un'estrema gratuità; 
celebrali solo per il tuo Signore 
36. Cristo è anche in te stesso e tu devi trovarlo in 
te con la preghiera. Se vuoi vivere veramente in presenza di Dio, ti occorre la 
preghiera silenziosa, personale, nascosta, quella di cui Gesù ti diede esempio 
(Lc 9,28; 6,12). 
36. Per incarnare questa attesa, la Regola chiede anche 
che ciascuno sappia vivere la preghiera come veglia nella notte: “Veglierai 
anche nella notte secondo le tue possibilità, per essere di tutto corpo, anima e 
spirito uno che attende la venuta del Signore” 
36. Oltre alla preghiera comune tu sei chiamato alla 
preghiera personale. ( .. ) Se vuoi vivere veramente in presenza di Dio, ti 
occorre la preghiera silenziosa, personale, nascosta. ( .. ) L'orazione è 
l'incontro con Dio nella fede non nella visione. ( ... ) Sempre tu incontri Dio, 
ma nell'oscurità della fede: il tuo Dio è un Dio nascosto. ( ... ) C'è un solo 
modo di pregare: quello dello Spirito Santo che l'adatta a ciascuno secondo il 
suo temperamento. ( ... ) Ogni giorno dunque, cerca un tempo per dialogare con 
Dio specialmente in camera. ( ... ) Sostieni dunque la preghiera comunitaria con 
quella personale e viceversa. 
37. ( .. ) Fratello, sorella, non dimenticarlo: essere uomo di 
preghiera fa parte della tua vocazione. Uno spirito di preghiera robusto ti 
aiuterà a non scoraggiarti, a dare unità al tuo essere tanto diviso, a trovare 
rappacificazione nel cuore, ad ascoltare l’altro, a cercare di capirlo, ad 
osservarlo con lo sguardo di Dio, a compiere azioni autentiche nel vero spirito 
dell’Evangelo. ( .. ) Prega dunque sempre in ogni occasione e non dimenticare 
che alla preghiera è essenziale il silenzio. ( ... ) Nella preghiera porta a Dio 
tutti i fratelli, tutti gli uomini ( ... ) la tua informazione quotidiana ti 
aiuti a presentare a Dio i bisogni del mondo. Prega sempre e in ogni luogo: così 
sarai un buon teologo ( ... ). 
37. La tua preghiera confluisce nell' eucaristia, 
preghiera delle preghiere, in cui il Cristo risorto si dà come cibo e bevanda 
per te, membro malato e debole del popolo di Dio. La Parola così si fa carne in 
te e tu benefici del Cristo totale, offerto a te nel sacramento fino al suo 
ritorno. 
 
L’ospitalità e 
l’accoglienza 38-40
38. Fratello, sorella, pratica l'ospitalità sapendo che è Dio, 
che viene a te da pellegrino. 
Ogni ospite che giunge in 
comunità sarà dunque accolto da te come Cristo in persona: ero ospite e mi avete 
ricevuto. Il servizio dell’ospitalità è un servizio che il celibato e la vita 
comune ti permettono in modo intenso. Avrai dunque per l’ospitalità una grande 
cura. Riceverai tutti con onore, con semplicità, ma anche con delicatezza, e 
cercherai di credere che in loro è presente Cristo. L’ospitalità dunque non è un 
servizio accidentale: è un ministero che tu eserciti in nome di Cristo al mondo. ( ... ) Per tutti attenzione e benevolenza, soprattutto per i 
fratelli nella fede, i poveri e i pellegrini. 
 ( 
.. ) Devi assolutamente operare un discernimento degli ospiti. 
 ( 
.. ) 
Bada di vegliare affinché 
l’ospitalità non divenga un accogliere tutti come in un albergo. (...) Sarai tu, 
dunque, a far capire loro con attenzione, volta per volta, senza ferirli, che la 
comunità non può accoglierli: questo deve avvenire solo se essi non hanno motivo 
per venire in comunità e se hanno scambiato la comunità con un ostello. Ricevi e 
accogli però sempre i poveri, i fuggiaschi, i pellegrini, i viandanti.
39. Quando arriva un 
ospite accoglilo con gioia, ma appena puoi chiedigli perché è venuto in 
comunità. Sii vigilante su questo. ( .. ) Evita di turbare gli ospiti, di 
metterti nei loro confronti come maestro, di discutere troppo con loro. 
40. 
( .. ) Con gli ospiti poi comportati con discrezione e non giungere mai a farti 
sentire più vicino ad un ospite che ai tuoi fratelli. rovineresti la comunità. 
Non accaparrarti nessun ospite, seguilo invece con attenzione. ( . .) Infine, a 
loro, non richiederai niente per il soggiorno. ( .. ) Nessuno sia escluso 
dall'ospitalità per motivi economici. ( . .) Osserva di fronte ad essi una 
discrezione sulla vita comunitaria. ( . .) per non turbarti con situazioni 
passeggere e con il tuo atteggiamento in giorni cattivi. ( .. ) . 
L’ospitalità non è un servizio accidentale: è un 
ministero che eserciti in nome di Cristo al mondo. 
La missione e la 
fraternità 41-42
41. Se sei venuto in comunità non è per te stesso ma per i 
fratelli, uomini e cristiani. (...) La comunità non è fine a se stessa: essa è 
stata inviata al mondo per annunciare la buona notizia. Il senso della missione 
deve perciò pervaderla (Mt 28,19).
41. Fratello, sorella, se sei venuto in comunità non è 
per te stesso ma per i fratelli, uomini e cristiani. La missione è una funzione 
di tutta la chiesa, che tu realizzi nelle relazioni con quelli che non 
confessano Cristo a loro salvezza. La comunità non è fine a se stessa: essa è 
stata inviata al mondo per annunciare la buona notizia. Il senso della missione 
deve perciò pervaderla. Per attuare tale missione, la comunità può decidere la 
creazione di fraternità. Come i discepoli di Cristo inviati a due a due, i 
fratelli in missione e fraternità sono un segno dell’annuncio del Cristo 
presente. Fratello, sorella, tu provieni da una chiesa cristiana. Non sei 
entrato in comunità per rifare una chiesa che ti soddisfi, a tua propria misura; 
tu appartieni a Cristo attraverso la chiesa che ti ha generato a lui con il 
battesimo. Riconoscerai perciò i suoi pastori, riconoscerai i suoi ministeri 
nella loro diversità, e cercherai di essere sempre segno di unità. 
L’ecumenismo sarà per te 
l’opera di ogni giorno, svolta con continuità affinché si faccia cammino sulla 
strada dell’unità delle chiese. Tu lavorerai per l’unità della chiesa e 
impegnerai per questo la preghiera. Si tratterà di riformare senza rompere, di 
riconciliare riformando. Mettiti al servizio umile delle chiese, aiutale dove ne 
hanno bisogno, porta pace nei confini e tra i partiti che si hanno all’interno 
delle confessioni cristiane. Se uno ti obbliga a fare un miglio, tu fanne due 
con lui; cioè non essere impegnato a fare riserve della tua confessione 
cristiana a scapito delle altre. Cerca di vedere in ogni confessione cristiana 
cosa c’è di buono e di santo e non mormorare contro altre confessioni.
42. I fratelli non ardiscano intraprendere imprese 
nuove senza il consenso del consiglio. Tengano informata regolarmente la 
comunità della loro vita e si ricordino sempre dell’impegno dato a tutti i 
fratelli e non ad un luogo particolare o a un servizio particolare. 
La comunità e le Chiese 43-45
43. Fratello, sorella, tu 
provieni da una chiesa cristiana. Non sei entrato in comunità per rifare una 
chiesa che ti soddisfa, a tua propria misura; tu appartieni a Cristo attraverso 
la chiesa che ti ha generato a lui con il battesimo. Riconoscerai perciò i loro 
pastori, riconoscerai i loro ministeri nelle loro diversità, e cercherai di 
essere sempre segno di unità. […] L’ecumenismo sarà per te l’opera di ogni 
giorno, svolta con continuità affinché si faccia cammino sulla strada dell’unità 
delle chiese. Tu lavorerai per l’unità della chiesa e impegnerai per questo la 
preghiera. Si tratterà di riformare senza rompere, di riconciliare riformando. 
Mettiti al servizio umile delle chiese, aiutale dove ne hanno bisogno, porta 
pace nei confini e tra i partiti che si hanno all’interno delle confessioni 
cristiane. Se uno ti obbliga a fare un miglio, tu fanne due con lui; cioè non 
essere impegnato a fare riserve della tua confessione cristiana a scapito delle 
altre (Mt 5,41). Cerca di vedere in ogni confessione cristiana cosa c’è di buono 
e di santo e non mormorare contro altre confessioni. 
44.
La comunità non è 
confessionale, ma è fatta di membri che appartengono alle diverse confessioni 
cristiane. Ogni membro deve trovare nella comunità lo spazio per la sua 
confessione di fede e l’accettazione della sua spiritualità. Il servizio alle 
chiese non sarà solo realizzato nell’ospitalità, nella preghiera, ma può anche 
essere realizzato con missioni, fraternità, servizi vari alle parrocchie, alle 
comunità locali, ai gruppi che li richiedono. La comunità vigilerà però che il 
lavoro esterno non svuoti di contenuti e vanifichi la vita comunitaria: ma tu 
sarai attento a non far coincidere chiesa e comunità. La comunità non è un 
ghetto: andate e predicate! Vai dunque al servizio delle chiese, nel mondo e 
umilmente servi i fratelli.
45. 
Guardati dal criticare meschinamente e con amarezza, senza amore, le chiese. Più 
volte sarai tentato di farlo. Ma guarda prima la vita della comunità. Non scopri 
in essa tante deficienze come nella chiesa? Nella chiesa non amare un’astrazione 
o una visione troppo personale, ma la comunità vivente in cui Dio attende il tuo 
impegno e il tuo ministero. Se devi criticare, fallo senza ferire le persone, 
con l’audacia evangelica, con la forza della parola di Dio, l’umiltà di chi 
critica per fare un servizio di purificazione nei confronti di sua madre. 
Altrimenti è meglio tacere. La tua critica, la tua contestazione devono 
esistere, ma come realizzazione quotidiana che da sé rimprovera le 
antievangelicità delle chiese e dei cristiani. All’interno della comunità è bene 
che ci siano anche fratelli pastori e preti: non solo perché assicurano il 
ministero sacramentale alla comunità, ma perché sono il tramite tra la comunità 
e le chiese. Essi però non siano un numero tale da alterare la natura della 
comunità, che è quella di un insieme di semplici cristiani.
...........................................................
Presenza nel mondo 46-47
..........................................................
Conclusione 48
48. “Fratello, sorella,
tu hai costruito e costruisci 
ogni giorno la comunità. Ma non preoccuparti di dare continuità storica 
all’intuizione iniziale. Cerca piuttosto che la comunità sia un segno, veglia 
sull’autenticità di esso, e non permettere che sia reso opaco 
dall’istituzionalizzazione massiccia. Non pensare alla tua vecchiaia né al 
domani della comunità. Vivi l’oggi di Dio.
Una sola cosa sia la tua 
preoccupazione: cercare il regno di Dio vivendo l’Evangelo nella comunità cui 
sei stato chiamato. Il Signore ti benedica e ti protegga, faccia risplendere su 
di te la sua presenza e ti dia la pace: fino a quando scoprirà per te il suo 
volto. Amen.”
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20 febbraio 2021                a cura di
Alberto "da Cormano"        
       
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