Le Confessioni di sant’Agostino

Dal sito augustinus.it

Libro sesto - A TRENT’ANNI

Alipio discepolo affezionato di Agostino

(Anche nel Libro ottavo Agostino parla di Alipio e della loro conversione avvenuta nel giardino della casa a Milano,

 così come lo cita nel Libro nono con la famosa frase "Fratello del mio cuore", “frater cordis mei)

 

7. 11. Così conversavamo gemendo fra noi amici, accomunati dalla medesima vita. Ma più che con gli altri e con maggiore confidenza discorrevo di queste cose con Alipio e Nebridio. Alipio, nativo del mio stesso paese e figlio di genitori colà eminenti, era più giovane di me, e infatti era stato alunno alla mia scuola nei primi tempi del mio insegnamento sia in patria, sia poi a Cartagine. Mi amava molto, credendomi virtuoso e dotto, e io lo ricambiavo con pari affetto a motivo della sua indole fortemente e visibilmente inclinata alla virtù fin da giovane età. Ciò nonostante il vortice della moda cartaginese, fervida di spettacoli frivoli, lo aveva inghiottito con una passione forsennata per i giochi del circo. Però al tempo in cui vi era miseramente sballottato, non frequentava ancora le lezioni di retorica che io tenevo pubblicamente, a motivo di certi dissapori sorti fra me e suo padre. Venuto a conoscenza della sua funesta passione per il circo, ero profondamente afflitto dal pensiero che avrebbe guastato, se non l'aveva già fatto, le più belle speranze; ma come ammonirlo o richiamarlo duramente, se non potevo giovarmi né dell'affetto di un amico, né dell'autorità di un maestro? Supponevo infatti che nutrisse verso di me gli stessi sentimenti del padre. Invece non era così, tanto che pospose in questa faccenda la volontà paterna e prese a salutarmi, frequentando la mia aula, ove mi ascoltava un po' di tempo, per poi allontanarsi.

7. 12. A me però era ormai caduto dalla memoria il proposito di agire su di lui per impedire alla sua passione cieca e irruente degli spettacoli insulsi di stroncare disposizioni tanto buone. Ma non tu, Signore, che governi il timone di ogni tua creatura, avevi dimenticato come dovesse diventare pontefice del tuo sacramento fra i tuoi figli; e perché il suo ravvedimento fosse ascritto inequivocabilmente a te, lo attuasti per mio tramite, ma senza un mio proposito. Un giorno sedevo al mio solito posto, gli allievi di fronte a me, quando entrò, salutò, sedette e cominciò a seguire la trattazione in corso. Io tenevo per caso fra mano un testo, e nel commentarlo pensai bene di trarre un paragone dai giochi del circo per rendere più piacevole e chiara l'idea che volevo inculcare, schernendo mordacemente le vittime di quella follia. Allora, tu sai, Dio 40 nostro, non pensavo a guarire Alipio dalla sua peste; senonché egli si appropriò delle mie parole come se le avessi pronunciate espressamente per lui; e se altri ne avrebbe tratto motivo di risentimento verso di me, quel giovane virtuoso ne trasse motivo di risentimento verso di sé e d'amore più ardente verso di me. Tu avevi detto un tempo e inserito nelle tue Scritture queste parole: Rimprovera il saggio, ed egli ti amerà 41; ma io non avevo rimproverato quel giovane. Tu invece, che ti servi di tutti, coscienti o incoscienti, secondo l'ordinato disegno da te conosciuto, e giusto disegno, facesti del mio cuore e della mia lingua altrettanti carboni ardenti 42 per cauterizzare la piaga devastatrice di quell'anima ricca di buone speranze, e guarirla 43. Non canti le tue lodi chi non riconosce gli atti della tua commiserazione; essi ti rendono merito dalle più intime fibre del mio essere 44. Alipio, dunque, dietro il suono di quelle parole si gettò fuori dalla fossa profondissima, in cui affondava compiaciuto e con strano diletto si privava della luce; scosse il suo spirito con vigorosa temperanza, e ne schizzarono lontano tutte le sozzure del circo, ove non mise più piede; quindi, vincendo le resistenze del padre, mi prese per maestro. Il padre non dissentì, anzi acconsentì, e Alipio, tornando a frequentare le mie lezioni, cadde con me nella rete delle superstizioni manichee. Nei manichei ammirava l'austerità che ostentavano e che invece credeva reale e genuina, mentre era un'esca insana per accalappiare le anime valorose 45 ancora incapaci di attingere le vette della virtù e inclini a lasciarsi ingannare dall'esteriorità di una virtù solo adombrata e finta.


Alipio travolto dalla passione del circo

8. 13. Senza abbandonare davvero la via del mondo, a lui decantata dai suoi genitori, mi aveva preceduto a Roma con l'intenzione di apprendervi il diritto. E là in circostanze stravaganti venne travolto dalla stravagante passione per gli spettacoli gladiatori. Mentre evitava e detestava quel genere di passatempi, incontrò per strada certi suoi amici e condiscepoli, che per caso tornavano da un pranzo e che lo condussero a forza, come si fa tra compagni, malgrado i suoi vigorosi dinieghi e la sua resistenza, all'anfiteatro, ov'era in corso la stagione dei giochi efferati e funesti. Diceva: "Potete trascinare in quel luogo e collocarvi il mio corpo, ma potrete puntare il mio spirito e i miei occhi su quegli spettacoli? Sarò là, ma lontano, così avrò la meglio e su di voi e su di essi"; ma non per questo gli altri rinunciarono a tirarselo dietro, forse curiosi di vedere se appunto riusciva a realizzare il suo proposito. Ora, quando giunsero a destinazione e presero posto come poterono, ovunque erano scatenate le più bestiali soddisfazioni. Egli impedì al suo spirito di avanzare in mezzo a tanto male, chiudendo i battenti degli occhi: oh, avesse tappato anche le orecchie! Quando, a una certa fase del combattimento, l'enorme grido di tutto il pubblico violentemente lo urtò, vinto dalla curiosità, credendosi capace di dominare e vincere, qualunque fosse, anche la visione, aprì gli occhi. La sua anima ne subì una ferita più grave di quella subìta dal corpo di colui che volle guardare, e cadde più miseramente di colui che con la propria caduta aveva provocato il grido. Questo, penetrato attraverso le orecchie, spalancò gli occhi per aprire una breccia al colpo che avrebbe abbattuto quello spirito ancora più temerario che robusto, tanto più debole, quanto più aveva contato su di sé invece che su di te 46, come avrebbe dovuto fare. Vedere il sangue e sorbire la ferocia fu tutt'uno, né più se ne distolse, ma tenne gli occhi fissi e attinse inconsciamente il furore, mentre godeva della gara criminale e s'inebriava di una voluttà sanguinaria. Non era ormai più la stessa persona venuta al teatro, ma una delle tante fra cui era venuta, un degno compare di coloro che ve lo avevano condotto. Che altro dire? Osservò lo spettacolo, gridò, divampò, se ne portò via un'eccitazione forsennata, che lo stimolava a tornarvi non solo insieme a coloro che lo avevano trascinato la prima volta, ma anche più di coloro, e trascinandovi altri. Eppure tu lo sollevasti da quell'abisso con la tua mano potentissima e misericordiosissima, gli insegnasti a non riporre fiducia in sé, ma in te 47; però molto più tardi.


Brutta avventura di Alipio sospettato di furto

9. 14. La vicenda era tuttavia accantonata fin d'allora nella sua memoria come una medicina per il futuro. Anche un altro fatto: che ancora durante i suoi studi a Cartagine e quando aveva già preso a frequentare le mie lezioni, un giorno, mentre sul mezzodì, nella piazza, meditava un discorso da recitare a scuola per esercizio, secondo l'usanza, lo lasciasti arrestare come ladro dai sorveglianti del foro, penso che tu, Dio nostro, non l'abbia permesso per altro motivo, se non per questo: che quel gentiluomo, destinato a divenire un giorno così grande, cominciasse fin d'allora a imparare quanto debba rifuggire da una temeraria credulità nel condannare un altro uomo l'uomo che istruisce un processo. Alipio dunque passeggiava tutto solo davanti al tribunale, le tavolette e lo stilo fra le mani, quand'ecco un giovane studente, il ladro appunto, munito nascostamente di una scure si avvicina, non visto da lui, alla cancellata di piombo che sovrasta la via degli orafi, e incomincia a scalpellare il metallo. Ai colpi della scure gli orafi che si trovavano di sotto parlottarono fra loro sommessamente e mandarono alcuni ad arrestare chiunque avessero trovato sul posto. Il ladro, udite le loro voci, se la svignò, abbandonando l'attrezzo per paura di essere preso mentre l'aveva con sé; Alipio invece, che, come non l'aveva visto all'entrata, così lo notò all'uscita, vedendo che si allontanava frettolosamente, e curioso di conoscerne il motivo, entrò e trovò la scure. Fermo in piedi la stava considerando meravigliato, quand'ecco i messi degli orafi lo sorprendono solo e fornito del ferro, ai cui colpi si erano riscossi ed erano partiti. Lo acciuffano, lo trascinano con sé, e di fronte agli abitanti della piazza, che s'erano radunati, si vantano di aver preso il ladro in flagrante, poi si avviano per metterlo nelle mani della giustizia.

9. 15. Ma la lezione doveva finire qui. Tu, Signore, venisti immediatamente in soccorso dell'innocenza, di cui eri l'unico testimone 48. Mentre Alipio veniva condotto in prigione o al supplizio, s'imbatte nel corteo un architetto, soprintendente agli edifici pubblici. Le guardie si rallegrarono di aver incontrato proprio lui, che era solito sospettarle dei furti accaduti nel foro: ora finalmente avrebbe riconosciuto chi era l'autore. Senonché l'architetto aveva visto sovente Alipio in casa di un certo senatore, che abitualmente andava a ossequiare; e appena lo ebbe riconosciuto, lo prese per mano, lo trasse in disparte dalla folla e gli chiese il motivo di un guaio così grosso. Udito il racconto dell'accaduto, ordinò agli astanti, che tumultuavano e rumoreggiavano minacciosamente, di seguirlo. Giunsero così all'abitazione del giovane delinquente. Sulla porta stava uno schiavo così tenerello, da poter rivelare facilmente tutto il caso senza sospettare che ne venisse del danno al padrone. Infatti lo aveva accompagnato nella piazza. Anche Alipio lo riconobbe e ne avvertì l'architetto. Questi mostrò al fanciullo la scure, domandandogli di chi era. "È nostra", rispose immediatamente il fanciullo. Più tardi, interrogato, rivelò il resto. Così l'accusa ricadde su quella casa, con grande smacco della folla, che aveva già incominciato il suo trionfo su Alipio. Il futuro dispensatore della tua parola e giudice di molte cause nella tua Chiesa ne uscì più esperto e più agguerrito.


Alipio assessore giudiziario a Roma

10. 16. A Roma, quando lo incontrai, Alipio si legò a me della più stretta amicizia e partì con me alla volta di Milano sia per non lasciarmi, sia per mettere a frutto le nozioni di diritto che aveva appreso, secondo il desiderio dei genitori più che suo. Aveva già esercitato per tre volte la mansione di assessore giudiziario, meravigliando i colleghi con la sua integrità, ma meno di quanto si meravigliava lui di essi, che anteponevano l'oro alla rettitudine. Il suo carattere fu pure messo alla prova non solo con la seduzione della cupidigia, ma anche col pungolo della paura. A Roma era assessore presso il conte preposto alle finanze italiche. Viveva in quel tempo un senatore potentissimo, che si teneva molta gente legata con i benefici e soggetta con l'intimidazione. Costui pensò di permettersi, secondo l'usanza dei potentati suoi pari, non so quale atto non permesso dalla legge. Alipio gli resistette. Gli fu promessa una ricompensa, ed egli ne rise di cuore; furono proferite minacce, ed egli le calpestò, con ammirazione di tutti verso un ardire non comune, indifferente all'amicizia e imperturbabile all'inimicizia di un personaggio tanto potente e notissimo per le infinite possibilità che aveva così di giovare come di nuocere. Lo stesso giudice di cui era consigliere, per quanto contrario egli pure alle richieste del senatore, tuttavia non osava opporsi apertamente. Addossava la responsabilità ad Alipio, si diceva impedito da lui perché, ed era vero, l'avrebbe avversato, se per conto suo avesse ceduto. Una sola passione per poco non l'aveva sedotto, la letteratura, per la quale fu tentato di farsi trascrivere alcuni codici usando la cassa del tribunale. Interpellata però la virtù della giustizia, mutò in meglio il suo parere, giudicando più vantaggiosa la rettitudine, che glielo proibiva, della possibilità, che glielo permetteva. È cosa da poco? Ma chi è fedele nel poco, è fedele anche nel molto 49, né saranno mai vane le parole che uscirono dalla bocca della tua verità 50: Se non foste fedeli riguardo alle ricchezze inique, chi vi affiderà quelle genuine? e se non foste fedeli nell'amministrare le ricchezze altrui, chi vi affiderà le vostre? 51. Tale l'uomo che si stringeva allora a me, e con me esitava a decidere il genere di vita che si doveva abbracciare.


Nebridio

10. 17. Anche Nebridio aveva lasciato il paese natio, nei pressi di Cartagine, e poi Cartagine stessa, ove lo s'incontrava sovente; aveva lasciato la splendida tenuta del padre 52, lasciata la casa e la madre, non disposta a seguirlo, per venire a Milano con l'unico intento di vivere insieme a me nella ricerca ardentissima della verità e della sapienza. Investigatore appassionato della felicità umana, scrutatore acutissimo dei più difficili problemi, come me anelava e come me oscillava. Erano, le nostre, le bocche di tre affamati che si ispiravano a vicenda la propria miseria, rivolte verso di te, in attesa che dessi loro il cibo nel tempo opportuno 53. Nell'amarezza che la tua misericordia faceva sempre seguire alle nostre attività mondane, cercavamo di distinguere lo scopo delle nostre sofferenze; ma intorno a noi si levavano le tenebre. Rivolgendoci allora indietro, ci domandavamo tra i gemiti: "Per quanto tempo dureremo in questo stato?", e ripetevamo spesso la domanda, ma senza abbandonare per ciò quella vita, mancandoci ogni luce di certezza a cui aggrapparci dopo averla abbandonata.


Note:

40 - Sal 68. 6.

41 - Prv 9. 8.

42 - Cf. Ez 1. 13.

43 - Cf. Is 6. 6 s.

44 - Cf. Sal 106. 8, 15, 21, 31 (cf. Aug., En. in ps. 106. 4-10 ss.: PL 37, 1421 ss.; NBA 27, 872).

45 - Cf. Prv 6, 26.

46 - Cf. Gdt 6. 15.

47 - Cf. Prv 3. 5; Is 57. 13.

48 - Cf. Sap 1. 6; Ger 29. 23.

49 - Lc 16. 10.

50 - Cf. Gv 8. 40; 1. 14; 14. 6.

51 - Lc 16.11 s.

52 - Cf. Hor., Epod. 2. 3.

53 - Sal 103. 27; 144. 15.


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16 febbraio 2021        a cura di Alberto "da Cormano"        Grazie dei suggerimenti       alberto@ora-et-labora.net