Regola di S. Benedetto

 

Prologo: 20 Armati dunque di fede e di opere buone, sotto la guida del Vangelo, incamminiamoci per le sue vie in modo da meritare la visione di lui, che ci ha chiamati nel suo regno. 21 Se, però, vogliamo trovare dimora sotto la sua tenda, ossia nel suo regno, ricordiamoci che è impossibile arrivarci senza correre verso la meta, operando il bene. …

50 Così, non allontanandoci mai dagli insegnamenti di Dio e perseverando fino alla morte nel monastero in una fedele adesione alla sua dottrina, partecipiamo per mezzo della pazienza ai patimenti di Cristo per meritare di essere associati al suo regno. Amen.

 

Cap. II -  L’Abate: 34 ma pensi sempre che si è assunto l'impegno di dirigere delle anime, di cui un giorno dovrà rendere conto 35 e non cerchi una scusante nelle eventuali difficoltà economiche, ricordandosi che sta scritto :"Cercate anzitutto il regno di Dio e la sua giustizia e tutte queste cose vi saranno date in soprappiù"


 

Il Regno di Dio

R. Deville e P. Grelot

(Voce del “Dizionario di Teologia Biblica”, a cura di Xavier Lèon-Dufour – ed. Marietti, Genova 1980)

(Ndr. Non ho riportato la prima parte della voce “Regno” relativa all’Antico Testamento)

 


 

Nuovo Testamento (NT)

I. IL VANGELO DEL REGNO DI DIO

 

1.  Gesù dà al regno di Dio il primo posto nella sua predicazione. ciò che egli annuncia nelle borgate di Galilea è la buona novella del regno (Mt 4, 23; 9, 35). «Regno di Dio», scrive Marco; «regno dei cieli», scrive Matteo conformandosi alle abitudini del linguaggio rabbinico: le due espressioni sono equivalenti. I miracoli, accompagnando la predicazione, sono i segni della presenza del regno e ne fanno intravvedere il significato. Con la sua venuta ha termine il dominio di Satana, del peccato e della morte sugli uomini: «E in virtù dello spirito di Dio io scaccio i demoni, è dunque venuto per voi il regno di Dio» (Mt 12, 28). Ne consegue la necessità di una decisione: bisogna convertirsi, abbracciare le esigenze del regno per diventare discepoli di Gesù.

 

2. Gli Apostoli, mentre è in vita il loro maestro, ricevono la missione di proclamare a loro volta questo vangelo del regno (Mt 10, 7). Perciò, dopo la Pentecoste, il regno rimane il tema centrale della predicazione evangelica, anche in S. Paolo (At 19, 8; 20, 25; 28, 23. 31). Se i fedeli che si convertono soffrono mille tribolazioni, si è «per entrare nel regno di Dio» (At 14, 22), perché Dio «li chiama al suo regno ed alla sua gloria» (1 Ts 2, 12). Ormai soltanto il nome di Gesù Cristo si aggiunge al regno di Dio per costituire l’oggetto completo del vangelo (At 8, 12): bisogna credere in Gesù per avere accesso al regno.

 

II. I MISTERI DEL REGNO DI DIO

Il regno di Dio è una realtà misteriosa di cui soltanto Gesù può far conoscere la natura. Ed ancora, egli non la rivela se non agli umili ed ai piccoli, non ai sapienti ed agli scaltri di questo mondo (Mt 11, 25); ai suoi discepoli, non alle persone estranee, per le quali tutto rimane enigmatico (Mc 4, 11 par.). La pedagogia dei vangeli è costituita in gran parte dalla rivelazione progressiva dei misteri del regno, specialmente nelle parabole. Dopo la risurrezione questa pedagogia sarà completata (At 1, 3) e l’azione dello Spirito Santo la porterà a termine (cfr. Gv 14, 26; 16, 13 ss).

 

1. I paradossi del regno. - Il giudaismo, prendendo alla lettera gli oracoli escatologici del VT, si raffigurava la venuta del regno come splendida ed immediata. Gesù l’intende in modo completamente diverso. Il regno viene quando la parola di Dio è rivolta agli uomini; come un seme gettato in terra, deve crescere (Mt 13, 3-9. 18-23 par.). Crescerà per la sua propria potenza, come la semente (Mc 4, 26-29). Solleverà il mondo, come il lievito posto nella farina (Mt 13, 33 par.). Il suo umile inizio contrasta così con l’avvenire che gli è promesso. Di fatto Gesù non rivolge la parola se non ai soli Giudei di Palestina; e tra questi «il regno è dato» soltanto al «piccolo gregge» dei discepoli (Lc 12, 32). Ma lo stesso regno deve diventare un grande albero, dove faranno il loro nido tutti gli uccelli del cielo (Mt 13, 31 s par.); accoglierà tutte le nazioni nel suo seno, perché non è legato a nessuna di esse, neppure al popolo giudaico. Esistendo quaggiù nella misura in cui la parola di Dio è accolta dagli uomini (cfr. Mt 13, 23), esso potrebbe sembrare una realtà invisibile. Di fatto la sua venuta non si può osservare come un fenomeno qualunque (Lc 17, 20 s). E tuttavia esso si manifesta esternamente, come il grano mescolato alla zizzania in un campo (Mt 13, 24...). Il «piccolo gregge» al quale è dato (Lc 12, 32), gli conferisce un volto terreno, quello di un nuovo Israele, di una Chiesa fondata su Pietro; e questi riceve persino «le chiavi del regno dei cieli» (Mt 16, 18 s). Bisogna soltanto notare che questa struttura terrena non è quella di un regno umano: Gesù si nasconde quando lo si vuole fare re (Gv 6, 15) e si lascia dare il titolo di Messia in un senso tutto particolare.

 

2. Le fasi successive del regno. - Il fatto che il regno sia chiamato a crescere, suppone che debba tener conto del tempo. Indubbiamente, in un certo senso, i tempi sono compiuti ed il regno è presente; con Giovanni Battista è aperta l’era del regno (Mt 11, 12 s par.); è il tempo delle nozze (Mc 2, 19 par.; cfr. Gv 2, 1-11) e della messe (Mt 9, 37 ss par.; cfr. Gv 4, 35). Ma le parabole della crescita (il seme, il granello di senapa, il lievito, la zizzania ed il buon grano, la pesca: cfr. Mt 13) lasciano intravvedere uno spazio di tempo tra questa inaugurazione storica del regno e la sua realizzazione perfetta. O meglio, attualmente «il Regno patisce violenza» (Mt 11, 12) perché si vuole impedirne l’irraggiamento attraverso la predicazione evangelica. Dopo la risurrezione di Gesù, la dissociazione del suo ingresso in gloria e del suo ritorno come giudice (At 1, 9 ss) finirà di rivelare la natura di questo periodo intermedio: sarà il tempo della testimonianza (At 1, 8; Gv 15, 27), il tempo della Chiesa. Al termine di quel tempo, il regno verrà nella sua pienezza (cfr. Lc 21, 31): vi si consumerà la Pasqua (Lc 22, 14 ss), sarà il pasto escatologico (Lc 22, 17 s), in cui invitati venuti da tutte le parti faranno festa con i patriarchi (Lc 13, 28 s par.; cfr. 14, 15; Mt 22, 2-10; 25, 10). I fedeli sono chiamati ad «ereditare» questo regno giunto alla sua consumazione (Mt 25, 34); dopo la risurrezione e la trasformazione dei loro corpi (1 Cor 15, 50; cfr. 6, 10; Gal 5, 21; Ef 5, 5). Nel frattempo ne invocano la venuta: «Venga il tuo regno!» (Mt 6, 10 par.).

 

3. L’accesso degli uomini al regno. - Il regno è il dono di Dio per eccellenza, il valore essenziale che bisogna acquistare a prezzo di tutto ciò che si possiede (Mt 13, 44 ss). Ma per riceverlo, bisogna soddisfare a talune condizioni. Non già che esso possa mai essere considerato come una mercede dovuta per giustizia: Dio assolda liberamente gli uomini nella sua vigna e dà ai suoi operai ciò che gli piace dare (Mt 20, 1-16). Tuttavia, se tutto è grazia, gli uomini devono rispondere alla grazia: i peccatori induriti nel male «non erediteranno il regno di Cristo e di Dio» (1 Cor 6, 9 s; Gal 5, 21; Ef 5, 5; cfr. Apoc 22, 14 s). Un animo di povero (Mt 5, 3 par.), un atteggiamento di bambino (Mt 18, 1-4 par.; 19, 14), una ricerca attiva del regno e della sua giustizia (Mt 6, 33), la sopportazione delle persecuzioni (Mt 5, 10 par.; At 14, 22; 2 Ts 1, 5), il sacrificio di tutto ciò che si possiede (Mt 13, 44 ss; cfr. 19, 23 par.), una perfezione maggiore di quella dei farisei (Mt 5, 20), in una parola il compimento della volontà del Padre (Mt 7, 21), specialmente in materia di carità fraterna (Mt 25, 34): tutto ciò è richiesto a chi vuol entrare nel regno ed infine ereditarlo. Infatti, se tutti vi sono chiamati, non tutti saranno eletti: il convitato, che non ha la veste nuziale, sarà cacciato fuori (Mt 22, 11-14). All’inizio è richiesta una conversione (cfr. Mt 18, 3), una nuova nascita, senza la quale non si può «vedere il regno di Dio» (Gv 3, 3 ss). L’appartenenza al popolo giudaico non è più una condizione necessaria come nel VT: «Molti verranno dall’Oriente e dall’Occidente e siederanno a mensa nel regno dei cieli, mentre i sudditi del regno saranno gettati fuori...» (Mt 8, 11 s par.). Prospettiva di giudizio, che talune parabole presentano in una forma concreta: separazione della zizzania e del buon grano (Mt 13, 24-30), scelta dei pesci (Mt 13, 47-50), resa dei conti (Mt 20, 8-15; 25, 15-30); tutto ciò costituisce una esigenza di vigilanza (Mt 25, 1-13).

 

III. IL REGNO DI DIO E LA REGALITÀ DI GESÙ

Nel NT i due temi del regno di Dio e della regalità messianica si uniscono nel modo più stretto, perché il re-Messia è il Figlio di Dio stesso. Questa posizione di Gesù al centro del mistero del regno si ritrova nelle tre tappe successive, attraverso le quali questo deve passare: la vita terrena di Gesù, il tempo della Chiesa e la consumazione finale delle cose.

 

1. Durante la sua vita, Gesù si dimostra molto riservato nei confronti del titolo di re. Se lo accetta in quanto titolo messianico rispondente alle promesse profetiche (Mt 21, 1-11 par.), lo deve spogliare delle risonanze politiche (cfr. Lc 23, 2), per rivelare la regalità «che non è di questo mondo» e che si manifesta mediante la testimonianza resa alla verità (Gv 18, 36 s). In compenso, non esita ad identificare la causa del regno di Dio con la sua propria: lasciare tutto per il regno di Dio (Lc 18, 29), significa lasciare tutto «per il suo nome» (Mt 19, 29; cfr. Mc 10, 29). Descrivendo in anticipo la ricompensa escatologica che attende gli uomini, egli identifica il «regno del figlio dell’uomo» ed il «regno del Padre» (Mt 13, 41 ss), ed assicura ai suoi apostoli che egli dispone per essi del regno come il Padre ne ha disposto per lui (Lc 22, 29 s).

 

2. La sua intronizzazione regale non giunge tuttavia se non al momento della risurrezione: allora egli prende posto sul trono stesso del Padre (Ap 3, 21), è esaltato alla destra di Dio (At 2, 30-35). Durante tutto il tempo della Chiesa, la regalità di Dio si esercita così sugli uomini per mezzo della regalità di Cristo, Signore universale (Fil 2, 11); perché il Padre ha costituito il Figlio suo «Re dei re e Signore dei signori» (Ap 19, 16; 17, 14; cfr. 1, 5).

 

3. Al termine dei tempi, Cristo vincitore di tutti i suoi nemici «rimetterà il regno a Dio Padre» (1 Cor 15, 24). Allora questo regno «sarà pienamente acquisito al nostro Signore ed al suo Cristo» (Ap 11, 15; 12, 10), ed i fedeli riceveranno «l’eredità nel regno di Cristo e di Dio» (Ef 5, 5). Così Dio, padrone di tutto, prenderà pieno possesso del suo regno (Ap 19, 6). I discepoli di Gesù saranno chiamati a condividere la gloria di questo regno (Ap 3, 21), perché già in terra Gesù ha fatto di essi «un regno di sacerdoti per il loro Dio e Padre» (Ap 1, 6; 5, 10; 1 Pt 2, 9; cfr. Es 19, 6).


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27 dicembre 2022                a cura di Alberto "da Cormano"        Grazie dei suggerimenti       alberto@ora-et-labora.net