Regola di S. Benedetto

Prologo: Quando poi il Signore cerca il suo operaio tra la folla, insiste dicendo: "Chi è l'uomo che vuole la vita e arde dal desiderio di vedere giorni felici?". Se a queste parole tu risponderai: "Io!", Dio replicherà: "Se vuoi avere la vita, quella vera ed eterna, guarda la tua lingua dal male e le tue labbra dalla menzogna. Allontanati dall'iniquità, opera il bene, cerca la pace e seguila". Se agirete così rivolgerò i miei occhi verso di voi e le mie orecchie ascolteranno le vostre preghiere, anzi, prima ancora che mi invochiate vi dirò: "Ecco sono qui!".

Capitolo IV - Gli strumenti delle buone opere: Adempiere quotidianamente i comandamenti di Dio. Amare la castità, non odiare nessuno, non essere geloso, non coltivare l'invidia, non amare le contese, fuggire l'alterigia e rispettare gli anziani, amare i giovani, pregare per i nemici nell'amore di Cristo, nell'eventualità di un contrasto con un fratello, stabilire la pace prima del tramonto del sole. E non disperare mai della misericordia di Dio. Ecco, questi sono gli strumenti dell'arte spirituale!

Capitolo XXXIV - La distribuzione del necessario: "Si distribuiva a ciascuno proporzionatamente al bisogno", si legge nella Scrittura. Con questo non intendiamo che si debbano fare preferenze - Dio ce ne liberi! - ma che si tenga conto delle eventuali debolezze; quindi chi ha meno necessità, ringrazi Dio senza amareggiarsi, mentre chi ha maggiori bisogni, si umili per la propria debolezza, invece di montarsi la testa per le attenzioni di cui è fatto oggetto e così tutti i membri della comunità staranno in pace.


 

La pace benedettina

 Estratto da “ATTESA DI DIO - Riflessioni sulla Regola

Di Catherine Mectilde de Bar [1] -Jaca Book 1982

 

Che pensate di questa terra che è dolce ai miti? È la terra dell’annientamento, perché mitezza significa una persona dolce, benefica, che porta la pace dappertutto e la possiede in sé. È una conoscenza che mette l’anima nel nulla: là si trovano tutte le grazie e benedizioni. Là le viene data in dono quella terra fortunata dove si trova Dio. Tale beatitudine è molto simile a quest’altra: « Beati i pacifici perché saranno chiamati figli di Dio ». Quest’ultima esprime più particolarmente che siamo figli di Dio. Essa abita quel cuore come un figlio abita la casa di suo padre; l’operatore di pace mette pace in tutte le cose, porta una calma profonda nel suo intimo, e questo lo fa somigliare a Dio che è un Dio di pace.

(n° 2606 alla contessa di Châteauvieux)

 

Desideriamo la pace che Gesù Cristo dà oggi ai suoi apostoli: è questo il frutto della sua vita gloriosa. La pace è un tesoro di paradiso, non si trova sulla terra, è la presenza di Gesù che la opera... Questa pace divina è il sostegno dell’anima... Quando l’anima possiede questa tranquillità, Dio contempla se stesso nel fondo di lei e v’imprime le sue perfezioni divine... Quando Gesù dà la sua pace a un’anima, le dona il suo Spirito, il suo amore. È una grazia meravigliosa avere questa pace che calma i turbamenti del nostro interno, scaccia il timore, tiene l’anima in un semplice e amoroso abbandono all’operazione divina... Cos’è questa pace se non la presenza di Gesù e la sua dimora nei nostri cuori? Per questo lo Spirito Santo risiede là dove c’è pace, come ci assicura il profeta: In pace locus eius; e se noi la possediamo, lo Spirito Santo ci colma di amore divino.

(n° 325 conferenza, martedì di Pasqua, 1665)

 

Vedete un po’, sorelle mie, se avete partecipato alla grazia della Risurrezione: quel che stimo più vantaggioso di tale grazia è la pace che egli dà agli apostoli. Gli evangelisti sottolineano che gliela donò tre volte; questo c’insegna che egli ci vuole in pace con Dio, in pace col prossimo, in pace con noi stesse.

Per avere pace con Dio, bisogna fare tre cose: la prima, non avere alcun peccato nell’anima, perché tra Dio e il peccato esiste guerra. Sono sicura che per grazia del Signore, questa la possedete; ma occorre lavorare per la seconda, che consiste nel liberarsi di certe imperfezioni abituali che dispiacciono a Dio e impediscono l’efficacia di questa pace divina. La terza consiste nel sottomettere la volontà a tutto ciò che Dio vuole da noi, non avendo né desiderio né progetto alcuno, poiché ordinariamente i nostri desideri sono il soggetto delle nostre inquietudini. Dico lo stesso per le cose interiori e che riguardano la nostra perfezione e l’eternità.

La seconda pace è con noi stesse e si acquista lavorando alla prima, perché, se ci badate, noi soffriamo turbamenti e inquietudini quando abbiamo offeso Dio: la coscienza è in disagio e nel rimorso, come pure quando ci lasciamo vincere da qualche scatto di cattivo umore. Si dirà forse che seguire i propri desideri e volontà è il mezzo di aver la pace. Ma questa è una pace viziosa, non è affatto la pace di Gesù Cristo, pace che si acquista e si conserva solo rinunciando a noi stesse.

Vi è una terza pace: quella col prossimo, pace così necessaria a ogni cristiano e ancor più alle anime religiose. Penso che sia impossibile, senza questa pace, arrivare alla perfezione cristiana o religiosa. Essa è più difficile da acquistare e da conservare della pace con Dio. La ragione è che i rimorsi di coscienza e i rimproveri che seguono ordinariamente il peccato e le imperfezioni, ci trattengono spesso dal cadere; ma la nostra natura è così sregolata dopo il peccato del nostro primo padre, che troviamo soddisfazione nel seguire le antipatie e le cattive disposizioni che nutriamo contro il prossimo. È su questo punto che vi esorto, sorelle mie, a lavorare fortemente e con costanza, onde meritare dal Signore la grazia di questa terza pace, così importante per la nostra perfezione.

Se essa è necessaria a ogni cristiano, a maggior ragione lo è alle figlie del santissimo Sacramento, Sacramento di pace e d’unione. Perciò vedete che Gesù Cristo ce la dà dall’altare dopo che il sacerdote ha detto: Dona nobis pacem. Ci viene portata « la pace » da baciare *, che è ordinariamente la figura del santissimo Sacramento o di un crocifisso. Bisogna fare quest’orazione con spirito interiore. I sacerdoti e gli officianti si abbracciano all’altare in segno di pace. Dunque, la pace è una partecipazione di Dio che per essenza è pace, perfezione in Dio così adorabile e permanente che nulla al mondo può turbare [...].

Nota *: All'Agnus Dei era antica usanza dei monasteri femminili passarsi un quadretto sacro, chiamato appunto « Pace », che ogni monaca baciava e passava alla vicina di coro.

(n° 3167 capitolo del venerdì di Pasqua, 1664)

 

Un’anima che possiede questa pace è troppo ricca, è sempre uguale nei diversi avvenimenti perché è stabilita in Dio. Questa pace divina è il sostegno dell’anima. Gustatela, carissima, non nei sensi, ma nello spogliamento da tutte le cose. Quando l’anima ha perduto le creature, gode di questa pace preziosa che tiene tutto in tranquillità, silenzio e solitudine [...] Tutto questo è più intimamente gustoso all’anima di quanto la parola possa esprimere.

(n° 1478 alla contessa di Châteauvieux, qualche giorno dopo Pasqua, 1659)

 

Che si può dire della grande santa Scolastica, se non che è un’anima nascosta in Gesù Cristo, così profonda nell’orazione, da aver acquisito un potere sugli elementi? Se Giosuè ha avuto il potere di far retrocedere il sole di più ore, la nostra gloriosa santa ha avuto il potere di sconvolgere l’ordine dei pianeti e la serenità del cielo, poiché a un solo moto del suo cuore, esso è stato costretto ad aprire le sue cataratte e a dare una tale abbondanza di pioggia, che sembrava un piccolo diluvio. E perché? per possedere la gioia di parlare delle grandezze di Dio, delle sue divine perfezioni e dei suoi ineffabili misteri, che sono cibi deliziosi di cui i santi si saziano per tutta l’eternità, senza disgusto e senza mutamenti. Questa grande santa, sentendosi vicina a quel magnifico possesso e tutta infiammata d’amor di Dio, chiede al fratello di parlarle delle cose eterne per sollevare il suo cuore tormentato dalle fiamme di quel braciere che ardeva senza posa nell’anima sua... Non era l’affetto che portava al nostro glorioso patriarca suo fratello, benché lo amasse per la sua rara virtù, che la spingeva a pregarlo con insistenza di restare con lei, ma era per parlare di Dio ed esultare per le sue grandezze.

(n° 2608 a una religiosa, sulla festa di santa Scolastica)

 


I paragrafi che seguono, sempre relativi al tema “pace”, sono estratti da altri capitoli del libro.

 

Portiamo dunque questa sentenza di morte e moriamo sempre per vivere un giorno della vita di Gesù Cristo. È l’opera del suo amore in noi e della sua divina misericordia. Abbiate coraggio, quest’opera sarà compiuta in voi; restate in pace e in puro abbandono al Signore, senza ripensamenti e senza alcuna diffidenza, anche se aveste meritato l’inferno. Rimanete nell’amore di Gesù Cristo. A questo egli vi attira. Non crediate che un moto d’orgoglio o di amor proprio vi faccia uscire da questa felicità. No, no, ma quando ciò vi accade, non fate altro che lasciarvi dolcemente riportare nella pace; e se questa mancanza vi lascia per qualche tempo in pena o in una piccola agitazione di cuore, sopportatela senza inquietudine e senza altra intenzione che di soffrirla in spirito di penitenza... Vi dico ancora che il vostro cuore è di Dio per la grazia e non naturalmente per voi stessa.

(n° 1331 conferenza)

 

Oh! quelle che sono in pena, turbate, afflitte, vengano a cercare la pace e la calma di tutte le loro passioni ai piedi di questo adorabile Bimbo che si chiama Principe della pace. Crediamo come verità indubbia che la pace da noi spesso sentita nell’intimo ci dimostra che il Signore si avvicina per possederlo. Ma, sorelle mie, noi spesso gli rifiutiamo l’entrata, non abbandonandoci abbastanza alla guida del suo divino Spirito.

(n° 3060 conferenza)

 

Del nulla fate la vostra forza; infatti se una buona volta poteste sprofondarvi in esso trovereste il Paradiso in terra, e nessuna creatura potrebbe turbare la vostra pace.

(n° 416 sentenza)

 

Bisogna imparare a tacere all’interno e all'esterno. Il silenzio è così necessario che, senza di esso, la grazia non avrebbe possibilità di operare in un’anima. Cessate dunque di parlare e udrete la voce divina che vi darà una gioia inconcepibile. Quale ricchezza è il silenzio! Io sperimento davvero che la profonda solitudine è un raro mezzo per possedere e gustare Dio.

(n° 2567 argomenti spirituali diversi)

 

Io non potrò mai esortarvi abbastanza al silenzio; e trovo che non senza ragione san Benedetto lo raccomanda nella Regola così espressamente; perché è impossibile parlare molto senza commettere tante imperfezioni. Infatti, per poco che si parli, a mala pena si possono evitare; ecco perché, parlando molto è ben difficile essere esenti da tante mancanze e la carità verso il prossimo rimane spesso ferita. Se si potessero eliminare tanti discorsi e chiacchiere, saremmo tanto più nella pace. Se il nostro spirito non fosse occupato in tante bagattelle e inutilità, sarebbe più pieno di Dio.

(n° 950 conferenza, 1695)

 

Io vedo solo l’attimo presente: quello che segue lo lascio a Dio e sto attenta a non occuparmene. Perché altrimenti perderei non solo la grazia che è racchiusa nel momento presente, non usandone rettamente, ma in più mi esporrei a mille inquietudini, difficoltà e turbamenti di spirito che la vista di tanti affari mi causerebbe, e inoltre agirei secondo natura, il che sarebbe un gran danno.

Ciò non vuol dire che non abbia distrazioni su ciò che ho da fare, ma me ne distolgo con cura e me ne allontano dolcemente, come farebbe una persona che si ritira da una grande folla e, lasciando a Dio tutte le preoccupazioni, le vedo in lui e lascio che egli le governi secondo la sua volontà. È un gran segreto della vita interiore comportarsi così, perché altrimenti si perde la pace e la grazia racchiusa nel momento che possediamo e nell’azione che compiamo, e allora non si fa nulla di buono.

(n° 1021 argomenti spirituali diversi)

 

L’umiltà, a mio parere, è la più rara di tutte le virtù; ma quando un’anima è arrivata al punto di possederla sinceramente, è al colmo di una felicità inestimabile per il gran numero di ricchezze e grazie che possiede, di cui una delle più meravigliose è una pace così profonda che nulla al mondo può turbare. Voi sarete felice se potrete sostenere tutti i sacrifici necessari per pervenirvi solidamente; vi consiglio di applicarvi nel modo migliore e, a tale scopo, di chiedere un grande coraggio alla più umile di tutte le creature.

(n° 3038 a una religiosa, rue Cassette)

 

Dobbiamo esaminare spesso le nostre parole. Quante ne diciamo contro la carità! Con l’esame che faremo su questo punto, vedremo che non abbiamo circonciso la nostra lingua né mortificato i nostri sentimenti. Mortifichiamoli, sorelle, e anche le nostre parole; non si senta più tra noi nulla che si opponga alla carità.

Non condanniamo né biasimiamo nessuno, ma scusiamo ciò che ci pare difettoso nel nostro prossimo. Sarà un mezzo di conservare quella pace che non potrò mai raccomandarvi troppo, tanto è necessaria. Non parlo della pace con Dio, come la possiedono le anime che hanno la coscienza pura (non dubito che voi l’abbiate) e nemmeno di quella di cui godono le anime più sante; ma parlo della pace che dobbiamo avere tra noi, che alimenta l’unione dei cuori e permette che lo Spirito di Dio ci animi e ci dia veramente lui quella pace in cui egli dimora nell’intimo dell’anima.

(n° 2660 capitolo 1693)

 

Vi raccomando sempre la perfetta unione che si può conservare solo con una profonda umiltà. Se avrete queste due virtù, vincerete l’inferno e per conseguenza tutti i vostri nemici. Non siate mai divise, qualsiasi cosa possa capitarvi, una tentazione, o un’antipatia o un disgusto. Vivete nella pace divina che vi unisce grazie allo Spirito di Gesù.

(n° 117 alla comunità di Varsavia, 8 settembre 1687)

 

Amatevi a vicenda, ciascuna contribuisca da parte sua a mantenere nella comunità la pace e l’unione, poiché non formate che un solo corpo, così non ci sia tra voi che un sol cuore e un’anima sola; non vi sia altri a regnare che il Cuore di Gesù... Prendete sempre tutto in buona parte e, piuttosto che condannare, scusate; ciascuna si prenda a cuore di non manifestare più espressioni di critica: la carità ne va quasi sempre di mezzo. Se si pensasse bene che il prossimo di cui si parla è caro a Dio come la pupilla dell’occhio, che esso è il prezzo del sangue di Gesù Cristo, si starebbe molto più attente a non dir nulla che possa contristarlo, perché Dio stesso se ne ritiene offeso... L’unione dei cuori è frutto della virtù e della grazia del Cristo.

(n° 950 conferenza, 1695)

 


[1] Breve biografia di Madre Mectilde de Bar (1614-1698)

  Nata a Saint-Dié, in Lorena (Francia), il 31 dicembre 1614, Madre Catherine Mectilde de Bar entra giovanissima in un fervente convento di Annunciate. Una forte attrattiva per la vita benedettina la porta a chiederne l’abito il 2 luglio 1639 a Rambervillers.

Nel 1653 fonda a Parigi il primo monastero di Benedettine dell’Adorazione perpetua del Santissimo Sacramento. Muore il 6 aprile 1698 dopo aver fondato o aggregato dieci monasteri.

Il primo monastero in Italia viene fondato nel 1880 a Seregno da Madre M. Teresa Lamar.

Dal sito delle Benedettine dell'Adorazione Perpetua del Santissimo Sacramento (https://www.benedettineteano.altervista.org)

 Per una biografia più dettagliata si veda per esempio il sito del Monastero SS. Trinità - Benedettine del SS. Sacramento di Ghiffa (VB) (https://www.benedettineghiffa.org).

 


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10 maggio 2017          a cura di Alberto "da Cormano"        Grazie dei suggerimenti       alberto@ora-et-labora.net