IL MONACHESIMO LATINO IN PALESTINA: RUFINO, MELANIA SENIORE, SAN GIROLAMO, PAOLA, MELANIA IUNIORE

Di Christine Mohrmann


Estratto da “Vite dei santi - Vita di Antonio”,

 Fondazione Lorenzo Valla 2003


 

Nel corso del quarto e del quinto secolo, si formò in Palestina un monachesimo romano[1]. L’origine di questa colonia romana in Terra Santa fu determinata da due fattori: il desiderio di visitare i luoghi capitali della Sacra Scrittura, e l’attrazione esercitata dal monachesimo su certi ambienti occidentali, tra cui le donne colte della nobiltà romana. La fama dei Padri del deserto in Egitto, Siria e Palestina, diffusa da viaggiatori originari dell’Oriente, come Atanasio e Isidoro, e l’influenza esercitata dalla Vita Antonii, fecero nascere il desiderio di vedere questi « eroi » e « atleti » della vita spirituale. Molti pellegrini del mondo latino si stabilirono in Egitto, per qualche tempo o definitivamente, ma un numero maggiore sembra aver preferito la Palestina, combinando così la vicinanza dei Luoghi Santi con le visite agli asceti. Quest’esodo dall’Occidente, e soprattutto da Roma verso Oriente, è un movimento di intellettuali, tra cui le donne ricche e nobili non occupano l’ultimo posto: fenomeno curioso, questi gruppi di signore che, accompagnate dalle loro ancelle, si mettono in viaggio per la Terra Santa, facendo talvolta una diversione per visitare i monaci dell’Egitto, e poi finiscono per fondare dei monasteri, dove conducono una vita più o meno austera, sempre con le loro ancelle divenute anch’esse ascete, senza tuttavia eliminare le differenze di classe... Le fondazioni « latine » in Terra Santa, ben organizzate e mantenute dalle ricchezze delle grandi famiglie romane, divennero presto dei centri spirituali e sociali, che esercitarono una grande influenza su alcuni ambienti di asceti orientali e anche a Roma, il loro paese d’origine. Furono soprattutto gli ospizi fondati vicino ai monasteri, che ricevevano un gran numero di viaggiatori, a diffondere la fama degli asceti occidentali che vivevano in Terra Santa.

La prima comunità latina fu fondata a Gerusalemme da Melania Seniore. Questa gentildonna, che apparteneva alla gens Antonia, decise, dopo la morte del marito e di due tra i suoi figli, di andare in Oriente per condurvi una vita di preghiera e di penitenza. Nell'autunno del 372 partì[2], accompagnata da diverse donne della nobiltà romana, alla volta di Alessandria. Rufino ci dice che Melania fu la prima nobildonna romana a recarsi in Oriente per ragioni ascetiche. Arrivata in Egitto, visitò gli anacoreti della Nitria, stringendo legami di amicizia con alcuni di loro. Dopo circa un anno si trasferì in Palestina, stabilendosi a Gerusalemme, dove fondò un monastero sul Monte degli Ulivi, non lontano dal monastero maschile fondato da Rufino di Aquileia (345-410). A Roma, Rufino era stato compagno di studi di san Girolamo, e per un certo tempo aveva condotto, insieme a lui, vita ascetica ad Aquileia. Poi si era recato ad Alessandria, dove incontrò Melania. Anch'egli visitò i Padri del deserto; poi studiò la Sacra Scrittura e Origene sotto la direzione di Didimo il Cieco e di Gregorio Nazianzeno. Nel 380 si stabilì sul Monte degli Ulivi e presto assunse la direzione spirituale della comunità di Melania.

Melania tornò a Roma verso il 400, ma non riuscì più ad adattarsi alla vita della nobiltà romana. Partì di nuovo nel 403, soggiornò in Sicilia e in Africa e tornò a Gerusalemme dove, dopo alcune settimane, fu colta improvvisamente dalla morte.

Il soggiorno di Melania e di Rufino a Gerusalemme non era stato privo di difficoltà. La serenità della vita ascetica fu turbata da dispute e critiche, soprattutto da parte di san Girolamo e di santa Paola. Le dispute origeniste, di cui parlerò in seguito, ebbero una parte importante nei conflitti fra gli asceti latini della Palestina.

La seconda fondazione monastica latina in Palestina fu quella di san Girolamo e di santa Paola. Parleremo dettagliatamente di san Girolamo (ca. 347-420) nel quarto volume di questa serie. Qui basteranno alcune osservazioni succinte sulla sua vita e sulla sua attività ascetica. Nacque a Stridone (vicino alla frontiera tra la Dalmazia e la Pannonia) e fece i suoi studi a Roma, dove strinse legami di amicizia con Rufino. Durante un viaggio a Treviri conobbe la vita ascetica. Per due anni visse da anacoreta nel deserto di Calcide. Dopo un soggiorno ad Antiochia e a Costantinopoli, dove san Gregorio Nazianzeno gli ispirò una grande ammirazione per Origene, si recò nel 382 a Roma, dove fu il protetto e il consigliere di papa Damaso. Durante questo soggiorno a Roma divenne il direttore spirituale e l’amico di un gruppo di nobildonne che vivevano, o si riunivano, sull’Aventino: erano donne di cultura superiore, avide di conoscenze bibliche e di vita ascetica. Durante i tre anni di vita romana, Girolamo contrasse amicizie, ma si attirò anche degli odi tenaci, di modo che, dopo la morte di papa Damaso, suo protettore, fu costretto a lasciare Roma.

Decise di recarsi in Oriente. Accompagnato dal fratello Paoliniano, dal prete romano Vincenzio e da altri monaci s’imbarcò ad Ostia per la Terra Santa. Alcuni mesi dopo la sua partenza, Paola, una delle nobildonne del gruppo dell’Aventino, s’imbarcò anche lei con la figlia Eustochio e altre donne della stessa cerchia. Giunta a Gerusalemme nel 385, visitò i Luoghi Santi e si recò poi con Girolamo e altri monaci e vergini in Egitto, per incontrare i monaci. Si fermarono nella Nitria, e s’iniziarono alla vita degli anacoreti. Dopo aver esitato tra la Nitria e la Palestina, decisero di stabilirsi a Betlemme. Là Paola fece costruire a sue spese due monasteri, uno per uomini e uno per donne, e poco tempo dopo anche un ospizio per pellegrini. Nel monastero di Paola, una cinquantina di donne, divise in tre gruppi, vivevano vita ascetica. La comunità di Girolamo non sembra essere stata meno numerosa. Girolamo conduceva una vita tutta dedita allo studio e all’insegnamento.

Attorno al 392 scoppiò a Betlemme e a Gerusalemme la controversia tra san Girolamo e Paola da una parte, Rufino e Melania dall’altra. La disputa origenista fu, com’è noto, alla base delle atroci inimicizie fra i due gruppi. Se ne parlerà più avanti[3]. Dopo la morte di Paola, sua figlia Eustochio assunse la direzione del monastero fino alla morte, sopravvenuta probabilmente nel 418. San Girolamo morì nel 420.

Girolamo ci ha lasciato tre vite di monaci: la Vita Pauli (del 376), la Vita Malchi (del 387) e la Vita Hilarionis (del 391).

Leggendo queste Vite ci si stupisce del fatto che Girolamo, dotto filologo, esegeta e teologo, traduttore esperto ed abile, scrittore dallo stile ricco e folto, abbia composto queste vite romanzate così semplici, nella forma e nel contenuto. Sorge il problema di sapere per quali motivi e con quali intenzioni questo monaco dotto e astioso abbia scritto le tre Vite, dalle quali si sprigiona una dolcezza quasi irreale ed il cui stile è simile a quello delle fiabe.

La Vita di Paolo - presentato come l’iniziatore dell’anacoretismo egiziano - è stata scritta subito dopo il soggiorno di Girolamo nel deserto di Calcide: se dobbiamo prestar fede alle sue parole, non fu un soggiorno idilliaco.

La Vita di Malco - vero romanzo di avventure spirituali - è stato redatto attorno al 387, all’inizio del soggiorno a Betlemme. La Vita di Ilarione - il padre del monachesimo palestinese - risale al periodo attorno al 390-1 ed è quindi anteriore alle controversie origeniste.

In queste tre short stories del deserto, si possono intravedere elementi reali, ma la poetizzazione fantasiosa nasconde il nucleo storico.

San Girolamo ha voluto adattarsi ad una tradizione leggendaria, e rievocare l’atmosfera « meravigliosa » di cui l’immaginazione della gente devota avvolgeva gli anacoreti. Egli si rendeva ben conto che le Vite dei monaci erano un genere letterario popolare; e si adattò a questo genere, creando degli specimen di letteratura popolare e, potremmo dire, amena. Senza dubbio i contemporanei lessero le sue short stories edificanti non come documenti storici ma come evocazioni di una vita di semplicità spirituale. Così Girolamo non esita ad adottare talvolta lo stile delle fiabe. « C’era una volta un vecchio di nome Malco » è un inizio che si trova nei racconti popolari di tutto il mondo, presso i popoli più diversi. Simile è l’inizio di quello straordinario racconto della letteratura latina tarda, che è l'Amor et Psyche di Apuleio di Madaura: « C’erano in una città un re e una regina » (Met. IV 28).

Il quadro di questi racconti è idilliaco: una grotta che serve da cella all’eremita, una fonte dove estingue la sete, una palma che gli offre le sue foglie come vestito. In voluto contrasto con il quadro idilliaco, ecco la descrizione delle austerità e delle macerazioni che devono mortificare le carne e vincere la parte diabolica dell’anima. Le storie dei demoni, divenute tradizionali in questo genere a partire dalla Vita Antonii, non mancano: contrasto tra l'idillio e la lotta secondo la tradizione dei monaci-atleti.

San Girolamo rievoca l’immagine dei primi Padri del deserto, come si era formata nella tradizione popolare. Così le sue Vite di monaci ci trasmettono una realtà che, sebbene non rispecchi rigorosamente i fatti storici, ci rivela lo stato d'animo di molti cristiani, innamorati di un tipo di vita che consideravano eroico. Esse ci fanno comprendere meglio l’enorme successo riscosso, in un mondo sull’orlo della decomposizione, da un movimento che voleva distaccarsi dal mondo per nostalgia di un mondo migliore.

All’inizio del quinto secolo, si formò in Palestina una terza comunità latina. La sua fondatrice fu Melania Iuniore, nipote di Melania Seniore[4]. Ebbe una vita movimentata: ciò dipese, in parte, dagli avvenimenti storici, disastrosi, che culminarono nel sacco di Roma del 410, che sconvolse il mondo latino, come è attestato ad esempio da sant’Agostino sia nei suoi sermoni che nel de civitate Dei. Melania era nata a Roma nel 383 da famiglia ricchissima. A 14 anni fu obbligata a sposarsi con Piniano; dopo la morte di due figli, persuase il marito a condurre una vita di continenza. Stanca delle proteste della famiglia, che temeva la liquidazione del patrimonio familiare, si stabilì con il marito in una villa sulla Via Appia. Poi si recò a Nola, presso Paolino, dove s’informò sulla « vita perfetta ». Presto però, sotto la minaccia dell’invasione dei barbari, ripiegò verso l’Italia meridionale, conducendo con sé Rufino di Aquileia, che sua nonna aveva lasciato a Roma; passò quindi in Sicilia, dove Rufino morì. Nel 410 - l’anno della presa di Roma da parte di Alarico, che vide molti rifugiati romani nell’Africa del Nord - si fermò a Tagaste, città in cui era vescovo Alipio, amico di sant’Agostino. Durante questi spostamenti fu accompagnata non solo dalla madre e dal marito, ma anche da una scorta di domestici, uomini e donne, che divennero suoi compagni di ascesi. Sembra che in Africa questa comunità familiare fosse composta da 130 donne e 80 uomini. Melania vi condusse una vita ascetica dedita allo studio, secondo la tradizione di san Girolamo. Dopo un soggiorno di sette anni partì per Gerusalemme. Li condusse prima vita ascetica nell’ospizio dell’Anastasis, la chiesa del Santo Sepolcro, poi vita di clausura sul Monte degli Ulivi, ispirandosi all’esempio degli anacoreti egiziani che aveva visitato percorrendo la valle del Nilo.

Dopo un certo periodo, per delle ragioni non del tutto chiare[5], Melania abbandonò la vita di clausura, e fece costruire dei monasteri sul Monte degli Ulivi: dapprima un monastero femminile e poi, dopo la morte di Piniano, due monasteri maschili. Queste fondazioni di Melania si distinguono per una liturgia ben organizzata, in cui sembrano combinarsi elementi originari di Roma, dell’Africa e della Palestina[6].

Dopo un altro viaggio, questa volta a Costantinopoli, dove incontrò l’imperatrice Eudossia, morì a Gerusalemme nel 439. La sua vita è stata descritta dal monaco Geronzio, suo figlio spirituale, che, dopo la sua morte, assunse la direzione dei monasteri sul Monte degli Ulivi. Questa vita, giuntaci sia in greco che in latino, presenta vari problemi di ordine filologico e testuale che non è possibile discutere qui[7]. La sua redazione cade d’altronde oltre il limite cronologico, che abbiamo fissato per quest’introduzione.

 


[1] Cfr. G. D. Gordini, « Il monachesimo Romano in Palestina nel IV secolo », in Saint Martin et son temps, p. 85 sgg.

[2] Cfr. F. X. Murphy, « Traditio» V 1947, p. 66.

[3] Cfr. p. LXIII e p. LXVI.

[4] Per tutti i particolari sulla vita di Melania Iuniore e per una bibliografia particolareggiata, cfr. l’introduzione di D. Gorce alla sua edizione, La Vie de sainte Mélanie (SC XC), Paris 1962.

[5] Si ha l’impressione che fosse una donna nevrastenica e che, come tante persone nervose, amasse i cambiamenti.

[6] D. Gorce, La Vie de sainte..., p. 78 sgg.

[7] D. Gorce, La Vie de sainte..., p. 45 sgg.


Ritorno alla pagina iniziale "Storia del Monachesimo"


| Ora, lege et labora | San Benedetto | Santa Regola | Attualità di San Benedetto |

| Storia del Monachesimo | A Diogneto | Imitazione di Cristo | Sacra Bibbia |


10 ottobre 2022                a cura di Alberto "da Cormano"        Grazie dei suggerimenti       alberto@ora-et-labora.net