LIBELLO DEL PRESBITERO AMBROGIO AUTPERTO

SUL CONFLITTO DI VIZI E VIRTÙ

MANDATO AL PRESBITERO E ABATE LANTFRID

ALL’INTERNO DELLA COSTITUZIONE DELLA BAVIERA.

 (Estratto da “Le fonti del “De conflictu vitiorum atque virtutum” di Ambrogio Autperto”, di Sonia Faustini, Tesi di Laurea all’Università degli studi di Padova, Anno Accad. 2018-2019)


 

1. La voce apostolica annuncia per la città e, disposti nell’imminenza della battaglia della fede cristiana, affinché non rimangano paralizzati dalla tranquillità, dice: Tutti coloro che vogliono vivere in maniera pia in Cristo Gesù subiranno persecuzioni (2 Tm 3,12). Ed ecco che la cristianità ora è devota, ora è fedele alle proprie origini, e a coloro che vivono piamente in Gesù Cristo mancano le catene, le bastonate, i flagelli, le prigioni, i cavalletti di tortura, le croci e, se questi esistono, generi di diversi tormenti. In che modo dunque sarà vero ciò che è risuonato per mezzo dell’apostolo, cioè che tutti coloro che vivono in maniera pia subiscono persecuzioni? Forse che nessuno vuole vivere piamente in Cristo in tempo di pace, e per questo motivo mancano codeste cose? O quale pazzo avrebbe detto questo? Dunque in questa frase dell’Apostolo deve essere intesa non la particolare persecuzione di qualcuno, ma quella generale di tutti. E inoltre nel grembo della madre Chiesa ce ne sono molti che aggrediscono con insulti, ingiurie e derisioni e compiono oltraggi contro coloro che vivono piamente in Cristo. Forse è questa quella persecuzione generale che l’Apostolo ha narrato che subiscono tutti coloro che vivono in maniera pia? Non lo direi facilmente, poiché ci sono alcuni uomini devoti che nessuno dei depravati osa accusare di persona. Perciò si deve intendere un’altra cosa, che è più terribile ed è un danno maggiore, e che l’austerità materiale non distorce, ma l’ostilità dei vizi genera.

Mentre dunque all’umiltà si oppone la superbia, al timore di Dio la gloria vana, alla vera religione l’inganno (imitazione), alla sottomissione il disprezzo, alla felicitazione fraterna l’invidia, all’amore l’odio, alla libertà la calunnia del rimprovero, alla pazienza l’ira, alla clemenza la protervia, alla giustificazione l’orgoglio, alla gioia spirituale si oppone la tristezza della vita mondana, all’esercizio delle virtù l’inerzia e la pigrizia, alla sicura stabilità una sregolata vita errante, alla fiducia nella speranza la disperazione, al disprezzo del mondo la cupidigia, alla misericordia l’indurimento, alla rettitudine il furto e la frode, alla verità l’inganno e la finzione, alla frugalità dei cibi l’ingordigia del ventre, alla mestizia moderata la gioia eccessiva, al silenzio discreto la loquacità, all’integrità della carne l’impurità e la lussuria, alla purezza del cuore la fornicazione spirituale, e contro l’amore della patria celeste si insinua combattendo il desiderio del tempo attuale, cos’altro se non la crudele persecuzione di coloro che vivono in maniera pia infierisce contro l’esercito schierato delle virtù? O quanto è spietata, quanto è dura la battaglia della superbia, che ha esiliato gli angeli dal cielo, ha allontanato gli uomini dal paradiso, il cui esercito e conflitto armato sono i vizi che brevemente espressi abbiamo trattato. Ma vediamo in che modo gli accampamenti celesti e infernali combattono, in che modo le armi di Cristo e del diavolo urtatesi se la contendono.

2. E infatti la superbia dice: “Certamente tu sei superiore a molti, anzi anche quasi a tutti, nell’uso della parola, nella conoscenza, nelle ricchezze, negli onori e in tutte quelle cose che corrispondono a doni divini sia di tipo carnale che spirituale. Perciò disprezza tutti gli altri, e attento ad essere tu stesso superiore a tutti”. Ma la vera umiltà risponde: “Ricorda che sei polvere, (Cfr. Gen 3,19) che sei cenere, che sei verme e marciume, e tanto più se sei qualcosa se non ti umili tanto quanto sei importante perderai completamente ciò che sei (Cfr. Sir 3,20). Forse che tu sei più nobile del primo angelo? Forse che sei più luminoso in terra che Lucifero in cielo? Che se quello è caduto da luoghi così elevati a causa della superbia, in che modo tu, essendo così orgoglioso, salirai a così tanta altezza dalla zona più infima, tu che, finché vivi in questo luogo, sei tenuto in quella condizione che è descritta per mezzo di un certo sapiente: Il corpo che si corrompe indebolisce l’anima e la dimora terrena opprime la mente che pensa molte cose? (Sap 9,15) Come pensiamo che il fango rotoli in terra dall’oscurità piena di superbia, se in cielo la stella che sorgeva al mattino ha potuto privare il mondo della sua luce? (Cfr. Is 14,12) Ascolta perciò piuttosto la Luce di verità che dice: Chi mi segue, dice, non cammina nelle tenebre ma avrà la luce di vita (Gv 8,12). Tuttavia ha ammonito in un altro passo in cosa bisognasse seguirla dicendo: Imparate da me, poiché sono benigno e umile di cuore, e troverete la pace per le vostre anime (Mt 11,29). Ascolta, corruccio di superbia, ascolta ancora il maestro di umiltà che dice: Chiunque si esalti sarà umiliato, e chi si umilia, sarà esaltato (Lc 14,11). E quello: Sopra chi si riposerà il mio spirito, se non sopra l’umile, sul modesto e su colui che teme le mie parole? (Is 66,2). Ascolta anche ciò che dice l’Apostolo riguardo a colui che ti invita a seguire queste cose. Dice infatti: Lui, pur essendo di condizione divina, non ha ritenuto un privilegio essere uguale a Dio, ma ha spogliato se stesso, assumendo la condizione di servo, divenuto simile agli uomini, e riconosciuto nell’aspetto come un uomo. Ha umiliato se stesso rendendosi ubbidiente fino alla morte, ma ad una morte in croce (Fil 2,6-8). Se dunque la divina grandezza affonda se stessa in così tanta umiltà, la debolezza umana deve insuperbire in qualcosa?”.

3. La gloria vana dice: “Fai bene ogni cosa di cui sei capace, e mostra a tutti ciò che di buono fai, affinché tu sia definito virtuoso da tutti, affinché tu sia proclamato santo e venerabile da tutti, affinché tu sia chiamato l’eletto di Dio, affinché nessuno ti disprezzi, nessuno ti sdegni, ma tutti insieme ti paghino il debito con onore” (Gregorio Magno, Moralia in Iob, L. 31, ?). Ma il timore di Dio risponde: “Se fai qualcosa di buono, non farlo per onori passeggeri, ma per gli onori eterni. Nascondi ciò che fai per quanto puoi. Perché se non ci riesci completamente, ci sia nell’animo il desiderio di nascondere, e non ci sarà nessuna sconsideratezza riguardo all’ostentazione, e non sarà considerata una colpa mostrare talvolta ciò che vuoi sempre mantenere nascosto. Così infine sembrerà che siano state soddisfatte quelle due frasi del Redentore, tra di loro quasi opposte, con le quali è detto: Mentre fai l’elemosina, non sappia la tua mano sinistra cosa fa la tua destra, ma la tua elemosina sia in segreto; e il padre tuo che vede nel segreto ti ricompenserà (Mt 6,3-4). E: Vedano le vostre opere buone e glorifichino il padre vostro che è nei cieli (Mt 5,16). Attento insomma affinché non ti si addica quella frase che è pronunciata riguardo agli ipocriti: Fanno tutte le loro azioni per essere lodati dagli uomini. In realtà io vi dico, hanno già ricevuto la loro ricompensa (Mt 23,5; Mt 6,2). Attento in ogni cosa che fai, perché tu, spinto dalla superiorità, non senta insieme a quelli che si vantavano dei segni dei miracoli: Vedevo Satana come un bagliore che cadeva dal cielo” (Lc 10,18).

4. L’imitazione della vera religione dice: “Poiché non fai niente di buono in segreto, fingi di essere fuori ciò che dentro non desideri essere, affinché tu, riconosciuto da tutti, non sia criticato”. Ma la vera religione risponde: “Al contrario preoccupati più di essere ciò che non sei, infatti mostrare agli uomini ciò che non sei, cos’altro è se non una condanna? Perciò ricorda ciò che è detto: Guai a voi scribi e farisei ipocriti, che pulite ciò che è all’esterno del calice e del piatto, mentre all’interno siete pieni di ruberia e sporcizia. Oh fariseo, pulisci prima ciò che sta dentro il calice e il piatto, affinché diventi pulito anche ciò che è fuori (Mt 23,25-26). E allo stesso modo è ripreso quello che si deve tenere bene a mente: Guai a voi scribi e farisei ipocriti, poiché siete simili ai sepolcri imbiancati, che da fuori appaiono splendidi agli uomini, in verità all’interno sono pieni di ossa di morti e di ogni sporcizia. E così voi da fuori apparite sicuramente giusti agli uomini, mentre dentro siete pieni di ipocrisia e iniquità (Mt 23,27-28). E si legge quello che è stato scritto riguardo a tali persone: Giungono a voi in abiti di pecore, in verità dentro sono lupi feroci” (Mt 7,15).

5. La disubbidienza dice: “Chi sei tu che, per conformarti ai peggiori, offri la servitù ai più cattivi? Comandare si confaceva più a te che a quelli, che non possono essere paragonati a te per intelligenza ed energia. Quindi obbedisci piuttosto all’autorità del signore, e non interessarti di nessun altro”. Ma la beata sottomissione risponde: “Se si deve obbedire all’autorità del Signore, è necessario essere sottomessi agli insegnamenti umani. Lui stesso infatti dice: Chi ascolta voi ascolta me, e chi disprezza voi disprezza me (Lc 10,16). Così, dici, è necessario, ma se ci fosse un tale che comanda, non c’è un tale attraverso il quale Dio dà gli ordini? Ma l’Apostolo al contrario dice: Non c’è autorità se non da Dio. Inoltre tutte quelle cose che esistono, sono state ordinate da Dio. Perciò chi si oppone all’autorità, si oppone all’ordinamento di Dio (Rm 13,1-2).

Quali infatti debbano essere questi che governano, non deve essere discusso da coloro che vi sono sottomessi. E senza dubbio il Signore ha detto ai primi pastori della Chiesa: Sapete che i re di quei popoli comandano, e coloro che esercitano il potere sono chiamati tra di loro generosi. Voi invece non così, ma chi vuole essere il più importante tra di voi, sarà servo di tutti, come il figlio dell’uomo non viene per essere servito, ma per servire (Lc 22,25-26; Mt 20,25-28). Tuttavia, poiché aveva previsto che non tutti sarebbero stati tali, prendendo con sé tra i discepoli persone di ogni tipo di suddito (umili) ammonì dicendo: Si sono seduti sopra il seggio di Mosè scribi e farisei. Ciò che vi dicono, fatelo. Quelle cose che invece fanno, non vogliate farle. Pongono infatti sulle spalle degli uomini pesi pesanti e insopportabili, ma loro non vogliono muoverli con un dito” (Mt 23,2-4).

6. L’invidia dice: “In cosa sei inferiore a quello o a quello? Perché dunque non sei o uguale o superiore a quelli? In quante cose sei forte, nelle quali proprio loro non sono capaci? Perciò non devono essere superiori o anche uguali a te” (Gregorio Magno, Moralia in Iob, L. 31, cap. 45,5). Ma la felicitazione per il successo del fratello risponde: “Se superi gli altri in virtù, mantieni te stesso nel luogo più basso di tutti piuttosto che in quello più elevato. La caduta infatti risulta sempre più rovinosa dall’alto. Poiché se, come dichiari, alcuni sono uguali o superiori a te, cosa ti danneggia, cosa ti nuoce? Attento insomma a non invidiare ancora agli altri la posizione elevata, e a non imitare ciò che conservi scritto: La morte entra nel mondo grazie all’invidia del diavolo; e quelli che gli appartengono lo imitano” (Sap 2,24-25).

7. L’odio dice: “Lungi da me il pensiero che tu ami quello che ti è ostile in tutte le cose, che ti sminuisce, che ti insulta, che ti irrita con ingiurie, che ti rimprovera i tuoi peccati, che cerca sempre di esserti avanti in detti, opere e onori. Se infatti non ti invidiasse, in nessun modo si mostrerebbe così con te”. Ma il vero amore risponde: “Se queste cose di cui parli sono da odiare nell’uomo, per questo non è da amare l‘immagine di Dio nell’uomo? Così come Cristo, che posto in croce ha amato i suoi nemici, prima della sofferenza della croce ha esortato dicendo: Amate i vostri nemici, agite rettamente verso coloro che vi hanno odiato (Lc 6,27-28) e pregate per quelli che vi perseguitano e vi criticano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli (Mt 5,44-45). E come è detto per mezzo di Salomone e dell’Apostolo: Se il tuo nemico avrà fame, nutrito; se ha sete, dagli da bere. Facendo questo infatti accumulerai sopra la sua testa carboni di fuoco (Pr 25,21-22; Rm12,20). A questa frase lo stesso Apostolo di sua iniziativa ha fatto seguire dicendo: Non vogliate essere vinti dal male, ma vincete il male con il bene (Rm 12,21). Per questo motivo contro coloro che sono riconosciuti odiare i fratelli è detto per mezzo di Giovanni: Chi odia il proprio fratello è un omicida. E sapete che nessun assassino ha la vita eterna dimorante in se stesso (1 Gv 3,15). E ancora: Chi odia il proprio fratello, cammina nelle tenebre, ed è nelle tenebre sino ad ora, e non sa dove stia andando poiché le tenebre hanno accecato i suoi occhi (1 Gv 2,11). Ma, dici, a me basta amare coloro che mi amano. Ma il Signore al contrario: Se infatti amate coloro che vi amano, quale ricompensa avrete? Non fanno forse questo gli esattori? (Mt 5,46) A queste affermazione cosa sei capace di obiettare anche tu? Certamente chi odia il proprio fratello rimane in una condizione di morte, e colui che ama Dio, rimane in Dio e Dio in lui (Cfr. 1 Gv 3,14; 4,15). Perciò getta fuori ogni amarezza del fiele, scegli la dolcezza della carità, e sarai salvo in ogni modo. Niente infatti è più soave, niente è più dolce di quella. Dio, dice Giovanni, è carità (1 Gv 4,8.16). E l’eccellente predicatore: La carità di Dio è stata diffusa nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo, che è stato dato a noi (Rm 5,5). Perciò si dice non a torto di nascondere le azioni delittuose come è stato scritto: “La carità nasconde ogni errore” (Pr 10,12).

8. La maldicenza dice: “Chi può proteggere, chi può nascondere in silenzio, quante azioni malvagie commette quello o quello, se non forse chi è d’accordo?”. Ma la libertà del giusto rimprovero risponde: “Non si devono tacere le azioni disoneste del vicino, e nemmeno essere d’accordo. Ma si deve rimproverare il prossimo di persona con amore fraterno, e non denigrarlo di nascosto. Se gli si obietta questo, ovvero che non vuole rimproverare il fratello davanti agli occhi, perché esasperato non tragga giovamento dal rimprovero, ma piuttosto tragga motivo di scandalo dal rimprovero, accorre la divina scrittura e dichiara esserci più occasione di peccato dicendo: Mentre sedevi parlavi contro tuo fratello e diffamavi il figlio di tua madre (Sal 50(49),20). Infatti si arroga maggiormente occasione di peccato chi si ritiene un denigratore, piuttosto che colui che sostiene l’accusatore. E poiché talvolta gli errori di coloro che sbagliano si devono nascondere in silenzio per un certo tempo, affinché vi sia posto rimedio in un tempo più adatto, per questo è aggiunto: Hai fatto queste cose e io ho taciuto (Sal 50(49),21). Affinché invece da questo discreto silenzio i calunniatori non applaudiscano se stessi, i quali mentre preferiscono sempre sminuire di nascosto, mai sfociano in un aperto rimprovero, è aggiunto: Hai pensato che io fossi simile a te nell’ingiustizia (Sal 50(49),21) come se si dicesse: è ingiusto pensare che poi io appaia simile al calunniatore. Per cui mentre passo sotto silenzio momentaneamente e non sminuisco, aspetto opportunamente il momento del rimprovero. E di seguito è aggiunto: Ti accuserò e metterò quelle cose davanti ai tuoi occhi (Sal 50(49),21), come se si dicesse: Non in segreto, come è tua abitudine, ma apertamente, come è mia premura, mentre aspetto il tempo adatto per rimproverare, accuserò il peccatore e metterò davanti ai suoi occhi i suoi errori. Invece, dici, non provo odio, ma amo colui che rimprovero giudicandolo in segreto. Anzi soprattutto per questo lo odi e non lo apprezzi, perciò denigri e non rimproveri. Quanto invece sia da maledire la denigrazione del prossimo, le divine scritture lo attestano in moltissimi passi. Ad esempio c’è quello: Perseguitavo colui che sparlava in segreto del suo prossimo (Sal 101(100),5), e quello: Chi sparla del fratello, sparla della legge (Gc 4,11), e quello: Chi sparla del fratello, sarà distrutto (Pr 20,13; LXX), e anche quello dell’apostolo Paolo: Guardate, mentre vi mordete a vicenda, a non distruggervi vicendevolmente” (Gal 5,15).

9. L’ ira dice: “Le cose che sono fatte contro di te, non possono essere sopportate con serenità. È anzi un errore sopportarle con rassegnazione, poiché sebbene non ci si opponga loro con grande irritazione, sono accumulate una dopo l’altra contro di te senza misura”. Ma la pazienza risponde: “Se si richiama alla memoria la passione del Redentore, niente è così crudele, da non essere sopportato con animo sereno. Cristo infatti, come ha detto Pietro, ha patito per noi, lasciando a noi l’esempio, affinché seguissimo le sue orme (1 Pt 2,21).

Inoltre sempre lui ha detto: Se hanno chiamato Belzebù il padrone, quanto più chiameranno così i suoi servi (Mt 10,25). Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi (Gv 15,20). Ma nella comparazione con le sofferenze di Cristo, quante sono quelle che subiamo noi? Quello infatti ha sopportato insulti, scherni, schiaffi, sputi, flagelli, la corona di spine e la croce, e noi miseri siamo esasperati da un solo discorso contro il nostro turbamento, siamo abbattuti da una sola parola. E come ci comportiamo riguardo a ciò che è detto: Se non soffriamo insieme, non regneremo insieme? (Cfr. 2 Tm 2,12) Per questo bisogna respingere gli stimoli dell'ira e bisogna temere la dannazione per causa sua. Onde leggiamo lo scritto: Colui che si adira contro il proprio fratello, sarà accusato in giudizio; chi invece avrà detto al suo fratello: Omiciattolo, sarà sottoposto all’assemblea; chi invece avrà detto: Stupido, sarà sottoposto alla pena del fuoco (Mt 5,22). Ci sono casi in cui tuttavia si trova aiuto da ciò che segue: Se offri il tuo dono all’altare, e li ti fosti ricordato che tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia il tuo dono davanti all’altare e va prima a riconciliarti con il tuo fratello, e soltanto allora vieni e offri il tuo dono (Mt 5,23-24). Come se si dicesse: non diffondere nel cuore la tacita preghiera, se non prima di indurre alla bontà della clemenza il fratello offeso chiedendo perdono. Infatti il nostro dono è la nostra preghiera, e il vero altare è il nostro cuore. Chi al contrario si sarà dedicato a fare questo, quante volte l'ira tra i due sarà stata accesa senza motivo, non si scaglierà in alcun modo contro la predetta dannazione. Ma ci sono molti che non perdonano gli errori a coloro che chiedo grazia per sé. Contro questi giunge quella frase del Signore, che dice: Se non avrete perdonato agli uomini i loro peccati, il Padre vostro celeste non rimetterà a voi i vostri peccati (Mt 6,15). Sono parecchi, dici, gli sbagli che commette, e più frequentemente mi danneggia. A queste affermazioni non io, ma il Signore risponde. Infatti avendo Pietro detto a lui: Mio fratello ha peccato contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette? E quello a lui: Non ti dico, dice, fino a sette, ma fino a settanta volte sette (Mt 18,21-22). Quanti sono invece quelli che ammettono tardi i propri errori, quanti in verità quelli che si abbandonano più velocemente a Dio, e talvolta accade che essendoci l’opportunità di vendicare i torti del Signore, vendichino adirati i propri. Cos’altro si deve dire riguardo a quelli che, a causa del furore della cecità, arrivano a lanciare parole di maledizione, se non ciò che ha detto l’Apostolo: I maldicenti non risiederanno nel regno di Dio? (1 Cor 6,10). A questo proposito Giacomo mentre maledice ha detto esagerando: Nessun uomo può domare la lingua, male senza posa, piena di veleno mortifero. Benediciamo con essa il Signore e il Padre, e sempre con quella malediciamo gli uomini che sono stati fatti a somiglianza di Dio; dalla stessa bocca esce la benedizione e la maledizione. Non è necessario, fratelli miei, che sia così. Forse che la sorgente fa sgorgare acqua dolce e amara dalla stessa apertura? (Gc 3,8-11). Riguardo a questa questione è detto ancora altrove: La morte e la vita sono in potere della lingua” (Pr 18,21).

10. La protervia dice: “Forse che agli stolti, ai privi di senso e ai bruti si devono offrire parole dolci, mentre commettono errori, e non piuttosto parole durissime, come si addice a tali uomini? Ma la clemenza risponde: “Nei confronti di questi si deve seguire non la tua convinzione, ma l’insegnamento dell’Apostolo, che richiama a questa frase il caro discepolo dicendo: Non riprendere un uomo anziano, ma esortalo come un padre, i giovani come fratelli, le donne anziane come madri, quelle giovani come sorelle, in tutta onestà (1 Tm 5,1-2). E ancora: Il servo del Signore, dice, non deve litigare, ma deve essere benevolo con tutti, un maestro paziente, correggendo con moderazione coloro che oppongono resistenza (2 Tm 2,24-25). E ancora: Denuncia, esorta, rimprovera con ogni pazienza e dottrina (2 Tm 4,2). Ragione per cui è evidente che il male della protervia danneggia maggiormente i sudditi che i prelati. Capita più frequentemente infatti che disprezzino il rimprovero offerto con moderazione e con la dolcezza della carità, e che scaglino dardi di discussione contro le parole di umiltà. Onde è stato scritto: Colui che riprende il derisore, si fa da solo un’offesa (Pr 9,7). E al contrario riguardo a colui che migliora per mezzo del rimprovero è detto: Riprendi il saggio, e quello ti amerà” (Pr 9,8).

11. L’orgoglio dice: “Hai Dio come testimone nei cieli, non preoccuparti di quello che gli uomini sospettano su di te in terra”. Ma l’umile giustificazione risponde: “Non si deve dare motivo di sparlare, non l’occasione di mormorare, ma se ci sono cose da migliorare, si devono manifestare, o se ci sono cose che sono senza dubbio difettose, si devono respingere con umile dichiarazione, poiché anche l’Apostolo avvisa di non dare alcuna occasione al diavolo di essere maledetto (Cfr. 1 Tm 5,14). Poiché è stato maledetto anche tra coloro che, dichiarandosi di fede cristiana, si sdraiavano nel tempio pagano per mangiare. E sebbene assumessero cibi quasi innocui derivati da vittime sacrificali, considerando l’immagine di nessun valore, tuttavia tramite questo attiravano le coscienze deboli dei fratelli ai riti scellerati dei simulacri (Cfr. 1 Cor 8,7-11).

12. La malinconia dice: “Cos’hai di cui gioire, quando sopporti così tanti danni dal prossimo? Valuta con questo dolore, ci si deve occupare di tutti coloro che esercitano contro di te il fiele dell’asprezza?” (Gregorio Magno, Moralia in Iob, L. 31, cap. 45,5). Ma la gioia spirituale risponde: “Ho saputo che la malinconia è duplice, anzi ho saputo che esistono due tipi di malinconia: una che naturalmente porta alla salvezza, l’altra che invece conduce alla rovina; una che induce al pentimento, l’altra che porta alla disperazione. Tu senza dubbio ti riconosci appartenere ad una tra quelle, ma ti dedichi certamente a quella che conduce alla morte. Non si deve dunque portare tristezza nelle cose che consigli, ma al contrario bisogna soprattutto gioire di quelle cose che ancora non capisci, poiché anche colui che dona la gioia perenne ha detto: Quando gli uomini vi perseguiteranno, e mentendo diranno contro di voi ogni male a causa del mio nome, gioite in quel giorno ed esultate; ecco infatti la vostra ricompensa è grande nel Regno dei cieli (Mt 5,11-12). Ricorda che gli apostoli della nostra religione si allontanavano gioiosi dallo sguardo del Tribunale, poiché erano stati considerati degni di sopportare oltraggio in nome di Gesù (At 5,41). Non ci deve perciò essere nessun momento di afflizione quando così tanta letizia si avvicina”.

13. La pigrizia o l’inerzia dice: “Se ti dedichi sempre alla lettura con impegno continuo, incorri nell’oscurità degli occhi; se versi lacrime incessantemente, perdi anche gli occhi stessi; se compi la registrazione dei salmi con prolungate veglie notturne, ti procuri l’infermità mentale; se stanchi te stesso con una fatica quotidiana, quando ti elevi all’opera spirituale?”. Ma l’esercizio delle virtù risponde: “Per portare a termine queste cose, che periodo di tempo tanto lungo di prefiggi? Sai forse se vivrai domani? O piuttosto sai anche se in questa vita vivrai anche una sola ora? O forse ti sei dimenticato ciò che il Salvatore dice nel Vangelo: Rimanete svegli, poiché non sapete né il giorno né l’ora? (Mt 25,13) Per cui eliminate l’inerzia del corpo e ricordate sempre che si contendono il regno dei cieli non quelli senza entusiasmo, non le persone languide, non gli oziosi, ma gli impetuosi e coloro che agiscono con vigore”.

14. La sregolata vita errante dice: “Se credi che Dio sia ovunque, perché perseveri in maniera particolare in un solo luogo, in cui sono commesse così tante azioni malvagie, e piuttosto non vai altrove?”. Ma la ferma stabilità risponde: “Se è così come dici, che dichiari che Dio è ovunque, allora non devi abbandonare codesto luogo che desideri fuggire, poiché anche in questo stesso luogo c’è Dio. Ma, dici, cerco un luogo migliore, trovo un luogo migliore. Ma rispondo: Forse che conosci un luogo migliore, o ne trovi anche uno, come quello che il diavolo e l’uomo hanno perso? Ricordati perciò che il primo angelo è caduto dal cielo, e il primo uomo cacciato dal paradiso è giunto alla miseria di questo secolo (Cfr. Gen 3,25). Attento che Lot è stato riconosciuto, nelle pratica di azioni malvagie, santo tra i Sodomiti, in verità peccò con le figlie completamente ubriaco, mentre era intorpidito sul monte con indifferenza (Cfr. Gen 19,30-36) È chiaro che questa noia della vita errante può prendere un altro aspetto ancora, pur di darsi da fare per coinvolgere negli affari terreni o per occupare con cose da nulla certe persone che pure restano in un luogo solo, distogliendole dalle cose spirituali, operando il contrario dell’apostolo che dice: Nessun militante di Dio si impegna in attività mondane, affinché piaccia a colui a cui era gradito, (2 Tm 2,4) e ancora: Pregate senza discontinuità, ringraziate per ogni cosa” (1 Ts 5,17-18).

15. La disperazione dice: “Quanti crimini e di che natura hai commesso, quanto gravi, quanti numerosi errori, e non hai ancora cambiato vita in meglio, non hai ancora migliorato il tuo comportamento. Ecco infatti, come vedi, sei sempre obbligato a questa cattiva consuetudine. Tenti di ribellarti, ma ricadi oppresso dai pesi dei peccati. Perciò cosa bisogna fare, quando dal passato incombe una certa dannazione, nessuna correzione viene in aiuto dal presente, se non che non bisogna trascurare i piaceri delle cose temporali, mentre non possono essere raggiunti i godimenti del tempo futuro?”.

Ma la fiducia della speranza risponde: “Se si parla di crimini e delitti, ecco Davide, colpevole allo stesso modo di adulterio e omicidio, dalla misericordia del Signore è definito salvo dagli abissi dell'inferno (Cfr. 2 Sam 12-13). Ecco Manasse, il più empio, il più ignobile e il più spregevole di tutti i peccatori, anche il più seducente e perverso, è ritornato in vita dalla morte per fare penitenza (Cfr. 2 Cr 33,12-13). Ecco Maria Maddalena, macchiata dagli innumerevoli squallori delle fornicazioni, mentre corre affannata alla sorgente di pietà, e bagna con le lacrime le vesti del signore, mentre pulisce i capelli, sfiorandoli e anche baciandoli con passione, e li unge con l’olio profumato, ha meritato di essere purificata (Cfr. Lc 7,37-47). Ecco Pietro legato alle catene della sua negazione, ha sciolto i nodi della sua mancanza di fede con lacrime amarissime (Cfr. Lc 22,62). Ecco il bandito colpevole allo stesso tempo di rivolta e dello spargimento del sangue fraterno, è passato dalla croce al paradiso in un solo momento e per una sola parola di confessione (Cfr. Lc 23,40-43). Ecco Saulo persecutore della Chiesa di Dio, che uccide molti a causa del nome di Gesù, e, così come ho detto, mentre macchia tutto se stesso con il sangue dei martiri, dopo essere stato fatto apostolo, è stato mutato in Vas electionis (Cfr. At 9,1-20). Perciò quando precedono esempi così numerosi e così importanti, i discorsi negativi offrano un momento di disperazione, poiché è stato anche scritto: In qualunque luogo e giorno il peccatore piangerà pentito, sarà salvo (Cfr. Ez 18,21). E ancora: Non voglio la morte dell’empio, dice il Signore (Ez 33,11). In verità riguardo al comportamento non ancora mutato in meglio, cos’altro potrei rispondere se non che ciò che ognuno non ha fatto ieri, lo faccia oggi finché gli è ancora concesso di vivere? E non rinvii di giorno in giorno, finché non sa se avrà anche un solo giorno per correggersi, e resistendo alla perversa abitudine, dica sempre mattina e sera per gli uomini graditi in cielo: Ho iniziato ora, questo è il mutamento della destra dell’Altissimo” (Sal 76(75),11).

16. La cupidigia dice: “Sei senza dubbio senza colpa, per il fatto che desideri avere alcune cose, poiché non cerchi di aumentare te stesso, ma hai paura di averne bisogno, e ciò che un altro conserva male, tu stesso lo valuti meglio” (Gregorio Magno, Moralia in Iob, L. 31, cap. 45,5). Ma il disprezzo del mondo risponde: “Queste cose presso gli uomini profani sono amministrate non senza pericoli e danni, poiché quanto più chiunque inizia ad avere, tanto più desidera avere, e accade che non abbia alcuna moderazione nel desiderare, mentre si affretta a dedicarsi agli innumerevoli affanni del suo tempo. Come infatti dice la Scrittura: L ’avaro non è saziato dal denaro (Qo 5,9). Paolo indica proprio quanto questa sia da maledire (tenere lontano) dicendo: E l’avarizia, che è schiavitù degli idoli (Col 3,5; Ef 5,5). Quanto sia dannosa lo dice lui stesso mentre spiega: Coloro che vogliono diventare ricchi, cadono in tentazione e nella trappola del diavolo, e in molti e nocivi desideri, che fanno sprofondare gli uomini nella rovina e nella perdizione (1 Tm 6,9). Quanto si debba tenere lontana lo fa sapere un certo sapiente dicendo: Nulla è più scellerato dell’avaro (Qo 10,9). Quanto sia nociva lo rivela Giacomo dicendo: Agite ora, ricchi, piangete mentre ululate tra i lamenti che vi sono giunti. Le vostre ricchezze sono state rese putredine, i vostri vestiti sono stati mangiati dalle tarme, il vostro oro e argento sono arrugginiti, e la loro ruggine sarà una testimonianza contro di voi e mangerà le vostre carni come il fuoco (Gc 5,1-3). Ma il nostro Redentore non ha voluto ignorare quanto il male della cupidigia sia nocivo. Dice infatti: Difficilmente coloro che hanno ricchezze entreranno nel regno dei cieli (Mt 19,23). E ancora: È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, piuttosto che un ricco entri nel regno dei cieli (Mt 19,24). Se dunque la pratica della cupidigia è così pericolosa per gli uomini profani, quanto è più pericolosa soprattutto per quelli che hanno già smesso di essere profani nell’aspetto esteriore e nel comportamento. Soprattutto a questi sono indirizzate le parole del redentore, con le quali possa essere distrutto il vizio dell’avarizia: Non vogliate, dice, essere preoccupati per cosa mangerete, o per cosa berrete, o con cosa saremo coperti. Di tutte queste cose si preoccupano infatti i pagani. Aspirate invece in primo luogo al regno di Dio e alla sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta (Mt 6,31-33). Oh che pensiero magnifico, che pensiero senza preoccupazioni, che pensiero da accogliere. Nessuno in questa vita è così tranquillo come lo è colui che, non desiderando possedere nulla fuorché Cristo, è stimato avere, in base a questa promessa, tutte quelle cose che sono necessarie. Come diceva Paolo, povero ricchissimo: Così come non abbiamo nulla, e invece abbiamo ogni cosa (2 Cor 6,10). Comunque tutte cose non superflue, ma tanto necessarie, come lo conferma e lo dice lui stesso: Poiché abbiamo cibo e di che vestirci, siamo contenti di questo (1 Tm 6,8). Dici per esempio: per questo motivo gli uomini santi e devoti devono averne di più, affinché siano distribuite meglio ai poveri di Cristo da loro stessi piuttosto che dalla popolazione.

E io sono d’accordo, ma ai prelati, non invece ai subordinati. I quali soprattutto dissuade quell’esempio della moglie di Lot, la quale mentre usciva da Sodoma guardò indietro e spirò mutata in una statua di sale (Cfr. Gen 19,26). Onde anche Cristo fa sapere che ci si deve guardare da una cosa di tal genere dicendo: Nessuno che mette mano all’aratro e poi si guarda indietro, è adatto al regno dei cieli (Lc 9,62). Da qui Pietro ha detto: Era meglio per quelli non conoscere la via della giustizia piuttosto che, dopo averla conosciuta, voltare le spalle al santo comandamento che era stato loro trasmesso da lui. Si è verificato infatti per loro il proverbio: il cane è ritornato al suo vomito, e: la scrofa pulita è tornata nel pantano del fango (2 Pt 2,21-22). Per cui senza dubbio il male dell’avarizia non si arresta mai, se non quando si pensa al giorno della morte senza dimenticanza, quando l’uomo è considerato quale sarà dopo poco nel sepolcro. Questo certamente rimaneva meglio impresso nella memoria di colui che diceva: L’uomo è putredine, e il figlio dell’uomo un verme (Gb 25,6). Questo non aveva dimenticato colui che diceva: In tutte le tue opere ricordati della tua fine, e non peccherai mai (Sir 7,36). A cosa dunque, chiedo, a cosa dunque gioveranno le ricchezze custodite? Ascolta questo: Sono uscito nudo dal ventre di mia madre, nudo ritornerò lì (Gb 1,21). Ascolta questo: Non abbiamo portato nulla in questo mondo, e non possiamo portar fuori niente” (1 Tm 6,7).

17. L’indurimento dice: Se concedi le cose che possiedi a coloro che ne sono privi, come alimenti i sudditi se non con scarsezza? Ma la misericordia risponde: se avrai ricordato la regola dell’Apostolo in questo modo, sarai in grado di portare a termine entrambe le cose. Per questo infatti proprio lui (Paolo) ha detto ai Corinzi: Se la volontà è stata resa manifesta, essa viene accolta in base a ciò che uno ha, non secondo quello che non possiede. Infatti non perché ci sia sollievo per gli altri, e invece tribolazione per voi, ma da un senso di uguaglianza. La vostra abbondanza nel tempo presente rimedi all’indigenza di quelli, affinché anche la loro abbondanza sia supplemento alla vostra indigenza, affinché ci sia uguaglianza, così come è stato scritto: Colui che ebbe molto non abbondò, e colui che ebbe poco non ebbe di meno (2 Cor 8,12-15; Es 16,18). Per questo un certo uomo giusto ammonisce il figlio prediletto dicendo: Se avrai avuto molto, distribuiscilo abbondantemente, se invece avrai raccolto poco, concedi proprio questo poco volentieri (Tb 4,8). Anche per questo la Verità incarnata dice: In verità quanto al resto, datelo in elemosina, ed ecco ogni cosa per voi sarà monda (Lc 11,41). Ascolta con animo saldo ciò che è detto dall’eterna misericordia: Il giudizio, dice, di colui che non avrà usato misericordia sarà senza misericordia (Gc 2,13). In risposta a ciò per mezzo del Profeta ha ammonito dicendo: Spezza il tuo pane per coloro che hanno fame, e fai entrare nella tua casa i bisognosi e i vagabondi. Quando vedi uno nudo, coprilo, e non distogliere lo sguardo dalla tua carne (Is 58,7). Ricorda cosa è capitato al ricco porporato, il quale non è stato condannato perché voleva cose altrui, ma perché non concedeva le sue ricchezze al povero bisognoso, e collocato nell’inferno è arrivato a chiedere il minimo, lui che ha negato le cose minime (Cfr. Lc 16,20-24). Il giudice del cielo dirà qualcosa anche a coloro che sono posti a sinistra: Andate, dice, al fuoco eterno che è stato preparato per il diavolo e i suoi angeli, infatti avevo fame e non mi avete dato da mangiare (Mt 25,41-42), e tutte le altre cose che sono passate in rassegna in modo spaventoso.

18. Il furto e la frode, per quanto abbiano un determinato ordine nel parlare, tuttavia ciò che dicono è la stessa cosa. Il furto infatti dice: “Se non sottrai le cose altrui, non sei in grado da solo di essere ricco e di avere il necessario”. La frode dice: “Se consacri a Dio tutte quelle cose che il prelato ti affida da mantenere integre, e non pensi a quel poco da conservare, come provvedi ai tuoi interessi, o come puoi essere gradito agli amici e ai compagni d’armi?”. Ma l’onestà risponde ad entrambi: “È meglio essere povero e bisognoso, e non piacere a nessuno per forza, piuttosto che danneggiare qualcuno con il furto e con la frode. Chi infatti sottrae ingiustamente le cose altrui in qualunque modo, si chiude da solo l’accesso al regno celeste. Onde l’egregio Predicatore ha redarguito alcuni dicendo: C’è completamente dell’errore in voi, poiché avete azioni giudiziarie tra di voi. Perché non subite piuttosto l’offesa? Perché non sopportate piuttosto di essere frodati? Ma voi avete commesso l’ingiustizia e avete frodato, e questo lo avete fatto ai vostri fratelli. O forse non sapete che gli ingiusti non risiederanno nel regno di Dio?. E tra le altre cose ha aggiunto: Non risiederanno del regno di Dio né i ladri né gli avari” (1 Cor 6,7-9:10).

19. L’inganno e la menzogna dicono un’unica cosa. Mentre l’inganno è prodotto dall’ingegno, la menzogna invece da una semplice parola. L’inganno dunque, quando cerca di ingannare qualcuno non concedendo (ciò che chiede), così che concediamo solo una cosa tra molte, dice: “Quali scuse inventi nel chiedere proroghe? Non ho cose da poterti dare”, e colui che le possiede nasconde soprattutto nell’animo o cosa conserva per se, o cosa concede agli altri, se c’è questo desiderio. La menzogna dice: “Non ho certamente ciò che chiedi”, naturalmente ingannando chi chiede non con un artificioso ingegno come l’inganno, ma con una semplice parola di negazione. Ma la verità risponde ad entrambe: “Non si deve ingannare nessuno né con artificioso ingegno, né con una semplice parola, poiché in qualsiasi modo si mente: Una bocca che mente uccide l’anima. E per tutti i mentitori la loro parte sarà nello stagno ardente di fuoco e di zolfo” (Sap 1,11; Ap 21,8).

20. L’ingordigia del ventre dice: “Dio ha creato tutte le cose raffinate da mangiare, e chi rifiuta di essere saziato dal cibo, a cos’altro si oppone se non ad un dono concesso?” (Gregorio Magno, Moralia in Iob, L. 31, cap. 45,5). Ma la frugalità dei cibi risponde: “Solo una di queste cose che dici è vera. Infatti affinché l’uomo non morisse di fame, Dio ha creato tutte le cose prelibate da mangiare. Ma affinché non si oltrepassasse la quantità del mangiare, ordinò la moderazione. E tra tutti gli altri suoi mali Sodoma perì soprattutto per l’abbondanza di pane, con l’approvazione di Dio, il quale parla a Gerusalemme per mezzo del profeta dicendo: È questo il peccato della tua sorella Sodoma, l’abbondanza di pane (Ez 16,49). Per cui come il malato si avvicina alla medicina, così ognuno deve fare mentre fruisce dei banchetti sontuosi, evidentemente non cercando di raggiungere il godimento in quelle cose, ma cercando di soddisfare il bisogno urgente. Per questo la Verità incarnata ha detto attraverso il Vangelo. State attenti che i vostri cuori non si appesantiscano in ubriachezza ed ebrietà (Lc 21,34). Quanto alla voracità insaziabile dei Giudei l’Apostolo ha detto contro di essa: Molti camminano, di questi vi dicevo spesso io, e invece ora ve lo dico piangendo, come nemici della croce di Cristo; il Dio dei quali è il ventre, e la loro gloria in ciò che li riempie di vergogna, loro che hanno il sapore delle cose terrene (Fil 3,18-19). E poi: Il cibo è per il ventre, e il ventre è per le vivande. Dio invece distruggerà questo e quello (1 Cor 6,13). Vince invece pienamente questo vizio colui che nel prendere dai banchetti non solo si attiene alla frugalità, affinché certamente l’appetito comandi sempre il pasto, ma disprezza anche vivande più accurate e insieme più gradevoli, ad eccezione di una malattia del corpo e in caso di accoglienza di ospiti”.

21. La gioia eccessiva dice: “Dentro cosa nascondi la gioia dell’animo? Felice di farla uscire in pubblico, dì qualcosa pubblicamente di cui possiate gioire sia tu che gli amici; rendili lieti con la tua gioia”. Ma la tristezza moderata risponde: “Da dove ti viene così tanta gioia? Forse che hai già vinto il diavolo? Forse che hai già sfuggito le pene dell’inferno? Forse sei già tornato in patria dall’esilio? Forse hai già ricevuto la garanzia della tua salvezza? O forse è caduto nell’oblio ciò che il Signore ha detto: Il mondo gioirà, ma voi sarete tristi, ma la vostra tristezza sarà trasformata in gioia? (Gv 16,20) O forse è svanito dalla memoria ciò che sempre il Signore ha detto in un altro luogo: Guai a voi che ora ridete, perché piangerete e vi lamenterete (Lc 6,26), e ciò che si dice per mezzo di Salomone: Il riso sarà unito al dolore, e il lamento prenderà il posto della gioia? (Pr 14,13) E di contro attraverso il Vangelo: Beati coloro che piangono, poiché saranno consolati (Mt 5,4), e ancora per mezzo di Salomone: L’uomo non sa forse se è degno dell’amore o dell’odio, mentre ogni cosa si mantiene incerta nel futuro? (Qo 9,1-2). Reprimi perciò la gioia inutile, perché non ti sei ancora lasciato alle spalle la miseria della pena. Non è forse vero che presso tutti è giudicato pazzo colui che, imprigionato, tenta di rallegrarsi dell’oscurità del carcere?”.

22. La moltitudine di parole dice: “Non sarà ritenuto colpevole quello che dice certamente parecchie cose, ma dice cose giuste, ma quello che è provato che dice almeno poche cose, ma dice cose cattive”. Ma il silenzio distinto risponde: È vero ciò che dici; ma mentre molte cose giuste sembrano essere dette, spesso capita che un discorso iniziato dai buoni, venga reso perverso in qualcosa. La sacra Scrittura che dice proprio questo, che: Nella moltitudine di parole non manca la colpa (Pr 10,19). D’altra parte forse tra le innumerevoli parole (alcune) sono volte in infamanti. Tuttavia potrebbero forse essere evitate quelle parole inutili e vane di cui il pensiero in futuro dovrà rispondere? Si deve osservare perciò una certa misura nel parlare, e talvolta bisogna evitare proprio quelle parole adatte, come si legge aver fatto il beato Salmista. Dice infatti: Mi sono umiliato e ho taciuto anche su cose buone (Sal 38(37),3; Regola Benedetto VI,1).

23. L’impurità dice: Non è grave l’adulterio senza l’accoppiamento di maschio e femmina, o essere disonorati dalle proprie mani, o dalle mani di un altro”. Ma la purezza della carne risponde: “Non così ha detto l’Apostolo. Cosa ha detto dunque? Gli immondi, ha detto, non erediteranno il regno di Dio” (1 Cor 6,10).

24. La lussuria dice: “Perché non ti estendi con misura nel tuo piacere, in quanto non sai cosa ti succederà? Non devi sciupare il tempo caro ai bisogni, poiché non sai quanto più rapidamente passerà. Se infatti Dio non volesse che l’uomo si congiunga nel piacere dell’accoppiamento, non avrebbe creato l’uomo e la donna nello stesso momento all’origine del genere umano” (Gregorio Magno, Moralia in Iob, L. 31, cap. 45,5). Ma la castità illibata risponde: “Non voglio che tu finga di non conoscere cosa riceverai dopo questa vita. Se infatti avrai vissuto in maniera pia e casta, gioirai senza fine; se tuttavia avrai vissuto in maniera empia e lussuriosa, giacerai sotto i fuochi eterni. Perciò ora devi vivere in maniera più casta possibile, perché dici che non sai quanto più rapidamente il tempo caro passerà. Dichiari che Dio abbia creato all’origine del genere umano l’uomo e la donna per questo, perché debbano unire se stessi con amplessi reciproci, senza dubbio lo dici giustamente. Ma poiché il permesso di sposarsi è concesso ad alcuni, cioè coloro che non hanno professato in alcun modo la verginità e la castità vedovile, al contrario non è concesso ad altri, cioè coloro che decisero di rimanere vergini e sobri; attento che la fornicazione in verità non è perdonata a nessuno senza punizione. Oppure pensi che sia da disprezzare ciò che l’Apostolo dice a coloro che vacillano: Fuggite la fornicazione, fratelli. Qualunque altro peccato l’uomo commetterà, è fuori dal corpo; colui che invece commette fornicazione, pecca contro il proprio corpo? (1 Cor 6,18) Perciò se pensi che si debba fare un po’ caso a questo, ascolta cosa piangerai e di cosa ti lamenterai poi nell’eternità: Né gli adulteri, né i fornicatori, né gli amanti degli uomini erediteranno il regno di Dio (1 Cor 6,9-10). O quanto è piccola l’ora dell’accoppiamento, grazie alla quale è persa la vita futura. Chiedo, quale vantaggio porta al corpo, oppure quale guadagno concede, cosa conduce tanto rapidamente l’anima all’inferno?”.

25. La fornicazione spirituale dice: “Forse che fa qualcosa da condannare quello che acconsente al desiderio nel cuore, e non passa all’azione del piacere desiderato?”. Ma la purezza del cuore risponde: “Sbaglia completamente chi non custodisce la castità dell’anima. Ragione per cui anche l’autore della sobrietà dice nel Vangelo: Chi guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore (Mt 5,28). Di contro a questo è detto per mezzo del beato Giobbe: Avevo fatto un patto con i miei occhi di non fissare neppure una vergine. Che parte infatti mi assegna Dio la sopra, e quale eredità l’Onnipotente dalle altezze celesti? (Gb 31,1-2). Se infatti il pensiero di un consenso perverso non fosse sgradito al nostro creatore, non avrebbe in alcun modo detto per mezzo di Isaia: Allontanate la malvagità dei vostri pensieri dai miei occhi (Is 1,16), e nel Vangelo non avrebbe detto ai Farisei: Perché pensate cose malvagie nei vostri cuori? (Mt 9,4). E tanto meno avrebbe detto l’apostolo Paolo: Dei pensieri loro che li accusano a loro volta o anche li difendono, nel giorno in cui Dio giudicherà i segreti degli uomini secondo il mio vangelo” (Rm 2, 15-16).

26. L’ amore del tempo presente dice: “Cosa può essere più bello, cosa più onesto, cosa più grazioso, o cosa più dilettevole che quello che vediamo nella vita quotidianamente? Oh quanto è ammirabile la volta del cielo durante un vento piacevole, durante la luce del sole, al crescere e al calar della luna, al variare delle stelle e al loro corso. Quanto è piacevole la terra nei fiori dei boschi, nel sapore gradevole dei frutti, nella piacevolezza di prati e ruscelli, negli steli rigogliosi delle messi, nelle foglie delle viti e nei tralci pieni di grappoli d’uva, nell’ombra delle foreste e nei passaggi agevoli, nelle corse dei cavalli e dei cani, nei salti di cervi e capre selvatiche, nel volo dei falchi, nelle penne e nei colli di pavoni, colombe e tortore, nei muri dipinti e nei soffitti a cassettoni delle case, nei canti squillanti degli strumenti musicali e di tutte le melodie, negli sguardi pieni di fascino delle donne, nelle loro sopracciglia e nei loro capelli , nelle ginocchia e negli occhi, nella gola e nelle labbra, nel naso e nelle mani, nei monili ornati con oro e gemme preziose aggiunti esternamente, e se ci sono in qualche modo altre cose che il senso non considera”. Ma l’amore della patria celeste risponde: “Se ti procurano così tanto piacere quelle cose che sono in terra, perché non dovrebbero procurare maggiormente piacere quelle cose che si trovano in cielo? Se la prigione è così bella, di che natura è la patria, la città e la casa? Se sono di tal genere le abitazioni in cui abitano gli stranieri, come possono essere quelle in cui risiedono i figli di Dio? Se i mortali e gli infelici sono stati ricompensati in tal modo in questa vita, in che modo sono stati arricchiti gli immortali e i beati in quella vita? Per cui si dilegui l’amore del tempo presente, nel quale nessuno è nato così, come se non dovesse morire, e subentri l’amore del tempo futuro, nel quale tutti sono vivificati a tal punto che non muoiano uno dopo l’altro, nel quale nessuna avversità porta turbamento, nessuna necessità angustia, nessun cruccio porta inquietudine, ma regna la gioia perpetua. Se chiedi, cosa ci sia lì, dove tanta felicità e di tal genere persiste, non può essere detto altro se non che, qualsiasi cosa di buono esiste si trova lì, e qualsiasi cosa malvagia esiste, non vi si trova per nulla. Perciò, domandi, quello è buono? Perché me lo chiedi? Dal Profeta e dall’Apostolo è stato definito: Quelle cose, dicono, che non ha visto l’occhio, e l’orecchio non ha sentito, e non sono salite nel cuore dell’uomo, Dio le ha preparate per coloro che lo amano. (Is 64,4; 1 Cor 2,9) A questa felicità aspirava Davide ammassato tra le molte ricchezze del secolo quando diceva: Cosa mi resta in cielo, e cosa ho voluto in terra a parte te?” (Sal 73(72),25). Mentre era circondato da molti banchetti regali diceva: Sarò saziato quando la tua gloria sarà rivelata. (Sal 17(16),15) E poi: La mia anima ha desiderato la presenza di Dio, quando verrò e mi mostrerò davanti al volto di Dio? (Sal 42(41),2: Volg.) E ancora: Ah, povero me, perché il mio esilio è stato prolungato? (Sal 120(119),5: Volg.) E da qui Paolo: Desidero essere liberato ed essere con Cristo, che è cosa di gran lunga migliore” (Fil 1,23).

Passate così in rassegna queste cose, per quanto io ne abbia tralasciate molte, tuttavia, come mi sembra, ho fatto vedere gli accampamenti più resistenti del nostro nemico contro i quali non smettono di combattere coloro che vivono piamente in Cristo Gesù.

Ma non contento di questi si rivolge ad altri argomenti, mentre ad alcuni durante le notti annuncia più frequentemente delle (false) verità, per trascinarli di quando in quando verso la menzogna, mentre sveglia coloro che dormono prima del tempo e dell’ora prestabiliti, per affondarli con un sonno pesantissimo durante il tempo delle veglie notturne, quando turba i cantanti dei salmi e coloro che pregano con sibili, strida, latrati differenti e voci confuse, persino con pietre lanciate e sterco, per renderli sciocchi trattenendoli anche quelli in ogni modo dall’opera spirituale. Tu invece, uomo di Dio, dedicati con ardore attento a ciò che dico, e dimostra fede mentre narro cose ancor più mirabili.

27. Ho da poco conosciuto dal racconto di un tale ciò che dico. Un certo uomo religioso e vestito con l’abito monacale, ora nel nostro tempo è stato turbato da una nuova tentazione dell’antico nemico, tanto che proprio lo spirito maligno ha contaminato così tanto le parti dei suoi abiti, oltre a lui anche quelle collocate nella stanza chiusa a chiave, con un’immonda sozzura, che era tanto orrenda, ripugnante e nociva, che una parte delle vesti che aveva toccato, in seguito non era stata ritenuta adatta ad alcun uso, sebbene fosse stata pulita. Essendo stato io interrogato riguardo a questo, sul perché Dio avesse dato allo scaltro serpente un tale potere su di lui, ho risposto: “Affinché mostrasse pubblicamente l’impurità del suo cuore, poiché mai l’avrebbe mostrata nell’aspetto all’esterno se non fosse stata corrotta completamente quella interiore, naturalmente o con la mancanza di fede o la blasfemia, o almeno con una gloria vana e fittizia. Infatti il sangue corrotto dentro il cuore è sgorgato fuori attraverso le vesti. Costui, poiché era stato collocato lontano, io naturalmente non lo vidi, tuttavia, come credo, ho veramente scorto da lontano queste cose in lui. Poiché se non è così, forse tuttavia il fatto è ritenuto senza interesse? E forse per questo è stato mostrato, affinché quella sconcezza conservasse in lui la purezza del cuore, e affinché l’abile nemico non la macchiasse con la vergogna di una gloria vana, così come Paolo, per non essere in fermento riguardo alla grandezza delle rivelazioni, acconsentì agli stimoli della carne (Cfr. 2 Cor 12,7). Accada perciò qualsivoglia di queste cose, o se certamente non fosse accaduto, forse che ciò che sto per collocare alla fine non sarà vero? È del tutto vero, è vero ciò che dico, non ci sarà esternamente quella sozzura dannosa per l’anima, se essa avrà desiderato conservare la purezza dentro il cuore.

28. Tuttavia, come tu stesso ti sei preoccupato di manifestare, sento alcuni, presso di voi dire che nessuno può essere perfetto (può santificarsi) nella propria città natale, prendendo a prova di ciò quello che il Signore ha detto: Nessun profeta è stato accettato nella sua patria (Mt 13,57; Gv 4,44). È necessario in primo luogo che questa frase sia smentita da una spiegazione della verità, e che così precisamente sia dimostrato in che modo la frase espressa debba essere intesa. Ascoltino dunque pazientemente coloro che dicono queste cose, poiché mentre non esaminano con prudenza il senso delle Sacre Scritture, condannano quasi tutti i santi. Se infatti è così come dichiarano, dunque tutti coloro che dopo essere stati convertiti tra i Romani vivono presso i Romani, convertiti tra i Greci vivono presso i Greci, convertiti tra gli Italici vivono presso gli Italici, convertiti tra gli Iberici vivono presso gli Iberici, convertiti tra i Germanici vivono presso i Germanici, convertiti tra gli Aquitani vivono presso gli Aquitani, convertiti tra i Britanni vivono presso i Britanni e convertiti tra gli Angli vivono in maniera religiosa presso gli Angli non saranno santificati. Ecco Paolo e Antonio tra i Tebani, sono diventati perfetti presso i Tebani, ecco Ilarione tra i Palestinesi, è diventato perfetto presso i Palestinesi, ecco Macario tra gli Egiziani, si è santificato presso gli Egiziani, ecco la città di Ossirinco è giunta tutta a perfezione tra le proprie concittadine, ecco in che modo ci presentiamo ai nostri vicini, Protasio e Gervasio nella loro, cioè Milano, restando nella propria città e casa e praticando la vita dei monaci per dieci anni, sono così giunti a perfezione che sono stati eletti martiri. O forse la vostra sola provincia è stata esclusa da questa regola, da avere monaci non dalla propria provincia ma solo da quelle esterne? Perciò ci si deve dare maggiormente da fare, affinché dovunque ci sia qualcuno che viva secondo le regole dei perfetti (santi) e non devii dalla via della perfezione per le lusinghe dei genitori, non per quelle dei vicini, non per quelle dei parenti. Così certamente secondo la frase del Salvatore, sarà in grado si rinunciare alla madre e al padre, ai fratelli, alle sorelle, alle mogli, ai figli, alle case, ai campi e a tutte le cose che possiede (Cfr. Mt 19,29). Inoltre dico questo non perché io non stimi con grande lode gli eredi che passano da un regno ad un altro, da un luogo pubblico ad uno solitario, ma perché io mostri felici e perfetti (degni di essere santificati) anche quelli che abbandonano la patria più per desiderio che per cammino. Supplico perciò quelli, che negano che queste cose possano accadere tra di voi, a riflettere con attento zelo, perché il Signore non ha detto: Nessun profeta si è santificato nella sua patria, ma Nessun profeta è stato accettato nella sua patria (Cfr. Mt 13,57; Gv 4,44). Cos’altro si deve capire, se non che ha detto «non accettato», «accolto in nessun modo», e che ha voluto venisse compreso ciò aveva detto riguardo se stesso e gli antichi profeti, che presso i Giudei privi di fede non erano stati accolti, ma più che altro disprezzati, mentre Stefano diceva loro: Quale dei profeti i vostri padri non hanno perseguitato, che annunciavano la venuta del Giusto, del quale ora voi siete divenuti traditori e uccisori? (At 7,52). Chi invece non vedrà quanta sconsideratezza e quanta ostinazione ci sia, potrà questo qualcuno attribuire a se stesso il nome di profeta? Tu perciò rimprovera tali persone con sentimento di carità e cerca sempre di vivere secondo la regola dei Padri, ma soprattutto del santo confessore Benedetto. Che non ti allontani da quella verso qualche luogo, e che tu non vi aggiunga o tolga alcuna cosa. Ha infatti tutto ciò che basta, e niente di meno. Le parole e gli ordini di questa conducono i suoi seguaci alla reggia celeste.

Ecco, fratello carissimo, ho dettato e composto questo discorso per te, tra tutte le mie altre attività, durante le ore notturne, sebbene con un’eleganza grossolana. Questo discorso, poiché ho deciso di passare alla forma epistolare, ho preferito piuttosto nominarlo «Libello sul conflitto dei vizi e delle virtù». Nel quale, se troverai qualcosa di istruttivo, dovrai leggerlo e trasmetterlo ad altri.

 


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13 marzo 2021      a cura di Alberto "da Cormano"        Grazie dei suggerimenti       alberto@ora-et-labora.net