Ghigo II
Estratto da “IL CRISTO” Volume 
IV, a cura di Claudio Leonardi
Fondazione Lorenzo Valla – Arnoldo Mondadori Editore 2001
Nono priore della Grande Certosa (la casa madre dei certosini) a partire dal 
1174, Ghigo II è vissuto sin verso la fine del dodicesimo secolo; pare 
infatti che si sia dimesso dall'incarico nel 1180, morendo nel 1188 (o per 
alcuni nel 1193). Ben poco si sa di lui, se non emergesse dai suoi scritti 
l’immagine di un uomo di grande statura spirituale, profondo nell’indagare 
il significato della vita monastica come vita cristiana.
La sua opera più nota è la 
Scala claustralium - 
la scala con cui il monaco arriva alla perfezione -, che è formalmente una
lettera 
de vita contemplativa 
indirizzata a Gervasio, identificato probabilmente a torto da André Wilmart 
con il terzo priore della certosa di Mont-Dieu nelle Ardenne. La 
Scala 
ha avuto una straordinaria fortuna (ne sono rimasti più di cento testimoni 
manoscritti, databili tra il dodicesimo e il quindicesimo secolo) e ben 
presto si è voluto attribuirla al più celebre scrittore di cose spirituali 
del tempo, Bernardo di Clairvaux (così in circa metà dei codici). 
Numerosissime anche le edizioni a stampa e le traduzioni, a cominciare dalla 
prima francese del 1488. Nella sua lunga storia si devono anche registrare 
dei rifacimenti, tra i quali quello operato nei numerosi manoscritti 
inglesi, e la recensione procurata da Pietro d’Ailly per i Fratelli della 
vita comune.
Nella linea della tradizione certosina ed eremitica il tema centrale di 
Ghigo II nella 
Scala 
è quello della ricerca di Dio; una ricerca che si concepisce come una 
salita, un’ascesa sempre più ardua, prevista per quattro gradi; la lettura, 
la meditazione, la preghiera, la contemplazione. I primi due momenti hanno 
carattere più intellettuale, gli altri due più mistico. Infatti «quanto più 
ti conosco, tanto più desidero conoscerti, non più nella scorza (esteriore) 
della lettura ma nella sensibilità (reale) dell’esperienza» (cap. 6). Questa 
è la stessa tradizione di Origene, influenzata dal platonismo e rivissuta da 
Ghigo. Commentando una delle beatitudini del discorso della montagna 
(Ev. Matth. 
5,8; «beati i puri di cuore perché vedranno Dio»), egli vede come Dio venga 
incontro al desiderio dell’uomo e lo compia, con la «rugiada di una celeste 
dolcezza» (cap. 7), trasformandolo da uomo-tutto-carne in 
uomo-tutto-spirito. Come si è notato per altri scrittori monastici, questo 
cammino verso l’unione con Dio e la contemplazione, che è già l’inizio della 
vita eterna, privilegia il dialogo tra l’anima e Dio visto nella sua unità; 
Dio come l’altro termine del dialogo, come oggetto del desiderio o soggetto 
che sgorga pienezza e gioia. Ciò spiega come il Verbo, e la figura del 
Cristo, non siano al centro di questo processo.
Il Cristo appare meglio nell’altra opera di Ghigo II, le dodici
Meditationes, 
che precedono cronologicamente la 
Scala, 
e che hanno avuto e continuano ad avere minore fortuna, mentre in esse si 
tocca il vertice del linguaggio mistico certosino. Qui egli tenne forse 
conto dell’insegnamento di Guglielmo di Saint-Thierry, molto vicino verso la 
fine della vita ai certosini, e di quello dei vittorini Ugo e Riccardo. La 
perfezione non è tanto un’ascesa dell'anima quanto piuttosto 
un’assimilazione dell’uomo a Dio, che si realizza nella con-crocifissione e 
nell’eucarestia, cioè mediante la partecipazione cristica. Poiché la 
crocifissione della carne vince la concupiscenza dell’uomo-tutto-carne, essa 
è necessaria, ma è praticata anche dai pagani e dai filosofi (si pensi a 
cosa sia la mortificazione dei sensi per la tradizione monastica!). Oltre 
quella della carne, la perfezione dell’uomo in Dio richiede la crocifissione 
dell'anima, il 
timor Dei, 
e soprattutto la crocifissione dello spirito, cioè l’amore. Di questa 
triplice crocifissione Gesù Cristo è l’artefice; l’uomo è invitato a seguire 
Gesù (Ev. 
Io. 
21,19), e seguire significa 
imitati 
(Medit. 
10). Si deve imitare il Cristo per raggiungere l’unione con Dio. Il grande 
tema francescano comincia ad apparire timidamente nella coscienza 
occidentale. Ghigo insiste sull’amore come l’ultima caratteristica di Dio in 
Gesù, e dunque come l’ultimo e definitivo mezzo per vivere in Cristo. Solo 
così l’uomo non avrà più un cuore di pietra, ma un cuore di carne; un cuore 
in cui bruci «il fuoco dell’amore ardentissimo» 
(Medit. 
4). Solo così egli recupererà l’immagine di Dio impressa in lui dal momento 
della creazione e che con l'amore, come con una seconda creazione, può 
recuperare in Cristo 
(Medit. 
5).
Il tema eucaristico riserva un’altra sorpresa. È il tema dell’assimilazione 
tra uomo e Dio nel Cristo che viene ripreso. La comune-unione è vista come 
un processo di lenta masticazione e lenta digestione, un processo di 
progressiva compenetrazione. Non più una salita appunto, ma una 
compenetrazione, sia pure graduale e lenta. Quando non si mangia il corpo di 
Cristo, e si beve il suo sangue, si verifica un processo diverso: 
l’assimilazione è veloce, immediata, senza ostacoli 
(Medit. 
11). Chi ha sete, beva; chi beve è in Dio, partecipa alla divinità. Chi beve 
rimane come inebriato da quel vino, perché gli fa gustare la dolcezza che 
dopo la morte Cristo ebbe risorgendo. Chi beve questo sangue, dorme nel 
divino.
Abbiamo scelto le 
Meditationes 
10 e 11 dall’edizione del 1970 di E. Colledge e J. Walsh (cfr. la 
Bibliografia); la traduzione è di Francesco Stella.
Bibliografia: le edizioni più recenti sono le seguenti:
Guigues II le Chartreux, Lettre sur la vie contemplative (L'échelle des 
moines). 
Douze méditations, 
edd. E. Colledge e 
J. 
Walsh, trad. Un chartreux, Paris 1970 (SC CLXIII); 
Guigo II,
The Ladder of Monks. A Letter on the Contemplative Life and Twelve 
Meditations, 
a cura di E. Colledge e J. Walsh («Cistercian Fathers Series» XLVIII), 
Kalamazoo Mich. 1981.
Tra le traduzioni italiane ecco le più recenti: E. Arborio Mella, 
Guigo II Certosino,
Tornerò al mio cuore, 
Magnano 1987; G. Giurisato, «Lectio 
divina oggi».
Con la traduzione della 
«Lettera 
sulla vita contemplativa»
di Guigo II certosino, 
(«Scritti monastici» VIII), Praglia 1987.
Tra gli studi, non molti, si segnalano:
A. Wilmart, 
Auteurs spirituels et textes dévots du Moyen Age latin, 
Paris 1932, pp. 217-21;
K.J. Egan, «Guigo II: The Theology of the Contemplative Life», in 
The Spirituality of Western Christendom, 
Kalamazoo Mich. 1976, pp. 106-15;
P. Miquel, 
L'expérience spirituelle selon quelques chartreux médiévaux, 
«Collectanea Cisterciensia» XLVII 1985, pp. 152-76;
P. Boulanger, «La spiritualité de Guigues II. Sources et aspects», in 
La naissance des chartreuses, 
Grenoble 1986.
Ritorno alla pagina iniziale "Guigo II il Certosino"
  
| 
Ora, lege et labora | 
San Benedetto | 
Santa Regola | 
Attualità di San Benedetto 
 
 |
 
Storia del Monachesimo | 
A Diogneto | 
Imitazione di Cristo | 
Sacra Bibbia |
13
aprile 2022 a cura di Alberto "da Cormano" alberto@ora-et-labora.net
      
 
alberto@ora-et-labora.net