SAN BENEDETTO E L'EUROPA


 

Il monachesimo benedettino come fattore unificante

per l’Europa altomedievale

Fabio Cusimano

 

Estratto daReligion in the History of European Culture

Ed. Officina di Studi Medievali 2013

In Medieval Europe the monastic centers play a key role in organizing social, economic and cultural development of peoples and territories. They have characterized for centuries, in a significant variety of junctures, the face of Europe and its landscape and formed the privileged way to ensure a Christian presence in Europe, introducing and/or retaining the essential elements of material civilization and culture. Saint Benedict, the patron saint of Europe as a whole, human and political, cultural and Christian, in his monasticism is a real operator and messenger of peace, pacis nuntius. Unit, civilization, Christianity, Monasticism: these are the contributions of saint Benedict of Nursia and the particular form of religious life that inspired the legislation by the Rule of the monasteries.

Nell'Europa medievale i centri monastici hanno svolto un ruolo chiave nell'organizzazione dello sviluppo sociale, economico e culturale dei popoli e dei territori. Essi hanno caratterizzato per secoli, in una significativa varietà di frangenti, il volto dell'Europa ed il suo paesaggio ed hanno formato la via privilegiata per assicurare una presenza Cristiana in Europa, introducendo e/o mantenendo gli elementi essenziali della civilizzazione materiale e della cultura. San Benedetto, il santo patrono d'Europa nel suo complesso - umano e politico, culturale e Cristiano - nel suo monachesimo è un vero e proprio operatore e messaggero di pace, pacis nuntius. Unità, civilizzazione, Cristianità, Monachesimo: questi sono i contributi di san Benedetto da Norcia e la particolare forma di vita religiosa che ha ispirato la legislazione dalla Regola dei monasteri. – (Traduzione del curatore del sito)

 

Jacques Le Goff colloca nel Medioevo le radici dell’Europa e nel sottolineare come quest’epoca ne abbia evidenziato e «addirittura fondato le caratteristiche reali o problematiche»1 richiama alla nostra memoria un’intuizione formulata da Marc Bloch nel 19342:

Il mondo europeo, in quanto europeo, è una creazione del Medioevo, che, quasi contemporaneamente, ruppe l’unità, almeno relativa, della civiltà mediterranea, e scaraventò alla rinfusa nel crogiolo i popoli già romanizzati insieme a quelli che Roma non aveva mai conquistato. Allora nacque l’Europa nel senso umano della parola […] E da allora questo mondo europeo non ha mai smesso di essere percorso da correnti comuni.

Nella realtà europea del Medioevo una parte non secondaria a livello di organizzazione economico-sociale ed a livello di unificazione culturale viene svolta dai centri monastici3. Essi, che, all’apice della loro espansione, nel XII secolo, popolavano a migliaia le terre europee, hanno caratterizzato per secoli, in una significativa varietà di articolazioni, il volto dell’Europa ed il suo paesaggio e hanno costituito la via privilegiata per garantire la presenza cristiana nell’Europa, introducendo e/o conservando essenziali elementi della civiltà materiale e culturale. San Benedetto, patrono dell’Europa nella sua totalità, umana e politica, culturale e cristiana, nel suo monachesimo è un autentico operatore e messaggero di pace, pacis nuntius, secondo la celebre espressione che Papa Paolo VI impiegò nella sua importante lettera apostolica Pacis nuntius con la quale proclamò san Benedetto da Norcia patrono principale dell’intera Europa. Ecco una sintesi delle significative parole del Pontefice:

Messaggero di pace, realizzatore di unione, maestro di civiltà, e soprattutto araldo della religione di Cristo e fondatore della vita monastica in Occidente: questi i giusti titoli della esaltazione di san Benedetto Abate. [...] fu lui con costante e assiduo impegno a far nascere in questo nostro continente l’aurora di una nuova era. Principalmente lui e i suoi figli portarono con la croce, con il libro e con l’aratro il progresso cristiano alle popolazioni sparse dal Mediterraneo alla Scandinavia, dall’Irlanda alle pianure della Polonia. [...] Fu così che egli cementò quell’unità spirituale in Europa in forza della quale popoli divisi sul piano linguistico, etnico e culturale avvertirono di costituire l’unico popolo di Dio; unità che, grazie allo sforzo di quei monaci che si misero al seguito di sì insigne maestro, divenne la caratteristica distintiva del Medio Evo4.

Paolo VI, inoltre, nella sua omelia pronunciata a Montecassino, in data 24 Ottobre 1964 (festività dell’Arcangelo San Raffaele), in occasione della consacrazione del cenobio di Montecassino a conclusione dei lunghi lavori di ricostruzione a seguito della distruzione del 1944, ha posto l’attenzione sull’importanza della pace e dell’operato di san Benedetto verso il raggiungimento di essa:

[...] Ma fra le tante impressioni, che questa casa della pace suscita ora nei nostri spiriti, una pare dominare sulle altre; ed è la virtù generatrice della pace. Spesso avviene che, siccome all’idea di pace si connette quella della tranquillità, della cessazione dei contrasti e della loro risoluzione nell’ordine e nell’armonia, siamo facilmente indotti a pensare la pace come l’inerzia, il riposo, il sonno, la morte. [...] Qui invece la pace ci appare altrettanto vera che viva; qui ci appare attiva e feconda. Qui si rivela nella sua capacità, estremamente interessante, di ricostruzione, di rinascita, di rigenerazione5.

Il Pontefice, nella sua lettera apostolica, riassume in quattro tappe il cammino proposto dal santo di Norcia:

− operatore di unità, unitatis effector;

 − maestro di civiltà, civilis cultus magister;

− araldo della fede cristiana, religionis christianae praeco;

− fautore della vita monastica in Occidente, monasticae vitae in Occidente auctor.

Unità, civiltà, cristianesimo, monachesimo: questi sono i principali contributi di san Benedetto e della particolare forma di vita religiosa che trae ispirazione normativa dalla sua Regula monasteriorum.

In una simile visione d’insieme, quando si pensa al monachesimo medievale, subito lo si collega alla Regola di san Benedetto da Norcia: questo riferimento è sicuramente fondato, ma allo stesso tempo non scontato. Affrontando la storia del monachesimo medievale della tradizione latina occidentale, specialmente nell’arco cronologico che precede lo sviluppo dei movimenti cluniacensi e cistercensi (il cosiddetto “rinascimento monastico” dei secoli X-XI), un elemento da tenere in considerazione è la primigenia assenza di unità: ogni monastero possiede, infatti, una propria identità: l’Occidente latino ha visto svilupparsi, soprattutto nei primi secoli della sua storia monastica, circa una ventina di regole monastiche tramandateci dalla tradizione. Prima dell’opera riformatrice ed unificatrice di san Benedetto di Aniane in epoca carolingia, il panorama monastico era, dunque, molto frammentato e differenziato, a testimonianza del fermento monastico in atto in Occidente.

Alcuni principi della tradizione benedettina unirono l’Europa medievale da un capo all’altro, superando confini e divisioni politiche: l’idea di san Benedetto, sviluppata nella sua Regola, nacque in una situazione storica quanto mai drammatica. Con la caduta dell’Impero romano d’Occidente (476) e con la successiva guerra gotica, protrattasi fino al 553 con la vittoria di Giustiniano, l’Italia subì danni gravissimi. Imperava lo sbandamento politico, carestie ed epidemie si susseguivano, l’agricoltura era gravemente colpita dalle devastazioni degli opposti eserciti. In questa drammatica situazione, un nuovo colpo alla sicurezza delle popolazioni italiche venne inflitto, poi, dall’invasione longobarda (568). Ora, in un momento di passaggio politico quanto mai cruciale, dove trovare punti di riferimento, non solo spirituali, ma anche sociali e materiali? Proprio in quel momento drammatico si irradiò da Subiaco l’istituzione monastica benedettina, che tanta fortuna ebbe nella sua formula, a tal punto da caratterizzare il Medioevo europeo occidentale in maniera decisiva, almeno fino ai tempi di san Francesco. Ma il “dominio” della Regola benedettina nel monachesimo occidentale fu per lungo tempo meno assoluto di quanto generalmente si possa pensare: l’osservanza benedettina trovò una diffusione largamente “europea” solo a partire dall’età carolingia, grazie all’opera riformatrice di un patrizio visigoto, Benedetto abate di Aniane6, che ridusse i monasteri dell’Impero all’unità legislativa applicando le direttive politiche di Carlo Magno e Ludovico il Pio. Prima di allora, infatti, tra il V e l’VIII secolo, numerose regole circolavano nell’Occidente, ed una trentina di esse sono pervenute sino a noi proprio grazie alle importanti opere di san Benedetto di Aniane.

Proprio a partire dall’epoca carolingia (IX secolo) questo multiforme patrimonio legislativo interno al mondo monastico occidentale cominciò lentamente a ridimensionarsi, per fare posto alla Regola di san Benedetto: la prima parte di questo lungo periodo, fino appunto all’età carolingia, vide il lento, ma progressivo diffondersi della Regola benedettina nei monasteri di quasi tutta l’Europa.

San Benedetto di Aniane ha dato vita ad un vasto movimento riformatore ed unificatore delle norme alla base del cenobitismo benedettino nell’Europa carolingia. Per volontà di Carlo Magno (742 – 814) e del suo successore Ludovico il Pio (778 – 840), san Benedetto di Aniane (747 ca. – 821) fa della Regola benedettina (imposta come unico codice disciplinare e liturgico) lo strumento principe di un grande progetto di unificazione religiosa e culturale.

La fonte principale di informazione per delineare la biografia di san Benedetto di Aniane e per ripercorrere le tappe fondamentali del suo operato riformatore è un racconto agiografico7 redatto negli anni 822-823 da Ardone Smaragdo8 († 823), abate di Aniane, a richiesta dei monaci di Inden (Kornelimünster), dove il santo era stato abate dall’817. Di questo racconto agiografico possediamo due differenti edizioni: una la ritroviamo nella Patrologia Latina9; l’altra, invece, è inserita nel corpus dei Monumenta Germaniae Historica10.

Allo scopo di stabilire la superiorità della Regola di san Benedetto da Norcia sulle altre regole monastiche allora presenti, san Benedetto di Aniane si pone in una posizione di confronto con le regole monastiche antiche (elevato è, infatti, il numero di quelle di tradizione orientale), compilando una raccolta di tutte le regole di cui è a conoscenza: si tratta del Liber ex regulis diversorum Patrum collectio, meglio noto come Codex Regularum, una silloge contenente diverse regole11 e suddivisa internamente in tre parti:

− la Pars prima riporta le Regulae SS. Patrum Orientalium ad monachos;

− la Pars secunda riporta le Regulae SS. Patrum Occidentalium ad monachos;

− la Pars tertia, infine, riporta le Regulae SS. Patrum ad virgines.

Questa distinzione rende evidente sia l’approccio metodologico utilizzato nella stesura dell’opera sia la distinzione effettuata tra regole destinate al monachesimo maschile e regole destinate al monachesimo femminile, ma soprattutto sottolinea l’attenzione riservata alla possibilità di porre in dialogo le diverse Regole della tradizione latina occidentale ed orientale. Molte di queste regole hanno la peculiarità di esserci state tramandate da pochi manoscritti, ed alcune addirittura ci sono note solo attraverso il Codex Regularum, conservatoci dal manoscritto “Codice C Monacensis 28118”, del IX secolo, custodito a Monaco, che contiene anche la Regula Magistri.

Questo commento alla Regola benedettina è strutturato mediante la citazione di alcuni passi dei Padri, con lo scopo di dimostrare la sintonia della Regola con la morale di questi ultimi; venne pubblicata per la prima volta a Roma dall’erudito tedesco Lukas Holstein (Lucas Holstenius) nel 166112 con il titolo Codex regularum quas sancti patres monachis, et virginibus sanctimonialibus seruandas praescripsere, collectus olim a S. Benedicto Anianensi abbate. Lucas Holstenius Vatic. Basil. canonicus et bibliothecae praefectus in tres partes digestum, auctumque edidit Romae, excudit Vitalis Mascardus, 1661, opera suddivisa in tre volumi più un’appendice (dal titolo Codicis regularum appendix in qua sanctorum patrum exhortationes ad monachos, et virgines de obseruantia vitae religiosae collectae olim a S. Benedicto Anianensi abbate. Lucas Holstenius Vatic. Basil. canonicus et bibliothecae praefectus, ex duobus manuscriptis floriacensibus Serenissimae Reginae Christinae edidit Romae, excudit Vitalis Mascardus, 1661), formato tipografico in 4°.

Venne poi pubblicata nuovamente nel 1663 a Parigi con il titolo Codex regularum quas Sancti Patres monachis, et virginibus sanctimonialibus seruandas praescripsere, collectus olim a S. Benedicto Anianensi abbate. Lucas Holstenius Vatic. Basil. canonicus et bibliothecae praefectus in tres partes digestum, auctumque edidit, cum Appendice, in qua SS. Patrum exhortationes ad monachos et virgines de obseruantia vitae religiosae. Prodit nunc primum in Galliis. Parisiis, apud Ludouicum Billaine, in Palatio Regio, 1663, formato tipografico in 4°; a meno di un secolo di distanza, nel 1759, venne pubblicata nuovamente ad Augsburg (l’odierna Augusta, in Germania) da Marian Brockie, e proprio in quest’ultima forma l’opera è entrata nella Patrologia Latina.

Quest’opera eccezionale condensa in se una grande parte della tradizione monastica precedente; don Amand Boon o.s.b.13 ha avanzato l’ipotesi che S. Benedetto d’Aniane abbia effettuato un vero e proprio lavoro critico nel suo Codex Regularum, che sarebbe una sorta di edizione di regole diverse. E proprio su questa linea si è mosso lo stesso Holstein, l’editore moderno dell’opera: Benedetto raccolse e classificò tutte le regole latine che era riuscito a reperire; Holstein cercò nuovi documenti, e adottò una nuova classificazione. Benedetto normalizzò i testi, anteponendo ad essi dei titoli; Holstein vi introdusse l’ortografia moderna, correggendo alcuni errori grammaticali e semplificando i titoli. Le antiche regole latine rappresentano l’espressione della realtà storica del primo monachesimo occidentale e lasciano intravedere una fase ancora incerta di “regolarizzazione” e di recupero della dimensione cenobitica.

Mosso dal desiderio di rendere maggiormente intelligibile il suo sforzo unificatore, volto al dialogo con la tradizione, san Benedetto di Aniane compone una seconda opera, la Concordia Regularum14. È uno studio delle diverse legislazioni monastiche condotto con “metodo comparativo” e mirante a dimostrare la priorità della Regola di san Benedetto, esaminata per capitoli: un commento alla Regola benedettina formato da estratti di altre regole monastiche, articolato in 77 punti e destinato a mostrare come tutta la tradizione monastica si trovi già condensata nell’opera di san Benedetto da Norcia. L’opera, pubblicata a Parigi nel 1638 da don Hugues Ménard con il titolo Concordia regularum, auctore S. Benedicto, Anianae abbate. Nunc primum edita ex Bibliothecâ Floriacensis monasterij, notisque et obseruationibus illustrata. Auctore fr. Hugone Menardo, monacho Benedictino Congregationis S. Benedicti, alias Cluniacensi et sancti Mauri. Parisiis, ex Officina Hieronymi Drovart, apud Dionysium Bechet, via Iacobaea, sub Scuto Solari, 1638, è stata poi riprodotta nella Patrologia Latina15. Il Ménard ha utilizzato come fonte per la sua edizione due manoscritti: uno di Fleury, il ms. “Orleans 233”, del IX secolo; l’altro di Vendóme, il ms. “60”, dell’XI secolo.

Giungeva così al termine una fase di pluralismo, caratterizzata da una estrema disinvoltura nel tagliare, ricucire, modificare ed adattare brani delle Regole più disparate. A sintetizzare quanto affermato finora circa le particolarità delle due opere oggetto del nostro intervento, e per sottolineare ulteriormente il carattere comparativo con il quale san Benedetto di Aniane realizzò il Codex Regularum e la Concordia Regularum, riportiamo di seguito un breve passo tratto dal cap. XXXVIII della biografia di san Benedetto di Aniane, scritta da Ardone Smaragdo:

[...] Fecit denique librum ex Regulis diversorum Patrum collectum, ita ut prior beati Benedicti Regula cunctis esset, quem omni tempore ad collectam matutinam legere jussit. Ex quo rursus ut ostenderet contentiosis nulla frivola cassaque a beato Benedicto edita fore, sed suam ex aliorum fultam esse Regulam; alium collectis Regularum sententiis composuit librum, cui nomen Concordia Regularum dedit, ita duntaxat ut beati Benedicti praecederet sententia, ei vero rationabiliter convenientes jungerentur deinceps. [...]16.

La traduzione:

[...] Infine scrisse un libro formato dalle Regole dei vari padri, in modo tale che la Regola del beato Benedetto fosse preminente sulle altre e comandò di leggerle per tutto il periodo dell’anno durante la colletta mattutina. Compose questo libro per mostrare ai polemici che il beato Benedetto non aveva scritto nulla di futile e vano, ma che la sua Regola era stata sostenuta da quelle degli altri. Dopo aver raccolto le norme delle Regole, compose un altro libro che intitolò Concordia Regularum, per dimostrare che la normativa del beato Benedetto era superiore a tutte le altre e che si potevano aggiungere ulteriori prescrizioni ad essa, perfettamente concordanti.17

Possiamo assumere come assodato e sufficientemente suffragato dalla storiografia il seguente concetto, su cui è bene riflettere per meglio comprendere l’importanza dell’operato di san Benedetto di Aniane: storicamente il monachesimo benedettino è, da un canto, il risultato di due secoli di esperienze cenobitiche che san Benedetto da Norcia ha raccolto; dall’altro canto è, ai suoi inizi, e resta a lungo, un episodio locale e limitato. La diffusione della Regula Benedicti, infatti, è lenta e la sua conoscenza fuori dall’Italia è provata solo dal secolo VII. Dopo la morte di san Benedetto la sua Regola non fu molto conosciuta, ne applicata, per più di due secoli. In seguito alla distruzione di Montecassino da parte dei Longobardi (ca. 577) e all’esodo dei monaci verso Roma, non si conoscono in Italia fondazioni benedettine, ad eccezione di quella di S. Andrea, dove visse come monaco Gregorio Magno. La prima menzione della Regola benedettina, eccettuati i riferimenti che san Gregorio Magno fa nei Dialogi, appare in una lettera (all’incirca nel 620-630) di un certo Venerandus di Altaripa al vescovo Constantius di Albi come Regula S. Benedicti Abbatis romensis); anche san Colombano conobbe la Regola benedettina a Luxeuil, e la ricorda nella sua regola: è proprio nell’ambito dei suoi monasteri, infatti, che fu conosciuta e stimata ed esercitò per la prima volta la sua influenza. Durante tutto il VII secolo il codice benedettino è menzionato accanto ad altre regole, come testo a cui ispirarsi e da cui si potevano trarre suggerimenti e precetti utili alla vita comunitaria.

È solo nell’VIII secolo che la Regola viene recuperata e attualizzata in centri monastici sia italiani che gallici e romani; le famose abbazie di Luxeuil, di San Gallo, di Corbie e altre, che dovevano la propria esistenza a monaci irlandesi, galloromani o franchi, accolsero la Regola cassinese. Successivamente, e proprio nell’età carolingia, si affermerà sulle altre, come regola unica ed esclusiva, e diventerà un mezzo per riportare ordine e per ristabilire l’allentata osservanza del costume monastico: è proprio con Carlo Magno, Ludovico il Pio e con san Benedetto di Aniane, che la Regula monachorum di san Benedetto si avvierà a diventare strumento di unificazione e di riforma.

In questo modo si permetteva ai diversi monasteri di partecipare della stessa disciplina e della stessa spiritualità, ma anche di collaborare allo stesso programma culturale: ormai formavano tutti una grande rete di fraternità spirituale ed intellettuale. I carolingi hanno creato pochi insediamenti nuovi, ma hanno ridato vita alle fondazioni precedenti la cui attività intellettuale e spirituale era debole o quasi nulla, mentre centri come Marmoutiers, Bobbio, San Gallo, Corbie, Fulda e molti altri si confermavano nel loro ruolo-guida. Da quel momento in poi, l’Europa monastica sarà essenzialmente benedettina.

 Sempre il Le Goff, analizzando l’eredità europea di Carlo Magno nel quadro di un ridimensionamento sostanziale del mito del sovrano franco come padre dell’Europa (la sua è un’Europa limitata dal punto di vista territoriale, pensata in uno sforzo di resuscitare il passato più che in un progetto volto all’avvenire) riconosce tuttavia nel mito carolingio la presenza di alcuni elementi che contribuiscono a gettare le basi dell’Europa. Tra questi l’abbozzo di unificazione giuridica e la realizzazione dell’unificazione monastica:

Maggiore successo ebbe, sotto la spinta di Carlomagno e dei suoi successori, l’unificazione monastica che modellò l’Europa medievale ai suoi albori, grazie al numero, al prestigio e all’attività dei monaci […] L’universo monastico ebbe XII secolo […].

Concludiamo il nostro contributo con un’ultima significativa citazione tratta dalla biografia di san Benedetto di Aniane, che bene fotografa l’importanza dell’operato dell’Abate di Aniane all’interno del complesso processo di unificazione monastica dell’Impero:

[...] et una cunctis generaliter posita observatur Regula, cunctaque monasteria ita ad formam unitatis redacta sunt, ac si ab uno magistro et in uno imbuerentur loco. Uniformis mensura in potu, in cibo, in vigiliis, in modulationibus cunctis observanda est tradita. Et quoniam alia per monasteria ut observaretur instituit regula, suos in Inda degentibus ita omni intentione instruxit, ut ex diversis regionibus adventantes monachi non, ut ita dixerim, perstrepentia, ut imbuerentur, indigerent verba, quia in singulorum moribus, in incessu habituque formam disciplinamque regularem pictam cernerent18.

La traduzione:

[...] da tutti venne osservata un’unica regola e tutti i monasteri furono così ricondotti ad una tale forma di unità che i monaci sembravano fossero stati educati da un unico maestro e in un unico luogo. Venne trasmessa, perché fosse osservata da tutti, anche una misura uniforme nel bere, nel mangiare, nel vegliare la notte e per il canto modulato. E poiché fu deciso che la Regola venisse rispettata anche in altri monasteri, ammaestrò i suoi, che vivevano nel cenobio di Inda, con ogni sforzo, in modo tale che i monaci che giungevano da varie regioni, come ho detto, non avessero bisogno di parole risonanti per essere formati, ma nelle consuetudini di vita di ognuno, nell’incedere e nell’abito scorgessero manifeste le norme e la disciplina della Regola19.

Storici di ogni tendenza hanno elogiato l’ordine benedettino per il contributo dato alla creazione della cultura europea.

 

Note

1 Le Goff 20093.

2 Bloch 19692.

3 Pacaut 2007.

4 Cfr. Paolo VI, Pacis Nuntius, Lettera apostolica, San Benedetto Abate viene proclamato Patrono principale dell’intera Europa, a perpetua memoria, <https://www.vatican.va/holy_father/paul_vi/apost_letters/documents/hf_p-vi_apl_19641024_pacis-nuntius_it.html> [in italiano]; <https://www.vatican.va/ holy_father/paul_vi/apost_letters/documents/hf_p-vi_apl_19641024_pacis-nuntius_lt.html> [in latino].

5 Cfr. Omelia di Paolo VI, Consacrazione della chiesa dell’Archicenobio di Montecassino, Festività dell’Arcangelo San Raffaele, Sabato, 24 Ottobre 1964, <https://www.vatican.va/holy_father/paul_vi/homilies/1964/documents/hf_p-vi_hom_19641024_montecassino_it.html>.

6 Bibliotheca Hagiografica Latina Antiquae et Mediae Aetatis 1898-1899, t. I, 163; Schmitz 1935, t. VIII, coll. 177-188; Bergeron 1937, t. I, coll. 1438-1442; Mannocci 1962, coll. 1093-1096; Grégoire 1982, Il monachesimo carolingio dopo Benedetto di Aniane (†821), in Studia Monastica 24, 349-388; Tribout de Morembert 1983, coll. 653-4; Picasso 1983, coll. 1357-59; Grégoire 1985, Benedetto di Aniane nella riforma monastica carolingia, in Studi Medievali (3ª serie), a. XXVI, 2, 573-610; Bibliotheca Hagiografica Latina Antiquae et Mediae Aetatis, Novum Supplementum 1986, 1096, 130; Iogna-Prat, vol. I, 1998, 224.

7 Vie de S. Benoît d’Aniane écrite par Ardon son disciple, traduite par l’abbé Cassan, curé d’Argelliers, Montpellier, 1875; Vie de S. Benoît d’Aniane par l’abbé J. E. Saumade, Montpellier, 1889; La vie de S. Benoît d’Aniane par S. Ardon son disciple, traduite sur le texte même du cartulaire d’Aniane par Fernand Baumes, Paris, 1910.

8 Di questo autore non conosciamo quasi nulla; il suo secondo nome, Smaragdo, ha fatto in modo che venisse spesso confuso con Smaragdo di Saint-Mihiel, autore dell’Expositio in Regulam Sancti Benedicti. Per approfondimenti sulla sua biografia cfr. Mathon 1962, vol. II, col. 386; Grande dizionario illustrato dei Santi 1990, 90; Repertorium fontium historiae Medii Aevi, t. II Fontes A-B 1967; Andenna - Bonetti 1993; Cabaniss 2008.

9 Ardo Smaragdus, Vita S. Benedicti Anianensis, PL., t. CIII, coll. 353B-384C.

10 G. Waitz (ed.), Vita Benedicti Abbatis Anianensis et Indensis auctore Ardone, in MGH, Scriptores, XV, 1, Hannoverae 1887, 198-220.

11 Lista alfabetica delle regole contenute nel Codex Regularum: Regula S. Augustini episcopi Hipponensis, Regulae S. Aureliani episcopi Arelatensis, Regula S. Basilii episcopi Caesariensis, Regula S. Benedicti abbatis Cassinensis, Regulae S. Caesarii episcopi Arelatensis, Regulae S. Columbani abbatis, Regula S. Columbani ad virgines, Regula Communis, Regula Consensoria monachorum, Regula cuisdam Patris, Regula S. Donati episcopi Vesontiensis, Regula S. Ferreoli episcopi Ucetiensis, Regula S. Fructuosi episcopi Bracarensis, Regula S. Isidori episcopi Hispalensis, Regula S. Macarii Alexandrini abbatis Nitriensis, Regula Magistri, Regula Orientalis ex Patrum Orientalium Regulis collecta a Vigilio diacone, Regulae S. Pachomii abbatis Tabennensis, Regula Patrum Secunda, Regula Patrum Tertia, Regula SS. Pauli et Stephani abbatum, Regula Quatuor Patrum, Regula Tarnantensis monasterii, Regula Waldeberti.

12 Un esemplare dell’edizione romana del 1661 è consultabile presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, collocazione MAGL. 2.7.167.

13 Boon 1926, XXIX, XXXI.

14 Un esemplare dell’opera (pubblicato a Parigi nel 1638) è consultabile presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, collocazione MAGL. 2.3.104. Benedicti Anianensis Concordia Regularum (cura et studio Pierre Bonnerue) 1999.

15 PL, t. CIII, coll. 713-1380.

16 PL, t. CIII, col. 380B-C; cfr. anche MGH, Scriptores, XV, 1, Hannoverae 1887, 217.

17 Andenna - Bonetti 1993, 97.

18 PL, t. CIII, col. 377D-378A; cfr. anche MGH, Scriptores, XV, 1, Hannoverae 1887, 215-216.

19 Andenna - Bonetti 1993, 93-94.

 

Bibliografia

 

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4 ottobre 2016                a cura di Alberto "da Cormano"               alberto@ora-et-labora.net