"E LA PAROLA SI FA
VITA
San Paolo Edizioni
La
sensibilità postconciliare ci porta tutti, pastori e fedeli, a riaccostare
la Sacra Scrittura. Non solo per l'abbondanza dell'uso liturgico offerto
dalla Chiesa ma anche per quella lettura corale e personale della Parola che
va oltre la semplice riflessione, divenendo nutrimento del cuore. La
tradizione cristiana, per esprimere questo atteggiamento spirituale di
fronte al testo sacro, ha coniato un'espressione forte, pregnante: lectio
divina. Il nostro introdurci nel mondo della Scrittura ha senso se si
arriva a questa dimensione, altrimenti rimane arida conoscenza, erudizione,
studio infruttuoso per il nostro «sentire» cristiano. Naturalmente la
conoscenza, sia pur elementare, è necessaria. A questo fine, ogni mezzo,
ogni sussidio, come questa sintesi di guida biblica, storica, letteraria,
geografica, teologica, è oltremodo utile per passare dalla conoscenza al
vissuto. La Sacra Scrittura deve, infatti, diventare fonte di vita per
l'uomo d'oggi come lo è stata per le generazioni passate, in particolare per
i primi cristiani. «La scrittura è la lettera che il Padre Eterno ci ha
inviato», scriveva don Giacomo Alberione negli anni venti. «Non andiamo al
tribunale di Dio senza aver letto tutta la lettera del Padre Celeste, perché
ci dirà: non hai avuto né rispetto né amore per quello che ti ho scritto!».
Queste forti parole di un profeta del nostro tempo ci sono di sprone per
intendere prima «materialmente» e poi «spiritualmente» la parola di Dio.
Come pastore vorrei invitare al passo successivo alla lettura e alla prima
conoscenza, cioè «gustare» il suono della voce del Padre - come dice
l'Alberione - e tradurlo in ricco nutrimento per la mente e per il cuore,
affinché diventi vita, terreno fertile che produce «ora il novanta, ora il
sessanta, ora il trenta». Ecco perché, più che riflessioni di carattere
generale sul libro sacro, preferisco spiegare al lettore che cosa si intende
con questa concisa espressione: lectio divina. Per questo occorre
rileggere la costituzione del concilio Vaticano Il Dei Verbum al
capitolo VI, n. 25. In questo passo troviamo cinque diverse menzioni
di questa attività dello Spirito.
«È
necessario che tutti i chierici - affermano i padri
conciliari - principalmente i sacerdoti e quanti, come i diaconi o i
catechisti, attendono legittimamente al ministero della Parola, conservino
un contatto continuo con le Scritture (in Scripturis haerere)».
L'espressione latina in Scripturis haerere significa «starci dentro,
abitare nelle Scritture». Per ottenere tale scopo, viene raccomandata
l'assidua lectio sacra, una lettura costante, perseverante. E insieme
un exquisitum studium, cioè uno studio particolarmente coltivato,
penetrante. La seconda menzione riguarda tutti i fedeli: «Parimenti
il santo concilio esorta tutti i fedeli ad apprendere "la sublime scienza di
Gesù Cristo" con la frequente lettura delle divine Scritture». L'espressione
«assidua lectio sacra» viene ora ripresa come «frequente lettura
delle divine Scritture», ed è raccomandata perché, mediante essa, si giunge
ad apprendere «la sublime scienza di Gesù Cristo». La terza menzione: «Si
accostino volentieri al sacro testo, sia per mezzo della sacra
liturgia ricca di parole divine, sia mediante la pia lettura, sia per mezzo
delle iniziative adatte a tale scopo e di altri sussidi». La quarta
menzione, importantissima, è quella che spiega perché parliamo di lectio
divina: «Si ricordino però che la lettura della Sacra Scrittura
dev'essere accompagnata dalla preghiera, affinché possa svolgersi il
colloquio tra Dio e l'uomo; poiché "quando preghiamo, parliamo con Lui; Lui
ascoltiamo quando leggiamo gli oracoli divini"».
La quinta menzione
riguarda i sussidi: «I vescovi devono aiutare i fedeli all'uso retto
dei libri divini, in modo particolare del Nuovo Testamento e soprattutto dei
vangeli, con traduzioni dei sacri testi che devono essere corredate di note
necessarie e veramente sufficienti, affinché i figli della Chiesa
familiarizzino con sicurezza e utilità con le sacre Scritture e si imbevano
del loro spirito».
Mettendo insieme le
cinque menzioni, possiamo tentare una descrizione complessiva di ciò che il
Vaticano Il intende: una lettura assidua, non occasionale, della Bibbia; un
accesso diretto al testo; uno stare dentro la Scrittura; un
conversare familiare con le pagine bibliche; un imbeversi dello spirito
della Scrittura; il tutto accompagnato dalla preghiera in modo che la
lectio si trasformi in un colloquio tra Dio e l'uomo, diventi un
ascoltare Dio per rispondergli. L'espressione sintetica lectio divina,
che è giunta a noi dall'antica tradizione monastica, comprende tutte le
caratteristiche indicate dalla Dei Verbum: non è semplicemente una
lettura, ma una lectio, una lezione, fatta con familiarità orante,
che ci fa entrare nello spirito dei sacri testi e ci permette di entrare in
essi come in casa nostra. Questa lezione orante, questa familiarità assidua
è necessaria non solo a chiunque svolge un servizio della Parola, ma
è raccomandata con forza e insistenza a tutti i fedeli. Le parole della
Dei Verbum sono forti e anche nuove rispetto a quanto si viveva in
epoche precedenti. Infatti, nella Chiesa cattolica la Scrittura veniva letta
in latino e poi spiegata ai fedeli che si limitavano quindi ad ascoltare.
Tra l'altro erano poche le persone che sapevano leggere e che potevano
perciò accostare direttamente i testi sacri. I vescovi oggi, tenendo conto
della nuova situazione culturale dell'umanità, hanno sentito il bisogno di
esortare tutti i fedeli, senza eccezione, ad accostare la Bibbia,
stimolandoli all'esercizio della lectio divina.
Ricordo che non appena giunsi a Milano come vescovo, compresi
che per familiarizzare i cristiani col mistero di Dio rivelato storicamente
in Gesù Cristo attraverso il cammino della storia della salvezza, non
bastavano semplicemente provvedimenti settoriali, bensì occorreva elaborare
programmi pastorali diocesani che si ispirassero a questa dinamica
fondamentale. Programmi che partissero dallo «stupore» contemplativo, cioè
dal sottolineare quegli atteggiamenti contemplativi che sono previ alla
lettura del testo sacro: riverenza, ascolto, silenzio, adorazione di fronte
al mistero divino. Dallo «stupore» contemplativo bisognava sviluppare un
progetto di comunità fondato sulla Parola quale riferimento primario,
promuovendo iniziative concrete capaci di mettere la lectio divina, a
poco a poco, alla portata di tutti.
È
un
ideale da cui siamo ancora molto lontani e sul quale vorrei tanto
confrontarmi con i miei fratelli vescovi e con tante Chiese del mondo.
Auspico il giorno in cui si possa celebrare un sinodo universale
semplicemente su questa domanda: come abbiamo applicato la costituzione
conciliare Dei Verbum, là dove parla della Scrittura da mettere nel
cuore e nella mente di tutti i cristiani attraverso la lectio divina?
Una simile lettura della Scrittura, raccomandata a tutti i
cristiani, non può essere né occasionale né frammentaria e nemmeno
discontinua.
È
tendenzialmente una lectio continua e globale, che
tiene cioè conto di tutti i libri sacri e del contesto generale della
Bibbia. Il concilio afferma che l'accostamento alla Bibbia può avvenire sia
per mezzo della liturgia, ricca di parole divine, sia mediante la
pia lettura. La sacra liturgia ci offre oggi, appunto, una lectio
continua della Scrittura, mediante il biennio delle letture feriali e il
triennio di quelle festive.
Un altro accenno al
bisogno di una lettura globale lo troviamo al n. 12 della Dei
Verbum: «Per ricavare con esattezza il contenuto dei sacri testi, si
deve badare al contenuto e all'unità di tutta la Scrittura». Bisogna dunque
tendenzialmente conoscerla tutta. E ancora, al n. 16, viene ricordato che i
libri dell'Antico Testamento, «integralmente assunti nella
predicazione
evangelica, acquistano e manifestano il loro completo significato nel Nuovo
Testamento e, a loro volta, lo illuminano e lo spiegano». Mi piace qui
citare un esperto: «Lectio divina non è qualunque lettura della
Bibbia che si svolga secondo il metodo e i canoni propri di qùella che usano
chiamare "esegesi scientifica". E nemmeno qualunque modo di accostare Bibbia
e preghiera. Lectio divina non è nemmeno qualunque excursus
dall'uno all'altro Testamento, o qualunque attualizzazione tentata a partire
dalla parola di Dio. Lectio divina è la lettura continua di tutte le
Scritture, in cui ogni libro e ogni sua sezione viene successivamente letta,
studiata e meditata, compresa e gustata, mediante il ricorso al conte-sto di
tutta la rivelazione biblica, Antico e Nuovo Testamento».
Questo è ciò che la
Chiesa chiede a tutti i cristiani. Rispettando l'intero testo biblico, la
lectio divina pone l'uomo in stato di ascolto umile della Parola.
Potremmo allora dire che la lectio divina è l'unico approccio serio
alla Bibbia, perché ci conduce nel mondo di Dio come in un tutto coerente.
Essa produce in noi una solida inculturazione. Prima di parlare di
inculturazione nelle culture umane, il cristiano deve inculturarsi in quel
mondo di Dio che gli è rivelato attraverso il cammino che ci viene proposto
nelle Scritture. Solo in seguito le altre inculturazioni potranno essere non
tentativi velleitari, ma semi fecondi gettati nelle culture umane.
Purtroppo questa visuale non è molto comune. Se, dal
Vaticano Il fino a oggi, la Chiesa ha compiuto ogni sforzo per accostare i
fedeli alla Scrittura, tuttavia si è fatto pochissimo per aiutare a
introdurli in una
lectio continua e globale,
in spirito di
preghiera. Forse proprio per questo non tutte le letture bibliche, tentate
in questi venticinque anni, sono state felici; talvolta hanno provocato dei
cortocircuiti, si sono arenate, hanno addirittura stancato la gente. Se non
arriviamo a esigere questa
lectio continua e
globale,
almeno
tendenzialmente, rischiamo di limitarci ad alcuni brani estrapolati dal
contesto, o addirittura di appropriarci indebitamente e settariamente della
Scrittura.
È
possibile fare della lectio una realtà popolare, traducibile nella
vita della comunità, nel vissuto del popolo di Dio? Non ho una risposta a
questo interrogativo. Quando rileggo i capitoli della Dei Verbum mi
sento messo in questione e capisco che abbiamo un lungo cammino da
percorrere. D'altra parte avverto che se oggi un cristiano adulto non ha
familiarità col mondo di Dio, non riuscirà a resistere in questa nostra
situazione di frammentazione culturale e di Babele di linguaggi.
Da parte mia posso
solo comunicare alcuni tentativi, alcune esperienze. Li espongo con
semplicità anche per mostrare che non esiste un cammino prefissato, ma è
necessario scrutare continuamente i segni dei tempi per capire, nel contesto
in cui si vive, in quale maniera lo Spirito ci guida a compiere delle
decisioni serie di fede.
La Scuola della Parola:
questa iniziativa è nata senza alcuna pretesa. Alcuni giovani,
anni fa, mi hanno chiesto di insegnare loro a pregare con la Bibbia e, dopo
una mia breve istruzione, hanno sentito l'esigenza di esempi pratici di
lectio. Così ho incominciato a proporre, nel 1980, la Scuola della
Parola in Duomo, e dalle poche centinaia di giovani presenti la prima
sera siamo rapidamente passati a diverse migliaia, fino a che l'appuntamento
mensile divenne familiare a moltissimi giovani e ragazze. A un certo punto
il loro numero superava la capienza del Duomo. Ricordo con quanto impegno,
con quanto silenzio quei giovani ascoltavano e meditavano la Parola. Io
insistevo che la vera lectio incomincia quando, terminata la
spiegazione del brano, si passa al silenzio meditativo, senza canti e senza
musica. Era commovente constatare il profondo silenzio adorante di tanti
giovani riuniti insieme. Dopo cinque anni in Duomo, poiché il numero dei
partecipanti continuava a crescere, abbiamo designato venticinque grandi
chiese della diocesi, collegandoci via radio. Io tenevo la lectio
attraverso l'emittente diocesana e i giovani, nei diversi punti di ascolto,
si radunavano per ascoltare e pregare. I frutti sono stati consolanti: circa
tredicimila giovani hanno seguito la Scuola. Successivamente, nel
desiderio di un ulteriore allargamento dell'esperienza, abbiamo esteso la
Scuola della Parola all'intero territorio diocesano. Perfezionando
gradualmente il metodo, abbiamo aggiunto, ai classici momenti di
lectio-meditatio-oratio-contemplatio, quello dell'actio, cioè di
un'azione simbolica che dà concretezza all'agire derivante dall'ascolto
della Parola.
Esercizi serali biblici:
tra le tante possibili iniziative, questa mi è sembrata utile
particolarmente per gli adulti. Gli Esercizi si tengono per sei sere
consecutive proponendo la lectio di un brano. Io li ho proposti in
Duomo, più volte: un anno leggendo per un'intera settimana il brano della
moltiplicazione dei pani (Gv 6); un altro anno leggendo la pagina della
lavanda dei piedi (Gv 13); un altro anno leggendo l'episodio del miracolo di
Cana (Gv 2). Sono centinaia ormai le parrocchie che hanno fatto e ripetono
l'esperienza degli Esercizi serali. La gente, anche la più
semplice, si reca in chiesa con la Bibbia, prende gusto ad accostare i testi
sacri, a passare momenti di preghiera e di silenzio. L'importante è di non
approfittare del tempo degli Esercizi per una predica o un'omelia in più.
Termino citando
alcune parole scritte da Giovanni Paolo Il in una lettera inviata al
presidente della Federazione mondiale cattolica per l'apostolato biblico.
Esse esprimono molto bene il senso di quanto ho tentato di dire: «Dando la
Bibbia a uomini e donne, voi date Cristo stesso, che riempie coloro che
hanno fame e sete della parola di Dio, sazia coloro che hanno fame e sete di
libertà, di giustizia... Le mura dell'odio e dell'egoismo, che ancora
dividono uomini e donne e li fanno ostili e indifferenti alle necessità dei
loro fratelli e sorelle, cadranno come le mura di Gerico, al suono della
parola della grazia e della misericordia di Dio». Allargando lo sguardo, il
papa aggiungeva: «La Bibbia è anche un tesoro che in larga parte è venerato
in comune con il popolo ebraico, a cui la Chiesa è unita da uno speciale
vincolo spirituale