E LA PAROLA SI FA VITA - di CARLO MARIA MARTINI

"E LA PAROLA SI FA VITA"

di CARLO MARIA MARTINI

Tratto da

"Guida alla lettura della Bibbia. Approccio interdisciplinare all'Antico e al Nuovo Testamento"

San Paolo Edizioni

 

La sensibilità postconciliare ci porta tutti, pastori e fedeli, a riaccostare la Sacra Scrittura. Non solo per l'abbondanza dell'uso liturgico offerto dalla Chiesa ma anche per quella lettura corale e personale della Parola che va oltre la semplice riflessione, divenendo nutrimento del cuore. La tradizione cristiana, per esprimere questo atteggiamento spirituale di fronte al testo sacro, ha coniato un'espressione forte, pregnante: lectio divina. Il nostro introdurci nel mondo della Scrittura ha senso se si arriva a questa dimensione, altrimenti rimane arida conoscenza, erudizione, studio infruttuoso per il nostro «sentire» cristiano. Naturalmente la conoscenza, sia pur elementare, è necessaria. A questo fine, ogni mezzo, ogni sussidio, come questa sintesi di guida biblica, storica, letteraria, geografica, teologica, è oltremodo utile per passare dalla conoscenza al vissuto. La Sacra Scrittura deve, infatti, diventare fonte di vita per l'uomo d'oggi come lo è stata per le generazioni passate, in particolare per i primi cristiani. «La scrittura è la lettera che il Padre Eterno ci ha inviato», scriveva don Giacomo Alberione negli anni venti. «Non andiamo al tribunale di Dio senza aver letto tutta la lettera del Padre Celeste, perché ci dirà: non hai avuto né rispetto né amore per quello che ti ho scritto!». Queste forti parole di un profeta del nostro tempo ci sono di sprone per intendere prima «materialmente» e poi «spiritualmente» la parola di Dio. Come pastore vorrei invitare al passo successivo alla lettura e alla prima conoscenza, cioè «gustare» il suono della voce del Padre - come dice l'Alberione - e tradurlo in ricco nutrimento per la mente e per il cuore, affinché diventi vita, terreno fertile che produce «ora il novanta, ora il sessanta, ora il trenta». Ecco perché, più che riflessioni di carattere generale sul libro sacro, preferisco spiegare al lettore che cosa si intende con questa concisa espressione: lectio divina. Per questo occorre rileggere la costituzione del concilio Vaticano Il Dei Verbum al capitolo VI, n. 25. In questo passo troviamo cinque diverse menzioni di questa attività dello Spirito. «È necessario che tutti i chierici - affermano i padri conciliari - principalmente i sacerdoti e quanti, come i diaconi o i catechisti, attendono legittimamente al ministero della Parola, conservino un contatto continuo con le Scritture (in Scripturis haerere)». L'espressione latina in Scripturis haerere significa «starci dentro, abitare nelle Scritture». Per ottenere tale scopo, viene raccomandata l'assidua lectio sacra, una lettura costante, perseverante. E insieme un exquisitum studium, cioè uno studio particolarmente coltivato, penetrante. La seconda menzione riguarda tutti i fedeli: «Parimenti il santo concilio esorta tutti i fedeli ad apprendere "la sublime scienza di Gesù Cristo" con la frequente lettura delle divine Scritture». L'espressione «assidua lectio sacra» viene ora ripresa come «frequente lettura delle divine Scritture», ed è raccomandata perché, mediante essa, si giunge ad apprendere «la sublime scienza di Gesù Cristo». La terza menzione: «Si accostino volentieri al sacro testo, sia per mezzo della sacra liturgia ricca di parole divine, sia mediante la pia lettura, sia per mezzo delle iniziative adatte a tale scopo e di altri sussidi». La quarta menzione, importantissima, è quella che spiega perché parliamo di lectio divina: «Si ricordino però che la lettura della Sacra Scrittura dev'essere accompagnata dalla preghiera, affinché possa svolgersi il colloquio tra Dio e l'uomo; poiché "quando preghiamo, parliamo con Lui; Lui ascoltiamo quando leggiamo gli oracoli divini"».

La quinta menzione riguarda i sussidi: «I vescovi devono aiutare i fedeli all'uso retto dei libri divini, in modo particolare del Nuovo Testamento e soprattutto dei vangeli, con traduzioni dei sacri testi che devono essere corredate di note necessarie e veramente sufficienti, affinché i figli della Chiesa familiarizzino con sicurezza e utilità con le sacre Scritture e si imbevano del loro spirito».

Mettendo insieme le cinque menzioni, possiamo tentare una descrizione complessiva di ciò che il Vaticano Il intende: una lettura assidua, non occasionale, della Bibbia; un accesso diretto al testo; uno stare dentro la Scrittura; un conversare familiare con le pagine bibliche; un imbeversi dello spirito della Scrittura; il tutto accompagnato dalla preghiera in modo che la lectio si trasformi in un colloquio tra Dio e l'uomo, diventi un ascoltare Dio per rispondergli. L'espressione sintetica lectio divina, che è giunta a noi dall'antica tradizione monastica, comprende tutte le caratteristiche indicate dalla Dei Verbum: non è semplicemente una lettura, ma una lectio, una lezione, fatta con familiarità orante, che ci fa entrare nello spirito dei sacri testi e ci permette di entrare in essi come in casa nostra. Questa lezione orante, questa familiarità assidua è necessaria non solo a chiunque svolge un servizio della Parola, ma è raccomandata con forza e insistenza a tutti i fedeli. Le parole della Dei Verbum sono forti e anche nuove rispetto a quanto si viveva in epoche precedenti. Infatti, nella Chiesa cattolica la Scrittura veniva letta in latino e poi spiegata ai fedeli che si limitavano quindi ad ascoltare. Tra l'altro erano poche le persone che sapevano leggere e che potevano perciò accostare direttamente i testi sacri. I vescovi oggi, tenendo conto della nuova situazione culturale dell'umanità, hanno sentito il bisogno di esortare tutti i fedeli, senza eccezione, ad accostare la Bibbia, stimolandoli all'esercizio della lectio divina.

Ricordo che non appena giunsi a Milano come vescovo, compresi che per familiarizzare i cristiani col mistero di Dio rivelato storicamente in Gesù Cristo attraverso il cammino della storia della salvezza, non bastavano semplicemente provvedimenti settoriali, bensì occorreva elaborare programmi pastorali diocesani che si ispirassero a questa dinamica fondamentale. Programmi che partissero dallo «stupore» contemplativo, cioè dal sottolineare quegli atteggiamenti contemplativi che sono previ alla lettura del testo sacro: riverenza, ascolto, silenzio, adorazione di fronte al mistero divino. Dallo «stupore» contemplativo bisognava sviluppare un progetto di comunità fondato sulla Parola quale riferimento primario, promuovendo iniziative concrete capaci di mettere la lectio divina, a poco a poco, alla portata di tutti. È un ideale da cui siamo ancora molto lontani e sul quale vorrei tanto confrontarmi con i miei fratelli vescovi e con tante Chiese del mondo. Auspico il giorno in cui si possa celebrare un sinodo universale semplicemente su questa domanda: come abbiamo applicato la costituzione conciliare Dei Verbum, là dove parla della Scrittura da mettere nel cuore e nella mente di tutti i cristiani attraverso la lectio divina?

Una simile lettura della Scrittura, raccomandata a tutti i cristiani, non può essere né occasionale né frammentaria e nemmeno discontinua. È tendenzialmente una lectio continua e globale, che tiene cioè conto di tutti i libri sacri e del contesto generale della Bibbia. Il concilio afferma che l'accostamento alla Bibbia può avvenire sia per mezzo della liturgia, ricca di parole divine, sia mediante la pia lettura. La sacra liturgia ci offre oggi, appunto, una lectio continua della Scrittura, mediante il biennio delle letture feriali e il triennio di quelle festive.

Un altro accenno al bisogno di una lettura globale lo troviamo al n. 12 della Dei Verbum: «Per ricavare con esattezza il contenuto dei sacri testi, si deve badare al contenuto e all'unità di tutta la Scrittura». Bisogna dunque tendenzialmente conoscerla tutta. E ancora, al n. 16, viene ricordato che i libri dell'Antico Testamento, «integralmente assunti nella

predicazione evangelica, acquistano e manifestano il loro completo significato nel Nuovo Testamento e, a loro volta, lo illuminano e lo spiegano». Mi piace qui citare un esperto: «Lectio divina non è qualunque lettura della Bibbia che si svolga secondo il metodo e i canoni propri di qùella che usano chiamare "esegesi scientifica". E nemmeno qualunque modo di accostare Bibbia e preghiera. Lectio divina non è nemmeno qualunque excursus dall'uno all'altro Testamento, o qualunque attualizzazione tentata a partire dalla parola di Dio. Lectio divina è la lettura continua di tutte le Scritture, in cui ogni libro e ogni sua sezione viene successivamente letta, studiata e meditata, compresa e gustata, mediante il ricorso al conte-sto di tutta la rivelazione biblica, Antico e Nuovo Testamento».

Questo è ciò che la Chiesa chiede a tutti i cristiani. Rispettando l'intero testo biblico, la lectio divina pone l'uomo in stato di ascolto umile della Parola. Potremmo allora dire che la lectio divina è l'unico approccio serio alla Bibbia, perché ci conduce nel mondo di Dio come in un tutto coerente. Essa produce in noi una solida inculturazione. Prima di parlare di inculturazione nelle culture umane, il cristiano deve inculturarsi in quel mondo di Dio che gli è rivelato attraverso il cammino che ci viene proposto nelle Scritture. Solo in seguito le altre inculturazioni potranno essere non tentativi velleitari, ma semi fecondi gettati nelle culture umane.

Purtroppo questa visuale non è molto comune. Se, dal Vaticano Il fino a oggi, la Chiesa ha compiuto ogni sforzo per accostare i fedeli alla Scrittura, tuttavia si è fatto pochissimo per aiutare a introdurli in una lectio continua e globale, in spirito di preghiera. Forse proprio per questo non tutte le letture bibliche, tentate in questi venticinque anni, sono state felici; talvolta hanno provocato dei cortocircuiti, si sono arenate, hanno addirittura stancato la gente. Se non arriviamo a esigere questa lectio continua e globale, almeno tendenzialmente, rischiamo di limitarci ad alcuni brani estrapolati dal contesto, o addirittura di appropriarci indebitamente e settariamente della Scrittura.

È possibile fare della lectio una realtà popolare, traducibile nella vita della comunità, nel vissuto del popolo di Dio? Non ho una risposta a questo interrogativo. Quando rileggo i capitoli della Dei Verbum mi sento messo in questione e capisco che abbiamo un lungo cammino da percorrere. D'altra parte avverto che se oggi un cristiano adulto non ha familiarità col mondo di Dio, non riuscirà a resistere in questa nostra situazione di frammentazione culturale e di Babele di linguaggi.

Da parte mia posso solo comunicare alcuni tentativi, alcune esperienze. Li espongo con semplicità anche per mostrare che non esiste un cammino prefissato, ma è necessario scrutare continuamente i segni dei tempi per capire, nel contesto in cui si vive, in quale maniera lo Spirito ci guida a compiere delle decisioni serie di fede.

La Scuola della Parola: questa iniziativa è nata senza alcuna pretesa. Alcuni giovani, anni fa, mi hanno chiesto di insegnare loro a pregare con la Bibbia e, dopo una mia breve istruzione, hanno sentito l'esigenza di esempi pratici di lectio. Così ho incominciato a proporre, nel 1980, la Scuola della Parola in Duomo, e dalle poche centinaia di giovani presenti la prima sera siamo rapidamente passati a diverse migliaia, fino a che l'appuntamento mensile divenne familiare a moltissimi giovani e ragazze. A un certo punto il loro numero superava la capienza del Duomo. Ricordo con quanto impegno, con quanto silenzio quei giovani ascoltavano e meditavano la Parola. Io insistevo che la vera lectio incomincia quando, terminata la spiegazione del brano, si passa al silenzio meditativo, senza canti e senza musica. Era commovente constatare il profondo silenzio adorante di tanti giovani riuniti insieme. Dopo cinque anni in Duomo, poiché il numero dei partecipanti continuava a crescere, abbiamo designato venticinque grandi chiese della diocesi, collegandoci via radio. Io tenevo la lectio attraverso l'emittente diocesana e i giovani, nei diversi punti di ascolto, si radunavano per ascoltare e pregare. I frutti sono stati consolanti: circa tredicimila giovani hanno seguito la Scuola. Successivamente, nel desiderio di un ulteriore allargamento dell'esperienza, abbiamo esteso la Scuola della Parola all'intero territorio diocesano. Perfezionando gradualmente il metodo, abbiamo aggiunto, ai classici momenti di lectio-meditatio-oratio-contemplatio, quello dell'actio, cioè di un'azione simbolica che dà concretezza all'agire derivante dall'ascolto della Parola.

Esercizi serali biblici: tra le tante possibili iniziative, questa mi è sembrata utile particolarmente per gli adulti. Gli Esercizi si tengono per sei sere consecutive proponendo la lectio di un brano. Io li ho proposti in Duomo, più volte: un anno leggendo per un'intera settimana il brano della moltiplicazione dei pani (Gv 6); un altro anno leggendo la pagina della lavanda dei piedi (Gv 13); un altro anno leggendo l'episodio del miracolo di Cana (Gv 2). Sono centinaia ormai le parrocchie che hanno fatto e ripetono l'esperienza degli Esercizi serali. La gente, anche la più semplice, si reca in chiesa con la Bibbia, prende gusto ad accostare i testi sacri, a passare momenti di preghiera e di silenzio. L'importante è di non approfittare del tempo degli Esercizi per una predica o un'omelia in più.

Termino citando alcune parole scritte da Giovanni Paolo Il in una lettera inviata al presidente della Federazione mondiale cattolica per l'apostolato biblico. Esse esprimono molto bene il senso di quanto ho tentato di dire: «Dando la Bibbia a uomini e donne, voi date Cristo stesso, che riempie coloro che hanno fame e sete della parola di Dio, sazia coloro che hanno fame e sete di libertà, di giustizia... Le mura dell'odio e dell'egoismo, che ancora dividono uomini e donne e li fanno ostili e indifferenti alle necessità dei loro fratelli e sorelle, cadranno come le mura di Gerico, al suono della parola della grazia e della misericordia di Dio». Allargando lo sguardo, il papa aggiungeva: «La Bibbia è anche un tesoro che in larga parte è venerato in comune con il popolo ebraico, a cui la Chiesa è unita da uno speciale vincolo spirituale fin dai suoi inizi. E finalmente questo Libro santo, a cui in un certo modo si riferiscono anche i popoli dell'Islam, può ispirare ogni dialogo interreligioso tra popoli che credono in Dio e, in questo modo, contribuisce a creare, attraverso una preghiera universale e accettabile a Dio, la pace dei cuori per tutti».

 

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