Alberto l’illustrissimo


PERSONAGGI FAMOSI

 

 

Alberto Rafael Arrieta

 

 

Alberto Rafael Arrieta

 

Poeta e critico letterario argentino (Rauch, Buenos Aires, 1889-Buenos Aires 1968). Tema centrale della sua poesia, caratterizzata da semplicità d'espressione e da forme metriche tradizionali, è la fugacità della realtà quotidiana: Alma y momento (1910; Anima e momento), Las noches de oro (1917; Le notti d'oro), Fugacidad (1921), Estío serrano (1926; Estate sulla sierra), Tiempo cautivo (1947; Tempo prigioniero). A. è autore di studi di letteratura comparata: Ariel corpóreo (1926), Dickens y Sarmiento (1928), Estudios en tres literaturas (1940).

 

 

Alberto Ascari

 

 

Gran Premio di Monaco 1950 con Ferrari 125 F1

 

Corridore automobilistico italiano (Milano 1918-Monza 1955). Seguendo le orme del padre Antonio, iniziò la sua attività sportiva a 18 anni in gare motociclistiche; a 22 anni passò all'automobilismo. Nel 1947 riprese l'attività interrotta dalla guerra giungendo terzo, con una Maserati, nella classifica per il campionato italiano. Passato alla Ferrari, conquistò 4 campionati italiani assoluti (1949, 1951, 1952, 1953) e due campionati mondiali (1952, 1953). Tra il 1947 e il 1955, anno in cui morì in seguito a un incidente nell'autodromo di Monza, conquistò 50 vittorie.


Alberto Asor Rosa

 

 

Alberto Asor Rosa

 

Critico letterario e storico della cultura italiano (Roma 1933). Insegna letteratura italiana all'Università di Roma, La Sapienza. È stato redattore di Quaderni rossi, di Classe operaia e direttore di Contropiano e Rinascita. Al centro dei suoi interessi è il ruolo dell'intellettuale come organizzatore di cultura, affrontato a più riprese in opere come Scrittori e popolo (1965), in aperta polemica col populismo italiano; Intellettuali e classe operaia (1973), Le due società (1977), La repubblica immaginaria (1988). Ancora sul rapporto fra intellettuali e società sono gli studi sul Seicento (Il Seicento-La nuova scienza e la crisi del barocco, 1974; La cultura della controriforma, 1982) e sulla cultura italiana post-unitaria (Storia d'Italia-La cultura, 1975). Tra i saggi sulla letteratura contemporanea: Vasco Pratolini (1958), Thomas Mann o dell'ambiguità borghese (1971), Il caso Verga (1972). Di carattere autobiografico è invece L'ultimo paradosso (1985), quaderno di appunti e riflessioni. All'interno di un'intensa attività editoriale, ha diretto la vasta opera einaudiana Letteratura Italiana (1982-1990) che ripropone la centralità del testo letterario inserendone l'analisi non tanto e non solo nella tradizionale dimensione diacronica, bensì in una pluralità di relazioni molteplici ed eterogenee.

 

 

Bela (Alberto) Bartok

 

 

Bela (Alberto) Bartok

 

Musicista ungherese (Nagyszentmiklós, oggi Sânnicolaul-Mare, 1881-New York 1945). Alternando a un'intensa attività didattica (Conservatorio Franz Liszt di Budapest, Columbia University e lezioni private) e concertistica e alla composizione frequenti viaggi con lo scopo di raccogliere canti popolari, ha svolto una vasta mole di lavoro che, unitamente alla sua straordinaria personalità, alla novità del suo insegnamento, al rigore scientifico del metodo della raccolta e dell'elaborazione del materiale folcloristico, e in primo luogo alla qualità delle sue composizioni, gli ha assicurato un posto preminente nella vita musicale ungherese ed europea nella prima metà del Novecento. Famoso concertista fin dalla gioventù in patria e all'estero, B. si è poi esibito in duo pianistico con la seconda moglie Ditta Pásztory. Come insegnante di pianoforte ha compilato una Scuola (in collaborazione con Reschofsky) e una raccolta di un'ottantina di pezzi per bambini (1908-09, revisione 1945), contenente il meglio del tesoro folcloristico da lui raccolto (lo stesso dicasi dei 44 duetti per violino). Infine coi 143 pezzi compresi nei sei fascicoli del Mikrokosmos, B. intendeva educare gli alunni non solo nel senso di un graduale addestramento tecnico, ma anche in quello di un'apertura sempre più larga alla conoscenza di stili e modi espressivi sempre più vari.

Bartok musicologo: Come musicologo B., da solo e in compagnia di Z. Kodály, si è dedicato dapprima alla raccolta del solo materiale musicale folcloristico ungherese, estendendo ben presto le ricerche al folclore anche slovacco, romeno, iugoslavo, turco e arabo. Numerosi volumi di elaborazione scientifica di tale materiale sono stati pubblicati ancora vivente B., altri poco dopo la sua morte, mentre è ancora in corso la pubblicazione, per opera degli alunni e dei seguaci, presso l'Accademia d'Ungheria, di molta altra parte del ricchissimo materiale ungherese raccolto. Se la canzone popolare di tante nazioni è debitrice verso B. della sua sopravvivenza, a sua volta B. è debitore alla canzone popolare del suo linguaggio di compositore, come egli stesso ha illustrato: «La conoscenza della musica dei contadini è stata per me di importanza straordinaria, perché mi ha reso possibile una completa liberazione dal predominio delle scale maggiori e minori. La parte più ricca e più preziosa del tesoro melodico raccolto risulta costruita negli antichi modi ecclesiastici, greci e ancora più antichi (pentatonici)...». Dalla canzone popolare B. imparò anche numerosi moduli ritmici, che lo aiutarono a superare gli influssi iniziali di Brahms, Dohnányi, R. Strauss, Liszt e Debussy.

Le composizioni: B. compose tre pezzi teatrali: l'opera Il castello del principe Barbablù (1918), il balletto Il principe scolpito in legno (1917) e la pantomima Il mandarino meraviglioso (1925). Principali opere orchestrali: sette concerti (tre per pianoforte, due per violino, uno per viola e uno per orchestra sola), due suites, una rapsodia per pianoforte, un poema sinfonico (Kossuth), due ritratti, due quadri, Scene ungheresi, Divertimento per orchestra d'archi, Musica per archi, celesta e percussione. Musica da camera: sonate e rapsodie per violino e pianoforte, per violoncello e pianoforte, il trio Contrasts, sei quartetti per archi, la Sonata per due pianoforti e percussione. Musica corale con e senza accompagnamento: la Cantata profana e numerose trascrizioni di canti popolari. Musica strumentale: Sonata per violino solo, Quattro pezzi, Quattordici bagattelle, Suites, Improvvisazioni, Burlesche, Nenie, Elegie; le raccolte Quindici canti contadini ungheresi, Danze popolari romene, Dieci pezzi facili, Nove piccoli pezzi, e poi ancora una Piccola suite, una Sonata, una Sonatina, i cinque pezzi per pianoforte di All'aperto (ciclo in cui La musica della notte, accanto al tempo lento della Musica per archi e ai quartetti, rivela l'altra grande fonte di ispirazione bartokiana: lo studio dei rumori della natura e le ricerche timbriche per esprimerli col linguaggio della musica).

Le lettere: Per la conoscenza del B. uomo le sue Lettere danno un quadro suggestivo ma non completo. La comunicativa della gioventù si trasforma nelle lettere dell'età matura in laconicità, l'estroversa sincerità in pudico ritegno. Incapace di compromessi, B. da nazionalista romantico diventa fautore di fratellanza fra tutti i popoli. Quando davanti al dilagare del nazismo sceglie l'esilio in America, tornano nelle sue composizioni stilemi e reminiscenze che parlano della struggente nostalgia per la terra natale. Nel campo religioso si hanno documenti scritti solo sull'ostentato materialismo del B. giovane in alcune lettere d'amore e, più tardi, una comunicazione non approfondita che rivela la sua adesione alla setta protestante dei battisti; ma il ricorrere insistito nell'indicazione dei tempi lenti delle opere tarde e dell'aggettivo “religioso” autorizza a supporre che anche in questo campo il pensiero di B. abbia subito una notevole evoluzione.

 

 

Albert Camus

 

 

Albert Camus

 

Scrittore francese (Mondovi, Algeria, 1913-Villeblevin, Yonne, 1960) nato da padre alsaziano, che morì alla battaglia della Marna, e da madre spagnola; conobbe durante l'infanzia e la giovinezza la miseria e lo sconforto dell'isolamento e dell'esilio, sia rispetto al mondo arabo sia a quello europeo. Compì gli studi sotto la guida di un maestro illuminato, Jean Grenier, fino all'università. Un attacco di tubercolosi lo costrinse all'abbandono di una tesi su Plotino e Sant'Agostino e all'interruzione degli studi universitari. Si volse quindi al teatro, organizzando una compagnia sperimentale, le Théâtre de l'Équipe, quindi al giornalismo. Nel 1940 approdò in Francia come giornalista a Paris Soir (dopo un'esperienza presso l'Alger Républicain, diretto da Pascal Pia), ma vi rimase poco. Vi ritornò definitivamente nel 1943, per partecipare alla Resistenza, nelle file di Combat. Il pensiero: negli anni di Algeri egli era venuto tracciando le grandi linee della sua filosofia umana e letteraria, espressa nei saggi dell'Envers et l'endroit (1937; Il diritto e il rovescio) e di Noces (1938; Nozze) e fondata principalmente sulla constatazione dell'ineliminabile assurdità della condizione umana. In quei primi saggi C. esprime la certezza che non vi sia altra via di scampo per l'umanità al di fuori di questo mondo. Per ora egli cerca nella terra, nella natura stessa (solare e mediterranea) il contatto con la realtà, una ragione di vita. Così ancora nel libro che lo rese famoso, L'étranger (1942; Lo straniero*), e nei saggi del Mythe de Sisyphe (1942; Il mito di Sisifo*) dove il sentimento dell'assurdo, che non è nell'uomo e neppure nel mondo, ma nella coesistenza degli esseri umani, trova la sua tesi. «Vivere significa far vivere l'assurdo» e ciò che conta, per quanto nelle possibilità dell'uomo, è trasformare quest'assurdo. Dall'esperienza individuale C. passò più tardi all'esperienza generale nell'Homme révolté, dove l'individuo esce dalla propria solitudine, ribellandosi alla distanza creatasi tra lui e il mondo, in uno slancio per la creazione di una società nuova che rivela come «La vera generosità verso il futuro consista nel dare tutto al presente». Nel romanzo La peste (1947; La peste*), nei drammi dell'État de siège (1948; Lo stato di assedio) e Les justes (1950; I giusti) si fa luce una morale relativamente ottimista, quella della solidarietà con gli uomini «nelle sole certezze che hanno in comune e che sono l'amore, la sofferenza, l'esilio», maturata da C. negli anni della Resistenza, della lotta per la liberazione dell'uomo condotta dalle pagine di Combat (di cui nel 1945 era diventato redattore capo), dalle esperienze che lo portarono a respingere le conclusioni dell'esistenzialismo sartriano e quelle del materialismo marxista.

L'impegno civile: altre tappe del percorso dalla rivolta a un nuovo umanesimo fatto di solidarietà, di rigorosa morale e di impegno politico e civile sono i drammi Le malentendu (1944; Il malinteso) e Caligula (1945), i saggi dell'Homme révolté (1951; L'uomo in rivolta), causa della rottura con Sartre, col quale C. non aveva mai voluto ammettere identità di pensiero. Dopo un rinnovato impegno politico, che si manifestò soprattutto con la sua collaborazione all'Express nel 1955-56, per i fatti d'Algeria, C. tornò alla letteratura con le novelle dell'Exil et le royaume (1957; L'esilio e il regno), il romanzo La chute (1958; La caduta), le cronache di Actuelles I, II, III (1950-53-58), i Carnets (postumi, 1962). Al teatro collaborò ancora adattando per le scene Requiem per una monaca di Faulkner, Gli ossessi di Dostoevskij, La devozione della croce di Calderón e Un caso clinico di Buzzati. Il premio Nobel conferitogli nel 1957 (tre anni prima della sua morte, avvenuta in un incidente automobilistico) riconobbe in lui il grande scrittore, ma forse ancor più la guida spirituale di un'intera generazione di giovani. Proprio per l'universalità dei miti e dei temi, l'interesse per l'opera di C. non accenna a diminuire. Accanto alle riedizioni, nuovi scritti sono venuti alla luce, per iniziativa degli esecutori testamentari, con i Cahiers Albert Camus, il primo dei quali contiene il romanzo La mort heureuse (1971), scritto tra il 1936 e il 1938. Altri scritti giovanili sono stati pubblicati nel 1973 (Le premier Camus; trad. it. Le voci del quartiere povero) mentre nel 1994 è stato pubblicato Premiere Homme, sorta di autobiografia curata dalla figlia dello scrittore.

 

 

Albert Einstein

 

 

Albert Einstein

 

Biografia e opere: Scienziato tedesco naturalizzato statunitense (Ulm, Germania, 1879-Princeton, New Jersey, 1955). Il maggiore tra i fisici della nostra epoca, la cui influenza sul pensiero scientifico e filosofico del Novecento può paragonarsi a quella esercitata nei secoli precedenti da Newton. Nato da famiglia ebrea, dall'età di un anno visse a Monaco; fu poi per alcuni anni a Milano e quindi a Zurigo (1896), dove proseguì gli studi alla Scuola Politecnica, allievo di H. Minkowski. Conseguita l'abilitazione all'insegnamento della matematica e della fisica (1900) e divenuto cittadino svizzero (1901), trovò un modesto impiego all'Ufficio brevetti di Berna. Seguirono anni di intenso studio decisivi per la sua vita. Nel 1905 pubblicò sugli Annalen der Physik quattro scritti di fondamentale importanza, tra cui Zur Elektrodynamik bewegter Körper (Sull'elettrodinamica dei corpi in movimento), dedicato alla teoria della relatività speciale, e Ist die Trägheit eines Körpers von seinem Energiegehalt hänging? (L'inerzia di un corpo è dipendente dal suo contenuto di energia?) nel quale riprese l'argomento. Sempre nel 1905 ottenne la libera docenza all'Università di Berna e nel 1909 fu nominato professore di fisica teorica presso l'Università di Zurigo; l'anno successivo fu chiamato alla medesima cattedra presso la Università tedesca di Praga e nel 1913 si trasferì a Berlino, ricoprendo la cattedra di fisica dell'Accademia prussiana delle Scienze e succedendo (1914) a Van't Hoff nella direzione del Kaiser Wilhelm Institut. In questa circostanza riacquistò la cittadinanza tedesca. Durante questi anni, benché i suoi studi fossero prevalentemente rivolti allo sviluppo della teoria della relatività, egli diede contributi fondamentali in altri campi della fisica teorica: è del 1905 l'interpretazione dell'effetto fotoelettrico, ottenuta generalizzando i risultati di alcuni lavori di M. Planck sul corpo nero, che gli valse nel 1921 il premio Nobel per la fisica; è del 1906 l'enunciazione della teoria dei moti browniani e del 1907 la teoria quantistica dei calori specifici; sempre del 1907 è la memoria in cui per la prima volta viene esposta la famosa equazione che stabilisce l'equivalenza fra massa ed energia, base teorica di tutte le ricerche nel campo dell'utilizzazione dell'energia nucleare. Alla generalizzazione della teoria della relatività e alla connessione tra fenomeni gravitazionali e moti accelerati E. dedicò gran parte della propria attività, traendo dalle ipotesi fondamentali deduzioni quantitative che potessero essere verificate sperimentalmente: previde la deflessione dei raggi luminosi in presenza di un campo gravitazionale (1911), diede un'interpretazione di alcune irregolarità del moto di Mercurio che non trovavano spiegazione nella meccanica newtoniana (1915), spiegò teoricamente lo spostamento verso il rosso delle righe spettrali. Frutto di oltre dieci anni di riflessioni fu la pubblicazione dell'opera Die Grundlagen der allgemeinen Relativitätstheorie (1916; I fondamenti della relatività generale), che egli stesso considerò come il proprio maggior contributo al pensiero scientifico; in varie occasioni egli ebbe a dire che la teoria della relatività ristretta sarebbe stata enunciata anche senza di lui, mentre assai più difficilmente qualcuno avrebbe pensato a riconsiderare la teoria della gravitazione che pareva definitivamente sistemata da Newton. Costrettovi dalle persecuzioni antisemitiche naziste, nel 1932 E. lasciò la Germania, stabilendosi prima in Belgio e successivamente negli Stati Uniti, dove divenne professore all'Institute for Advanced Studies di Princeton, assumendo nel 1941 la cittadinanza americana; nel 1945 si ritirò dall'attività accademica. In questo periodo dedicò la sua attività al tentativo di elaborare una teoria unitaria generale del campo che unificasse la teoria del campo elettromagnetico e di quello gravitazionale. Ciò richiese una radicale revisione del concetto di teoria fisica, di realtà fisica, dei rapporti tra geometria e fisica, sollecitata e giustificata da una profonda riconsiderazione di alcuni lavori di Gauss, Riemann, Christoffel, Ricci-Curbastro, Levi-Civita e del suo maestro Minkowski, e culminata nelle opere Kosmologische Betrachtungen zur allgemeinen Relativitätstheorie (Considerazioni cosmologiche sulla teoria della relatività generale) e Generalization of Gravitation Theory (Generalizzazione della teoria della gravitazione), entrambe del 1953. Benché questo sforzo di elaborazione teorica non sia giunto a risultati conclusivi, esso resta un punto basilare di riferimento per la scienza e la filosofia e uno dei punti più alti raggiunti dal pensiero scientifico di tutti i tempi. E. ebbe anche interessi filosofici ed epistemologici che lo spinsero a pubblicare molti lavori nei quali difese il proprio punto di vista sulla teoria fisica in decisa polemica con il gruppo di Copenaghen che aveva sviluppato la nuova meccanica quantistica su basi nettamente antitetiche. Grande impegno profuse anche nella stesura di opere a carattere divulgativo, alcune di eccezionale semplicità e rigore, consapevole come fu che le svolte più radicali della scienza devono essere comunicate in linguaggio appropriato al più largo pubblico possibile perché possano incidere sul costume, sul modo di pensare, sul senso comune dell'umanità intera. Tra queste, Scienza e religione (1940) dove contrappone la sua religione cosmica, che si fonda sull'armonia dell'universo e del pensiero, alla religione del terrore che si fonda su un concetto antropomorfico della divinità. La portata filosofica dell'opera di E. è stata ed è grandissima. L'eliminazione dal dominio della fisica – e per riflesso da quello più generale della filosofia – dei concetti di uno spazio e di un tempo assoluti, conseguente la teoria della relatività, ha costituito una vera rivoluzione. Secondo Newton i fatti si svolgono in un quadro immutabile costituito da uno spazio e un tempo assoluti; E. capovolge letteralmente questo punto di vista: secondo la teoria della relatività non ha senso parlare di spazio e di tempo se non in relazione ai fenomeni che vi si svolgono. Nonostante le sue idee abbiano prodotto mutamenti tanto profondi e radicali, E. perseguì fino agli ultimi anni l'ideale che fu proprio della fisica classica: dare della realtà – considerata esistente oggettivamente, indipendentemente dalla nostra osservazione – una descrizione concettualmente semplice, sostanzialmente deterministica, nella quale per ogni fenomeno si potesse stabilire un chiaro rapporto fra causa ed effetto. Tale impostazione gli fece respingere talune generalizzazioni della teoria quantistica, della quale pure era stato uno dei fondatori.

L'attività sociale e civile: cospicuo e ricco di risonanza fu l'impegno sociale e civile di E.; nel 1914 rifiutò di firmare il manifesto degli intellettuali tedeschi mirante a giustificare l'aggressione tedesca contro il Belgio; si adoperò per tutelare gli Ebrei e ridar loro una patria; protestò contro la violenza nazista e non lesinò gli sforzi per dare aiuto ai perseguitati dalla ferocia hitleriana. A lui si rivolsero E. Fermi, L. Szilard ed E. Wigner, nell'estate del 1939, perché intervenisse con tutto il suo prestigio presso il presidente Roosevelt in appoggio al progetto per la preparazione della bomba atomica. La necessità di opporsi alla minaccia del dominio nazista sul mondo indusse E. a scrivere la storica lettera del 2 agosto 1939 che diede praticamente il via ai piani per la produzione della bomba atomica statunitense. Ma dopo la distruzione di Hiroshima e Nagasaki, E. rivolse tutto il suo impegno politico al servizio della causa dell'impiego pacifico dell'energia atomica. L'ultimo appello pacifista che reca in calce la sua firma termina con queste parole: «Noi rivolgiamo un appello come esseri umani a esseri umani: ricordate la vostra umanità e dimenticate il resto. Se sarete capaci di farlo è aperta la via di un nuovo paradiso, altrimenti è davanti a voi il rischio della morte universale».

 


Albrecht (Alberto) Dürer

 

 

Albrecht Dürer - Madonna col Bambino

 

Pittore, disegnatore, incisore e teorico dell'arte tedesco (Norimberga 1471-1528). Figlio dell'orafo magiaro Albrecht il Vecchio, fu apprendista nella bottega paterna dal 1483 al 1486; poi studiò presso Michael Wolgemut, il maggior pittore e xilografo di Norimberga. Nel 1490 D. iniziò un lungo viaggio nelle terre tedesche; nel 1492 soggiornò a Colmar, poi fu a Basilea e a Strasburgo (1493) dove incontrò Hans Baldung Grien. Lavorando di volta in volta nei luoghi dove soggiornava, D. si fece un nome anche come xilografo. Nel 1494 tornò a Norimberga (dove sposò Agnes Frey), e ripartì subito dopo per Venezia. Stabilitosi in patria nel 1495, vi aprì una bottega fiorentissima e un anno dopo ebbe inizio il lungo sodalizio con il grande elettore di Sassonia Federico il Saggio. Negli anni 1505-07 fu ancora a Venezia: già celebre, soprattutto per le sue incisioni, fu al centro della raffinata società di nobili, artisti e umanisti della Serenissima. Tornato a Norimberga ebbe la protezione di Massimiliano I, lavorando specialmente come xilografo, fino al 1519, anno della morte dell'imperatore. A Norimberga continuò la sua attività, sebbene a ritmo meno serrato per il fisico indebolito da una grave malattia, occupandosi inoltre fino alla morte della pubblicazione delle sue opere teoriche.

Le opere dalla formazione alla maturità (1484-1514): Nelle primissime opere – l'Autoritratto a punta d'argento eseguito appena tredicenne (1484, Vienna, Albertina), gli acquerelli con i Tigli (1489-90, Rotterdam, Museum Boymans-van Beuningen), il Ritratto del padre (1490, Firenze, Uffizi) e soprattutto l'Autoritratto col fiore d'eringio (1493, Parigi, Louvre) – sono già realizzati pienamente quei caratteri di acuta penetrazione psicologica e di trasfigurato realismo che saranno costanti nella sua opera. Della sua prima attività di xilografo, che fu sempre prevalente su quella di pittore e di qualità pari se non superiore, rimangono, del periodo di Basilea, il S. Gerolamo che guarisce il leone e numerose incisioni per il Ritter vom Turn... (1493) e il Narrenschiff (1494). Il primo viaggio a Venezia (1494-95), con puntate anche a Padova e a Mantova, fu fondamentale per il completamento della sua formazione, che si arricchì del plastico monumentalismo di Mantegna e delle armonie classiche del Pollaiolo e di Giovanni Bellini. Il suo spirito di nordico rimase suggestionato dalla potenza evocativa dei miti e delle allegorie classiche (disegni a penna con il Ratto di Europa, Vienna, Albertina, e con la Morte di Orfeo, 1494, Amburgo, Kunsthalle). Un primo esempio di come D. fuse in una sintesi potente e organica due culture figurative diverse è nella ricca serie di acquerelli del 1494- 97 (la Veduta di Trento, già a Brema, Kunsthalle; il Granchio di mare, Rotterdam, Museum Boymans-van Beuningen; la Veduta di Arco, Parigi, Louvre; il Paesaggio alpino, Oxford, Ashmolean Museum; l'Albero e cava di pietra, Milano, Ambrosiana; lo Stagno in un bosco, Londra, British Museum; i Mulini su un fiume, Parigi, Bibliothèque Nationale), che preannunciano la cosmica visionarietà della scuola danubiana (v. Danubio, scuola del-). Nel 1498 D. illustrò l'Apocalisse con 15 xilografie che rappresentano uno dei massimi capolavori dell'arte tedesca. Tra queste tavole: S. Giovanni davanti a Dio e ai vegliardi, i Quattro Cavalieri, il S. Michele. Dello stesso anno è l'Autoritratto con i guanti (Madrid, Prado) in cui D. si raffigurò come un elegantissimo gentiluomo in un raffinato mondo di mistica misura: in diretto riferimento alla nuova immagine rinascimentale dell'artista. La popolarità e la larga diffusione che ebbe l'Apocalisse toccò anche alle xilografie eseguite per altri cicli religiosi: la Grande Passione (iniziata 1500, edita 1511, di cui si ricorda l'Ecce Homo), la Piccola Passione (1509-11), la Vita della Vergine (1500-11, comprendente la famosa tavola con il Riposo durante la fuga in Egitto), nei quali è evidente il proposito di una nuova interpretazione del Vangelo. In questi stessi anni D. eseguì numerose pale d'altare (spesso con aiuti di bottega), creando capolavori in cui lo spazio prospettico, i colori di smalto, il senso della quotidianità del divino sono le caratteristiche essenziali (Altare Paumgartner, 1502-04, Monaco, Alte Pinakothek, con la Natività affiancata da S. Giorgio e S. Eustachio; l'Adorazione dei Magi, Firenze, Uffizi; Giobbe e la moglie, Francoforte, Städelsches Kunstinstitut; i Due musici, Colonia, Wallraf-Richartz Museum). Dello stesso periodo sono il Compianto sul Cristo morto (Monaco, Alte Pinakothek) e una serie di ritratti di impressionante realismo (Oswolt Krel, 1499, Monaco, Alte Pinakothek; i Tucher, 1499, Weimar, Schlossmuseum, e Kassel, Gemäldegalerie; l'Autoritratto con pelliccia, effigiandosi come Salvator mundi, 1500, Monaco, Alte Pinakothek). I numerosi acquerelli di questi anni sono studi naturalistici di raffinata esecuzione: il Pappagallo (ca. 1502, Milano, Ambrosiana), il Leprotto (1502, Vienna, Albertina), la Piccola e la Grande zolla, Madonna degli animali (tutti ca. 1503, Vienna, Albertina). Il secondo viaggio a Venezia gli pose problemi più specificamente coloristici, stimolati dal contatto con Giorgione e Tiziano: esempio ne sono la Festa del Rosario (1506, Praga, Národni Galerie), la Dama veneziana (1505, Vienna, Kunsthistorisches Museum), il ritratto di Donna lombarda e la Madonna del lucherino (entrambe 1506, Berlino, Staatliche Museen). Rivolse inoltre la sua attenzione al nudo classico vitruviano (incisione con Adamo ed Eva, 1504), ma si sciolse dalle rigidezze canoniche, per un ideale di bellezza tutta umana, con le tavole a olio a grandezza naturale dell'Adamo ed Eva del Prado (1507). Ben presto tornò però a esprimersi con l'incisione: Cavaliere, la Morte e il Diavolo (1513), S. Girolamo nello studio (1514), Melencolia I (1514). Meno efficaci sono le pale d'altare (Martirio dei diecimila, 1508, Adorazione della SS. Trinità, 1511, entrambe a Vienna, Kunsthistorisches Museum).

Durer al servizio di Massimiliano I: al servizio di Massimiliano I D. partecipò alle grandi imprese decorative dell'imperatore, curate dal suo più intimo amico, l'umanista Willibald Pirckheimer, con il quale elaborò uno stile misto di elementi tardogotici e classicheggianti (xilografie per l'Arco di Trionfo e per il Corteo trionfale, 1515-18). Fra i ritratti e le figure sacre di questo periodo, dallo stile appiattito e decorativo: la Madonna col Garofano (1516, Monaco, Alte Pinakothek) e l'Imperatore Massimiliano I (1519, Vienna, Kunsthistorisches Museum). Un viaggio nei Paesi Bassi nel 1520 fu fecondo d'incontri con gli artisti locali, come ricorda D. nei suoi appunti di viaggio. Numerosi sono i disegni a punta d'argento: ritratti, da cui in seguito trasse incisioni e pitture, e studi dal vero (Erasmo da Rotterdam, ca. 1520, Parigi, Louvre; la Veduta del porto di Anversa, 1520, Vienna, Albertina).

Gli scritti teorici e le ultime opere: nell'ultimo periodo di vita si occupò principalmente della pubblicazione dei suoi scritti teorici, arricchiti da disegni scientifici: il trattato di geometria (1525); il trattato sulle fortificazioni (1527); il trattato sulle proporzioni (1528). Con essi, oltre alla divulgazione dei principi matematici che erano alla base dell'arte rinascimentale italiana, D. si proponeva di trasmettere le conclusioni cui era giunto in merito alla creazione artistica: in un vero artista, al Brauch, l'abilità tecnica, doveva accompagnarsi la Kunst, la capacità intellettuale di teorizzare e realizzare i principi generali dell'arte, concetto strettamente connesso alla figura dell'artista umanista e gentiluomo. Negli ultimi anni, nuovamente infiammato dalla rigorosa esperienza religiosa del protestantesimo, D. realizzò opere di potentissima espressività monumentale nella loro semplicità: i dieci disegni per la cosiddetta Passione oblunga (1520-24, divisi fra vari musei) e le tavole a grandezza naturale dei Quattro Apostoli (1526, Monaco, Alte Pinakothek). Stupendi sono anche gli ultimi ritratti: il Vecchio col berretto rosso (1520, Parigi, Louvre), l'Autoritratto come Ecce Homo (1523, Pommersfelden, castello dei conti di Schönborn), il Gentiluomo (1524, Madrid, Prado); Jakob Muffel e Hieronymus Holzschuher (1526, Berlino, Staatliche Museen), il medaglione con Johann Kleberger (1526, Vienna, Kunsthistorisches Museum).

 

 


Alberto Ferrero

 

 

Alberto Ferrero - Notturno

 

Nacque a Vercelli nel 1883. Studiò presso l’Accademia di Ginevra ove fruì dell’insegnamento di Léon Grand e dove, solo ventiquattrenne, ebbe la Cattedra per l’insegnamento del nudo.

Si trasferì quindi a Milano dove aprì il proprio studio.

Fu artista meravigliosamente versatile ed eclettico senza nocumento per la propria personalità artistica che gli consentì un’impronta spiccatamente personale in tutti i suoi lavori.

Alla Biennale di Milano del 1916 espose il quadro “Il dramma” che gli consentì la nomina a membro onorario dell’Accademia di Brera e poi l’insegnamento presso l’Accademia stessa.

Si dedicò principalmente al ritratto e alla figura con ottimi risultati.

Praticamente sconosciuto a Vercelli, a Milano mantiene un certo mercato in una ristretta ma selezionata cerchia di collezionisti.

Morì a Roma nel 1963.

 

 

Alberto Lattuada

 

 

Caricatura di Alberto Lattuada


(Milano, 1914- ), regista. Laureato in architettura, si interessò alle arti visive in genere e ha collaborato a riviste come "Corrente" e "Domus" ed è stato tra i fondatori della Cineteca Mario Ferrari, ora Cineteca Italiana, di Milano. Nel 1940 lavorò con Mario Soldati a Piccolo mondo antico. Esordì come regista nel 1942, con Giacomo l'idealista, dal romanzo di Emilio De Marchi. Lattuada si è spesso distinto in opere di ispirazione letteraria, filtrate da una personale interpretazione del neorealismo e caratterizzate da un particolare formalismo che ne ha decretato l'iscrizione tra i registi calligrafici. Autore eclettico, è passato dalla satira (La spiaggia, 1954), al giallo (L'imprevisto, 1961), alla commedia (Venga a prendere il caffè da noi, 1970), al melodramma (La cicala, 1980). Il suo nome è stato spesso legato al lancio di giovani attrici, tra cui Jacqueline Sassard (Guendalina, 1957) e Catherine Spaak (Dolci inganni, 1960), in cui il regista mise in mostra la propria attenzione ai caratteri e alle atmosfere. Nel 1985 è stato autore, per la televisione, del kolossal Cristoforo Colombo.

 

 

Alberto Lupo

 

 

Alberto Lupo

 

Nome d'arte dell'attore teatrale e cinematografico italiano A. Zoboli (Genova 1924-San Felice Circeo 1984). Formatosi nella città natale, lavorò poi al Piccolo Teatro di Milano e in seguito con compagnie varie. Popolare interprete televisivo di romanzi sceneggiati (Il caso Maurizius, La cittadella, ecc.), lavorò anche per il cinema.

 


Alberto Moravia

 

 

Alberto Moravia

 

Nome con cui è noto lo scrittore italiano Alberto Pincherle Moravia (Roma 1907-1990). Per una grave malattia, fu costretto nell'adolescenza ad anni di forzata immobilità e si dedicò ad accanite letture. A vent'anni, guarito, condusse a termine la stesura del suo primo romanzo, Gli indifferenti* (1929), descrizione cruda e impietosa degli aspetti più sconcertanti della vita della borghesia romana nel primo dopoguerra e dell'impotenza morale dei più giovani. A questa “opera prima”, che mostrava nel giovanissimo scrittore una precoce e disillusa maturità, seguirono un romanzo alquanto macchinoso e prolisso, Le ambizioni sbagliate (1935), e una raccolta di novelle, La bella vita (1935), che, insieme con la raccolta successiva, L'imbroglio (1937), contiene alcuni tra i migliori racconti moraviani, come Inverno di malato. Dopo le esercitazioni di prosa d'arte de I sogni del pigro (1940), M. tentò la satira politica con La mascherata (1941), un romanzo che, essendo centrato sulla grottesca raffigurazione di un'immaginaria dittatura, fu sequestrato dalle autorità fasciste. Nel 1944, con le prose d'impegno civile de La speranza e con i racconti d'intonazione surrealistica de L'epidemia, apparve il romanzo breve Agostino, storia dell'iniziazione sessuale di un adolescente che coincide con la rivelazione delle ingiustizie sociali. Alla traumatica scoperta, da parte di Agostino, del sesso e del danaro come elementi fondamentali dell'alienazione borghese, si contrappone in un altro adolescente, Luca, protagonista de La disubbidienza (1948), la deliberata assunzione del sesso come strumento di liberazione per fondare una vita più schietta e autentica. Ma già ne La romana (1947) il rigorismo morale di M. si era attenuato, cedendo il passo, nella rappresentazione delle classi subalterne, a una concezione non più patologica o ambigua, ma fondamentalmente sana della condizione sessuale. Accanto a due romanzi “coniugali”, L'amore coniugale (1949) e Il disprezzo (1954), in cui la tematica moraviana è applicata alla maggiore istituzione etica borghese, il matrimonio, e a un romanzo politico freddo e cerebrale, Il conformista (1951), M. scrisse in quel periodo i Racconti romani (1954) e i Nuovi racconti romani (1959), rispecchiando, con alto manierismo, la vita del sottoproletariato romano e dei suoi espedienti per sopravvivere. Un racconto “romano” è anche La ciociara (1957), che però costituisce un'eccezione nella produzione moraviana, rappresentando un mondo in cui c'è spazio per la nostalgia di un “paese innocente”, di sentimenti semplici e veri. Con La noia (1960), M. ritorna al motivo fondamentale della dissoluzione della vita nell'alienazione. L'arte di M. tende poi a complicarsi, seguendo gli schemi ideologici suggeriti da varie mode espressive: dal romanzo-saggio ne L'attenzione (1965) al pensiero di Wittgenstein nei racconti di Una cosa è una cosa (1967), dalla condizione della donna nella società contemporanea nelle raccolte di racconti Il paradiso (1970), Un'altra vita (1973) e Boh (1976) al fenomeno del terrorismo in La vita interiore (1978), alla propria militanza in Impegno controvoglia (1980). Sta a sé il romanzo Io e lui (1971), caratterizzato da una comicità priapea di tipo fescennino. Ma con 1934 (1982) M. ha ripreso la sua tematica più persuasiva, la desolata intuizione della pena di vivere; nel 1983 ha pubblicato i racconti La cosa, nel 1985 il romanzo L'uomo che guarda e nel 1989 Viaggio a Roma, mentre postumo è il romanzo La donna leopardo (1991). Collaboratore di vari giornali (Corriere della Sera, L'Espresso, ecc.) e fondatore della rivista Nuovi Argomenti (1953), ha raccolto in A quale tribù appartieni? (1972), in Lettere dal Sahara (1981) e in Alcune Afriche (1983) parte dei suoi reportages giornalistici e in Al cinema (1975) le sue recensioni cinematografiche. Si è cimentato nel campo della favolistica con Storie della preistoria (1982). Per il teatro ha scritto: Il mondo è quello che è (1966), Il dio Kurt (1968), L'intervista (1968), La vita è gioco (1969), L'angelo dell'informazione e altri testi teatrali (1986). Una sua biografia, cui ha collaborato lo stesso M., è stata curata da A. Elkann (1990).

 


Albert Sabin

 

 

Medico statunitense di origine polacca (Bialystok 1906-Washington 1993). Ha svolto la sua attività di scienziato, in particolare di virologo, soprattutto negli U.S.A. (di cui prese, nel 1930, la nazionalità). Ha legato il suo nome alla realizzazione di un vaccino orale antipoliomielitico, preparato con virus vivi ma attenuati, che dal 1956 viene usato efficacemente nella lotta contro la poliomielite. Negli anni Sessanta trasferì la maggior parte della sua attività in Israele, dedicandosi soprattutto a ricerche sul cancro.

 


Carlo Alberto Salustri (Trilussa)

 

 

Trilussa (Carlo Alberto Salustri)

 

Vero nome del poeta italiano Trilussa (Roma 1871-1950). Cominciò giovanissimo a scrivere poesie in italiano, adottando poco dopo il dialetto romanesco. Esordì con Stelle de Roma (1889), dove già si affermavano le qualità elegiache e satiriche che lo avrebbero caratterizzato negli anni futuri. Attraverso le varie raccolte (Quaranta sonetti romaneschi, 1895; Favole romanesche, 1901; Caffè concerto, 1901; Er serrajio, 1907; Ommini e bestie, 1908; Le storie, 1915; Le cose, 1922; La gente, 1927; Cento favole, 1934; Cento apologhi, 1935) T. conquistò uno spazio originale nel quadro della poesia dialettale contemporanea. Il tirocinio giornalistico compiuto su Rugantino e Don Chisciotte rivelò a T. la propria inclinazione per i fatti di costume e per gli aspetti quotidiani della realtà. Gli spunti della cronaca stemperati nella saggezza icastica della tradizione popolare romana fornirono materiale per il discorso favolistico, in cui T. raggiunse il massimo della sua espressività. La personalizzazione di un mondo animale dei più originali e gustosi attribuisce alle favole di T. un'autonomia narrativa anche indipendentemente dalla morale che esse suggeriscono. La sua cifra poetica, spesso affidata a un'immagine che si chiarisce in una brusca “verità”, trova i propri antecedenti in autori quali L. Stecchetti, E. Panzacchi, G. Gozzano, A. Palazzeschi, oltre che nella tradizione satirica classica fino alle pasquinate.

 

 

Alberto di Sassonia

 

Filosofo tedesco (Rickmersdorf ca. 1316-1390). Fu maestro nella facoltà delle arti a Parigi, poi rettore dell'Università di Vienna e infine vescovo di Halberstadt. Studioso di logica e di matematica, commentò Aristotele e scrisse una raccolta di Sophismata. Scolaro di Buridano, la sua filosofia si rifà a quella di Occam e si fonda sul metodo dell'osservanza e della ripetuta sperimentazione.

 

 

Albert Schweitzer

 

 

Albert Schweitzer

 

Teologo, storico, medico, musicologo e missionario francese d'origine alsaziana (Kaisersberg, Alsazia, 1875-Lambaréné, Gabon, 1965). A 14 anni predicava già a Strasburgo; nel 1902 conseguì la libera docenza in scienze neotestamentarie, dandosi allo studio della storia del cristianesimo di cui furono frutto le opere: Das Abendmahl im Zusammenhang mit dem Leben Jesu (1901; Il rapporto fra la Cena e la vita di Gesù), Geschichte der Leben-Jesu-Forschung (1906-13; Storia della ricerca sulla vita di Gesù), Die Mystik des Apostels Paulus (1930; La mistica dell'apostolo Paolo). Sulla scia di J. Weiss e di A. Loisy, S. elaborò la tesi della cosiddetta “scuola escatologica” per cui l'attesa della parusia sarebbe stata sentita come imminente dai cristiani della prima generazione. Perciò la primissima etica cristiana sarebbe stata un'etica provvisoria appunto perché condizionata da un evento che si sentiva prossimo. Laureatosi in medicina nel 1913, si dedicò completamente all'azione missionaria, fondando nel Gabon il noto ospedale di Lambaréné, che finì poi per dirigere per tutta la vita. Come musicista, si perfezionò con Widor a Parigi, dove fu organista (1903-12) della Société J. S. Bach. Si dedicò inoltre a studi di musicologia (famoso il suo saggio J. S. Bach, le musicien poète, 1905) e di arte organaria. Per sostenere la sua opera missionaria tenne spesso concerti d'organo, conferenze e corsi di perfezionamento in Europa. L'apostolato di carità valse a S. nel 1952 il premio Nobel per la pace. S. ha lasciato numerosi saggi storico-religiosi e teologici e ricordi autobiografici, tra cui interessanti quelli sull'attività missionaria in Africa. Non poche sono le opere e i drammi ispirati dalla sua personalità, una delle più interessanti della religiosità contemporanea.

 

 

Albert Francis Sinatra (Frank Sinatra)

 

Nome d'arte del cantante e attore statunitense Francis Albert Sinatra (Hoboken 1915). Ha debuttato in orchestre di secondo piano e ha collaborato dal 1939 al 1942 con le orchestre jazz di Harry James e di Tommy Dorsey. Le sue interpretazioni di temi melodici come Old Man River e Stormy Weather con la formazione d'archi di Axel Stordahl gli hanno procurato una tale popolarità da essere soprannominato The Voice (La voce). Tra le sue canzoni più celebri sono I'll Never Smile Again, Night and Day, Nature Boy, Laura, Lonesome Road. Interprete dal 1941 di alcuni film musicali (i migliori: Due marinai e una ragazza, 1945, e Un giorno a New York, 1949), nel 1945 rivelò doti drammatiche nel cortometraggio sociale The House I Live In (sceneggiato da A. Maltz), che riaffermò in Da qui all'eternità (1953). Proseguì poi la fortunata carriera su tre registri: il dramma (Nessuno resta solo, 1955; L'uomo dal braccio d'oro, 1956; Qualcuno verrà, 1959; Va' e uccidi, 1962); la commedia (Alta società, 1956; Il jolly è impazzito, 1957; Un uomo da vendere, 1959) e il musical (Bulli e pupe, 1955; Pal Joey, 1957; Can-Can, 1960). Dal 1956, con Johnny Concho, anche produttore; negli anni Sessanta destinò la propria ditta, la Essex, a giocosi film d'azione (Colpo grosso, Tre contro tutti), limitandosi come protagonista al genere poliziesco (tre film del 1967-68, tra cui L'investigatore, sul detective Tony Rome) o al western (da I quattro del Texas, 1964, a Dingus, uno sporco individuo, 1970).

 


Alberto Sordi

 

 

Alberto Sordi

 

Attore e regista cinematografico italiano (Roma 1920 – Roma 2003). Proveniente dall'avanspettacolo e dal teatro di rivista, poi dal doppiaggio cinematografico (prestò la voce al comico O. Hardy, “Ollio”) e dalla radio, debuttò come protagonista sullo schermo (Mamma mia che impressione!, 1951) con un collage dei suoi personaggi radiofonici che non ebbe successo. Tornato alla rivista, fu riportato al cinema da F. Fellini, che con Lo sceicco bianco (1952) e soprattutto con I vitelloni (1953) lo rivelò interprete di grande forza satirica. In una serie di commedie di costume e di ritratti deformanti e caricaturali, il personaggio S. divenne quindi l'emblema di un certo italiano medio degli anni Cinquanta, l'eroe negativo piccolo-borghese coi suoi compromessi spiccioli, le sue grandi e piccole vigliaccherie, le sue untuosità striscianti, le sue meschinità quotidiane, la sua patetica arte di arrangiarsi. Il seduttore (1954), Un americano a Roma (1954), Un eroe dei nostri tempi (1955), L'arte di arrangiarsi (1955), Lo scapolo (1956), Il marito (1958), Il vigile (1960), Il commissario (1962) ed infine Il medico della mutua (1968) appartengono, tra molti altri, a questa linea che gli procurò grandissima popolarità; mentre con I magliari (1959), La grande guerra (1959), Tutti a casa (1960), Il giudizio universale (1961), Una vita difficile (1961), Mafioso (1962), Il maestro di Vigevano (1963), e più tardi con Nell'anno del Signore (1969), Detenuto in attesa di giudizio (1971), Lo scopone scientifico (1972), Un borghese piccolo piccolo (1977), L'ingorgo (1979), egli approfondì ulteriormente il proprio ruolo anche in senso drammatico. Nel 1965, con Fumo di Londra, esordì nella regia, dirigendo poi sempre se stesso in numerosi film tra cui: Scusi, lei è favorevole o contrario? (1966), Amore mio aiutami (1969), Polvere di stelle (1973), Il comune senso del pudore (1976), Io e Caterina (1980), Il tassinaro (1983), Tutti dentro (1984), Assolto per aver commesso il fatto (1993), Nestore - L'ultima corsa (1994). Tra gli altri film interpretati: Il marchese del Grillo (1981), Una botta di vita (1988), L'Avaro (1990), In nome del popolo sovrano (1990).

 

 

 

Alberto Tomba

 

 

Alberto Tomba

 

Il più grande campione di sci italiano di tutti i tempi. E’ nato a Bologna il 19 Dicembre 1966. Per fare la sua autobiografia più che le parole contano i fatti.

 

RISULTATI PIU’ SIGNIFICATIVI

 

Campionati del Mondo Juniores

1984 Sugarloaf (USA) 4° Slalom Speciale

 

Campionati del Mondo

1987 Crans Montana (SWI) 3° Slalom Gigante

1989 Vail (USA) 6° Super Gigante

1991 Saalbach (AUT) 4° Slalom Speciale

1996 Sierra Nevada (SPA) 1° Slalom Speciale-1° Slalom Gigante

1997 Sestriere (ITA) 3° Slalom Speciale

 

Olimpiadi

1988 Calgary (CAN)     1° Slalom Speciale-1° Slalom Gigante

1992 Albertville (FRA) 1° Slalom Gigante-2° Slalom Speciale

1994 Lillehammer (NOR) 2° Slalom Speciale

1998 Nagano (JAP)

 

Coppa del Mondo

1986 Alta Badia - Primo Podio - 2° Slalom Gigante

1987 Sestriere - Prima vittoria - 1° Slalom Speciale

1988 Coppa del Mondo di Slalom Speciale e Slalom Gigante

1991 Coppa del Mondo di Slalom Gigante

1992 Coppa del Mondo di Slalom Speciale e Slalom Gigante

1994 Coppa del Mondo di Slalom Speciale

1995 Coppa del Mondo Generale, Coppa del Mondo di Slalom Speciale e Slalom Gigante

 

Vittorie per anno:  1987/88 9 - 1988/89 1 - 1989/90 3 - 1990/91 6 - 1991/92 9 - 1992/93 1 - 1993/94 4 - 1994/95 11 - 1995/96 3 - 1996/97 1 - 1997/98 2

 

            50 vittorie in Coppa del Mondo

            28 2° posto in Coppa del Mondo

            11 3° posto in Coppa del Mondo

11 (1994/95) numero di vittorie consecutive in Coppa del Mondo

            89 volte sul Podio - 1 Coppa del Mondo - 8 Coppe di Specialità

 

3 medaglie d’oro - 2 medaglie d’argento Olimpiadi

2 medaglie d’oro - 2 medaglie di bronzo Mondiali

 

FUMETTI

 

 

 

Lupo Alberto

 

 

Lupo Alberto

 

Personaggio dei fumetti italiani, uno dei più interessanti e di successo degli anni Ottanta. É apparso per la prima volta nel 1973 come protagonista di strip a firma Silver, pseudonimo del disegnatore Guido Silvestri. La trama essenziale, su cui ruotano innumerevoli varianti, è il tentativo della gallina Marta di portare all'altare Lupo Alberto. Nella fattoria dei MacKenzie, in cui non appaiono mai gli esseri umani, prende il via una saga in cui negli animali antropomorfizzati si rispecchiano vizi e virtù umane.

 

 


 

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15 novembre 2012                       a cura di Alberto "da Cormano" Grazie dei suggerimenti alberto@ora-et-labora.net