Lo studio, profondo ed assiduo quale s'attaglia al suo temperamento grave, gli ha reso familiare, oltre la Bibbia, la precedente letteratura patristica e quella monastica.

Fermandoci ora brevemente su quest'ultima, specifica per la sua formazione mentale e la sua preparazione all'opera legislativa, notiamo che egli conosce la Regula Pachomii, tradotta da S. Girolamo nel 404; la Regula Basilii, ossia il Parvum Asceticon, tradotto da Rufino, e molto probabilmente l'Admonitio ad filium spiritalem, forse spuria; la Regula di Agostino, ossia, secondo la nomenclatura del Verheijen, il Praeceptum preceduto dall'Ordo monasterii, e la celebre sua Epistula 211, ossia quella che il Verhejien chiama Epistula longior, abbinamento della Obiurgatio e della Regularis informatio dirette alle monache, la Regula IV Patrum e la 2 Regula Patrum, la Regula Macarii e la cosiddetta Orientalis.

Resta incerto invece se S. Benedetto abbia conosciuto del suo coevo Cesario la Regula ad monachos e la stessa Regula (Statuta) sanctarum virginum, terminata nel 534 e, a quanto pare dimostrato, anteriore alla precedente. Omissis....

Anzitutto, com'era da aspettarsi, va nominato Cassiano, del quale S. Benedetto espressamente ricorda e raccomanda sia le Collationes, sia il De institutis coenobiorum. Le due opere gli sono molto familiari, tanto che ne riporta spesso testi ed espressioni a memoria, anche se talora senza fedele precisione.

Cosi gli sono note le Vitae Patrum, tra cui quasi certamente la Vita Pachomii, tradotta da Dionigi il Piccolo, e la Historia monachorum, tradotta da Rufino.

La " Regula Magistri "

Per i particolari rapporti che presenta con la nostra Regola (= RB.), una speciale menzione esige la cosiddetta Regula Magistri (= RM.), divenuta oggi così celebre. Essa infatti, lunga tre volte più di RB., all'inizio contiene, quasi intieri e letteralmente, il Prologo e i capitoli 1-2, 4-7 di questa; riproduce spesso, nell'ordine dei capitoli, lo schema di quelli benedettini; ha molti punti di contatto con essi; termina col capitolo sui portinai, appunto come la RB. in una sua prima stesura. Omissis....

Ma dal 1938 circa è apparsa la tesi che attribuisce a RM. la priorità cronologica su RB., e per gli stretti evidenti legami che intercorrono fra loro, farebbe di RM. una fonte, anzi la principale fonte di RB. Omissis....

Data poi, e non ancora concessa, la priorità di RM., non deve sorprendere come S. Benedetto ne abbia trascritto letteralmente lunghi tratti in quei primi capitoli. Entrerebbe qui in giuoco il difetto della nostra visuale moderna. Lo stesso Vogüé avverte che dal sec. V all'VIII " gli autori di regole e trattati copiano o utilizzano largamente scritti anteriori., fino a comporre dei florilegi, come la Regola di Donato, o delle Regole-centoni, come quella di Eugippio". Per gli antichi uno scritto dottrinale o legislativo era patrimonio comune, e se ne prendeva liberamente e anche letteralmente in prestito il contenuto senza bisogno di citarlo.

Né S. Benedetto (sempre supposta quella tesi) trasferisce di peso la materia di quei. capitoli: egli abbrevia, omette., aggiunge, corregge, fa insomma opera di attenta revisione, perché quella materia risulti coerente col suo pensiero.

4. Sacra Scrittura e altri autori

Oltre che della suddetta letteratura specifica (a cui bisogna supporre l'aggiunta di altre opere non attestate), grande riserva di studio e di meditazione che lo formò monaco e maestro di monaci, S. Benedetto si nutrì, nel glorioso e comune solco della tradizione cristiana e monastica, anzitutto della Sacra Scrittura. " Quale pagina o quale parola di autorità divina del V. e N. Testamento - osserva egli stesso - non è rettissima norma per la vita eterna?".

Egli la cita spesso, specialmente nei passi dottrinali e parenetici. Più utilizzati fra tutti sono i Salmi, i Proverbi, l'Ecclesiastico (Siracide), e del N. T. gli Evangeli di Matteo e di Luca e in grande abbondanza le Epistole paoline.

La grande familiarità ch'egli ha con i sacri testi lo porta spesso a citare a memoria: sicché gli avviene ogni tanto di riportare un medesimo testo con qualche variante.

Certamente poi egli ha profonda conoscenza dei Padri " nominati et orthodoxi catholici " che ordina di leggere nel divino Officio e che raccomanda con insigne elogio nel chiudere la Regola. Se poco o nulla trapela dei Padri greci, tra quelli latini risultano certo Cipriano, Ambrogio, Girolamo, Agostino, Leone Magno,

A questi autori si devono aggiungere le Vite dei santi e gli Acta o Passiones di martiri, che saranno state nutritivo pascolo anche per la lectio divina dei suoi monaci.

Di queste la Passio Sebastiani e la Passio Anastasiae sono citate una sola volta ciascuna; mentre più frequenti sono i testi della Passio Iuliani.


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22 giugno 2014                a cura di Alberto "da Cormano"        Grazie dei suggerimenti       alberto@ora-et-labora.net