Regola di S. Benedetto

Prologo della Regola: ..... Quando poi il Signore cerca il suo operaio tra la folla, insiste dicendo: "Chi è l'uomo che vuole la vita e arde dal desiderio di vedere giorni felici?". Se a queste parole tu risponderai: "Io!", Dio replicherà: "Se vuoi avere la vita, quella vera ed eterna, guarda la tua lingua dal male e le tue labbra dalla menzogna. Allontanati dall'iniquità, opera il bene, cerca la pace e seguila". Se agirete così rivolgerò i miei occhi verso di voi e le mie orecchie ascolteranno le vostre preghiere, anzi, prima ancora che mi invochiate vi dirò: "Ecco sono qui!".
Fratelli carissimi, che può esserci di più dolce per noi di questa voce del Signore che ci chiama?

Capitolo IV - Gli strumenti delle buone opere
Prima di tutto amare il Signore Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutte le forze; poi il prossimo come se stesso. ..... Temere il giorno del giudizio, tremare al pensiero dell'inferno, anelare con tutta l'anima alla vita eterna, prospettarsi sempre la possibilità della morte.

Capitolo LXXII - Il buon zelo dei monaci
Come c'è un cattivo zelo, pieno di amarezza, che separa da Dio e porta all'inferno, così ce n'è uno buono, che allontana dal peccato e conduce a Dio e alla vita eterna. ......... si portino a vicenda un amore fraterno e scevro da ogni egoismo;  temano filialmente Dio; amino il loro abate con sincera e umile carità;  non antepongano assolutamente nulla a Cristo, che ci conduca tutti insieme alla vita eterna.


Tema della Regola: La vita eterna


DESIDERARE
CON OGNI CONCUPISCENZA SPIRITUALE
LA VITA ETERNA

Estratti da: "Al termine del giorno" di Enzo Bianchi - Ed. Qiqajon 2017

 

Fratelli e sorelle,

il capitolo della Regola di Benedetto riguardante gli strumenti delle buone opere (RB 4) presenta tutta una serie di comandi, di precetti, di consigli: sono tantissimi, sono diversissimi. Il capitolo inizia con il grande comandamento: “Amerai il Signore Dio tuo, amerai il prossimo tuo come te stesso” (cf. RB 4,1-2; Mc 12,30-31 e par.), e poi si intrecciano comandamenti, parole di Gesù, parole dei sapienti di Israele, parole dell'Apostolo. Noi non commenteremo tutto, ci soffermeremo piuttosto sui consigli più difficili, quelli che sentiamo più estranei, forse a causa della nostra cultura, forse a causa della nostra vita spirituale.

Tra i grandi strumenti delle buone opere Benedetto chiede di “desiderare con ogni concupiscenza spirituale la vita eterna” (vitam aeternam omni concupiscentia spiritali desiderare-. RB 4,46). “Vita eterna” è già un’espressione che non riusciamo a comprendere, che probabilmente non evoca in noi ciò che poteva evocare per i primi discepoli o nei secoli passati. Ma la vita eterna è la vita con Cristo che noi abbiamo amato, è la vita con lui che ci ha chiamati a essere coinvolti nella sua vicenda, inseparabilmente, nell’amore: una vita in cui non c’è più né lutto, né pianto, né morte (cf. Ap 21,4; Is 25,8) e c’è soprattutto questa capacità di vivere di amore, soltanto di amore, nient’altro che nell’amore.

Se questa è la vita eterna, noi di fatto la desideriamo, anche se non esprimiamo questo desiderio o non lo esprimiamo con queste parole. Chi di noi non desidera soltanto l’amore, che soltanto l’amore regni nelle nostre vite? In certi momenti, in certi “squarci” che mi sembra siano dati dal Signore, mi domando perché noi a volte vogliamo stare fuori dall’amore e ci rendiamo la vita grama, giorno dopo giorno; perché semplicemente non vogliamo vivere nell’amore e vogliamo vivere invece nell’opposizione, nella contestazione dell’altro; perché vogliamo vivere contro l’altro e, quando non contro l’altro, senza l’altro; perché, visto che così è l’inferno, già qui, e lo diciamo.

La vita eterna è la vita in cui regna soltanto l’amore, in cui c’è una comunione di diversi, di persone “altre”, possibile nell’amore. Ora Benedetto dice che questa vita va desiderata “con ogni concupiscenza spirituale”, veramente con ogni passione dello Spirito. Se noi avessimo questa consapevolezza e sapessimo nutrire questa passione, questo desiderio giorno dopo giorno; se fossimo capaci, soprattutto con il passare degli anni e con l’avvicinarsi della vecchiaia e quindi della morte, semplicemente di fare i calcoli e renderci conto che le nostre vite, quando passano senza amore un giorno dopo l’altro, sono vite sprecate, allora noi potremmo capire che questo è uno strumento per un’azione bella e buona, umana, un’azione che ci dà la salvezza perché ci coinvolge con la vita di Gesù.

Fratelli e sorelle, impariamo a desiderare la vita eterna: “Gesù Cristo è la vita eterna” (cf. 1 Gv 5,20), desideriamo vivere del suo amore e di nient’altro che del suo amore. E giorno dopo giorno questo amore rinnoverà in noi la giovinezza come all’aquila (cf. Sal 102 [103],5), rinnoverà il nostro desiderio che sarà sempre un desiderio giovane e passionale, non frustrato, non stanco. Il Signore rinnoverà le nostre forze e ci darà di tendere verso di lui fino a incontrarlo nell’ultimo giorno.

Perciò, fratelli e sorelle, vigiliamo perché il nostro nemico, l’avversario, cercando una preda da divorare, ci fa desiderare non la vita eterna, non l’amore, ma questa egolatria che ormai è diventata una piaga culturale. Resistiamo al demonio forti nella fede e tu, Signore, abbi pietà di noi (cf. 1 Pt 5,8-9).

 

CRISTO CI CONDUCA TUTTI
ALLO STESSO MODO
ALLA VITA ETERNA

 

Fratelli e sorelle,

Benedetto conclude il capitolo 72 della Regola invitando a “nulla anteporre a Cristo” (cf. RB 72,11), affinché - dice - egli “ci conduca tutti insieme alla vita eterna” (nos pariter ad vitam aeternam perducat: RB72,12). Ecco il télos che sta davanti alla nostra vita: la vita eterna. Una vita per sempre, ma soprattutto una vita in Dio che è amore (cf. 1 Gv 4,8.16), una vita che ci viene donata dal Signore stesso nella misura in cui noi non preferiamo nulla all’amore. La nostra vita di sequela è soltanto questo. Come dice l’apostolo Giovanni nella sua prima lettera, “noi abbiamo creduto all’amore” (1 Gv 4,16), quindi dobbiamo vivere nell’amore per sperare l’amore che è la vita eterna in Dio.

Ciò che della Regola di Benedetto vorrei qui sottolineare è quel nos pariter. Giustamente traduciamo pariter “tutti insieme”, ma in realtà il vocabolo è ricco di altre sfumature: “Ci conduca tutti allo stesso modo”. Questo è il desiderio che deve essere nel cuore di ciascuno di noi. Da ciò si può anche capire la nostra capacità di amore fraterno, se noi desideriamo che il Signore conduca alla vita eterna anche l’altro fratello, l’altra sorella, e li conduca nello stesso modo con cui noi vogliamo essere condotti da Dio, pariter. Su questo possiamo misurare i sentimenti profondi che abbiamo verso i fratelli e le sorelle che vivono con noi: desideriamo davvero che il Signore conduca loro e noi, allo stesso modo, alla vita eterna? Desideriamo davvero che ci porti tutti insieme nel suo Regno e che possiamo amarci di là senza la fatica con cui ci siamo amati di qui? Almeno questo lo desideriamo?

Noi dobbiamo interrogarci su questo pariter, perché Benedetto non dice soltanto: “Ci conduca alla vita eterna”, ma: “Ci conduca allo stesso modo” e, di conseguenza, “tutti insieme”. Volere la salvezza del fratello e della sorella significa volere l’amore di Dio per lui, per lei, già adesso. Significa pregare perché questo amore risieda realmente nel fratello e nella sorella e perché, come salva noi, così salvi anche loro che sono sempre per noi - come dice Paolo - “un fratello, una sorella per cui Gesù è morto” (cf. Rm 14,15; 1 Cor 8,11). È vero che Paolo dice: “Per me ha dato la vita” (cf. Gal 2,20), ma pariter, “ugualmente”, l’ha data anche per loro, per quel fratello e quella sorella che vivono quotidianamente accanto a me.

Questa dovrebbe essere la speranza che dimora in noi, ma anche la preghiera che possiamo fare ogni giorno, soprattutto alla fine della giornata, quando affidiamo al Signore quelli che ci ha dato. Con il Signore Gesù possiamo dire: “Quelli che tu mi hai dato” (Gv 17,6.9.11.12.24; 18,9), che sono miei custodi e dei quali io sono custode, li presento a te perché tu ci conduca tutti pariter ad vitam aetemam.

Perciò, fratelli e sorelle, restiamo sobri e vigiliamo perché il nemico, come leone ruggente, cerca di divorarci. Resistiamogli forti nella fede e tu, Signore, continua ad avere tanta misericordia di noi (cf. 1 Pt 5,8-9).

 

CRISTO CI CONDUCA
TUTTI INSIEME ALLA VITA ETERNA

 

Fratelli e sorelle,

già abbiamo meditato l’ultima parola del capitolo 72 della Regola di Benedetto, strettamente legata all’“assolutamente nulla prepongano a Cristo” (RB 72,11), quella che ricorda Cristo come “colui che ci conduce tutti insieme alla vita eterna” (qui nos pariter ad vitam aeternam perducat: RB 72,12).

È una parola molto importante, e noi l’abbiamo assunta anche nella liturgia per l’annuncio del perdono da parte del presbitero, là dove si dice: “Il Signore ci conduca tutti insieme alla vita eterna”. Non è semplicemente un augurio ed è molto più di una preghiera. È una volontà, un desiderio nel quale dovremmo esercitarci, consapevoli che la salvezza o è di tutti noi che viviamo insieme oppure non può essere piena salvezza. All’interno di una comunione, all’interno di un’alleanza concreta, io non posso non desiderare che l’altro venga salvato dal Signore come sono salvato io, che il Signore conduca me e conduca anche gli altri alla vita eterna. La comunione che viviamo oggi deve assolutamente essere una comunione anche al di là della morte, perché altrimenti non avrebbe nessun senso fare tanta fatica per cercare di vivere l’amore all’interno della comunità.

Credo però che questa parola ci chieda anche un esame di coscienza. È facile desiderare di trovare al di là della morte quelli che amiamo, quelli con cui stiamo bene. Come non desiderare di essere al di là della morte insieme a quelli che abbiamo amato e che ci hanno amato? È proprio il prolungamento della nostra comunione che noi desideriamo. Possiamo anche desiderare la salvezza per tutti, e lo diciamo: dobbiamo sperare per tutti perché la volontà di Dio è la salvezza di tutti gli uomini (cf. 1 Tm 2,4). Poi però si tratta di esaminare come viviamo ciò che diciamo, ovvero se questa volontà di salvezza sappiamo riferirla molto concretamente a quelli con cui facciamo vita comune e con i quali i nostri rapporti sono rari, poco intensi, poco significativi o persino conflittuali.

Ecco allora perché questa parola: “Il Signore ci conduca tutti insieme alla vita eterna” è un pungolo che ci spinge a verificare se amiamo davvero gli altri che ci stanno accanto, fino a desiderare che si salvino e stiano accanto a noi per l’eternità. È il Signore che ci può portare tutti insieme alla vita eterna, è il Signore che può far sì che la nostra comunione vada al di là della morte, è il Signore che nella vita di ciascuno di noi lavora con un’efficacia che non supponiamo: in questo lavoro del Signore c’è tutta la nostra comunione, ci sono i nostri rapporti che lui risana e trasfigura, rendendoci capaci di vivere insieme la vita eterna, la vita in Cristo. Non possiamo dunque non sentire in questa parola di Benedetto un invito all’esercizio del desiderare che l’altro accanto a me, anche l’altro con il quale faccio fatica a vivere, sia salvato con me e condivida con me il Regno, la vita eterna.

Perciò, fratelli e sorelle, restiamo vigilanti anche sui nostri sentimenti e sui nostri desideri, perché sempre come un leone ruggente il diavolo cerca di contraddire il nostro cammino di comunione. Resistiamogli forti nella fede e tu, Signore, continua ad avere tanta pazienza e tanta misericordia con noi (cf. 1 Pt 5,8-9).


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15 dicembre 2018                a cura di Alberto "da Cormano"        Grazie dei suggerimenti       alberto@ora-et-labora.net