LA REGOLA DEL MAESTRO - PROLOGO E TEMA

Testo latino con italiano a fronte

La " Regula Magistri " e la Regola di San Benedetto

Per i particolari rapporti che presenta con la Regola di San Benedetto (= RB.), una speciale menzione esige la cosiddetta Regula Magistri (= RM.), divenuta oggi così celebre. Essa infatti, lunga tre volte più di RB., all'inizio contiene, quasi intieri e letteralmente, il Prologo e i capitoli 1-2, 4-7 di questa; riproduce spesso, nell'ordine dei capitoli, lo schema di quelli benedettini; ha molti punti di contatto con essi; termina col capitolo sui portinai, appunto come la RB. in una sua prima stesura. Omissis....

Ma dal 1938 circa è apparsa la tesi che attribuisce alla Regula Magistri la priorità cronologica su RB., e per gli stretti evidenti legami che intercorrono fra loro, farebbe della Regula Magistri una fonte, anzi la principale fonte di RB. Omissis....

Data poi, e non ancora concessa, la priorità della Regula Magistri, non deve sorprendere come S. Benedetto ne abbia trascritto letteralmente lunghi tratti in quei primi capitoli. Entrerebbe qui in giuoco il difetto della nostra visuale moderna. Lo stesso Vogüé avverte che dal sec. V all'VIII " gli autori di regole e trattati copiano o utilizzano largamente scritti anteriori., fino a comporre dei florilegi, come la Regola di Donato, o delle Regole-centoni, come quella di Eugippio". Per gli antichi uno scritto dottrinale o legislativo era patrimonio comune, e se ne prendeva liberamente e anche letteralmente in prestito il contenuto senza bisogno di citarlo.

Né S. Benedetto (sempre supposta quella tesi) trasferisce di peso la materia di quei. capitoli: egli abbrevia, omette., aggiunge, corregge, fa insomma opera di attenta revisione, perché quella materia risulti coerente col suo pensiero.

Estratto dall'introduzione al libro "S. Benedetto - la Regola" a cura di A. Lentini (Pubblicazioni Cassinesi)

TESTO LATINO COMPLETO DELLA REGULA MAGISTRI

Riassunto in italiano e confronto della Regula Magistri con la Regola di San Benedetto


AD MONACHOS MAGISTRI REGULA

 LA REGOLA DEL MAESTRO

(Estratto da "Patrologia Latina Database" - Migne)

 estratto dal libro "Regola del Maestro" a cura di Marcellina Bozzi O.S.B. - Paideia Editrice

 

INCIPIT PROLOGUS REGULAE.

[0943B] O homo, primo tibi qui legis, deinde et tibi qui me auscultas dicentem, dimitte alia modo quae cogitas; et me tibi loquentem, et per os meum Deum te convenientem cognosce. Ad quem Dominum ex voluntate nostra per bona acta vel beneplacita justitiae ire debemus: ne per negligentiam peccatorum inviti rapiamur accersiti per mortem.

 

 

Ergo, auditor, qui me audis dicentem, percipe quae tibi, non os meum, sed per hanc scripturam loquitur Deus: qui te, dum adhuc vivis, convenit de hoc quod ei post mortem redditurus es rationem. Quia quod adhuc vivimus, ad inducias vivimus: cum nos pietas Dei exspectat quotidie, emendari, et meliores vult esse nos hodie [0944B] quam fuimus heri.

 

Ergo tu, qui me auscultas, ita attende, ut dicta mea et auditus tuus per considerationem mentis ambulando in trivium cordis tui perveniant. In quo trivio unam ignorantiae peccatorum, post dicta mea veniens; post te relinque: et duas observantiae praeceptorum ante jam ingredere vias. Et dum quaerimus ad Deum ire, stamus in Christo, trivio cordis nostri, et consideremus istas duas, quas ante nos scientiae conspicimus vias. In quibus duabus viis, per quam ad Deum possumus pervenire, consideremus. Si sinistram tenemus, timemus, quia lata est, ne ipsa sit, quae ducit magis ad interitum. Si dextram corripimus, bene imus, quia angusta est: [0945A] et ipsa est, quae diligentes servos ad proprium ducit Dominum.

 

 

 

Ergo vacivus vester auditus sequatur meum eloquium. Et intellige, tu homo, cujus admonemus intuitum, quia te per hanc scripturam admonet Deus; ut modo dum adhuc vivis, et tibi emendare vacat, curras quantum potes! ne jam cum accersitus per mortem fueris, nullam Deo in die judicii, vel in poena aeterna excusationem afferas, quod nullus te de emendatione quoad vixisti convenerit: et cum ulterius tibi jam succurrere non potueris, in aeternum te incipiat sine remedio poenitere.

 

 

Ergo amodo quae audis observa, antequam de hac exeas saeculi luce, quia si hinc exieris, non huc reverteris, nisi in resurrectione: de resurrectione, si hic modo bene egeris ad aeternam cum sanctis gloriam deputaberis. [0945B] Si autem hanc scripturam, quam tibi lecturus sum, non adimpleveris, in aeternum ignem gehennae [0946A] cum diabolo, cujus voluntatem magis secutus es, deputaberis.

 

Audi ergo et age quod est bonum et justum, per quod Deus invenitur propitius. Haec regula, quae tibi ostendit, factis adimple. Quae regula ad perficiendum rectum regulae nomen accepit, sicut dicit Apostolus in Epistola sua: Secundum mensuram Regulae, quam mensus est nobis Dominus mensuram pertingendi usque vos (II Cor. X) . Nam regula veritatis habet initium et justitiae finem. Sicut dicit Propheta: Reges eos in virga (Psalm. II) ; hoc est, in timoris vigore. Sicut item dicit Apostolus: Quid vultis? in virga veniam ad vos, an in charitate? (I Cor. IV.) Item dicit Propheta: Virga recta est virga regni tui, in qua dilexisti justitiam, et odisti iniquitatem (Psal. XLIV) . Et iterum dicit Dominus: Visitabo in virga [0946B] iniquitates eorum  (Psal. LXXXVIII).

 

INCOMINCIA IL PROLOGO  [RB Prol. 1-2.4.8]

 1 O uomo, dico prima di tutto a te che leggi e poi anche a te che ascolti il  mio dire, lascia ora gli altri pensieri 2 e renditi conto che sono io che ti  parlo, ma è Dio che per bocca mia ti chiama a colloquio con sé. 3 A questo Signore Iddio dobbiamo andare di nostra volontà mediante le buone  azioni e conformandoci alla giustizia, 4 per non esservi trascinati nostro  malgrado a causa della negligenza mostrata nei peccati, quando ci obbligherà con la morte a comparirgli innanzi.

5 Intendi dunque, o uditore che mi odi parlare, quel che non la mia bocca, ma Dio ti dice in questo scritto; 6 egli che, mentre ancora sei in vita,  tratta con te le questioni di cui gli dovrai render conto dopo la morte. 7 Se  infatti viviamo ancora, viviamo in ragione di una proroga, intanto che la  bontà di Dio aspetta ogni giorno che ci emendiamo e vuole che siamo migliori oggi di quanto non fummo ieri.

8 Dunque tu che mi ascolti, fa’ attenzione, in modo che le parole da me  dette e il tuo ascolto, camminando attraverso la riflessione della mente, arrivino al triplice crocevia del tuo cuore. 9 Giunto a questo crocevia al seguito delle mie parole, lascia dietro di te una delle tre strade: quella dell’ignoranza carica di peccato 10 e dirigiti subito verso le altre due che ti  stanno di fronte: quelle dell’osservanza dei comandamenti. 11 Mentre cerchiamo di andare a Dio, sostiamo qui, a questo crocevia del nostro cuore e  consideriamo le due vie di conoscenza che vediamo aprirsi davanti a noi.  12 E tra queste due vie esaminiamo per quale ci sia possibile arrivare a Dio.  13 Se proseguiamo a sinistra, poiché è la via larga, c’è da temere che sia  proprio la via che conduce piuttosto alla rovina (Mt. 7,13). 14 Se cambiamo girando a destra, andiamo bene, perché è stretta ed è quella appunto  che porta i servi zelanti al loro vero Signore (Mt. 7,14).

15 Orsù, il vostro ascolto, senza occuparsi d’altro, segua il mio dire. 16 E  tu, o uomo, che noi esortiamo ad avere sguardo attento, comprendi bene  che è Dio stesso che ti esorta mediante questo scritto, affinché adesso, mentre sei ancora in vita e hai tempo di correggerti, tu corra con tutte le tue  forze, 17 e quando ormai sarai chiamato con la morte in sua presenza, tu non possa addurre davanti a Dio nel giorno del giudizio e nella pena eterna  la scusa che, mentre eri in vita, nessuno ti ha richiamato al dovere di emendarti; 18 e non riuscendo ormai più a portar soccorso a te stesso, tu debba cominciare a pentirti in eterno, senza rimedio.

19 Dunque di qui innanzi metti in pratica ciò che odi, prima di uscire dalla luce di questo mondo. 20 Perché se ne uscirai, non ci ritornerai più  se non nella resurrezione; e a partire dalla resurrezione, se qui ora avrai agito bene, sarai destinato con i santi a una gloria eterna. 21 Se invece non attuerai con i fatti questo scritto che sto per leggerti, sarai destinato al fuoco eterno della gehenna, insieme al diavolo di cui hai preferito seguire la  volontà.

22 Ascolta dunque e compi quel che è buono e giusto, quel che ci fa trovare propizio Iddio, e adempi nella tua condotta ciò che ti addita questa  regola. 23 Essa prende il nome di regola in quanto è norma per adempiere  ciò che è retto, come dice l’apostolo nell’epistola: «Secondo la misura della  regola che Dio ha stabilito per noi come misura, facendoci arrivare fino a  voi» (2 Cor. 10,13). 14 La regola infatti ha per inizio la verità e per termine la giustizia, secondo le parole del profeta: «Reggili con la verga» (Sal. 2,9), cioè con il vigore che incute timore, 25 e come dice l'apostolo: «Che  cosa volete, che venga a voi con la verga o con l’amore? » (I Cor. 4,21).  26 E di nuovo il profeta: «La verga del tuo regno è una verga retta con la  quale hai amato la giustizia e odiato l'iniquità» (Sal. 44,7-8). 27 E ancora  il Signore: «Visiterò con la verga le loro iniquità» (Sal. 88,33).

FINISCE IL PROLOGO DELLA REGOLA

 

INCIPIT THEMA. [0945]

[0945B] Propheta dicit: Aperiam in parabolis os meum (Psal. LXXVII) . Et dicit iterum: Factus sum illis in parabolam (Ibid LXVIII) . De utero matris Evae terrae nati, et de patre Adam in excessibus concupiscentiae generati, in saeculi hujus descendimus viam; et peregrinae vitae temporale jugum suscipientes, perambulamus iter viae hujus, per ignorantiam bonorum actuum, et incertum mortis experimentum. [0945C] Multum enim nobis negligentiae viaticum peccatorum saeculi peregrinatio carricaverat: et humeris nostris lassatis de ponderosis sarcinis, vicinam sibi mortem jam lapsus laboris sudor invenerat; et aestuosa sitis in interitum anhelabat.

 

 

Subito a dextra orientis conspicimus non speratum fontem aquae vivae: et festinantibus nobis ad eam divina exinde vox magis nobis in obviam venit, clamans ad nos et dicens: Qui sititis, venite ad aquam (Isai. LV) . Et cum vidisset nos venientes oneratos sarcinis gravibus, repetivit dicens: Venite ad me, omnes qui laboratis et onerati estis, et ego vos reficiam (Matth. XI) . Nos vero audientes hanc piam vocem, projectis in terra sarcinis nostris, arguenti nos siti avidi ad fontem prosternimus; bibentesque diu surgimus renovati. [0945D] Et post resurrectionem stetimus stupidi nimio gaudio, disputatione intuentes jugum viae tam sancti laboris, vel sarcinas nostras, quae nos suo pondere usque ad mortem per ignorantiam fatigaverant.

 

 

Dum haec intuentes diu consideramus, iterum audimus vocem de fonte, qui nos recreaverat, dicentem: Tollite jugum meum super vos, et discite a me quia mitis sum, et humilis corde: et invenietis requiem animabus vestris. Jugum enim meum suave est, et onus meum leve (Matth. XI) . Nos audientes haec, dicamus jam invicem nobis: non revertamur post recreationem tanti fontis, et Domini invitantis nos voce, ad sarcinas peccatorum, quas projecimus; hoc est, quae abrenuntiamus euntes ad fontem baptismi: quae sarcinae peccatorum nos ante per ignorantiam [0946B] sacrae legis, vel cognitione ignorati baptismi: desperatos nos suo pondere in mortem fatigaverant. Nunc vero sapientiam Dei accipientes, et qui fueramus peccatorum sarcinis aggravati, Domini sumus voce ad requiem invitati. Renuntiemus ergo peccatorum pristinis sarcinis: habeat vias saeculi in negligentibus suorum pondere delictorum. Nos matrem nobis jam non de limo terrae Evam, sed [0946C] divinam nos vocantem ad requiem Christianam legem sentimus. Similiter et patrem jam non in arbitrio peccatorum Adam quaerimus, sed in voce Domini invitantis nos: et desideriis nostris meritis non audemus, tamen in renativitate nostra sacri fontis tui, ubi sis jam te invenimus.

INCOMINCIA IL TEMA

Parabola della fonte

  1 Il profeta dice: «Aprirò la bocca in parabole” (Sal. 77,2). 1 E anche:  «Sono diventato per loro una parabola» (Sal. 68,12).  3 Nati dal grembo della madre Eva che è terra, e generati dal padre Adamo nei disordini della concupiscenza, siamo discesi sul cammino di questo  mondo, 4 e sottoposti nel tempo al giogo di una vita d’esilio, percorrevamo la strada di questa vita nell’ignoranza del retto agire e in un’oscura  esperienza di morte., 5 Infatti il peregrinare nel mondo ci aveva caricati di  un grosso bagaglio di peccati a causa della nostra negligenza: 6 le nostre  spalle si erano fatte stanche per i pesanti fardelli, il sudore della fatica,  grondando, aveva ormai vicina la morte, 7 e la sete bruciante ci faceva  ansare sino allo sfinimento.

8 D'un tratto a destra, dalla parte d’oriente, scorgiamo una fonte insperata di acqua viva, 9 e mentre ci affrettiamo verso di essa, una voce divina  anzi di lì ci viene incontro e grida verso di noi: «O voi che avete sete, venite  all’acqua» (Is. 55,1). 10 E vedendoci arrivare gravati dei nostri pesanti  fardelli, riprese a dire: «Venite a me, voi tutti che faticate e siete gravati di  pesi, e io vi ristorerò» (Mt. 11,28). 11 Noi allora, udita questa voce piena  di bontà, gettati a terra i bagagli, spinti dalla sete, ci buttiamo giù avidamente sulla fonte e bevendo a lungo, ci rialziamo sanati. 12 E dopo esser  cosi risorti, restammo lì sbalorditi, fra l’immenso gaudio e i commenti, a  contemplare ora il giogo portato su quella via, con una fatica ormai   a termine, ora i fardelli che col loro peso ci avevano stancati a morte, nella nostra ignoranza.

13 Mentre riflettiamo a lungo, contemplando tutto questo, udiamo di  nuovo dalla fonte che ci aveva ridato vita, la voce che dice; 14 «Prendete  su di voi il mio giogo e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e  troverete pace per le vostre anime. 15 ll mio giogo infatti è soave e leggero  il mio fardello» (Mt. 11,29-30). 16 E noi, all’udire queste parole, dobbiamo ormai dirci l'un l’altro: 17 «Fatti rinascere a tale sorgente e dopo  aver sentito la voce del Signore che ci invita, non ritorniamo ai fardelli  dei peccati che abbiamo buttato via, 18 ai quali cioè abbiamo rinunciato, andando alla fonte del battesimo. 19 Prima, per ignoranza della santa legge, o ridotti come eravamo senza speranza per una conoscenza insipiente del  battesimo, questi fardelli di peccati con il loro peso ci avevano stancati a  morte. 20 Ora invece che abbiamo ricevuto la sapienza di Dio, pur noi, un  tempo gravati dal fardello dei peccati, siamo stati invitati al riposo dalla  voce del Signore. 21 Rinunciamo dunque a quei nostri vecchi bagagli di  peccato. 22 Il peso delle sue colpe, se lo tenga la via del mondo, in coloro  che sono dei noncuranti. 23 Noi sentiamo ormai come nostra madre non  più Eva, fatta del fango della terra (Gen. 2,7), ma la legge cristiana che ci  chiama a una divina pace. 24 Ed ugualmente non cerchiamo più un padre  nella libera volontà di peccare, e sarebbe Adamo, ma nella voce del Signore  che ci invita. 25 E se per quel che possan valere i nostri desideri non osiamo di farlo, tuttavia rinati come siamo al tuo sacro fonte, ecco che già abbiamo trovato te, dove sei».

 

Pater noster qui es in coelis. Videte ergo, fratres, si invenimus jam matrem Ecclesiam, et Patrem ausi sumus Dominum vocare de coelis. Ergo jam juste a nobis relinquendus est pater terrenus, et mater carnalis: ne binis obtemperantes parentibus, non solum vicibus offendantur; sed velut adulteri de duobus parentibus nasci, si carnales non dimittimus, judicemur. Per lignum enim offensionis natio nostra de paradiso in uterum; de utero in mundum; de [0946D] mundo usque in infernum descenderat: nisi denuo renati per baptismum, et per crucis lignum iterum reparati, Domini passio ageret ut resurgat, et illa redeat in paradisum generatio per gratiam, unde cum libero arbitrio ceciderit per offensam. Contrivit enim in nobis Dominus mortis, quae regnabat, aculeum; quando refugium crucis suae nobis contulit Christus. Et postquam nos gratiae suae restituit adoptionis, ad regna coelorum insuper nos non desinit invitare. Unde vox Dominica dicit: Si observaveritis mandata mea, ego ero vobis in patrem, et vos eritis mihi in filios. Unde et nos, quamvis indigni, tamen propter agnitionem ejus baptismi, in oratione audemus eum patrem vocare; ideoque oportere nos passionis ejus esse participes, ut mereamur effici [0947A] ejus gloriae cohaeredes.

 

 

 

 

 

Dicentes ergo, Pater noster qui es in coelo, jam tales nos exhibeamus fratres, quales nos cupit filios Deus habere; et digne in nobis divinitas filiorum inseret nomen, cum voluntate dissimile. Nam ipse est verus filius, qui non solum vult, sed et moribus similari patri.

 

 Cum ergo meruissemus jam dixisse: Pater noster qui es in coelis, sequimur deinde in oratione dicentes: Sanctificetur nomen tuum. Non quod noviter optemus sanctificari nomen ejus quod est ab aeterno et usque in aeternum sanctissimum; sed in bonis actibus filiorum magis ipse sanctificet: ut et pater et Dominus in mentibus nostris tabernaculum suum, et inhabitatorem faciat Spiritum sanctum: ut adjuvet corda ipsa Deus, ut vos custodiatis ea [0947B] semper per gratiam suam.

 

 

Deinde dicitur: Adveniat regnum tuum Videte, fratres, ecce optamus advenire regnum Domini, et judicium ejus accelerari ultro rogamus; et rationes nostras adhuc paratas non habemus. Sic ergo a nobis omni hora agendum est, ut Dominus et pater postea nos ita suscipiat, et bonis coram eo actibus quotidie complacentes sequestrans nos ab haedis, a dextris suis in aeternis introducens nos regnis. Agnoscamus nobis in futuro judicio propitium judicem, quem in praesenti saeculo ausi vocaverimus patrem.

 

Deinde dicimus: Fiat voluntas tua sicut in coelo et in terra. In hoc ergo verbo, fratres, pertinet in nobis liberi status arbitrii; et quidquid suasio antiqui serpentis nocive [0947C] nobis ingerit, si volumus, amputatur, cum Domini voluntas in nobis reparando perficitur: sicut dixit Apostolus: ut non quaecunque vultis illa faciatis (Gal. V) . Exigit enim Spiritus ut voluntas in nobis Domini fiat: ut jam non perficiat anima, quidquid cum prava carne concupiscens sibi suaserat. Oramus ergo, ut voluntas in nobis Domini fiat. Si ergo a nobis sua voluntas semper perficiatur, non ergo erit propria; quae discussa de suis malis in die judicii condemnetur. Voluntas enim Domini sancta est, novit dare, non timere judicium: quae voluntas sua quibus impleta fuerit, promittitur etiam iis angelos judicare.

 

 

 

 

Hanc sanctam voluntatem et Salvator noster per formam faciendi in se liberam, ut amputet in nobis carnis arbitrium, demonstrat nobis dicens: Non veni facere [0947D] voluntatem meam, sed ejus qui me misit (Joan. VI) . Et iterum in sancta sua passione dicit: Pater, si possibile est, transeat a me calix iste (Matth. XXVI) . Haec vero in Domino vox timoris erat carnis indutae, ostendens nobis actus vitae semper debere bene tractari, si mors adveniens debet timeri. Et iterum erat interrogatio Domini apud Patrem, si quod a nobis in nobis volumus, potest impleri, aut quod nolumus potest nobis contra desiderium nostrum juste imponi. Unde subsequitur fidei forma, qua Dominus Patris committitur voluntati, dicens: Sed tamen non sicut ego volo, sed sicut tu vis (Ibid.) . Et iterum subsequitur: Si non potest auferri a me calix iste, nisi ut bibam illum, fiat voluntas tamen tua (Ibid.) .

 

 

 

Videte [0948A] ergo quia quidquid a voluntate nostra eligimus, injuste agnoscitur: et quidquid nolentibus nobis a juventute imponitur, juste proficit rationi. Nam quomodo versis in se oculis suis vultum suum respicere homo non potest; sic judex sui sibi ipsi esse non potest; nisi juste quod videtur ab alio judicetur. Si ergo vultum suum videre potest nemo, voluntatem suam justam probare quomodo potest, nisi in omnibus quod videtur ab alio judicetur? Et ecce fratres, quantam reparationi nostrae Dominus contulit pietatem, et qualem errori nostro salutis viam ostendit: ut in unigenito Filio suo demonstraret, quod in servis suis quaerebat perficere.

 

 

 

 Fiat voluntas tua sicut in coelo et in terra. In coelo, quod dixit, possumus bene agnoscere fratres; quia sicut ab angelis in coelis sancte [0948B] perficitur, ita et in terra ipsa per prophetas et apostolos praeceptorum Dei, et in carnalibus hominibus exoptatur ut fiat; ut secundum sanctam Scripturam dicentem in utrisque elementis, hoc est, in coelo et in terra, in beneplacitis suis regnet, et in nobis Dominus: et sit unus Pastor, et unus grex.

 

 

Similiter et illud spiritaliter intelligere possumus, quod dixit: Fiat voluntas tua sicut in coelo; hoc est, in Domino, sicut in filio ejus. Quia coelestis dum descendit voluntas Patris perficitur, dicente ipso Domino: Non veni facere voluntatem meam, sed ejus qui me misit (Joan. VI) . Vides ergo si ipse Dominus Salvator ostendit, se ideo venisse, ut voluntatem suam non faceret, sed jussa Patris impleret; quomodo malus servus jussa mea neglexit, et meam facere voluntatem? [0948C] de quo dicit et Apostolus: Quis est qui ascendit, nisi qui et descendit in inferiora terrae? (Ephes. IV.) Ita ergo et in terra dixit, hoc est, corporis nostri machina de terrae limo formata; cui sententia Dei dictum est: Terra es, et in terram ibis (Gen. III) . Similiter effici justitiam nobis Domini voluntas exposcitur, ut dum quotidie in nobis voluntas Domini fuerit operata, non inveniatur propria, quae in futuro judicio condemnetur ad poenam: sed sit in nobis voluntas Domini, quae coronetur ad gloriam. Deinde sequimur in oratione dicentes:

 

 

 

 

Panem nostrum quotidianum da nobis hodie. Ergo, fratres, cum supradicta Domini voluntas inculpabiliter a nobis quotidie fuerit adimpleta, et in timore [0948D] Domini omnia fuerint mandata explicita; digne operariis suis rogatur annonam ut tribuat, qui digno mercenario mercedem non negat.

 

 

 Deinde dicimus: Et dimitte nobis debita nostra, sicut et nos dimittimus debitoribus nostris. Fratres, hoc orantes amplius timeamus, ne ad haec verba precum nostrarum respondeat nobis Dominus dicens: Judicio quo judicatis, judicabitur de vobis; et mensura qua mensi estis, remetietur vobis (Matth. VII) . Et vide qui hoc petis, si quod tibi noluisti fieri alio non fecisti. Ergo antequam has voces Domini audiamus fratres, prius scrutemur corda nostra: si juste et nos petimus a Domino, quod et a nobis est petentibus non negatum. Nos petimus, Dimitte nobis debita nostra: audit [0949A] Deus, et cupit dimittere, sed si ante nos petentibus relaxemus. An dubito miser ego homo, ne benefactis meis divina non retribuat vices? Respice, agnosce, et considera, o miser homo, nunquid magis tu pius quam Deus? qui ut tibi aliqua justitiae, aut agenda ingerat pietatis, post mercedem vel dona ipsius, tibi proficit ipsi et quod agit. Nihil enim Dominus minus habet in sua potentia, nec aliquid tuum indiget in virtute, aut deest et in gloria: solummodo nostra illi opus est salus, quam pro nobis providet gratia ejus; quamque per nostram negligentiam illi de nobis possidet minus.

 

 

 

 

Deinde dicimus: Et ne nos inducas in tentationem. Satis nos admonent, fratres, verba ista esse sollicitos: ideoque rogandus est Dominus, et crebris gemitibus tundenda [0949B] sunt nobis corda atque pectora, ne patiatur Dominus servos suos sine suo adjutorio aliqua nos hora consistere; ut non habeat potestatem neque aditum, per quod adversarius noster diabolus, qui circuit nos ut leo quotidie, quaerens aliquem nostrum devorare; et pravis suasionibus suis quaerit corda nostra inficere (I Petr. V) . Ergo incessabiliter est precandum ad Dominum; ut dignetur adjutorii sui custodia muro nos suae gratiae circumdare, et tentationum in nobis aditus sua munitione obstruere; ut non patiatur plasma facturae suae captivum fieri, et servitutibus cedere inimici. Si tamen supradicti hostis tentationibus non ultro nostrum tradamus assensum, et velut nosmetipsos ipsi nos captivantes, hostem nostrum incipiamus magis desiderare, quam fugere. [0949C]

 

 

Sequimur deinde complentes orationem, dicentes: Sed libera nos a malo. Amen. Fratres sanctissimi, ante hoc Deus in nobis cupit perficere, quam rogetur: quia potens est, et nihil est ei difficile, sed si nos hoc mereamur: nec enim vult machinam cadere nostram, quam manibus suis ipse construxit. Festinat enim eruere nos de laqueo, si sensum nostrum non ultro tradamus suasionibus inimici: sed rogantes incessabiliter Dominum, ut attributo nobis suae gratiae adjutorio, digne dicamus: Quoniam a dextris est nobis Dominus ne commoveamur (Psal. XV) ; et securi de Domino iterum repetamus: Non timebo mala quoniam tu mecum es (Psal. XXII) . Ut qui in principio hujus orationis ostendit nobis per gratiam, Dominum Patrem audere dicere, iterum ipse in fine [0949D] orationis a malo dignetur nos liberare. Amen.

Commento al Pater noster

1 «Padre nostro che sei nei cieli» (Mt. 6,9). 2. Vedete dunque, o fratelli, se  ormai abbiamo trovato una madre nella Chiesa e abbiamo osato chiamare  padre il Signore che sta nei cieli, è giusto che debbano essere da noi lasciati  il padre terreno e la madre carnale (Mt. 19,29). 3 Altrimenti, obbedendo noi a due coppie di genitori, non soltanto sarà fatto torto di volta in volta  all’una o all’altra, ma se non rinunciamo ai genitori carnali, verremo giudicati noi stessi nati da altri genitori, quali figli illegittimi. 4 A causa del legno  della caduta, la nostra stirpe era dunque scesa dal paradiso nel grembo  materno, dal grembo materno nel mondo, dal mondo fin giù nell’inferno.  5 Se non che noi siamo una seconda volta rinati (Gv. 3,5) mediante il battesimo, e mediante il legno della croce di nuovo rifatti: la passione del Signore è intervenuta a far risorgere la nostra razza, 6 e a farla ritornare per  mezzo della grazia in quel paradiso, donde era caduta per sua libera scelta,  inciampando nella colpa. 7 lnfatti, allorché il Cristo ci offerse il rifugio  della sua croce, il Signore spezzò in noi gli aculei della morte che regnava  sovrana (Rom, 5,14). 8 E dopo averci restituiti alla grazia della sua adozione, non cessa per di più di invitarci al regno dei cieli. 9 Per questo la  voce del Signore dice: «Se osserverete i miei comandamenti, io sarò per voi  un padre e voi dei figli per me» (Gv. 15,10). 10 Per questo anche noi a nostra volta, benché indegni, tuttavia per aver imparato a conoscere il suo  battesimo, osiamo nella Orazione chiamarlo padre. 11 Ed è giusto che partecipiamo alla sua passione, per meritare di essere fatti eredi con lui della  sua gloria (cf. Rom. 8,17).

12 Ma se diciamo: «Padre nostro che sei nei cieli», d’ora in poi dobbiamo mostrarci, o fratelli, tali figli quali Dio desidera avere. 13 Bisogna che  a ragione la divinità ci possa attribuire il nome di figli, vedendo la nostra        volontà non discorde mai dalla sua. 14 È infatti autentico figlio   colui che non solo nel volto, ma anche nei costumi somiglia al padre.

15 Divenuti dunque meritevoli di dire: «Padre nostro che sei nei cieli»,  proseguiamo in questa Orazione cosi: «Sia santificato il tuo nome» (Mt. 6,  9). 16 Non che desideriamo come cosa nuova che il suo nome sia santificato; esso è santissimo da tutta l’eternità e per tutta l’eternità. Vogliamo  piuttosto che egli stesso lo santifichi nelle buone azioni dei suoi figli, 17 in  modo che, padre e signore, stabilisca nelle nostre anime la sua dimora e vi  faccia inabitare lo Spirito Santo; 18 e Dio sostenga questi nostri cuori col  suo volto e sempre li custodisca con la sua presenza (Sal. 45,6).

19 Diciamo poi: «Venga il tuo regno» (Mt, 6,10). 20 Vedete, o fratelli:  ecco, desideriamo che venga il regno del Signore, proprio noi chiediamo  che si affretti il suo giudizio e non abbiamo ancora i nostri conti a posto.  21 Dobbiamo dunque agire ad ogni istante in modo che il nostro Signore e  padre ci accolga poi come tale. 22. E per essergli noi stati graditi ogni giorno con le nostre azioni, buone al suo cospetto, ci prenda alla sua destra,  separandoci dai capri (Mt. 25,32-33) e ci introduca nei regni eterni; 23 e  riconosciamo nel futuro giudizio un giudice a noi benevolo in colui che nei  mondo presente abbiamo osato chiamare padre.

24 Poi diciamo: «Sia fatta la tua volontà come in cielo cosi in terra».  15 A queste parole è finalizzata la situazione di libero arbitrio che c’è in  noi, 2.6 e tutto ciò che l’istigazione dell’antico serpente ci inculca a danno,  se lo vogliamo, viene tolto di mezzo, quando si compie in noi a sostituzione  la volontà del Signore; 2.7 come dice l’apostolo «Sicché voi non fate tutto  ciò che vorreste» (Gal. 5,17). 28 In realtà lo spirito sceglie che si faccia in  noi la volontà del Signore, perché l’anima non possa più effettuare tutto ciò  che si era persuasa di compiere seguendo le concupiscenze, in accordo con  la carne depravata. 19 Per questo noi preghiamo che si compia in noi la  volontà del Signore. 30 Qualora infatti sia sempre compiuta da noi questa  sua volontà, non ci sarà una volontà nostra che debba essere processata e condannata per le sue malefatte nel giorno del giudizio. 31 La volontà del Signore è santa. 31 É usa a emettere giudizi, non a temerli. 33 A quelli da cui sarà adempiuta questa sua volontà, è promesso che giudicheranno persino gli angeli (1 Cor. 6,3).

34 Questa santa volontà, per recidere in noi il libero arbitrio della carne,  il Signore e salvatore nostro ci insegna a farla offrendocene in sé l’esempio  e ci dice: «Non venni a fare la mia volontà, ma quella di colui che mi ha  mandato» (Gv. 6,38). 35 E di nuovo nella sua santa passione dice: «Padre,  se è possibile, passi da me questo calice» (Mt. 26,39). 36 Questa era nel  Signore la voce della paura, per effetto della carne che aveva assunta, e ci  insegna che gli atti della vita devono essere sempre ben ponderati, se è vero  che dobbiamo temere il sopraggiungere della morte. 37 Ed era inoltre una domanda del Signore al Padre: se si può compiere ciò che vogliamo noi per  noi, o se quel che non vogliamo, può esserci giustamente imposto, contro il  nostro desiderio. 38 Al che segue subito l'esempio di un fiducioso abbandono che da parte del Signore si rimette completamente al volere del Padre:  «Tuttavia, non come voglio io, ma come vuoi tu». (Mt. 26,39). 39 E ancora  aggiunge: «Se questo calice non può essere allontanato da me senza che io  lo beva, sia fatta tuttavia la tua volontà» (Mt. 26,42).

40 Vedete dunque che tutto ciò che scegliamo di nostra volontà, risulta  ingiustamente fatto, e tutto ciò che contro la nostra volontà ci viene imposto giustamente da chi comanda, giova per il rendiconto finale. 41 Poiché  come l’uomo non può, volgendo su di sé i propri occhi, scorgere il suo volto  così non può essere giudice di se stesso, se quel che gli appare non viene  giustamente controllato da un altro. 42 Se dunque nessuno può vedere il  proprio volto, come potrebbe dimostrare che la sua volontà è giusta, se  quel che ci appare non viene controllato in noi da un altro? 43 Ecco, fratelli, quanta bontà il Signore ha usato per reintegrarci, quale via di salvezza   indicato al nostro smarrimento; 44 fino a mostrarci nel suo Figlio unigenito quel che cercava di attuare nei suoi servi.

45 «Sia fatta la tua volontà come in cielo e così in terra» (Mt. 6,10).  46 Quanto all’aver detto: «in cielo», possiamo correttamente interpretarlo,  o fratelli,  in questo senso: come la volontà del Signore santamente viene compiuta dagli angeli nei cieli, così anche su questa terra, negli stessi uomini di  carne, ci si augura che venga compiuto quanto Dio prescrive mediante profeti e apostoli, 47 Cosi conforme alla sacra Scrittura che dice in ambedue  gli elementi, cioè nel cielo e sulla terra, il Signore regnerà coi suoi decreti  anche fra noi, e ci sarà un solo pastore e un solo gregge (Gv. 10,16).

48 Possiamo intendere ancora in senso spirituale la frase: «Sia fatta la tua  volontà come in cielo» 49 cioè: come si compie la volontà del Padre nel  Figlio suo nostro Signore, in quanto questi che è del cielo (1 Cor. 15,47) discese quaggiù, tanto che il Signore stesso dice: «Non sono venuto a fare la  mia volontà, ma di colui che mi ha mandato» (Gv. 6,38) - 50 Vedi dunque, se persino il Signore nostro dichiara di essere venuto espressamente  non per fare la sua volontà, ma per adempiere i comandi del Padre, come  potrei io, cattivo servo qual sono, pensare a ragione di fare la mia volontà?  - 51 Di lui anche l’apostolo dice: «Chi è colui che ascende, se non colui  che è pure disceso nelle bassure della terra? » (Ef. 4,9). 52. Orbene, in corrispondenza, egli ha aggiunto «anche in terra», cioè nell’edificio del nostro  corpo, «formato del fango della terra», al quale fu intimato per sentenza di  Dio: «Sei terra e in terra finirai» (Mt. 6,10; Gen. 2,7; 3,19). 53 Parimenti  dunque vien chiesto che si compia anche da noi, giustamente, la volontà del  Signore. Così se in noi avrà operato ogni giorno la volontà del Signore, non  se ne troverà una nostra, che nel futuro giudizio sia da condannare alla pena, ma regnerà in noi la sola volontà del Signore, che verrà coronata  di gloria.

54 L'Orazione continua poi facendoci dire: «Dacci oggi il nostro pane  quotidiano». 55 Dunque, fratelli, quando sia stata da noi compiuta irreprensibilmente la sopraddetta volontà del Signore e nel timor di Dio tutti i  comandamenti siano stati eseguiti in modo perfetto, 56 meritamente viene  pregato di dare ai suoi operai il cibo colui che non nega il salario al lavoratore che lo merita (Deut. 24,14 par.).

57 Poi diciamo: «Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai  nostri debitori». 58 Fratelli, quando preghiamo così, dobbiamo ancor più  temere che il Signore, a queste parole della nostra preghiera, ci risponda dicendo: «Si giudicherà di voi col giudizio con cui voi giudicate, e sarà misurato a voi con la misura con cui voi avrete misurato» (Mt. 7,2). 59 E bada,  tu che avanzi questa richiesta, se non hai fatto ad altri ciò che non hai voluto fosse fatto a te (Tob. 4,15 par.). 60 Quindi, prima che ci tocchi udire  tali parole dal Signore, o fratelli, scrutiamo i nostri cuori, se abbiamo ragione di chiedere a nostra volta al Signore quel che noi stessi abbiamo  rifiutato a chi lo chiedeva. 61 Noi chiediamo che ci vengano rimessi i nostri debiti. Il Signore ci ascolta e desidera rimetterceli, se però noi prima  usiamo indulgenza a chi ce la chiede. 62 O forse, miserabile uomo qual  sono, dubito che Dio a sua volta non corrisponda adeguatamente al bene  che ho fatto io? 63 Guarda, o uomo miserabile, riconosci, considera: sei tu  forse più buono di Dio? 64 Egli esige, sì, da te che tu compia atti di giustizia o di bontà, ma poi, quando avrai ricevuto la sua ricompensa e i suoi  doni, è a te che giovano quei tuoi stessi atti. 65 Il Signore infatti non ha  deficienze nel suo dominio e nulla di tuo gli abbisogna per la potenza, né  gli manca per la sua gloria. 66 Soltanto della nostra salvezza ha bisogno,  che la sua grazia ci procura, benché egli sia sempre in perdita con noi, per  colpa della nostra negligenza.

67 Diciamo poi: «Non ci indurre in tentazione». 68 Queste parole, o  fratelli, ci esortano vivamente ad essere guardinghi. 69 Occorre dunque  pregare il Signore e con frequenti gemiti batterci il cuore come il petto,  affinché egli non ci lasci, noi suoi servi, in nessun momento senza il suo  aiuto, 70 e il nostro nemico, il diavolo, non abbia potere né accesso; lui  che ci gira intorno ogni giorno come un leone, cercando di divorare qualcuno di noi (1 Pt. 5,8) e si studia con i suoi malvagi suggerimenti di corrompere i nostri cuori. 71 Dobbiamo perciò invocare senza tregua il Signore che si degni di circondarci con la protezione del suo aiuto, voglio dire col muro della sua grazia, e sbarrare col suo bastione l’accesso a noi  delle tentazioni; 72 sì da non permettere che la creatura da lui plasmata  sia fatta prigioniera e si riduca in schiavitù del nemico. 73 A condizione  però che non diamo volontariamente il nostro assenso alle tentazioni del  suddetto nemico 74 e quasi facendoci da noi stessi prigionieri, non ci mettiamo a desiderare il nostro nemico piuttosto che fuggirlo.

75 Proseguiamo poi a dire, terminando l’Orazione: «Ma liberaci dal maligno». 76 Fratelli santissimi, questo, il Signore desidera compierlo in noi  ancor prima di esserne pregato, perché è potente e nulla gli riesce difficile; a  patto però che lo meritiamo. 77 Non vuole infatti che vada in rovina  l’edificio di noi uomini che egli ha costruito con le sue stesse mani. 78 Si affretta a strapparci dalla rete, purché non offriamo spontaneamente il nostro  assenso alle istigazioni del nemico, 79 ma preghiamo senza tregua il Signore. Cosi, avendoci egli concesso l’aiuto della sua grazia, potremo giustamente dire: «ll Signore è alla mia destra, perché non cada» (Sal. 15,8);  80 e fidandoci di lui, ripeteremo: «Non temerò alcun male, perché tu sei  con me» (Sal. 22,4), 81 E colui che, al principio di questa Orazione, ci ha come in virtù della sua grazia, possiamo osare di chiamar padre il Signore  di nuovo, al termine dell’Orazione stessa, si degnerà pure di liberarci dal maligno. Amen.

 

Ergo, fratres, finita ad Dominum oratione, ipso juvante agamus nunc de caetero de nostri servitii opere: ut qui nos jam in filiorum dignatus est numero computare, non debeat aliquando de malis nostris actibus contristari. Ita enim ei omni hora de bonis suis in nobis parendum est, ut non solum iratus Pater suos nos aliquando filios exhaeredet; sed metuendus Dominus irritatus a malis nostris, ut nequissimos servos perpetuo tradat in poenam, qui eum sequi noluerunt ad gloriam. Exsurgamus tandem aliquando ut pigri, excitante nos Scriptura ac dicente: Jam enim hora est nos de somno surgere (Rom. XIII) ; et apertis oculis nostris ad lumen deificum, [0950A] attonitis auribus audiamus quae divina quotidie clamans nos admonet vox, dicens: Qui habet aures audiendi audiat, quid Spiritus dicat Ecclesiis (Apoc. II) . Qui dicit: Venite, filii, audite me, timorem Domini docebo vos (Psal. XXXIII) . Currite dum lumen vitae habetis, ne tenebrae mortis vos comprehendant, et quaerens

 

 

 

Dominus in multitudine populi cui haec clamat operarium suum auditorem, iterum reclamat dicens: Quis est homo qui vult vitam, et cupit videre dies bonos? (Ibid.) tu qui audis responde: Ego. Et Dominus tibi dicit: Si vis habere veram et perpetuam vitam, prohibe linguam tuam a malo, et labia tua ne loquantur dolum; diverte a malo, et fac bonum; inquire pacem, et sequere eam (Ibid) . Et cum haec feceritis oculi mei super vos justos, et aures meae in [0950B] preces vestras. Et antequam me invocetis, dicam vobis: Ecce adsum. Quid dulcius nobis ab hac voce Domini invitantis nos, fratres? Ecce pietate sua demonstrat nobis Dominus vitae viam. Succinctis ergo per fidem vel observantiam bonorum actuum lumbis nostris, per ducatum Evangelii pergamus itinera ejus; ut mereamur eum, qui nos in regnum suum vocavit, videre:

 

 

 in cujus regni tabernaculo si volumus habitare, nisi illuc bonis actibus curratur, minime pervenitur. Sed interrogemus cum Propheta Dominum, dicentes ei: Domine, quis habitabit in tabernaculo tuo, aut quis requiescet in monte sancto tuo? (Psal. CXIV.) Post hanc interrogationem, fratres, audiamus contra nos Dominum iterum respondentem et ostendentem nobis viam ipsius tabernaculi, dicendo: Qui [0950C] ingreditur sine macula, qui loquitur veritatem in corde suo; qui non egit dolum in lingua sua; qui non fecit proximo suo malum; qui opprobrium non accepit adversus proximum suum (Ibid.) : qui malignum diabolum aliqua suadentem sibi cum ipsa suasione a conspectibus cordis sui respuens, deduxit ad nihilum, et parvulos cogitatus ejus tenuit, et allisit ad Christum petram. Qui timentes Dominum, de bona observantia sua non se reddunt elatos; sed ipsa in se bona non a se posse, sed a Domino fieri aestimantes, operantem in se Dominum magnificant, illud cum Propheta dicentes: Non nobis, Domine, non nobis; sed nomini tuo da gloriam (Psal. CXIII) . Nec Paulus apostolus de praedicatione sibi aliqua imputavit, dicens: Gratia Dei sum id quod sum (I Cor. XV) . Et [0950D] iterum dicit ipse: Si gloriari oportet, non expedit mihi (II Cor. XII) .

 

 

 

 

 

Ergo subsequitur Dominus viam vitae beatae per monita sua dicens: Qui jurat proximo suo, et non decipit eum; qui pecuniam suam non dedit ad usuram, qui munera super innocentes non accepit (Psal. XIV) . Et subsequitur nobis Dominus in Evangelio dicens: Qui audit haec verba mea, et facit ea, non movebitur in aeternum (Matth. VII) . Et nos interrogemus eum, dicentes: Quomodo, Domine, non movebitur in aeternum? Respondit nobis iterum Dominus: Quomodo? quia similabo eum viro sapienti, qui aedificavit domum suam supra petram. Venerunt flumina, flaverunt venti et impegerunt in domum illam, et non cecidit; fundata enim erat super petram (Ibid.) .

 

[0951A] Haec complens Dominus tacet, spectans nos quotidianis sanctis suis monitis factis nos respondere debere, ideo quotidie nobis propter emendationem malorum hujus vitae dies ad inducias relaxantur, dicente Apostolo: An nescitis quia patientia Dei ad poenitentiam nos adducit? (Rom. II.) Nam pius Dominus dicit: Nolo mortem peccatoris, sed ut convertatur et vivat (Ezech. XXXIII) .

 

 

Cum ergo interrogassemus Dominum, fratres, de habitatore tabernaculi ejus, audivimus habitandi praeceptum; sed si compleamus habitatoris officium. Ergo praeparanda sunt corda nostra et corpora sanctae praeceptorum obedientiae militanda: et quod minus habet in nos natura possibile, [0952A] rogemus Dominum, ut gratiae suae jubeat nobis adjutorium ministrare. Et si fugientes gehennae poenam ad vitam volumus perpetuam pervenire, dum adhuc vacat, et in corpore sumus, et haec omnia per hanc lucis vitam vacat implere, currendum et agendum est modo, quod in perpetuo nobis expediat. Constituenda est ergo a nobis Dominici schola servitii, ut ab ipsius nunquam magisterio discedentes, et in hujus doctrina usque ad mortem in monasterio perseverantes, passionibus Christi per patientiam mereamur esse participes, ut et regni ejus Dominus nos faciat cohaeredes.

Commento ai Salmi [RB Prol. 5-50]

  1 Ed ora, fratelli, terminata l’Orazione al Signore, trattiamo di qui innanzi,  conforme al suo comando, come debba compiersi il nostro servizio, 2 affinche egli che già si è degnato di annoverarci tra i suoi figli, non debba un  giorno dolersi della nostra cattiva condotta. 3 Dobbiamo infatti in ogni  momento, usando dei beni che ha posto lui in noi, obbedirgli in modo tale  che non solo da padre sdegnato non abbia un giorno a privare dell’eredità  noi suoi figli, 4 ma da temibile padrone, irritato per le nostre malefatte,  non ci danni in eterno alla pena, quali pessimi servi che non abbian voluto  seguirlo alla gloria. 5 Leviamoci su dunque una buona volta, pigri che siamo, all’appello risvegliatore della Scrittura che dice: «È tempo ormai di  sorger dal sonno» (Rom. 13,11), 6 e aperti gli occhi alla luce irradiante di  Dio, ascoltiamo con orecchio teso nello stupore quanto ci raccomanda la  voce divina che ogni giorno grida dicendo: 7 «Chi ha orecchie per ascoltare, ascolti quel che lo Spirito dice alle chiese» (Apoc. 2,7). 8 E che dice?  «Venite, o figli, prestatemi orecchio; vi insegnerò il timore del Signore»  (Sal. 33,12). 9 «Correte finché avete luce di vita; che non vi colgano le tenebre della morte» (Gv. 12,35).

10 ll Signore cerca, tra la moltitudine del popolo a cui lancia quest’invito, un suo operaio, che sia disposto ad ascoltarlo e ricomincia di nuovo a  gridare: 11 «Chi è l’uomo che vuole la vita e brama vedere giorni felici? »  (Sal. 33,13). 12 Tu che odi rispondigli: «lo». E il Signore ti dirà: 13 «Se  vuoi possedere vera e perpetua vita, trattieni la tua lingua dal male e le tue  labbra non dicano inganno. Evita il male e fa il bene; cerca la pace e perseguila (Sal. 33,14-15). 14 Se farete così, il mio sguardo sarà su quei giusti che voi sarete e le mie orecchie si apriranno alle vostre suppliche (Sal. 33,16). E prima ancora che mi invochiate, vi dirò: Eccomi». 15 Che di   più dolce per noi di questa voce del Signore che ci invita, o fratelli? 16 Ecco,  nella sua bontà il Signore ci indica la via della vita. 17 Cinti dunque i nostri fianchi con la fede e la pratica delle buone opere, sotto la guida del  vangelo, percorriamo le sue strade, per meritarci di contemplare colui che  ci ha chiamati al suo regno (Ef. 6,14-16; 1 Tess. 2,12).

18 Alla dimora di questo regno, se vogliamo abitarvi, assolutamente non  si arriva, se non si corre a quella meta mediante le buone opere, 19 Domandiamolo del resto col Profeta al Signore, dicendogli; «Signore, chi abiterà nella tua tenda o chi riposerà sul tuo santo monte?» (Sal. 14,1). 20 Fatta questa domanda, o fratelli, ascoltiamo il Signore che di nuovo ci risponde e ci mostra la via che conduce a tale dimora 21 dicendo: «Chi avanza  senza macchia, chi opera ciò che e giusto; 22 chi dice la verità come l’ha  nel cuore, chi non ordì inganno con la sua lingua; 23 chi non fece male al  suo prossimo, chi contro il prossimo non permise offesa» (Sal. 14,2-3);  24 chi, quando il maligno, cioè il diavolo, voleva persuaderlo a qualche  colpa, cacciandolo lontano dagli occhi del proprio cuore assieme alla sua  stessa istigazione, lo annientò, e afferrò i suoi piccoli, cioè i pensieri da lui  suggeriti, sfracellandoli contro la pietra che è il Cristo (Sal. 14,4; 136,9).  25 Tutti costoro, reverenti verso il Signore, non si insuperbiscono della loro  buona condotta, ma ritenendo che quanto vi è in loro di bene non derivi  dalle proprie capacità, ma sia operato da Dio, 26 magnificano piuttosto il  Signore che opera in loro, dicendo col profeta: «Non a noi, o Signore, non  a noi, ma al nome tuo da gloria» (Sal. 14,4; 113,9). 27 Anche l’apostolo  Paolo non attribuì alcun merito della sua predicazione a se stesso,  diceva: «Quel che sono, lo sono per grazia di Dio» (1 Cor. 15,10),   dice  pure: «Anche se è giusto gloriarsi, a me non conviene di farlo» (2 Cor. 12,1).

29 Ed ecco il Signore prosegue a indicarci con i suoi ammonimenti la via della vita felice: «Chi giura al suo prossimo senza ingannarlo;    non prestò il suo denaro ad usura, chi non ha accettato regali per  dar torto agli innocenti» (Sal. 14,4-5). 31 E nel vangelo il Signore continua  a dire  per noi: «Chi ascolta queste mie parole e le mette in pratica, non vacillerà in eterno» (Mt. 7,24; Sal. 14,5). 32 A nostra volta interroghiamolo dicendo: «In che senso, o Signore, non vacillerà in eterno? ». 33 E di nuovo il  Signore a rispondergli: «In che senso? Perché lo assomiglierò a un   saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia. 34 Irruppero le fiumane,  soffiarono i venti, e urtarono contro quella casa, ma non crollò, perche era  piantata sulla roccia» (Mt. 7,24-25).

35 Concluso così il suo dire, il Signore sta in silenzio e aspetta ogni giorno che noi abbiamo a rispondere coi fatti a queste sue sante esortazioni. 36 Ecco perché, uno dopo l'altro, ci sono concessi i giorni di questa vita:  come dilazione, per l’emendamento dei nostri vizi; 37 conforme a ciò che  dice l'apostolo: «Non sapete che la pazienza di Dio cerca di condurti a penitenza? » (Rom. 2,4). 38 Dice infatti il Signore nella sua bontà: «Non voglio la morte del peccatore, ma che si converta e viva» (Ez. 33,11).

39 Abbiamo dunque chiesto al Signore, o fratelli, chi abiterà nella sua  tenda e abbiamo udito ciò che è prescritto per abitarvi, a patto però che  pratichiamo i doveri dell’abitatore. 40 Dobbiamo dunque disporre cuore e  corpo a militare sotto l'obbedienza santa ai precetti. 41 E per ciò che  manca alle possibilità della nostra natura, preghiamo il Signore che ci faccia portar soccorso dalla sua grazia. 42 Se, fuggendo il castigo dell’inferno  vogliamo giungere alla vita eterna, 43 fintanto che c’è ancora tempo e viviamo nei corpo e c’è agio di compiere tutte queste cose durante questa vita di  luce, 44 dobbiamo correre, e operare adesso quel che possa giovarci in eterno  45 Abbiamo dunque da istituire una scuola del servizio del Signore, 46 affinché non dipartendoci mai dal suo insegnamento e perseverando  in monastero nella sua dottrina fino alla morte, meritiamo di aver parte, attraverso le sofferenze sopportate, alla passione di Cristo, sì che anche del  suo regno ci faccia eredi con lui il Signore. Amen.

FINISCE IL TEMA DELLA REGOLA


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20 settembre 2015                a cura di Alberto "da Cormano"        Grazie dei suggerimenti       alberto@ora-et-labora.net