3.3 I successori (di Pacomio)

Estratto da “I Padri del monachesimo” di Lanfranco Rossi

Pontificio Istituto Biblico 2013

 

3.3.1  Petronio

Petronio durò poco, mori infatti in quella medesima epidemia di peste pochi mesi dopo la sua nomina. Vedendosi prossimo a morire, a sua volta disse che Dio gli aveva più volte indicato Orsiesi come successore. Questi, che era vicino al suo capezzale, si mise a piangere e disse di non sentirsi all'altezza. Forse ricordava le difficoltà insorte al suo primo incarico di responsabile. Ma Petronio gli confermò che era volontà di Dio, e Orsiesi chinò il capo e si mise all'opera.

3.3.2  Orsiesi

Doveva essere un personaggio che ama stare nell'ombra, visto che non si sa quasi nulla di lui, fino a quando non fu scelto da Petronio come suo successore nel 381. Sembra che fosse monaco da sessant’anni, quindi era tra i primi seguaci riunitisi a Tabennesi, ma ammetteva umilmente di non essere un anziano nel senso spirituale del temine. Pacomio aveva fiducia in lui e lo nominò presto responsabile del monastero di Sheneset. Dovette però intervenire in suo sostegno quando i monaci presero a contestarlo per la sua giovane età. Pacomio chiarì che l'anzianità spirituale non si acquisisce automaticamente eoi numero di anni passati in monastero e che Orsiesi, nonostante la giovane età, era già una luce per gli altri.

In effetti egli non era un uomo di potere, non aveva mai aspirato a succedere a Pacomio e riteneva che Teodoro sarebbe stato veramente l'uomo adatto a ricoprire quel ruolo. Lo pensavano anche la maggior parte dei monaci, Allora questa volta fu Antonio il Grande a intervenire in suo sostegno con una lettera ai monaci, nella quale diceva che Orsiesi era un uomo che vede Dio, pieno di Spirito, un vero dono di grazia per tutta la comunità 1. Scrisse anche una lettera a Teodoro, invitandolo a sostenere Orsiesi di fronte ai monaci. Teodoro lo fece e si tirò in disparte. Se i monaci gli chiedevano consigli li rinviava a Orsiesi, di cui tesseva le lodi. Nonostante questo, Teodoro sentiva di essere una presenza ingombrante per Orsiesi e chiese il trasferimento in un altro monastero. Ma per il mite Orsiesi non era facile lo stesso, perché si era messa in molo una specie di corsa ai posti di potere. Nelle sue istruzioni egli ricordava a tutti le parole del Vangelo «i primi saranno ultimi» e viceversa (Mt 5,19), oppure «beati i poveri». La realtà, tuttavia, è che oramai i monasteri erano diventati una potenza economica che acquistava campi e case, e che molti ambivano ai posti di autorità.

Orsiesi riconosce la gravità della situazione: «vedo che pochi mi obbediscono [...] ciascuno invece segue il proprio cuore, tranne pochi [...]. Sono afflitto vedendo tutto il monastero in agitazione» 2. Prega il Signore che gli indichi uno che prenda il suo posto, e la stessa notte sogna due letti: uno vecchio e malandato e uno nuovo e solido; e un personaggio che lo invita a riposarsi su quello nuovo. Capisce che il letto nuovo è Teodoro; il mattino seguente lo designa come successore e lui si ritira.

Teodoro dapprima rifiuta, ma Orsiesi gli ricorda come Pacomio stesso avesse lasciato capire che era Teodoro a dover portare il peso della comunità. A quel punto accetta ma continuerà a ricorrere a Orsiesi per avere consigli e rassicurazioni, e Orsiesi gli sarà sempre vicino con un affetto sincero, Cosi i due offrivano a tutti l'immagine di un'amicizia e di una fiducia reciproca esemplari, orientati al bene di tutti. (Orsiesi morì tra il 386 e il 412. Ndr.)

3.3.3    Teodoro

Fin da bambino Teodoro si mostrava attratto dalla vita monastica, tanto che a quattordici anni lasciò casa e andò a vivere con un gruppo di anacoreti, presso la città di Sne. Una sera dopo il pasto, mentre commentavano in gruppo le Scritture, un monaco di passaggio riferì un commento che aveva udito da Pacomio a Tabennesi. Per Teodoro fu un colpo di fulmine. Chiese tutte le informazioni possibili e decise di partire al più presto. Arrivato a Tabennesi, baciò la porta del monastero e, visto Pacomio, gli baciò le mani e i piedi e ringraziò Dio.

Accolto nella comunità, divenne un esempio per tutti, soprattutto nell'obbedienza totale e sincera a Pacomio, e nell'osservanza rigorosa delle regole. Divenne subito il discepolo prediletto, oggetto di stima e fiducia di tutti, tanto che molti ricorrevano a lui per essere rinsaldati nei propositi e ricevere un po' di slancio.

Ma presto qualcosa intervenne a offuscare il rapporto tra Teodoro e Pacomio. Fu un sogno che fece Teodoro, simile a quello che aveva fatto Facondo quando era con Palamone: un angelo depose delle chiavi nella sua mano. Forse il sogno rivelava la segreta ambizione di potere di Teodoro, che non osò manifestarlo al suo padre spirituale, cioè a Pacomio, e continuo a covare nel cuore questo pensiero segreto. Per il resto si manteneva il più rigoroso, e nell'osservare e nel fare rispettare le regole, tanto che Pacomio, ammaestrato dall'esperienza, lo doveva ammansire,

Teodoro era uno che voleva avere tutto sotto controllo, sapere tutto su tutti, e faceva troppe domande; quasi avesse lui la responsabilità delle anime degli altri monaci. Tuttavia Pacomio continuava a manifestargli fiducia e ad affidargli incarichi di responsabilità. Presto però scattarono anche le invidie le gelosie e le mormorazioni: un giovane che tiene la catechesi a tanti anziani sembrava un favoritismo eccessivo ad alcuni. Altri si sentivano trascurati da Pacomio, a favore dell'ultimo arrivato. Pacomio, vedendo il turbamento diffuso, ammonì tutti di guardarsi dall'orgoglio e di cercare l'umiltà, onde evitare di tormentarsi inutilmente. Così Teodoro restò il prediletto, nonostante qualche dissapore con Pacomio, fino ad un episodio cruciale e decisivo.

Dopo sette anni dall'arrivo di Teodoro a Tabennesi, Pacomio si trovò in pericolo di morte e i monaci si rivolsero a Teodoro perché prendesse in mano la situazione. Egli, di fronte alle loro insistenze, cedette. In fondo da anni Pacomio lo utilizzava spesso come suo sostituto, con la facoltà di stabilire regole.

Pacomio però si riprese. Teodoro cercò di giustificarsi, ma Pacomio fu duro e davanti a tutti disse: «da oggi non avrai più autorità su alcuna questione [...] Vattene da qualche parte in solitudine e prega il Signore finché non ti avrà perdonato» 3. Sembra l'esito inevitabile di quel sogno segreto, che doveva essere arrivato al punto di dominare la mente di Teodoro: essere lui il capo dopo Pacomio. Invece Pacomio morì con Teodoro che lo assisteva, ma designò Petronio a succedergli. Probabilmente era consapevole dell'andamento futuro delle cose, ma intanto provoca in lui una umiliazione benefica contro l'ambizione e l'orgoglio 4.

Orsiesi si era dimesso perché vedeva che l'unità fra i vari monasteri iniziava a venire meno. Teodoro si trova erede di una comunità lacerata e arricchita.

Addirittura l'abate di un monastero voleva rendersi autonomo, con il rischio che l'unità tra i diversi monasteri si sgretolasse. Teodoro seppe far fronte alla situazione e introdusse una rotazione degli abati dei singoli monasteri, salvando l'unità della compagine. Pur con tutto il suo impegno, però, non riuscì a ristabilire la tensione spirituale che animava la comunità quando c'era Pacomio, soprattutto nei primi tempi. Capiva che il punto cruciale era che le parole della scrittura dominassero la mente dei monaci per tutta la giornata, senza altre distrazioni, e lo ribadiva. E poi insisteva sull'osservare tutte le regole e i precetti, senza trascurarne uno.

Ma non servì a nulla; oramai il clima spirituale era cambiato, e Teodoro si recava spesso sulla tomba di Pacomio a piangere. Aveva dovuto combattere per lunghi anni «la tentazione dell'orgoglio e del potere che avevano accompagnato fin dall'inizio il suo radicalismo ascetico» 5. Adesso invocava il perdono per tutti e offriva la sua vita in riscatto; ora si riconosceva più peccatore di tutti. Chiese solo che le sue ossa fossero poste accanto a quelle del suo padre Pacomio, e morì sereno e pacificato.

NOTE

1 Cfr. L. CREMASCHI, cur. trad., Pacomio e i suoi discepoli, Regola e scritti, Magnano 1988, p. 339.

2 Cfr. L. CREMASCHI, cur. trad., Pacomio e i suoi discepoli, Regola e scritti, Magnano 1988, p. 341.

3 Cfr. L. CREMASCHI, cur. trad., Pacomio e i suoi discepoli, Regola e scritti, Magnano 1988, p. 285.

4 Cfr. L. CREMASCHI, cur. trad., Pacomio e i suoi discepoli, Regola e scritti, Magnano 1988, p. 286.

5 COMUNITA’ DI BOSE – R. LARINI, ed., Il libro dei testimoni. Martirologio Ecumenico, Cinisello Balsamo 2002, p. 229 (10 Maggio)

 


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12 novembre 2016        a cura di Alberto "da Cormano"        Grazie dei suggerimenti       alberto@ora-et-labora.net