croce o medaglia da S. Benedetto - 1849

ORIGINE

E MIRABILI EFFETTI

DELLA CROCE O MEDAGLIA

DI

S. BENEDETTO

 ESPOSTI

DA D. FRANCESCO-LEOPOLDO ZELLI-JACOBUZJ

CASSINESE

MONACO DELLA BASILICA E BADIA DI S. PAOLO SULLA VIA OSTIENSE.

 ROMA - TIPOGRAFIA MARINI E MORONI - 1849

 


INDICE

PROLOGO
CAPITOLO I. I benefizj della Croce spiegati nelle sue figure..
CAPITOLO II. Religiosità della Croce sino dai primi tempi del Cristianesimo. 
CAPITOLO III. Come Iddio si compiacesse accrescere questo culto operando meraviglie.
CAPITOLO IV. Si dimostra con nuove ragioni, che si debba ascrivere a S. Benedetto l’origine della Croce o Medaglia che va sotto il suo nome.
CAPITOLO V. Si descrive e spiega la Croce di S. Benedetto consentanea alla sua Regola e ai Santi Padri.
CAPITOLO VI. Visione del Papa S. Leone IX.
CAPITOLO VII. Nuovo accrescimento alla devozione di questa santa Croce.
CAPITOLO VIII. Grazie prodigiose ch’ella fece in Lorena.
CAPITOLO IX. Il Papa Benedetto XIV. aggiunge nuovo splendore e ricchezza alla Croce di S. Benedetto.
CAPITOLO X. Formola
(in latino) della benedizione delle Croci o Medaglie di S. Benedetto.
CAPITOLO XI. Sommario delle Indulgenze.
CAPITOLO XII. Modo di valersi della Croce o Medaglia di S. Benedetto.
EPILOGO.


PROLOGO

 

Io offro ad ogni uomo rimedio a’suoi bisogni comechessiano, col presente libretto. Imperciocché egli è fatto per accrescere il culto della Croce, già tanto caro ai primi fedeli, e per il corso dei secoli, a noi serbato dalla tradizione e dai Padri.

Ora la Chiesa ha sempre tenuto santo il segno della Croce, come il vessillo trionfale di Gesù Cristo , sul quale morendo pacificò col suo sangue tutte le cose che sono sulla terra e nel cielo; e come il legno, cui egli attaccò la sentenza di morte data contro gli uomini, scancellandone lo scritto, e mutandola in grazia di salvezza . Perciò i Santi Padri chiamano questo vivifico segno onore della fronte, segno fedele, fortezza di vita, gran bene, scudo inespugnabile, spada regia da vincere e disfare il demonio . E particolarmente S. Giovanni Crisostomo  è talmente preso dalla sua lode che, con infinita ripetizione, quasi uomo che mai trova fine all’ encomio, chiama la Croce speranza dei cristiani, risurrezione dei morti, duce dei ciechi, via dei traviati, gruccia dei zoppi, consolazione dei poveri, freno dei ricchi, distruzione dei superbi, giudice degli ingiusti, libertà degli schiavi, lume agli ottenebrati, gloria dei martiri, astinenza dei monaci, castità delle vergini, gaudio dei sacerdoti, fondamento della Chiesa, e più altro che per brevità non riporto.

Onde fu con sapientissima ragione il comparire della Croce a Costantino Imperatore, colle simboliche parole - hoc signo vince • con questo segno abbi vittoria. Perché ciò fu detto non tanto letteralmente della vittoria su Massenzio e della presa di Roma, quanto allegoricamente delle vittorie su i falsi idoli e vane passioni del Gentilesimo, che allor allora era venuto all’estremo di sua possanza. Nè credo medesimamente, che il padre d’ogni civiltà e il ristoratore della società umana a seconda dell’ Evangelio, S. Benedetto, siasi fatto a caso apostolo della Croce. Imperocché a lui fu dato inalberarla sull’ultimo rifugio dell’ idolatria, e per la sua savia instituzione si dovea dar l’ultima mano alla grand'opera di tramutare i costumi gentileschi in cristiani, e piegare gli spiriti a quella scuola d’umiltà, di che Iddio lo fece sì buon maestro.

Bene adunque dissi, che col presente libretto offro ad ognuno il rimedio di che abbisogna. Conciossiachè la devozione della Croce di S. Benedetto è strettamente unita al più gran mistero della nostra augusta religione cattolica, ed oltre le meraviglie di che qualsiasi Croce sempre diede splendore, vi si aggiungono una benedizione apostolica ed un ricco tesoro d’indulgenze, onde l’accrebbe la S. M. di Benedetto XIV.

Leggi adunque questo libretto, e poni la santa Croce come segno sul tuo cuore, come segno sul tuo braccio; cioè, come spiega S. Ambrogio: „ Cristo segno nella fronte, segno nel cuore, e segno nel braccio; nella fronte, perché ognora lo confessiamo; nel cuore , perché sempre l’amiamo; e nel braccio, perché sempre operiamo il bene. Cosi pregando e combattendo durerai fedele sino alla morte, e in quel momento la Croce di scudo ti si cambierà in corona per tutta l’eternità.

 

ORIGINE

E MIRABILI EFFETTI

DELLA CROCE O MEDAGLIA

DI

S. BENEDETTO

 

CAPITOLO I.

I benefizj della Croce spiegati nelle sue figure

 

II nostro Salvatore Gesù Cristo, siccome Iddio, Sapienza infallibile , non permise che gli avvenisse o fosse fatta cosa alcuna nel mondo senza qualche mistero o ragione. Egli infatti prese sopra di sé, oltre l'ufficio di redentore, anche quello di nostro maestro, tutto a fine di raddrizzare il nostro cammino per giungere alla felicità. Non si può dunque credere, ch’egli volesse morire sopra una croce, senza che a ciò lo movessero sapientissime cagioni. E S. Agostino apertamente disse: « Che Gesù Cristo essendo morto perché volle, morì ancora quando volle, nè senza cagione scelse piuttosto la croce che un altro istrumento di morte ».

E di vero sono celati nella Croce grandi misteri, come dall’istessa tradizione dei pagani, dalla sua naturale forma, dalle figure d’essa nelle sante Scritture, e dalle sue significazioni mistiche si ricava.

E prima, sappiamo degli Egizj, che ne’ loro caratteri geroglifici, la croce significava la vita avvenire; come riporta Rufino. I Romani usavano in più cose date a loro venerazione e rispetto sommo il segno della croce. Guardate la forma dei trofei militari, che s’inalzavano ai vincitori, e vedrete che rappresentano questo segno. I Cantabra e Sipara dei vessilli che altro dimostrano se non la croce? Gli uni e gli altri erano aste ornate d’oro, sormontate da un altro legno orizzontale, donde pendeva un velo di porpora ad oro. Le aquile ad ali spiegate messe in alto sull'aste, e gli altri segni militari , ch’avevano sulla cima una mano od altra imagine, sempre terminati da due ali, richiamano pure alla mente questo seguo . Talmentechè Costantino, nel voler ridurre il vessillo imperiale, a fine di ricordare a’ soldati quella Croce per la quale aveva vinto, non fece altro che aggiungervi da capo il simbolo che voleva dire Christus; quasi gli premesse solo di nominare colui dond’ebbe la visione, non l’oggetto d’essa . Anzi in quell’istesso monogramma  la X è testimonio d’una tradizione dei pagani, della quale parla Platone, dicendo: « Che la virtù secondo il primo Iddio è nell’universo fatta a forma di X  o di croce  » . Ciò che Platone disse, dopo letto nei libri mosaici il fatto del serpente di bronzo.

Ma è più mirabile di ciò il vedere che in molti usi salutevolissimi agli uomini fino da remotissima antichità s’adoperò questo segno. L’antenna d’una nave fu sempre foggiata a figura di croce; e ad essa è appesa la vela, per la quale la nave cammina e giunge al porto: nel che è facile riconoscere Gesù Cristo Salvatore del mondo attaccato alla croce. E qualunque agricoltore nel voler fendere la terra e acconciarla al seme ch’ei vi dovrà piantare, non si è sempre servito di questo segno ?

Il ferro unito alla stiva nell'aratro forma palesemente una croce. Infine gli uomini medesimi, se vogliano chiedere sollievo o ai numi immortali o ad altri loro simili, eglino per natura aprono le braccia, ed eccoli pure a rappresentare la croce. Anzi la divisione istessa del cielo nei suoi quattro lati di settentrione, oriente, mezzogiorno, e occidente è altresì a forma di croce .

Apriamo le Scritture, rischiarandone le ombre misteriose e facendo alzare il velo delle cose coperte ai Santi Padri: ed ecco amplissime lodi e nobilissime figure di questo segno. «Quando il popolo combatteva contro Amalech, dice S. Giustino , e il figlio di Nave soprannominato Gesù si batteva nelle prime file, lo stesso Mosé pregava a Dio, distese ambedue le braccia; Ur poi e Aronne gliele sorreggevano tutto il di, perché, lui stanco, non si abbassassero. Imperciocché se pure un attimo ei rimetteva da questo segno imitante la croce, il popolo perdeva, come nei libri di Mosé è scritto; se poi rimaneva in quella positura, Amalech avea la peggio. E il forte era forte per la croce: non perché Mosé sì pregava, il     popolo vinceva, ma perché essendo a testa della battaglia il nome di Gesù, egli mostrava il segno della Croce. » E altrove si degnò Iddio accennare il mistero della Croce per mezzo dello stesso Mosé , quando benedisse a Giuseppe, dicendo: Come del primogenito del toro è la di lui bellezza, e le sue corna sono di monoceronte; con essi prenderà le genti da un capo all’altro della terra. Ciò che il predetto S. Giustino e dopo lui Tertulliano  spiegano di Gesù Cristo aggiungendo, che le corna d’un monoceronte messe sulla testa d’un toro ritraggono maravigliosamente questo segno della Croce. Di fatti sta in mezzo diritto e prominente un corno, e di lato sono applicate altre, due mostranti al vivo la Croce. Si dice poi che con essi ha preso le genti da un capo all’altro della terra, poiché il sacramento della Croce le ha vinte e soggiocate. Non riferirò la notissima istoria del serpente di bronzo inalzato in mezzo al campo là nel deserto, dove guardando i feriti dai morsi dei serpi si risanavano; nè le allusioni dei Santi Padri all’Agnello Pasquale, che al fuoco s’arrostiva in forma di croce; perché uno spiedo lo trapassava dalle parti infime sino al capo, e un altro a seconda delle scapole, dove le zampe anteriori dell’agnello s’affigevano. Ma certamente uno dei migliori luoghi della Scrittura, dove lo Spirito Santo ha adombrato la Croce e i suoi mirabili effetti, egli è nella profezia d’ Ezecchiello; quando il profeta  vide sei uomini scorrere la città e scrivere il Tau, ch’è una lettera a questa forma T, sulla fronte degli uomini zelanti dell’ onore di Dio, i quali soli furono salvi della strage che venne appresso. Ognuno vede quanto e propriamente e misticamente questa figura e questa visiono rispondano bene alla Croce .

Finalmente passando al mistero ch’è nella forma della Croce, meglio non potremo spiegarlo che colle parole di S. Paolo, là dove dice: Affinchè possiate comprendere con tutti i Santi, quale sia la larghezza e lunghezza, la sublimità e il profondo . Il qual tratto è spiegato da S. Ireneo, S. Agostino, San Girolamo, e Teofilatto come significativo della Croce. Imperciocché il legno trasverso è la larghezza, la sublimità è quel prezzo che sovrasta al trasverso , la lunghezza é il rimanente dell’ asta insino a terra, e il profondo é quello che sta piantato nel suolo. E S, Agostino insegna, esser qui celata tutta la perfezione cristiana; il profondo infatti rappresenta la fede, la sublimità la speranza, la larghezza la carità, la lunghezza la perseveranza. Di più il Nisseno vede in questo segno della Croce espresso, che i celesti, i terrestri, e gl’infernali spiriti devono tutti adorare Gesù Cristo. E di vero il legno superiore significa il cielo aperto per la sua passione e Iddio placato, la parte inferiore profondata nel suolo indica l'inferno deserto e il diavolo vinto, il legno trasversale volto a oriente e a occidente allude a tutto il mondo redento e salvato.

 

CAPITOLO II.

Religiosità della Croce sino dai primi tempi del Cristianesimo. 

Dalle figure sino qui svelate, ma più dal pensiero che il segno della Croce era stato santificato dal nostro Salvatore, il quale l’aveva fatto diventare da strumento d’ignominia e maledizione in strumento di gloria e di salute, venne che sino dai più remoti tempi del Cristianesimo ebbesi grandissima religione di questo segno. A tale che d’ esso si è sempre valuta e vale la Chiesa, sì nel formare o conferire i sacramenti, come per benedire qualsiasi cosa o ad invocare il nome del Signore contro i demonj.

Marziale discepolo degli Apostoli scriveva: Che i fedeli devono avere la Croce del Signore non solamente nella mente e nella bocca, ma ancora in segno . Qui é manifestamente esposta la tradizione apostolica di segnare sé medesimi e l’altre cose colla Croce. Tanto vero che S. Dionigi, il quale parimente poteva averlo avuto di tradizione apostolica, afferma: Che in tutti i sacramenti s’ adoperava il segno della Croce . S. Giustino pure ci rende testimonio antichissimo del costume sino a noi venuto di formare la Croce colla destra. Infatti nella questione centesima decima ottava, alla domanda dei gentili, perché i cristiani pregassero verso oriente, risponde: « Noi nel tempo della preghiera volgiamo » la faccia all’oriente, perché è più eccellente dell’altre parti del mondo; nella stessa guisa che segniamo colla mano destra in nome di Cristo quelli ch’abbisognano di questo sigillo, essendoché la destra vien giudicata più nobile della sinistra, quantunque non differiscono per la natura ma per la posizione. »

Quanto poi all’ uso religioso di formare sulla fronte il segno della Croce, celeberrimo è il testimonio di Tertulliano, che i Protestanti indarno cercano di spiegare altrimenti, « Ad ogni  cammino, egli dice, ad ogni arrivo nell’entrare, e nell’uscire, nel vestirsi, nel calzarsi, alle lavande, alla mensa, ai lumi, nei letti, e nei seggi, dovechessia la società civile ci rattenga, logoriamo la fronte col segno della Croce . » E notate la parola terimus, logoriamo, vivissima ad esprimere, che per molto ripetere di questo segno quasi si faceva un solco sulla pelle. Gli altri Padri a una voce fanno testimonianza di questa religiosità. Origene ne parla nell’Omelia sesta sul decimoquinto capo dell’Esodo ; San Basilio la novera tra le prime apostoliche tradizioni ; S. Giovanni Crisostomo ripete che tutti i sacramenti si facevano col segno della Croce ; San Agostino ne fa menzione nel primo libro delle sue auree Confessioni ; San Cipriano dice: « La fronte pura col segno di Dio non potè sopportare la corona del demonio e si riserbò alla corona del Signore » . S. Ambrogio ci esorta a cominciare ogni nostra opera col segno della Croce ; il medesimo fa San Cirillo nelle sue Catechesi . «Dipingiamo, dice Efrem , sulle porte e sulle fronti nostre, e sulla bocca, e sul petto, e in tutte le membra il segno della vita: armiamoci di questa insuperabile armatura dei Cristiani ». « Spesso, aggiunge S. Girolamo , fortifica la tua fronte col segno della Croce;» e altrove: « La mano ad ogni passo disegni la Croce; ». Finalmente S. Gregorio Nazianzeno riferisce, che gli stessi soldati usavano disegnarsi colla Croce avanti di mettersi a mensa . E sì che questo santo Arcivescovo era quanto mai si può dire religioso della Croce! In uno dei suoi Carmi, i quali per una certa soavità greca e cristiana semplicità meriterebbero d'essere dati a modello di poesia sacra, apostrofa il diavolo perché fugga, e lo minaccia di batterlo colla Croce, aggiungendo subito: « La Croce sulle mie membra porto, la Croce nei viaggi, la Croce sul cuore, la Croce è mia lode .» E nel Giambico ventunesimo invita il cristiano a segnarsi colla Croce, affermando aver lui usato di quest’ arme con successo contro tutti i rischi. Per ultimo, onde non essere infiniti, citeremo l’inno di Prudenzio prima del riposo notturno. « Fa, egli dice, quando chiamato dal sonno ti gitti sul casto letto, che tu segni la fronte e il luogo del cuore colla figura della Croce: la Croce scaccerà ogni peccato; fuggono le tenebre dinanzi alla Croce, e la mente santificata con questo segno non sa più vacillare . »

Imperciocché a vero dire non era già sterile questa religiosità della Croce, anzi Iddio stesso se ne faceva predicatore con tali e tante meraviglie, che basterebbe appena un libro intiero a narrarle tutte. Non sarà però discaro che ne tocchiamo alcuna, perché cresca il mio argomento.

 

CAPITOLO III.

Come Iddio si compiacesse accrescere questo culto operando meraviglie.

E in prima Tertulliano nel principio dello Scorpiaco dice: Che i cristiani segnando o giurando non solo giovarono a loro medesimi, ma eziandio agl’idolatri. Anzi S. Epifanio racconta d’un Giuseppe, il quale non ancora cristiano aveva cacciato i demonj col solo segno della Croce, e indi rendutosi cristiano avea disfatto nello stesso modo alcune incantazioni dei Giudei . E pare che il Signore volesse glorificare la Croce specialmente agli occhi dei gentili, ai quali era abbominevolissimo strumento di supplizio e di morte. Infatti, a detto di Lattanzio , accadde che, chiedendo solennemente gli augurj un Imperatore, il diavolo non volle dare risposta alcuna, perché ivi era presente un cristiano, il quale s’era munito del segno della Croce.

Tale stupenda intenzione dellAltissimo è mirabilmente palese da ciò che, quando furono pieni i giorni per fare i tutto il mondo glorioso e sfolgorante o strumento della morte del Salvatore, Iddio elesse predicatore e sostenitore di questa gloria un gentile, cioè Costantino. Sanno tutti la visione meravigliosa della Croce allImperatore , nell’ atto che veniva contro Massenzio insignoritosi di Roma. Sanno tutti il prodigioso scritto - E’ν τóυτω υιχα con questo abbi vittoria; sanno il mutamento       fatto al vessillo imperiale, e la rotta di Massenzio, e la presa di Roma, e l'abolizione del supplizio della Croce. Ma non è già a tutti noto, che sino la quel momento i vessilliferi di Costantino furono assicurati da ogni pericolo nelle battaglie. Chi portava il vessillo era invulnerabile: Sozomeno narra, che una volta colui che portava questo divino      segno della Croce, vedendo irrompere i nemici da quella banda, e un nuvolo di dardi essere scagliato alla sua volta, diede il vessillo a un altro e posesi, a suo credere, in salvo, fuggendo alla lontana. Ma (mirabile cosa!) colui il   quale novellamente ebbe in mano la Croce, tuttoché d’ogni lato morissero i soldati e fossergli lanciate contro migliaja di freccie, fu incolume; laddove il misero disertore, lungi dalla battaglia, e fuor della tratta del dardo , all’improviso ferito malamente morì sul campo.

Dopo Costantino le meraviglie della Croce vennero crescendo ognidì. Quantunque volte il Signore voleva richiamare gli animi traviati al pensiero della redenzione o ravvivare la fede e il coraggio, ei faceva apparire questo segno. Sfolgorò lucidissimo sul monte Oliveto a’ tempi di Costanzo Imperatore, e ne è testimonio S. Cirillo Gerosolimitano in una sua Epistola a Costanzo. Fu veduto a tempi di Giuliano Apostata in mezzo a un cerchio di luce in cielo, quando si tentava la riedificazione del tempio di Gerusalemme in onta di Gesù Cristo, e subitamente vidersi croci disegnate sulle vesti di quasi tutti gli abitanti: n’attesta S. Gregorio Nazianzeno . Apparve la Croce in cielo a’ tempi d’Arcadio, quando era in sull’intraprendere la guerra contro i Persi persecutori dei cristiani ; lo riferisce S. Prospero . Apparvero croci sulle vestimenta degli uomini a’ tempi di Leone Iconomaco, quando gli eretici insanivano contro le sante imagini: tale assicura Paolo Diacono.

Ma siccome gli uomini prendono maggior rispetto ed amore per le cose ond’ebbero giovamento, Iddio si degnò valersi di questo segno per operare meraviglie di questa specie. Leggiamo in Eusebio  che, stando infermo di podagra nello stesso palazzo imperiale un tal Probiano, e tormentandolo crudelmente i dolori, fu di presente sanato apparendogli una mirabile visione. Perché egli sebbene venuto al Cristianesimo, errava con più altri nel non volere adorare la Croce; e però se gli fece manifesto un angiolo additantegli la Croce posta sull’altare, e facentegli noto ch’ogni benefizio era venuto all’uomo da quella crocifissione. E il medesimo riporta , ch'una volta presso il ponte d’Iperi eravi un drago sdrajato sulla strada pubblica, il quale arrappava pecore , capre, cavalli, buoi, ed anche uomini, facendone suo cibo; a questo andò innanzi il Vescovo Donato, senza spada, senza dardo; e nel levare che fece il capo la bestia per divorarlo, egli colla mano disegnò la Croce e sputò nell’avide canne del mostro, che subito cadde estinto. Leggiamo in S. Agostino d’una piissima e nobilissima donna chiamata Innocenza. Ella fu miseramente presa in una mammella da quel male orribile, che dicono cancro, a detto di tutti i medici, quasi insanabile. Invano saggiati molti e crudeli rimedj, la buona femmina ringraziò l’arte umana e misesi nelle mani della provvidenza. Una notte che s’appressava la Pasqua, ebbe in visione un avviso, che nel giorno del battesimo se n’ andasse alla chiesa, e facesse segnare la Croce sul membro infermo dalla prima donna tra le neocristiane che se le tosse parata davanti. Sì fece, e in quell’atto fu sanata. Molto più meraviglioso è il seguente prodigio, perché avvenuto a un nemico di Cristo. Giuliano Imperatore, avendo abbandonato la religione de’ suoi padri, continuamente rimproverava ai cristiani l’essere religiosi della Croce, chiamando ciò superstizione e fanatismo. Ma, come narra S. Gregorio Nazianzeno , quando cominciò ad essere turbato da certi suoni orrendi, e brutti odori, e infocati spettri , effetto della sua fantasia scorrucciata, ricorse tremebondo al vecchio rimedio della Croce; e valse questo segno; si chetarono i demonj, fu sgombrato il timore.

Imperciocché sin d’allora Iddio voleva far palese agli uomini, che contro queste vane imaginazioni ed altre opere diaboliche il gran rimedio é la Croce. Lo disse già di sé medesimo il più volte lodato S. Gregorio Nazianzeno, che col solo proferire il nome di Cristo o segnare colla Croce l’aria, avea messo in fuga i demonj, e riportato trionfo sul nemico, non altrimente di quando Mosé pregava a braccia stese, sul monte . E che cosa dirò dell’angustie provate da’ primi monaci ed eremiti nella solitudine, per ardire del diavolo, che poteva tuttavia assai su quelle terre? È noto che questi spiriti maligni apparivano a S. Antonio, quale in forma di leone quale d’orso e altre fiere , digrignanti i denti e urlanti spaventosamente, ma non ardivano d’accostarsi nemmeno al santo anacoreta, sol perché si segnava colla Croce . V’è di più: essendoché l’Abbate Sereno  ricorda che, nei primi tempi in cui cominciarono ad abitare i monasteri otto o dieci monaci, i demonj aveano tanta baldanza ad infastidirli, che quei buoni cenobiti erano astretti darsi muta nella notte, rimanendo alcuni a recitare salmi e orazioni, gustando frattanto gli altri un attimo di riposo. E nulla ostante cresciuto il numero, del gran potere del nemico non ne fu più altro, dice l’Abbate Sereno, forse in virtù del segno della Croce.

Finalmente giova riferire la rivelazione avuta da S. Patroclo Abbate, per la quale si dimostra, che il segno della Croce è balsamo salutevolissimo contro le tentazioni del maligno, e i pericoli di peccare. Si trasformò una volta il demonio in angiolo di luce, e mostratosi al santo Abbate, cominciò con molte astute parole a persuaderlo di ritornare al secolo e abbandonare la solitudine. Ma l’uomo di Dio, che si sentì subito scorrere per le vene come un fuoco pestilenziale, prostrossi in orazione, pregando il Signore che facessegli adempiere la sua volontà. E tale orazione, che mai non falla, ebbe tosto il suo effetto. Conciossiachè eccoti comparire un angiolo innanzi all’Abbate rapito in visione, e gli diceva: Se vuoi vedere il mondo, ascendi su questa colonna, e scernerai quello che si faccia in esso. Infatti gli pareva d’avere avanti una colonna di mirabile altezza. V'ascese, e di colassù vide omicidj, furti, stragj, adulterj, fornicazioni e tutto il pessimo dell’universo. Ahi, esclamò l'Abbate discendendo, ahi  Signore! deh ch’io non torni giammai in mezzo a tante abbominazioni, le quali, te confessando, aveva già dimenticato! Allora l’Angiolo a lui : Lascia dunque di desiderare il mondo, che tu non perisca con esso lui, e vanne anzi nel tuo oratorio a supplicare il Signore; quello     che vi troverai siati sollievo alla tua peregrinazione. Andò alla celletta del suo oratorio e trovò il segno della Croce scolpito sopra un mattone; ond’ebbe inteso il dono di Dio e conosciuto, essere desso fortezza inespugnabile contro le inique tentazioni del demonio . E di questo cantava Paolino quando disse :« Il segno e la confessione della Croce invitta noi fortifica ,ne armiamo le membra del corpo, ma a Dio chiediamo l’armi della mente, e benché esternamente sembriamo inermi, portiamo però di tali arma, colle quali gli animi nostri in pace e calma combattono contro gli spirituali nemici »

 

CAPITOLO IV

Si dimostra con nuove ragioni, che si debba ascrivere a S. Benedetto l’origine della Croce o Medaglia che va sotto il suo nome.

Preparati gli animi con tale e tanta religione della Croce, nasceva nel 480 dell’Era volgare S. Benedetto, quell’uomo egregio e dopo gli Apostoli singolarissimo, al quale avea riserbato Iddio la grand’opera di mettere civiltà nelle nazioni, giusta lo spirito di Gesù Cristo. Quest’uomo grandissimo, cui dovrebbero alzare monumento di gloria non che i cattolici, gli stessi nemici del Crisianesimo, siccome colui donde a loro venne mitezza di costumi, conservazione delle lettere, francamento degli schiavi, ospitalità dei pellegrini, fertilità delle terre, dissodamento di paludi e più altri benefizj che al rinnovamento sociale recò il Cristianesimo per mezzo di lui, quest’uomo, dissi, dovea ardere d’amore e devozione per la Croce. E di vero egli fu salutato nuovo Mosé da S. Gregorio il Magno, da S. Oddone, e da Guarrico Abbate Igniacense. Imperciocchè essendo egli destinato a così nobile ministero, Iddio lo riempì di tutto quello spirito ond’avea arricchito Mosé nel deserto: anzi a maggior ragione, perché questo fu duce di quelli ch’uscivano dall’Egitto, ed egli di quelli che rinunziano al secolo, legislatore l’uno, legislatore l’altro , ma il primo della lettera che dovea cadere, e il secondo dello spirito vivificante . Ora sappiamo di Mosé, che a salvare il popolo, l’una volta contro Amalech e l’altra contro i morsi dei serpenti, si valse solamente dal segno della Croce. E così il Mosé redivivo nel petto di S. Benedetto propose ai fedeli il culto della Croce, contro Amalech, che può significare le tentazioni del mondo e della carne, e contro i morsi dei serpenti, che bene alludono all’insidie del nemico infernale.

Difatti esistono tuttavia manifesti e nobilissimi testimonj della tenera e costante devozione di S. Benedetto verso la Croce. È ancora in Roma nella chiesa di S. Benedetto in Piscinula, un’ immagine venerabilissima di Maria così devotamente dipinta, che insino a oggi muove a pietose lagrime buoni cristiani. Di essa è costantissima tradizione che Benedetto tuttora fanciullo, quando a Roma era dedito a coltivare gli studj liberali, l’amasse e venerasse tanto. Questa effigie è dipinta cosi: la beata Vergine sostiene col braccio destro il pargoletto Gesù, e questi tiene nella, sinistra una piccola Croce. Quasi a dimostrare che Benedetto non voleva Venerare la madre senza il figlio, nè il figlio senza la Croce. È altresì stupendo documento di questa sua divozione la Croce di bronzo, sopravi l’imagine del Crocifisso, che si conserva nell’insigne Santuario di S. Benedetto di Subiaco , da presso il sacro speco del Patriarca. Di questa pure un immemorabile tradizione riferisce, essere stata essa portata colassù da Benedetto medesimo, quando fuggì la conversazione degli uomini per prepararci con quella degli angioli alla sua grand’opera. Questa croce esaminata attentamente da uomini esperti fu giudicata tale, cui plurimum rude artificium adstipulatur illius saeculi barbariem referens, come parla il manoscritto della sua storia . Eccone la descrizione dalla quale maggiormente si vedrà essere ella tutta cosa di S. Benedetto. L’ estremità superiore e le laterali sono terminate in forma ovale, e dentro vi sono incastonati tre smalti rappresentanti ciascuno una figura umana. Nel superiore v’é l’imagine del Salvatore in atto di benedire, in quello a destra la beatissima Vergine Maria, e in quello a sinistra S. Giovanni Battista, verso cui S. Benedetto fù assai devoto, e cui pure dedicò una Chiesa a Monte Cassino. L’asta inferiore della croce è interrotta da un’altra piccola fascia trasversa pure ovale. Siegue indi un quarto smalto distante dal centro egualmente che gli altri, nel quale vedesi la figura d’un santo eremita che tiene in mano un bastone. Sino ad ora è stata creduta imagine di S. Antonio, o altro padre del deserto; ma io la crederei piuttosto, o di. S. Basilio che San Benedetto chiama nella Regola santo Padre nostro , o meglio di S. Martino vescovo di Tours che fu particolarmente caro al Patriarca, e cui anche dedicò una Chiesa a Monte Cassino. Nè ai conoscitori d’antichità ecclesiastiche farà meraviglia che o S. Basilio o S. Martino qual che si sia, vesta alla monacile, quandoché si sa bene che era segno di costumatezza vestire in tal guisa, i Vescovi hanno anch’oggi alcune vesti ch’ebbero origine dalle monastiche . Dopo questo smalto l’asta va a finire in punta; e tutta la Croce è poco più lunga di un palmo.

Che diremo poi dell’uso che il Santo faceva di questo augustissimo segno ? Abbiamo ne’ Dialoghi di S. Gregorio , dove non è certo descritto tutto quello che Benedetto operò, più e più meraviglie fatte da lui col solo ségno della Croce. Quando se gli offerse alla vista un uccello nero e infernale, che indicava la tentazione prossima, egli lo scacciò colla Croce . Quando volevano i falsi fratelli dargli a bere il veleno , il       Santo saputolo per divina illustrazione, col segno della Croce fece rompere il vaso . E allora quando il nemico infernale eccitò fiamme fantastiche, S. Benedétto non diede altro rimedio ai monaci che segnarsi colla Croce, e i’illusione svanì. Finalmente quel monaco turbato da vani e superbi pensieri, appena fu segnato dal Santo Padre colla Croce, fu libero dallo spirito maligno . Per ultimo egli ordina nella sua mirabile Regola , che il novizio sottoscriva la formola di sua professione col segno della Croce. Tanto era a lui venerando e caro questo segno.

Basterebbero tutte queste testimonianze e considerazioni per accreditare la tradizione, che S. Benedetto avesse da Iddio rivelazione delle lettere e preghiere che sono scolpite sopra e intorno la Croce o Medaglia, che indi da lui fu nominata. Ma vi si può anche aggiungere, che nell’Inno Giambico Archilochio di Paolo Diacono sui miracoli di S. Benedetto, tra le altre meraviglie che s’accennano, assicurando di riferire quello che manca nella vita fatta da S. Gregorio, vi sono queste parole: Aether pluit numismata, colle quali parmi si confermi la nostra opinione. E tal pensamento viene anche ratificato dalle parole usate nella benedizione delle medaglie, approvata dalla S. Sede Apostolica . V’è scritto infatti così: Deus omnipotens etc., supplices te rogamus, ut per intercessionem S. Patris Benedicti, his sacris Numismatibus litteris ac characteribus a te designatis etc.; e più sotto: Qui Sanctum Nomen tuum litteris ac characteribus a te sedignatis invocaverit etc.

Ma ella è ora che passiamo a descrivere questi caratteri e lettere, e spiegarne la ragione e lo spirito.

 

CAPITOLO V

Si descrive e spiega la Croce di S. Benedetto consentanea alla sua Regola e ai Santi Padri.

La Croce di S. Benedetto è impressa sopra una medaglia fino da remotissimo tempo. La sua forma è alquanto simile a quella del Sacro Ordine Gerosolimitano: imperciocchè le quattro fascie che la compongono sono terminate da una linea curva che va allargando fino all’estremità. Ond’essa è chiusa dentro un’ellisse a fascia larga, e lascia nei suoi quattro spazj quattro triangoli sferici, dei quali formano due lati le linee curve della Croce, e il terzo quella parte d’ellisse ch’esse abbracciano. Nei triangoli sferici, sulle fascie della Croce, e sulla fascia dell’ellisse, che circonda tutto, sono impresse alcune lettere; ma le misteriose, di cui parlavamo, sono soltanto sulla Croce e sull’ellisse. Quest’ultime formano alcuni piccoli sensi di giaculatorie, tutta religione e tutto amore di Dio, e additano chiaramente che l’uso di questa Croce è contro qualunque tentazione o inganno diabolico.

In ciascuno dei triangoli sferici è una di queste quattro lettere, cominciando sempre a dritta dalla Croce.

 

C. S. P. B.

che vuol dire

CRUX. SANCTI. PATRIS. BENEDICTI.

Croce del Santo Padre Benedetto

Sulla fascia perpendicolare della Croce è scritto:

 

C. S. S. M. L.

 

che dai nostri Benedettini di Germania  trovo spiegato,

(Vedere nota nel testo: Effectus et virtut. Crucis, sive Numsmat. S. Benedict etc. Salisburgi. Typ Ioann. Bapt. Mayr Aulc. Academ Typogr 1664.)

 

CRUX. SACRA. SIT. MIHI. LUX,

 e dagli Italiani ,

(vedere nota nel testo: Effetti e virtù della S. Croce improntata nella Medaglia del Santissimo Patriarca Benedetto. Velletri, Tipograf. Di Luigi Sartorj 1832 Ed anche: Santissima Croce del Patriarca S. Benedetto Abbate. Ancona. Per Sartorj Cherubini 1840.)

 

CRUX. SANCTA. SIT., MIHI. LUX;

 

con piccolissima differenza, significando l’una e l’altra: La Croce santa sia a me luce.

Sulla fascia orizzontale è scritto:

 N. D. S. M.D.,

 

che i Tedeschi spiegano,

NON. DRAGO. SIT. MIHI. DUX,

e gl’Italiani,

NON. DAEMON. SIT. MIHI. DUX;

e significa: Non il Drago ( ovvero il Demonio ) sia a me duce.

Finalmente sulla fascia dell’ellisse, cominciando d’alto e girando sulla sinistra della Croce, sono impresse le seguenti lettere;

V. R. S. N. S. M. V. S. M. Q. L. I. V. B.

che i Tedeschi leggono,

VADE. RETRO. SATANA. NUNQUAM. SUADE. MIHI. VANA. SUNT. MALA. QUAE. LIBAS. IPSA. VENENA. BIBAS,

e gl’italiani,

VADE. RETRO. SATANA. NUMQUAM. SUADE. MIHI. VANA. SUNT. MALA. QUAE. LIBAS. IPSE. VENENA. BIBAS.

e significa: Vanne addietro, o Satanasso, mai tu possa persuadermi vanità ; sono cose cattive quelle che spargi, deh gli stessi veleni tu bevi, ovvero secondo gl’italiani; deh tu stesso i veleni bevi.

Nella parte superiore della fascia , tra l’ultima lettera a destra e la prima a sinistra, in alcune Medaglie v’è una Croce , in altre il Monogramma IHS ; l’una e l’altro ad indicare, ch’ogni virtù di questa divozione dipende dalla fede in Gesù Cristo.

Ognuno vede, che la differenza tra la lezione dei Tedeschi e quella degl’italiani, quanto al significato dei caratteri, è piccolissima ; anzi non consiste che nelle tre parole Sacra, Draco, ed Ipsa, alle quali i Nostri hanno sostituito Sancta, Daemon, ed Ipse, senza perciò alterare menomamente il senso. Pure, se avessi ad esprimere la mia opinione, direi che la buona elezione è quella dei Benedettini di Germania; nè l’italiana è altro che una corruzione della prima, venuta dalla smania di spiegarne meglio il senso. E ciò arguisco, primo dall’essere tolta ogni misura di verso nelle giaculatorie della Croce, sostituendo Sancta e Daemon a Sacra e Draco; laddove con queste ultime parole si forma un ben misuralo pentametro; come dell’ultima giaculatoria viene apertamente un distico. Secondo, perché la prima lezione spira meglio l’antica forma di stile , e chiaramente lo accenna la voce Draco ripetuta in questo medesimo senso le migliaja di volte nell’Apocalisse, e corrisponde alla maniera del Vade retro, Satana, ch’è tolto di peso dal cap. 8. di S. Marco vers. 33. Finalmente la maggior parte de’ miei lettori verrà nella mia opinione, tosto che avrà scorso il resto di quest’istoria. Ma non occorre qui anticipare la narrazione.

Checché ne sia, è indubitato che le giaculatorie sopraddette spirano tutta la semplicità e rozzezza del quinto secolo, e tendono a spiegare gli effetti di questa santa Croce: ciò sono, vincere qualunque illusione diabolica e respingere tutte le tentazioni del maligno nemico.

Ora queste virtù sono applicate al segno della Croce per sentimento comune dei Padri. Udite Origene: È tanta la forza della Croce di Cristo, egli dice, che s'ella vien posta avanti gli occhi,e ritenuta fedele nella mente, sì che si sguardi alla stessa morte di Cristo cogli occhi intenti dell’animo, non possa prevalere nessuna concupiscenza, nessuna libidine, nessuna invidia, ma subito alla sua presenza tutto l’esercito del peccato e della carne vien messo in fuga ». « Col segno della Croce, aggiunge S. Atanasio , ogni operazione magica viene repressa, gli avvelenamenti diventano inefficaci, tutti gl’Idoli sono lasciati deserti, ogni voluttà irrazionale s’accheta, ogni uomo mira dalla terra al cielo »; e più sotto: « Una volta, dice , i demonj con vane apparenze ed illusioni di cose confondevano gli uomini, impadronitisi dove delle fonti, dove de’ fiumi, pietre, o legni, e cosi prestigiosamente sbalordivano gli sciocchi; ma appena venuto il Verbo di Dio, tali fantasmi ed illusioni cessarono: infatti valendosi l’uomo del solo segno della Croce, scaccia da sé i loro inganni » ; e poco appresso:« Venga, esclama, venga oltre chi vuol fare saggio delle cose da me dette e nei prestigj del demonio, nell’impostura de’ vaticinj, nei miracoli della magia usi del segno della Croce da lui deriso, ed invochi il nome di Dio, e vedrà come per timore di ciò i demonj fuggano, i vaticinj s’ammutoliscano, le magie e gli avvelenamenti cadano a vuoto ». S. Gregorio Nazianzeno propone per rimedio contro l’ira il segno della Croce, anzi dice che tutte le cose temono questo segno, ed afferma averlo provato efficacissimo contro qualunque tentazione.  S. Antonio anacoreta d’Egitto, quando i diavoli in mille guise trasformati visibilmente lo travagliavano, fattosi il segno della Croce ad essi non rispondeva altro che : Se voi avete alcun potere sopra di me, traete innanzi, assalitemi; ma se voi non potete nulla, a che indarno mi turbate? conciossiachè sigillo e muro di sicurezza è per noi la fede nel nostro Signore. E il Benedettino Gersen, nel suo inimitabile Trattato dell’Imitazione di Cristo, scrive: « L’inimico demonio non paventerai se tu stia guernito di fede, e della Croce di Cristo marcato ( Vers. di Cesari)  ».

Ma veggasi come bene S. Benedetto istesso abbia adombrato la preghiera e lo spirito di queste giaculatorie, nel Prologo della sua mirabile Regola. Egli vuole ivi spiegare quelle parole del Salmo decimoquarto che dicono : A nulla s’è ridotto al di lui cospetto il maligno, e il fa in questa guisa: « Colui il quale ridusse a niente il maligno diavolo che insinuavagli alcuna cosa, e lo respinse d’innanzi il suo cuore colla stessa insinuazione di lui, e prese i bassi pensieri dell’iniquo schiacciandoli sovra Cristo ». Chi ben rifletta scorgerà qui gli stessi sentimenti che nella preghiera Vade retro Satana già bene esposti; ma assai meglio ancora li riconoscerà nel seguente brano di Gersen. « All’antico avversario, egli dice , dà la colpa di tutto ciò che di cattivo e di turpe ti rappresenta. Di a lui: va via, spirito immondo; ti vergogna, o infelice: or sei ben sozzo, che tali brutture mi metti dentro le orecchie. Togliti da me, seduttor maledetto; tu non avrai in me alcuna ragione; anzi con meco starà Gesù, siccome forte combattitore, e tu ne rimarrai svergognato ». Non lascerò per ultimo di riferire le melliflue parole di S. Bernardo, il quale ci esorta a vincere il nemico, con tali parole: « Sempre lo  spirito della carne spira mollezza, lo spirito del mondo cose vane, lo spirito della malizia cose ree. Quante volte adunque il pensiero carnale flagelli la mente siccome suole; quando per esempio la smania del bere, del cibo, del sonno o altro che appartenga alla carne accende in noi desiderj mondani, teniamo per certo essere questa insinuazione dello spirito della carne e respingiamolo come nemico dicendo: Vade retro Satana, perché tu non sai nulla delle cose di Dio, ma di più la tua sapienza egli è contraria  ».

Similmente si legge in tutti i libri di vita, spirituale, che qui non riporto per amore di brevità. D’altronde ho già convenientemente provato, che lo spirito della Croce di S. Benedetto è totalmente consentaneo alla tradizione e ai Padri.

 

CAPITOLO VI.

Visione del Papa S. Leone IX.

Non sembra che la devozione alla Croce di S. Benedetto si propagasse molto avanti il 1000; o almeno ci mancano documenti da poterlo attestare. Forse dal secolo quinto insino al decimo, con tante perturbazioni civili, religiose, e monastiche, se ne venne impiccolendo la fama. Ed ecco come Iddio si degnò di richiamarne il culto e rinnovarne la devozione, per mezzo d’un uomo chiarissimo per santità che poscia sali al Sommo Pontificato.

Questi fu Brunone nato in Alsazia da Ugone Conte di Eginiskein e da Eilewide, nobilissimi amendue per prosapia e religione. Iddio volle dimostrare alla madre, quando n’era gravida , quale e quant’uomo fosse colui ch’ella portava in grembo. Una notte infatti vennele dinnanzi in visione un uomo vestito d’abito religioso il quale l’assicurava: avrebbe dato alla luce un figliuol maschio, che un dì sarebbesi fatto grande innanzi a Dio, e gli mettesse nome Brunone . Penso che quest’uomo in abito religioso comparso a Eilewide non fosse altri che San Benedetto: io l’arguisco dall’essere poi stato monaco Brunone, e più ch’altro da quel che siegue. Ma l’antico scrittore della vita non ne dice nulla. Certo è che sgravatasi di Brunone la madre secondo la promessa, fu trovato mirabilmente il corpo del bambino tutto chiazzato di crocette impresse ; come se il Signore volesse mostrare in una la vocazione di Brunone all’accrescimento del culto della Croce, e la consacrazione di lui ai più sublimi ministeri della Chiesa. Ciò fu ai 17 di luglio dell’anno 1002. Venuto grandicello il figliuolo, mandarono i genitori presso Bertoldo vescovo Tullense, il quale avea fondato un gran collegio ove i giovani nobili ricevevano tutti gli utili insegnamenti sott’ottima disciplina. Quivi egli s’ebbe a compagno ed amico tenerissimo Adalberone figlio dell’esimio Principe Federico. Il quale Àdalberone già fino d’allora tutto dedito alta mortificazione e alla pietà, fu poi insigne vescovo Mettense. Io intanto tocco questi fatti inquanto che mi devono servire poco più sotto ad illuminare altri fatti, che senza questi parrebbero affatto isolati ed oscuri. Ma veniamo alquanto più da vicino alla narrazione proposta, lasciandone tutta la fede all’antico autore della sua vita.

Era dunque Brunone quasi sul compiere la sua educazione ed era un poco più libero, cosicché poteva spesso recarsi alla casa paterna: nè egli ciò faceva tanto per vaghezza del luogo e del giovanile umore, quanto per desio del religioso conversare dei genitori. Una bella notte d’estate ch’egli dimorava presso loro nel nobile suo castello di Eginiskeim, volle prendere riposo in un’amenissima e fresca cameretta, la quale non era sì alzata dal suolo, che un rettile non vi si potesse introdurre. Ora avvenne che vi si strascinasse un sozzissimo e velenoso rospo, il quale salito sino alla destra gota del dormiente, e messogli una delle zampe anteriori sulle guancie e l’altra sotto il labbro, fermando delle posteriori la prima dietro l'orecchio e la seconda sotto il mento, si diede a morderlo e stringerlo orrendamente. A tanto spasimò, destatosi, il giovane levò alto le strida; e subito dato dalla palma forte dietro l’orecchio, respinse da sé la venefica bestia sul letto , non si arrischiando di prenderla a mezzo il corpo e indi strapparla, per tema ch’essa non stringesse vieppiù crudelmente. Ma il perfido animale benché cadendo sul letto avesse reso suono come di chi scoppia, pure non indugiò un momento a risalire sul volto di Brunone, lui veggente, imperciocchè alcuni raggi di luna si mettevano dentro la camera. Ratto corsero i servi al grido del padrone, con lumi accesi e pieni di ansietà e timore; ma giunti non videro nulla, essendo sparito anche il menomo indizio dello Schifoso rettile. Scorgevasi però, a testimonio della verità dell’accaduto, gonfio strabocchevolmente il volto la gola e il petto del giovane, e dolori acerbissimi lo straziavano così che portatolo a braccia in letto, quanto prima s’infermò a morte , durando come in una specie d’agonia per due interi mesi. Non è a dire la pena dei parenti, ai quali venuta meno, la speranza non altro pensiero restava che quello dei funerali. Ma il benigno Gesù, solito soccorrere cui manca la speranza negli uomini, degnossi di consolare quei pii genitori. Ed ecco, un dì che Brunone, già perduta la loquela da otto giorni, se ne stava a volto supino e vegghiante, vide come una luminosa scala che dappiedi del suo giaciglio si levava, e trapassando per la fenestra che gli era davanti, si stendeva sino al cielo. E giù per gli scaglioni di essa scendeva maestosamente un vecchio di vivissimo splendore e veneranda canizie, in abito monacile avente nella destra un’asta sopravi una croce bellissima. Il quale, come fu presso all'infermo, colla sinistra tenne la scala e colla destra sovrappose la Croce alla bocca di quello; poscia segnò colla medesima il luogo del tumore, ed estrasse di dietro l’orecchio la materia purulenta del veleno. Dopo di che ritornossene per la stessa via, restando il malato riavuto d’assai. Allora Brunone volse subito al suo Adalberone che solo gli era daccosto, e da questo sparsasi la notizia dell’insperato miglioramento, tutta la casa cessò dai lunghi sospiri. Alcuni giorni appresso se gli ruppe la pelle dietro l’orecchio, e uscitone tutto il resto del veleno, presto sano ed incolume si levò da letto. Allora e poi sempre narrando Brunone agli amici tanta misericordia del Signore sopra di sé, affermava, ch’egli in quell’estasi subito riconobbe alla qualità del volto e dell’abito il beatissimo padre dei monaci Benedetto. Brunone si rese poi monaco, indi fu eletto Vescovo Tullense, e nel 1048 ascese la Cattedra Romana sotto il nome di Leone IX, e durò ricco d’opere e meriti a vantaggio della Chiesa sino al 1054; nel quale anno se ne volò al cielo .

Ora l’accrescimento del culto della Croce dopo questa visione è abbastanza chiaro per quello che abbiamo in un’Epistola di S. Gregorio VII. Imperciocchè, trattandosi d’una questione insorta tra Ugone e Gerardo nepoti di S. Leone IX circa il diritto d’avvocazia o protezione sopra il Monastero di Monache Wosencheimense vicino ad Eginiskein loro feudo, il gran pontefice narra, ch’esso fu fondato da S. Leone IX nella terra sua ereditaria in onore della Santa Croce, a proprie spese costrutto, e alla Santa Sede Romana in diritto consegnato . Che poi da S. Leone IX si debba ripetere quasi il riconoscimento della Croce di S. Benedetto bene apparisce dagli avvenimenti posteriori. E ne è anche testimonio l’effigie di questo santo Patriarca nel rovescio di molte delle predette medaglie, colla Croce in mano, quasi in atto di sanare altrui, come già fece a Brunone.

 

CAPITOLO VII.

Nuovo accrescimento alla devozione di questa santa Croce.

Quantunque collandare degli anni s’indebolisse la devozione alla Croce di S. Benedetto, anzi si perdesse affatto la spiegazione di quei caratteri e lettere misteriose che vi sono sopra impresse, pure non ne cadde del tutto l’uso e la memoria. Eranvi molte di queste medaglie, e s’applicavano sempre con mirabile effetto. Fintantoché piaccque al Signore di farne ritrovare la spiegazione nel modo che siegue.

Nell’anno 1647, in un castello di Germania che chiamasi Natteremberg, cominciò a abbondare una certa razza di vipere velenose strette ed attortigliate insieme. Male ne veniva a quei terreni, persone, o bestie che ne fossero state tocche, e si conosceva palesemente starvi celato sotto un maleficio diabolico. Ma per esperienza si vide, che dove era attaccata o seppellita la Croce di S. Benedetto ogni forza ed arte malefica di quelle vipere era nulla. Osservarono ancora che nel Monastero Mettense, fondato da Carlo Magno circa il 791, similmente mancava ogni potere a tal veleno, appunto perché trovarono esservi celata una di queste Croci. Allora il Prefetto del luogo si recò dai monaci Mettensi, e palesato loro quello che avveniva nel dintorno, e che aveva udito dire del loro Cenobio, chiese che si facesse investigazione per iscoprire che cosa significassero quei caratteri e simboli impressi nella Medaglia. Quei buoni religiosi se ne misero in traccia, ma per lungo tempo non trovarono altro che parecchie di queste Croci affisse quà e colà per la casa. Ad ultimo s’abbatterono a un codice scritto da un monaco di quel Monastero in lode di detta Croce. Quivi erano bene spiegati ed espressi i caratteri e misteri della medesima. Il libro splendeva d’oro e gemme, ma ricchezza maggiore gli davano alcune reliquie di Santi tramezzate quà e là. Fu mandato a lngolstadio poscia a Monaco perché fosse esaminato dal Serenissimo Elettore; d’ogni luogo ottenne approvazione (vedere la nota sopra. Effect. Et virtut. Crucis et. Salisburgi, 1664).

Ognuno de’ miei lettori si ricorderà la tenera amicizia tra S. Leone IX e Adalberone che fa poi Vescovo Mettense, e mi consentirà di leggieri che questo fatto dà lume alla visione di Brunone, e alla tradizione d’esser lui stato propagatore della Croce di S. Benedetto; e che insomma è grandemente importante alla storia di questa Croce. Dal codice Mettense furono tratte le spiegazioni che i Benedettini Tedeschi sostengono, e perciò più sopra diceva che a queste m’atterrei meglio ch’all’italiane. Per questo avvenimento s’accrebbe a dismisura la devozione di questa Croce in tutta la Germania e Francia. E nel 1664 fu coniata una medaglia, nella quale da una parte era la Croce di S. Benedetto e nel rovescio la Croce di S. Zaccaria provata mirabile contro la peste dai Padri del Concilio di Trento. Si stampò nel medesimo anno un libretto a Salisburgo , dove parlasi dell’ una e dell’altra Croce, e donde ho tratto per questi miei cenni alcune notizie.

 

CAPITOLO VIII.

Grazie prodigiose ch’ella fece in Lorena.

Per fare che nulla manchi a formarsi un’idea esattissima della Croce di S. Benedetto, si possono qui riferire alcuni fatti prodigiosi avvenuti, a quello che si dice, poco dopo la scoperta del codice Mettense. Ciò gioverà grandemente, siccome spero, a ispirare nel cuore dei fedeli fiducia d’ottenere ogni buon desiderio dal Signore pei meriti del Santo Padre Benedetto. E farà anche crescere di più in Italia la devozione di questa Croce a’ nostri tempi, in cui, se non m’inganno, l’Altissimo si compiace richiamarci alla ricordanza ed amore della passione e morte di Gesù Cristo per mezzo dell’immacolata Concezione di Maria . (Nota: Nel rovescio della Medaglia miracolosa si vede la Croce e i cuori di Gesù e Maria trapassati da acute spade: che a  mio avviso denotano abbastanza la mia opinione.)

Questi fatti ci vengono attestati da Gabriele Bucellino monaco Benedettino dell’Imperiale Monastero Weingartense ; il quale ebbeli dai Reverendi Monaci della Congregazione Lorenese, ch’egli chiama testimonj degnissimi di fede. Quanto è doloroso che in appresso non si sia tenuto esatto contro delle grazie che ha operato e opera Iddio con questa Santa Croce! Ma a ogni modo bastino questi pochi esempj a infervorarci miei lettori.

1.               Nell’anno 1665 era in Luxevil un infelice ossesso, a sanare il quale erano stati adoperati indarno molti argomenti religiosi. Ad ultimo venne saputo ai suoi parenti della Croce di S .Benedetto come mirabile oltremodo contro il demonio. Presero adunque una di queste medaglie, e gittatala nell’acqua, diedero di questa a bere all’indemoniato. Ed ecco subito il diavolo contorcersi violentemente e promettere, che all’ore tre della notte prossima sarebbe uscito di quel corpo. Così disse, e così mantenne restando per sempre libero l’ossesso. Un fatto simile con altrettanto effetto avvenne a Vesoul.

2.               Nel medesimo anno, infermò a morte in non so qual paese un nomo per un pestifero ulcere in un braccio. S’angosciavano i suoi per tanta sventura; ma più assai perché la piaga era riottosa a qualunque rimedio. Il chirurgo ci aveva sprecati sopra molti unguenti e cauterj e cataplasmi ma con niuno effetto, finalmente venne in sospetto che potesse essere opera di qualche diabolico maleficio, e pensò che unico sollievo poteva essere la Croce di S. Benedetto. Egli adunque applicò una medaglia sull’ulcere, indi messo il solito empiastro fasciò bene tutto. Il dì vegnente il male era risoluto; dopo di che in pochi giorni fu sano.

3.               Nel medesimo tempo, un altr'uomo venuto agli estremi di sua vita sfidato affatto da tutti i medici e con niuna speranza di guarigione, col solo bere dell’acqua entro cui era una Medaglia di S. Benedetto, si risanò.

4.               Nello stesso anno 1665, un villaggio del Lorenese era molestato assai dai diavoli. Un giorno, tra le tante illusioni, fecero comparire come se una casa andasse a fuoco. Ognuno s’imagini il turbamento dei meschini paesani, e tanto più quando videro che in breve spazio di tempo s'era appreso il fuoco a dodici case. Allora non sapendo più che si fare, vecchi, donne, fanciulli corsero tumultuosamente al vicino Monastero dei Benedettini chiedendo soccorso ed ajuto. Questi confortandoli diedero loro molte Croci di San Benedetto, dicendo, che le buttassero tra le fiamme e avessero fiducia nel Signore e nell’intercessione del gran Patriarca.  Tornano subito i borghigiani, ed eseguiscono quello ch’era stato ingiunto, cessando issofatto l’incendio e l'illusione.

5.               Nell’ Aprile del 1666, a Besanzone una femmina venuta al tempo del parto era straziata da orribili dolori , senza ch’ella si potesse sgravare. Vani furono gli sforzi dei chirurghi per alleggerirle il dolore e ajutarla a partorire. Infine il R. P. D. Costanzo Gravel Vice-Priore del Monastero dei Benedettini di S. Vincenzo Bisuntino, mosso a compassione, le appese al collo la Medaglia di S. Benedetto; indi ascoltò la confessione dell’inferma, la quale, ricevuta l’assoluzione, cominciò a respirare, e nello spazio d’un Miserere diedè fuori il feto morto.

6.               Otto miglia lungi dalla stessa città di Besanzone e nella Contea di Borgogna è posta, la fortezza di Maillot. Essa era stata già da lungo tempo abbandonata, quando nel 1666 cominciò ad essere infestata dai diavoli. Si sentivano nel paese tutta la notte orribili strida e fracassi spaventosi, si vedevano su pe’ merli spettri e fantasmi e mille altre cose che non v’era più anima viva ch’ardisse abitarvi da vicino. Inoltre le pecore e gli animali del dintorno furono invasi dal contaggio; e tante altre ribalderie che gli abitanti si diedero affrettatamente a emigrare di colà. Ma ecco a non so quale viene in mente della Croce di S. Benedetto: prende alcune Medaglie, se ne va coraggioso alle mura della fortezza, e ve le affige sopra. Non vi volle altro perché tutti quei malefici finissero in una volta.

7.               Nello stesso anno 1666 al collo d’un bambino che si moriva, fu appesa questa santa Medaglia, e tosto egli si risentì e riebbe la salute.

8.               In quel torno ancora un fornaciajo espertissimo del suo mestiere, avendo dato il fuoco a una sua fornace, s’avvide che per grande ardere che facesse non si cocevano affatto i mattoni. Rimase meravigliato di questa singolarità come quegli che conosceva stupendamente le regole della sua arte, e questa volta le avea adempiute tutte scrupolosamente. Alla fine non sapendo come spiegare la cosa, giudicò che fosse un’illusione diabolica, e, avute dai Benedettini alcune di queste sante Croci, le attaccò alle pareti della fornace. Non occorre dire che subito ottenne il bramato effetto e mai più gli accadde cosa simile.

9.               Finalmente nella città di Luxevil era una misera fanciulla, la quale viveva in isconcissime disonestà con scandalo publico di tutti i buoni. Perché alla mala vita univa la sfacciatezza e una tale impurità di parlare, che si credeva avesse il diavolo in bocca. Gli sciagurati parenti n’erano disperati e dopo averla raccomandata alle preghiere di tutti i devoti cristiani, furono consigliati di darle a bere dell’acqua, dentro la quale fosse una Croce di S. Benedetto. Il fecero, e immantinente la fanciulla lasciò il disonesto parlare e divenne la più costumata di tutto il paese.

 

CAPITOLO IX.

Il Papa Benedetto XIV. aggiunge nuovo splendore e ricchezza alla Croce di S. Benedetto.

Era passato quasi un secolo dal ritrovamento del Codice Mettense, per cui questa devozione s’era di tanto aumentata, allorché il Signore ispirò a un buon Monaco il desiderio d’ottenere dalla Santa Sede Apostolica l’approvazione d’una benedizione particolare con applicazione d’indulgenze.

Bennone Lübel Abate del Monastero Brzevnoviense di S. Margarita vicin di Praga, Preposto di Walstadio degli Slesi, Prelato mitrato del Regno di Boemia, e visitatore perpetuo dell'Ordine di S. Benedetto in tutta la Boemia, Moravia e Slesia, si mise in animo di tentare un’opera così santa. Fece egli adunque presentare supplica su ciò nel principio del 1741 alla Santa Sede Romana, alla quale sola spetta di conoscere e dichiarare quello che viene d’Iddio ed autenticare qualsiasi devozione e preghiera. Regnava allora sul Trono Pontificale il glorioso Benedetto XIV., dalla cui dottrina tanta luce si spargeva su tutta la religione. Egli accolse di buon viso il pio desiderio dell’Abate, e con suo Breve de’ 23 Decembre 1741, che comincia -  Coelestibus Ecclesiae thesaurus - approvò la formola della benedizione delle Medaglie o Croci di S. Benedetto ch’era stata proposta, fattala però emendare dalla S. Congregazione dell'lndulgenze; e insieme concesse ampissimo tesoro d’indulgenze, riportandole nell’istesso Breve. Volle però, che questa facoltà apostolica di benedire le Croci di San Benedetto con applicazione d’indulgenze, fosse esclusiva dei Monaci Benedettini della Boemia, Moravia e Slesia, o di quegli altri Monaci e sacerdoti cui fosse piaciuto al Sommo Pontefice di estenderla. Anzi per dimostrare quanto questa cosa gli fosse a cuore, l’anno appresso e precisamente ai 12 marzo 1742 pubblicò un altro Breve che comincia - Ad augendam -, nel quale conferma tutto quello che ha concesso sì riguardo alla benedizione, come all’indulgenze.

Esultò il cuore dell’Abbate Bennone a così felice successo, e chiese subito alla medesima Santità di Papa Benedetto XIV. la licenza di poter pubblicare in qualsivoglia lingua tanto la formola della benedizione, quanto il sommario dell’indulgenze; affinchè, giungendo a notizia di tutti la concessione apostolica, i fedeli se ne potessero giovare a gloria di Dio, della Beatissima Vergine Maria, e di San Benedetto. Ma giunte alla Sacra Congregazione queste preci, furono domandati i voti del P. Bugato Barnabita e del P. Pecoroni dell’ordine de’ Servi di Maria Consultori. Uditi i quali, la S. Congregazione permise che si pubblicasse in qualunque lingua il sommario dell’indulgenze, ma volle che la formola della benedizione non si dovesse stampare che in latino . Allora finalmente il benemerito Abbate Lübel fece uscire alla luce un opuscolo compilato da un suo monaco intorno alla Croce o Medaglia di San Benedetto , che fino ad ora è il più completo di questo genere (Nota: De quid ditate, de esentia etc. Crucis sive Numismatis S. Benedicti etc. Vienna 1743). Esso è il primo anzi l'unico che abbia spiegato la visione di S. Leone IX. come fortemente attaccata alla storia di questa Medaglia, e che abbia dimostrato venire più d’alto che dal 1647 e dal fatto di Natteremberg l’origine di questa santa Croce. E di ciò merita infinita lode.

La Congregazione Cassinese dei Benedettini Italiani certamente implorò dalla S. Sede ne’ passati anni la benigna estensione del privilegio concesso da Benedetto XIV. in favore dei Benedettini di Boemia, Moravia e Slesia. Ma le terribili convulsioni patite sulla fine del secolo passato e sul cominciare del presente non che dagli Ordini regolari ma dalle stesse nazioni e regni dell'Europa, avevano fatto perdere memoria sicura di tal privilegio. Laonde, sotto gli auspici dell’illustriss. e Beverendiss. P. D. Celestino Gonzaga Abbate Presidente, il Reverendiss. P. D. Benedetto Tomasetti Procuratore Generale ha chiesto in quest’istesso anno la grazia alla Santità di N. S. Papa Gregorio XVI. ed ha comunicato in perpetuo quatenus opus sit alla detta Congregazione Cassinese le facoltà sunnominato, in ogni modo a norma delle Costituzioni di Benedetto XIV. .

 

CAPITOLO X.

Formola della benedizione delle Croci o Medaglie di S. Benedetto.

Pubblico qui a comodo dei nostri monaci quella formola, che fu approvata da Benedetto XIV. per l’applicazione delle indulgenze.

 

FORMULA

 

BENEDICENDI NUMISMATA SEU CROCES S. BENEDICTI A SS. D. N. BENEDICTO PP. XIV.

 APPROBATA .

 

Sacerdos benedicturus Numismata Sancti Benedicti incipit absolute.

V. Adjutorium nostrum in nomine Domini.

R. Qui fecit coelum et terram.

V. Exorcizio vos, Numismata, per Deum Patrem Omnipotentem, qui fecit coelum et terram, mare et omnia quae in eis sunt. Omnis virtus adversarii, omnis exercitus diaboli, et omnis incursus, omne phantasma satanae eradicare et effugare ab his Numismatibus, ut fiant omnibus qui eis usuri sunt salus mentis et corporis , in Nomine Patris  Omnipotentis, et Jesu Christi filii ejus Domini nostri, et Spiritus Sancii  Paracliti, et in charitate ejusdem Domini nostri Jesu Christi, qui venturus est judicare vivos et mortuos, et saeculum per ignem.

R. Amen.

Kyrie eleison, Christe eleison, Kyrie eleison. Pater noster secr.

V. Et ne nos inducas in tentationem.

R. Sed libera nos a malo.

V. Salvos fac servos tuos.

R. Deus meus, sperantes in te.

V. Esto nobis Domine iurris fortitudinis.

R. A facie inimici,

V. Dominus virtutem populo suo dabit.

R. Dominus benedicet populum suum in pace.

V. Mitte eis Domine auxilium de Sancto.

R. Et de Sion tuere nos.

 V. Domine exaudi orationem meam.

R. Et clamor meus ad te veniat.

V. Dominus vobiscum.

R. Et cum spiritu tuo.

 

OREMUS.

Deus omnipotens honorum omnium largitor, supplices te rogamus, ut per intercessionem S. Patris Benedicti, his sacris Numismatibus litteris ac characteribus a te designatis tuam benedictione infundas, ut omnes qui ea gestaverint ac bonis operibus intenti fuerint, sanitatem mentis et corporis, et gratiam sanctificationis, atque indulgentias nobis concessas consequi mereantur, omnesque diaboli insidias et fraudes, per auxilium misericordiae tuae effugere valeant, et in cospectu tuo sancti et immaculati appareant. Per Dominum etc.

R. Amen.

 

OREMUS.

Domine Jesu Christe, qui voluisti pro totius mundi redemptione de Virgine nasci, circumcidi, a Judaeis reprobari, Judae osculo tradi , vinculis alligari, spinis coronari, clavis perforari, inter latrones crucifigi, lancea vulnerari, et tandem in Cruce mori : per hanc tuam sanctissimam Passionem humiliter exoro, ut omnes diabolicas insidias et fraudes expellas ab eo, qui Nomen Sanctum tuum his litteris ac characteribus a te designatis devote invocaverit, et eum ad salutis portum perducere digneris. Qui vivis et regnas in saecula saeculorum.

R. Amen.

V. Benedictio Dei Patris  Onmipotentis, et Fi lii, et Spiritus  Sancti descendat super haec Numismata ac ea gestantes, et maneat semper in Nomine Pa tris, et Fi lii, et Spiritus  Sancti. Amen.

Deinde Sacerdos aspergit Numismata aqua benedicta.

 

CAPITOLO XI.

Sommario delle Indulgenze.

Aggiungo il sommario dell'indulgenze traducendolo fedelmente dalla Copia autentica  fatta nella S. Congregazione dell’Indulgenze, e tratta dalle Costituzioni della S. M. di Papa Benedetto XIV.

1.                  Chi, almeno una volta la settimana, suole recitare la corona del Signore, o della Beatissima Vergine Maria, sì tutto il Rosario come una terza parte ovvero l’Officio, tanto il divino quanto il piccolo, della medesima. Beatissima Vergine Maria, o quello dei Defunti, o i sette Salmi Penitenziali, o i Graduali; o pure suole insegnare i principi della santa Fede, o veramente visitare i carcerati, od anche gl’infermi in qualsiasi ospedale, o sovvenire ai poveri, o ascoltare la Messa, o ( essendo Sacerdote ) celebrarla: se da vero pentito si confessi, a un Sacerdote dall’Ordinario approvato, e riceva il santissimo sacramento dell’Eucaristia, in qualunque dei giorni seguenti, cioè : Natività’ dì N. S. G. C., Epifania , Risurrezione, Ascensione , Pentecoste, SS. Trinità e Corpus Domini , non meno che il di della Concezione, Natività, Annunziazione, Purificazione, ed Assunzione della Beatissima Vergine Maria, come anche nel primo giorno di Novembre, festa di Tutti i Santi, e nel giorno festivo, di S.   Benedetto pregando per l’estirpazione dell’eresie e scismi, esaltazione della Fede cattolica, e pace e concordia dei Principi Cristiani ed altri bisogni della Chiesa Romana, conseguirà l’indulgenza Plenaria e la remissione di tutti i suoi peccati.

2.                  Chi farà qualsivoglia di dette pie opere nell’altre feste del Signore, o della Beatissima Vergine Maria, dei Santi Apostoli, o di S. Giuseppe, o dei Santi Mauro, Placido, Scolastica, e Gertrude dell’Ordine di S. Benedetto; in qualunque dessi giorni otterrà indulgenza di sette anni e altrettante quarantene.

3.                  Chi udirà la Messa, o ( essendo Sacerdote ) la celebrerà, pregando Dio per la prosperità dei Principi Cristiani, e tranquillità de’ loro Stati e Dominj, lucrerà indulgenza di sette anni e altrettante quarantene.

4.                  Chi digiunerà nei Venerdì, per riverenza verso la passione di G. C. N. S., e nei Sabbati, in onore della Beatissima Vergine Maria, in ciascuno dei detti giorni conseguirà indulgenza di sette anni e altrettante quarantene : e qualora abbia serbato il buon costume di digiunare in quésti giorni per un intiero anno, confessato e comunicato otterrà l’Indulgenza Plenaria e remissione di lutti i suoi peccati. Di che godrà anche se muoja dentro l’ anno , coll’intenzione avuta di compirlo in questo buon uso.

5.                  Chi una volta o più al giorno usi proferire questa giaculatoria : Benedetta sia la purissima ed immacolata Concezione, lucrerà indulgenza di quaranta giorni.

6.                  Chi almeno una volta la settimana, costumerà recitare la Corona o il Rosario, o l’Officio della B. V. M., o dei Defunti, o Vesperi solo e almeno un Notturno colle Laudi, o i sette Salmi Penitenziali colle Litanie e preci, ovvero in onore del SS. Nome di Maria dirà cinque volte la salutazione angelica o l’antifona - Sub tuum praesidium - con qualunque dell’orazioni approvate per la medesima Beatissima Vergine, in qual giorno il faccia, conseguirà indulgenza di cento giorni.

7.                  Chi piamente penserà alla Passione e Morte di N. S. G. C. in qualunque Venerdì, e reciterà tre volte l’orazione Domenicale e la salutazione angelica, otterrà indulgenza di cento giorni, una sola volta in qualsivoglia dei sopradetti Venerdì.

8.                  Chi, per devozione verso i Santi Giuseppe, Benedetto, Mauro, Scolastica, e Gertrude, recitando il Salmo - Miserere mei Deus - o cinque volte l’orazione Domenicale e salutazione angelica, pregherà perché Iddio a loro intercessione conservi la Santa Chiesa Cattolica, e faccia finire di buona morte lo stesso pregante, lucrerà indulgenza di cento giorni.

9.                  Chi, prima di celebrare la Messa, o ricevere la Comunione, o recitare l’Officio Divino, o il piccolo della B. M. V. dica una qualche devota preghiera, godrà dell' indulgenza di cinquanta giorni.

10.               Chi pregherà Dio per i fedeli agonizzanti, e dirà per essi tre volte l’orazione Domenicale e la salutazione angelica, acquisterà indulgenza di cinquanta giorni.

11.               Chi visiterà i carcerali, o gl’infermi negli ospedali, ajutandoli con qualunque pia opera, ovvero insegnerà la Dottrina Cristiana in Chiesa, o in casa ai figli o parenti o servi, oltre l’indulgenze per ciò da altri Sommi Pontefici concesse, ogni volta conseguirà indulgenza di duecento giorni.

12.               Chi reciterà la Corona o Rosario della B. V. M. in onore della di lei purissima ed immacolata Concezione, supplicandola pel di lei divin Figlio, che possa vivere e morire senza peccato mortale, riceverà indulgenza di sette anni.

13.               Chi devoto accompagnerà il SS. «Viatico dell’Eucaristia agl’infermi, oltre le indulgenze per tanto pia opera dagli altri Sommi Pontefici concesse, godrà ancora dell’indulgenza di sette anni.

14.               Chi ogni giorno pregherà per l’estirpazione dell’eresie, otterrà indulgenza di venti anni, una sola volta la settimana.

15.               Chi faccia esame di sua coscienza, e veramente pentito proponga di correggere e confessare i peccati commessi, devotamente ripetendo cinque volte l’orazione Domenicale e l’angelica salutazione, acquisterà indulgenza d'un anno: e confessandosi poi e comunicandosi, in quel giorno lucrerà indulgenza di dieci anni.

16.               Chi, pel suo buon’esempio o consiglio, ridurrà a penitenza qualche peccatore, conseguirà la remissione di terza parte delle pene a lui dovute per i suoi peccati.

17.               Chi da vero pentito si confessi e comunichi, nel Giovedì Santo e nel Giorno di Pasqua di resurrezione , pregando Dio per l’esaltazione della Santa Madre Chiesa, e conservazione del Sommo Pontefice, lucrerà quelle stesse indulgenze, che la Santità Sua concede nei detti giorni, benedicendo pubblicamente il popolo.

18.               Chi pregherà il Signore per la propagazione dell’ordine, ossia Religione di S. Benedetto, sarà partecipe di tutte e singole le buone opere, che nella stessa Religione in qualunque modo si fanno.

19.               Chi, per infermità o altro legittimo ostacolo impedito, non potesse ascoliare la Messa, o ( essendo Sacerdote) celebrarla, o recitare l’Officio Divino, o quello della B. V. M. o adempire gli altri virtuosi esercizi ingiunti per acquistare dette indulgenze delle medesime nulla ostante godrà se invece di quelle dica tre volte l’orazione Domenicale e la salutazione angelica con l'antifona - Salve Regina - aggiungendovi in fine: Benedetta sia la Santissima Trinità, e sia lodato il Santissimo Sacramento, e la Concezione della Beatissima Vergine Maria senza macchia concetta; purché però si confessi e comunichi, o almeno contrito proponga fermamente di poi confessare i suoi peccati.

20.               Chi stando in punto di morte, piamente raccomandando a Dio l’anima sua, premessa la confessione dei suoi peccati e ricevuta la Santissima Eucaristia, se può, altrimenti fatto un atto di contrizione, invocherà i Nomi di Gesù e di Maria colla bocca, se può, altrimenti almeno col cuore, conseguirà plenaria indulgenza e remissione di tutti i suoi peccati.

21.               Chiunque potrà o acquistare per sé, od applicare in suffragio all’anime dei fedeli defonti tutte e singole le predette indulgenze, e remissioni di peccati e pene.

CAPITOLO XII.

Modo di valersi della Croce o Medaglia di S. Benedetto.

Benché non vi sia ragione ai nostri occhi, perché Iddio voglia operare certe meraviglie e concedere certe grazie, piuttosto con quella che con questa preghiera o devozione; pure è certo che nell’ordine della grazia il Signore suole più spesso esaudire in certe cose meglio a una che ad un’altra prece. In quanto alla Medaglia di S. Benedetto, la Misericordia divina ha frequentemente approvato il suo uso per ottenere i seguenti effetti .

1°. Togliere dai corpi umani malefici, legature e ogni altra operazione diabolica;

2°. Impedire l’accesso a quel luogo dov’ella è alle persone malefiche ;

3°. Offrire subitaneo rimedio agli animali avvelenati o ammaliati;

4°. Restituire la fecondità e l’uso del latte agli animali impediti da maleficio, come pure nel fare il butiro ed altro conducente agli umani bisogni ;

5°. Porgere quiete e sicurezza agli uomini infestati dal diavolo.

 

A questi i nostri Benedettini Italiani aggiungono i seguenti, certo per esperimento da essi fattone ; ciò sono:

1°. D’essere possente antidoto contro ogni veleno;

2°. Di liberare dalla peste;

3°. D’essere efficace rimedio pel male dei calcoli, dolori di fianco, mal caduco, gitto di sangue ed altre infermità.

4°. D’impedire gli aborti e dare felice gravidanza e parto alle donne.

5°. Di salvare da ogni rischio per causa di fulmini;

6°. Di dare aiuto e soccorso nelle tempeste;

7°. D’essere arme potentissima contro ogni tentazione, ma principalmente per conservare la purità della mente e del cuore.

Finalmente ad una voce aggiungono, che questa santa Medaglia ha da Dio la grazia dì prevenire qualunque arte e astuzia del diavolo, prima che s’ordisca; e ordita che sia, la abbatte; reca per ultimo sollievo e consolazione agli afflitti, tentati, ed anche a quegl’infelici che sono in procinto di disperarsi .

Il modo di valersi di questa santa Croce è di portarla pendente dal collo, o        in altro qualsiasi modo sulla persona. Si può anche gittarla in un vaso d’acqua e indi dar di questa a bere agl’infermi, ovvero abbeverarne o lavarne gli animali. Si può affigere sulle soglie e sulle pareti o dovechessia, ed anco seppellirla sotto terra; sempre però pregando Iddio per l’intercessione e meriti del Santissimo Patriarca Benedetto . I nostri Padri d’Italia raccomandano di recitare in tali circostanze cinque - Gloria - in onore della Passione di N. S. G. C., tre - Ave - alla Santissima Vergine Maria , e tre - Gloria - a S. Benedetto. E consigliano cui non dispiaccia di fare queste preghiere altresì ogni giorno, o almeno tutti i Martedì, perché questo giorno è particolarmente destinato alla memoria di S. Benedetto in tutto l’Ordine Monastico. Io proporrei che a questo soggiungessero le giaculatorie della Croce, cosi:

Crux sacra sit mihi lux, non Draco sit mihi dux.

Vade retro, Satana, numquam suade mihi vana:

Sunt mala quae libas, ipsa venena bibas.

Ma non vi sia alcuno che voglia confondere quest’esortazione colle opere ingiunte. Imperciocchè, in questa devozione per acquistare le sante indulgenze, non è necessario altro se non che s’abbia presso di sé la Croce o Medaglia di S. Benedetto; la quale dev’essere onninamente o d’oro, o d’argento, o di rame, o d’ottone, o d’altro qualsisia solido metallo, e mai di carta o altra materia, sotto pena di nullità di benedizione e applicazione d’indulgenze . Similmente le predette Medaglie o Croci non si possono nè imprestare nè donare nè, vendere dalla persona, a cui quelli che hanno facoltà le diedero; che se ciò alcuno faccia, subito sieno prive dell’indulgenze già concesse; né perdendone alcuna, si può a quella surrogare un’altra se non sia benedetta da cui spetta .

Il privilegio poi della benedizione con autorità apostolica ed applicazione d’indulgenze resta esclusivamente proprio dei Benedettini di Boemia , Moravia e Slesia, e di quelli cui precipuamente sia stato concesso dalla S. Sede; come è di tutti i Monaci Cassinesi, giusta la concessione da me riportata nel Capitolo IX. E se qualsivoglia altro Sacerdote o secolare o regolare, di qualunque Ordine, Congregazione, Istituto, eziandio in Dignità costituito s’attenti di benedire e distribuire le dette Medaglie, oltre l’invalidità di benedizione, può essere punito ad arbitrio dagli Ordinari locali o dagl’inquisitori della Fede.

EPILOGO.

 

Eccomi alla fine di questa mia qualunque siasi fatica, che ho volentieri intrapresa per gloria di Dio, della dolcissima Madre Maria, e del mio gran Padre S. Benedetto. Ora non mi resta altro se non che pregare il Signore, che il mio libretto giovi a quanti lo leggeranno, innamorandoli al culto della Santa Croce; giovi a me, invocandomi dal Cielo l'aiuto che chieggo per salvare l’anima mia; e rinnovi in tutta l’Italia la preziosa memoria degl’innumerabili benefizi, che le ha renduto S. Benedetto sì nell’ordine morale come nel civile.

Conchiudo raccomandando a tutti i cristiani la seguente devozione, siccome giovevolissima e molto cara al mio gran Padre S. Benedetto.

In una delle Rivelazioni di S. Gertrude, la Magna Badessa del nostro Ordine, leggesi una promessa fatta dal Patriarca dei Monaci a lei, in questi sensi: » Chiunque si studierà di pregarmi per quell’altezza di gloria colla quale il mio Signore si degnò onorarmi e beatificarmi, per mezzo di sì glorioso fine: costui nell’ora di sua morte io voglio assistere tanto fedelmente, che m’opporrò per lui da ogni parte, dove io vedrò più fieramente scagliarsi i suoi nemici, sicché egli per la mia presenza fortificato esca libero dai lacci degli avversari, e in eterno felice salga al gaudio del cielo  ».

 

Adunque, con questa intenzione, si reciti ogni giorno la seguente orazione; per la quale il Papa Clemente XIV. ha concesso l'Indulgenza Plenaria . 

PREGHIERA.

San Benedetto, mio caro Padre, vi prego per quella dignità, con la quale il Signore si degnò di così glorioso fine onorarvi e beatificarvi, che vogliate trovarvi presente alla mia morte, eseguendo in me tutte quelle promesse fatte alla Vergine S. Gertrude.

FINE


Testo ricavato dall'originale digitalizzato da "Google Books"



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13 novembre 2013                a cura di Alberto "da Cormano"        Grazie dei suggerimenti       alberto@ora-et-labora.net