LE ISTITUZIONI CENOBITICHE

di GIOVANNI CASSIANO

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JOANNIS CASSIANI ABBATIS MASSILIENSIS

DE COENOBIORUM INSTITUTIS LIBRI DUODECIM

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LIBER UNDECIMUS.
DE SPIRITU CENODOXIAE.


estratto da "Patrologia Latina Database" di J. P. Migne
 pubblicato da Chadwyck-Healey Ltd - 1996

LIBRO UNDECIMO

LO SPIRITO DELLA VANAGLORIA

 Libera traduzione

(PL 49 0397) CAPUT PRIMUM.

(0397C)

Septimum nobis certamen est contra spiritum cenodoxiae (quam nos vanam sive inanem gloriam possumus appellare) multiformem, varium atque subtilem; ita ut quibuslibet perspicacissimis oculis non dicam caveri, sed pervideri deprehendique vix possit.

(PL 49 0397C) CAPUT II.

Quod cenodoxia non solum in parte carnali, sed etiam in spiritali monachum pulset.

(0400A)

Non solum enim, ut caetera vitia, in parte carnali, sed etiam in spiritali, monachum pulsat, subtiliore se nequitia ingerens menti; ita ut qui non potuerint carnalibus vitiis decipi, spiritalibus successibus acrius saucientur: tantoque est perniciosior ad conflictum, quanto obscurior ad cavendum.

Omnium namque vitiorum manifestior apertiorque congressus est, et in unoquoque eorum contradictione rigida confutatus incentor, invalidior factus abscedet, victoremque suum deiectus adversarius deinceps infirmior attentabit. (0402A)

Hic vero morbus cum pro elatione carnali pulsaverit mentem, et fuerit responsionis scuto repulsus, rursus ut quaedam multiformis nequitia, priore habitu personaque mutata, sub virtutum specie victorem confodere et iugulare pertentat.

 (PL 49 0402A) CAPUT III.

Quam cenodoxia multiplex sit ac multiformis.

Etenim caetera vitia seu perturbationes uniformes ac simplices esse dicuntur, haec vero multiplex et multiformis ac varia, undique bellatori et ex omni parte victori occurrens. (0403A) Nam et in habitu, et in forma, in incessu, in voce, in opere, in vigiliis, in ieiuniis, in oratione, in remotione, in lectione, in scientia, in taciturnitate, in obedientia, in humilitate, in longanimitate, militem Christi vulnerare conatur, et velut quidam perniciosissimus scopulus tumentibus undis obtectus, improvisum ac miserabile naufragium secundo navigantibus vento, dum non cavetur nec praevidetur, importat.

CAPITOLO 1

 

Il nostro settimo combattimento è contro lo spirito di vanagloria (che noi possiamo chiamare gloria vana o anche vuota) : spirito multiforme, vario, sottile, che lo sguardo più perspicace può appena, non dico prevenire, ma riconoscere ed afferrare.

CAPITOLO 2

La vanagloria attacca il monaco, non soltanto nella parte carnale, ma anche nella parte spirituale

La vanagloria non attacca soltanto il monaco nella parte carnale; ma porta anche i suoi colpi nella parte spirituale. La sua malizia più sottile sa meglio insinuarsi nel cuore; e coloro che non erano stati sedotti dai vizi carnali, provano poi ferite più crudeli nelle loro vittorie spirituali. Lotta tanto più pericolosa, che si dissimula maggiormente alla nostra vigilanza!

Con gli altri vizi, la guerra si fa in pieno giorno ed a fronte scoperta. Dinanzi all’opposizione inflessibile, il tentatore deve arretrare. Egli lascia la posizione, più debole di quando era arrivato; e, dopo questa sconfitta, non attaccherà più il suo vincitore con la stessa violenza.

La vanagloria, al contrario. Se ha tentato l’anima con l’attrazione della carne e ha dovuto arretrare dinanzi ai suoi rifiuti, multiforme nella sua perversità, cambia maschera e di personaggio ed è sotto l’aspetto della virtù che cerca ora di trafiggere il suo vincitore e di sgozzarlo.

CAPITOLO 3

La vanagloria è diversa e multiforme

Gli altri vizi e passioni si rivelano uniformi e semplici. La vanagloria è diversa, multiforme, diversificata; attacca da tutte le parti, ed il suo vincitore la ritrova ovunque di fronte a sé. L'aspetto esterno ed il contegno, il modo di camminare, la voce, il lavoro, le vigilie, il digiuno, la preghiera, la solitudine, la lettura, la scienza, il silenzio, l'obbedienza, la pazienza sono altrettante armi per ferire il soldato di Cristo. Si direbbe che si tratta di uno scoglio inevitabile, coperto dalle onde che si alzano. Spinti da un vento favorevole, i navigatori, senza sospetto e ignari dal pericolo, faranno naufragio in modo tanto misero quanto imprevisto.

 

(PL 49 0403A) CAPUT IV.

Quomodo cenodoxia monachum a dextris et a sinistris impugnet.

(0403B)

Itaque via regia volentem incedere per arma iustitiae, quae a dextris sunt et a sinistris, oportet Apostolica disciplina transire per gloriam et ignobilitatem, per infamiam et bonam famam (II Cor. VI) , et tanta cautione inter tumentes tentationum fluctus, gubernante discretione, et flante nobis Spiritu Domini, iter dirigere virtutis, ut dextra laevaque si paululum deflectamus, sciamus nos perniciosis mox cautibus illidendos. Ideoque per sapientissimum Salomonem monemur: Ne divertaris ad dexteram, neque ad sinistram (Proverb. IV) , id est, ne tibi de virtutibus blandiaris, et dexteris successibus ac spiritalibus extollaris, ne deflectens ad sinistrum tramitem vitiorum, secundum Apostolum, gloriam tibi ex eis in tua confusione conquiras. (0404A) Nam cui sub specie succinctae vestis ac nitidae cenodoxiam non potuit diabolus generare, pro squalida et inculta ac viliore conatur inserere; quem non potuit per honorem deiicere, humilitate supplantat; quem scientiae et elocutionis ornatu nequivit extollere, gravitate taciturnitatis elidit. Si ieiunet palam, gloria vanitatis pulsatur. Si illud contemnendae gloriae causa contexerit, eodem vitio elationis obtunditur. Ne vanae gloriae contagio maculetur, orationes prolixas sub fratrum vitat celebrare conspectu; et quod eas latenter exerceat, nullumque habeat conscium facti, non effugit aculeos vanitatis.

  

 

(PL 49 0404A) CAPUT V. Qua comparatione monstretur natura cenodoxiae.

 Pulchre seniores nostri naturam morbi huius in modum cepae bulborumque describunt quae, uno decorticata tegmine, alio rursum inveniuntur induta, totiesque reperiuntur obtecta quoties fuerint exspoliata.

 

(PL 49 0404A) CAPUT VI. Cenodoxiam solitudinis beneficio non penitus exstingui.

 (0404B)

In solitudine quoque cunctorum mortalium consortia gloriae causa fugientem, persequi non desistit. Quantoque amplius universum quis vitaverit mundum, tanto eum acrius insectatur. Alium quod patientissimus sit operis ac laboris, alium quod ad obediendum promptissimus, alium quod humilitate caeteros praeponderet, conatur extollere. Alius scientiae, alius lectionis, alius vigiliarum prolixitate tentatur. (0405A) Nec alias quemquam hic morbus, nisi suis nititur virtutibus sauciare, in his offendicula tendens interitus, in quibus vitae stipendia conquiruntur. Volentibus quippe iter pietatis ac perfectionis incedere, non alibi inimici insidiantes, nisi in via qua ambulant, laqueos deceptionis abscondunt, secundum illam beati David sententiam: In via hac qua ambulabam, absconderunt laqueum mihi (Psalm. XIV) , ut in hac ipsa scilicet virtutum via qua gradimur, tendentes ad bravium supernae vocationis, nostris elati successibus corruamus, obligatisque pedibus animae nostrae concidamus, cenodoxiae laqueis compediti. (0405B) Et ita fit, ut qui adversarii conflictu non potuimus superari, nostri triumphi sublimitate vincamur; seu certe, quod est etiam aliud deceptionis genus, ut excedentes continentiae, vel nostrae possibilitatis modum, perseverantiam nostri cursus infirmitate corporis intercedente perdamus.

CAPITOLO 4

Come la vanagloria assale il monaco da destra e da sinistra.

Chi vuole andare per la via regia “con le armi della giustizia, a destra ed a sinistra,„ deve, secondo la dottrina dell'Apostolo, passare “nella gloria e nel disonore, nella cattiva e nella buona fama„. (2 Cor 6,7-8). Con infinita precauzione, ci occorre seguire, tra le onde sollevate, il diritto cammino della virtù, con la discrezione che tiene il timone e lo Spirito del Signore che gonfia le nostre vele: ben persuasi che allontanandoci da una linea, sia a destra, sia a sinistra, ci infrangiamo tempestivamente su scogli mortali.
È per questo che il molto saggio Salomone ci dà quest'avvertimento: “Non deviare né a destra né a sinistra; „ (Pr 4,27) cioè: Non lusingatevi, a destra, delle vostre virtù e non vantatevi dei vostri successi spirituali; non piegate, a sinistra, verso la via del vizio, che cerca, secondo la parola dell'Apostolo, la vostra gloria in ciò che farebbe la vostra confusione (cf. Fil 3,19).
Se il nemico non riesce a fare nascere la vanagloria sotto il pretesto di un vestito finito con cura e lucente di purezza, si sforza di insinuarla con la sporcizia, la negligenza, la povertà. Colui che non ha potuto abbattere con l'onore, lo rovescia con l'umiltà; colui che il nemico non ha potuto inorgoglire con l'abbagliamento della scienza e dell'eloquenza, la affligge col peso del silenzio. Il monaco digiuna apertamente, la vanagloria lo colpisce; se nasconde il suo digiuno per disprezzo della gloria, lo stesso vizio dell’esaltazione gli assesta dei colpi terribili. Per timore che il contagio della vanagloria lo sporchi, evita di prolungare le sue preghiere alla vista dei fratelli; ma, per averle recitate segretamente e senza testimone, prova ancora gli inevitabili pungiglioni della vanità.

CAPITOLO 5

Un raffronto che mostra la natura della vanagloria

I vecchi hanno un raffronto molto felice, per descrivere la natura di questo vizio; lo assimilano alla cipolla ed altre piante bulbose. Togliete una buccia, ne incontrate una seconda; altrettante ne togliete, altrettante ne trovate.

CAPITOLO 6

Il vantaggio della solitudine non estingue la vanagloria.

Si fugge nella solitudine il rapporto con i mortali, per evitare la vanagloria: ma essa non cessa affatto i suoi inseguimenti. Più si vuole sfuggire al mondo intero, più vivo è il suo desiderio. Essa ispira l’innalzamento all’uno perché è paziente nel lavoro e nella fatica; all’altro perché è rapido all'obbedienza; a tale altro, perché supera tutti in umiltà. Tenta l’uno per la sua scienza, l'altro per le sue letture, un terzo per la lunghezza delle sue vigilie.
È sempre attraverso le nostre virtù che cerca di ferirci; prepara occasioni di scandalo e di morte in ciò che ci fa guadagnare la corona di vita. Si vuole percorrere il cammino della pietà e della perfezione: dove tenderanno le loro trappole ingannevoli i nemici che tendono insidie, se non sulla via percorsa? È la parola del beato Davide: “Nel sentiero dove cammino mi hanno teso un laccio.„ (Sal 142,4). In questa stessa via delle virtù, in cui ci porta il nostro slancio “verso la mèta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù„, (Fil 3,14), i nostri nemici, facendo leva sull’orgoglio dei nostri successi, cercano di farci soccombere e di farci cadere, attirando i nostri passi nei lacci della vanagloria.
Così succede che, non essendo stati superati nella lotta con l'avversario, la sublimità del nostro trionfo porta alla nostra sconfitta. O ancora, ciò che è un altro tipo d'illusione, noi superiamo nell'astinenza la misura delle nostre possibilità e l'indebolimento che ne deriva rende impossibile la perseveranza della nostra corsa.

(PL 49 0405B) CAPUT VII. Quod cenodoxia cum deiecta fuerit, acrius resurgat ad pugnam.

  

Omnia vitia superata marcescunt, et devicta per singulos dies infirmiora redduntur, et vel loco vel tempore minuuntur atque defervent, seu certe a contrariis virtutibus dissidentia, vel caventur facilius, vel vitantur; hoc vero deiectum acrius resurgit ad luctam; et cum putatur exstinctum, sua morte vivacius convalescit. (0406A) Caetera genera vitiorum eos tantum impugnare solent quos in certamine superarint, hoc vero suos victores acrius insectatur; quantoque fuerit validius elisum, tanto vehementius victoriae ipsius elatione congreditur. Et haec est subtilis inimici versutia, ut militem Christi propriis faciat telis occumbere, quem hostilibus armis superare non potuit.

 

(PL 49 0406A) CAPUT VIII. Quod cenodoxia nec eremo nec aetate deferveat.

  

Alia interdum vitia, sicut diximus, etiam locorum beneficio conquiescunt, et materia peccati, vel oportunitate eius et occasione subtracta, lentescere solent et minui; hoc vero cum fugiente deserta penetrat, nec loco novit excludi, nec extrinsecus materia subtracta marcescere. Non enim aliunde quam virtutum eius quem impetit successibus animatur. (0406B) Caetera etiam vitia processu temporis, ut praefati sumus, interdum molliuntur atque evanescunt; huic longaevitas, nisi fuerit industria solerti ac prudenti discretione fundata, non solum non officit, verum etiam maiora novit fomenta congerere vanitatis.

  

(PL 49 0406B) CAPUT IX. Quod cenodoxia periculosior sit virtutibus mixta.

Postremo caeterae perturbationes a contrariis sibi virtutibus dissidentes, et ex aperto, tamquam die claro bellantes, et superantur facilius et caventur: haec autem virtutibus inserta et aciei permixta, velut in nocte caeca dimicans, atrocius inopinatos decipit et incautos.

CAPITOLO 7

Repressa, la vanagloria si risolleva più accesa nella lotta

Tutti i vizi si snervano, quando li superiamo; e la sconfitta li rende di giorno in giorno più deboli. Le circostanze di tempo e di luogo li diminuiscono, alleviano i loro fremiti. O per lo meno, l'opposizione che trovano nella virtù contraria, fa sì che ce ne guardiamo e che li evitiamo più facilmente. Ma, per quest'ultimo vizio, una volta abbattuto, si rialza più ardente nella lotta. Lo si crede estinto, e rinasce più vigoroso dalla sua morte.
Gli altri vizi assalgono soltanto quelli contro cui sono prevalsi nel combattimento. Quest'ultimo fa una guerra più accanita ai suoi vincitori e, più fortemente è stato messo in rovina, più è veemente nel ritornare al combattimento partendo proprio dall’innalzamento procurato dalla vittoria stessa. L'astuzia del sottile demone consiste nel fare soccombere il soldato di Cristo alle sue stesse armi, quando non ha potuto superarlo per mezzo delle armi nemiche.

CAPITOLO 8

Né la vita solitaria, né l'età raffreddano l'impetuosità della vanagloria.

A volte, lo abbiamo detto, gli altri vizi si alleviano grazie al favore del luogo; si calmano e diminuiscono, quando si sottrae loro materia, l'opportunità, l'occasione del peccato.
La vanagloria penetra nel deserto con colui che la fugge. Non ci sono luoghi da cui si può tenerla lontana. Non c’è modo di indebolirla, sottraendole il suo oggetto dall'esterno, poiché viene rianimata proprio dalla virtù di colui che attacca.
Alcuni vizi, lo abbiamo già detto, si attenuano col tempo e finiscono per svanire. Se una lunga vita non si fonde in zelo industrioso ed in prudente discrezione, anziché nuocere alla vanagloria, le fornisce più ampia materia.

CAPITOLO 9

 La vanagloria è più pericolosa, quando si mescola alle virtù.

Infine, le altre passioni si oppongono chiaramente alle virtù contrarie e fanno la guerra allo scoperto, come in pieno giorno. Da qui deriva una più grande facilità nel superarle, così come a premunirsi nei loro confronti.
Questa si insinua tra le virtù; e la battaglia si svolge nella confusione degli schieramenti e senza più riconoscere il vero nemico, come in una notte oscura. Questo vizio inganna tanto più crudelmente, quando non ci si pensa e quando non ci si mette in guardia.

(PL 49 0406B) CAPUT X. Exemplum regis Ezechiae, quemadmodum telo cenodoxiae deiectus fuerit.

 (0407A)

Ita namque Ezechiam regem Iudae, virum in omnibus consummatae iustitiae, et sanctarum Scripturarum testimonio comprobatum, post innumera virtutum praeconia, uno elationis telo legimus fuisse deiectum, et qui internecionem centum octoginta quinque millium de exercitu Assyriorum, angelo sub nocte vastante, una prece valuit impetrare, vanitatis gloriatione superatur (IV Reg. XIX).

 Cuius ut praeteream virtutum tam prolixum catalogum, quem replicare perlongum est, hoc unum dicam. (0408A) Qui post indictum terminum vitae, mortisque diem Domini sententia praefinitum, quindecim annis vitae metas excedere una oratione promeruit sole per decem gradus, quos ad occasum tendens iam illustraverat, revertente, qui lineas quas abscessu eius umbra subsequens occuparat, suo rursum reditu fugans, duplicatum diem universo orbi contra fixas naturae leges inaudito miraculo praebuit;

post tanta tamque incredibilia signa, post tam immania documenta virtutum, qualiter fuerit successibus suis elisus, audi Scripturam narrantem: In diebus, inquit, illis aegrotavit Ezechias usque ad mortem, et oravit Dominum, et exaudivit eum, et dedit ei signum, illud scilicet quod legimus de solis datum esse reditu per Isaiam prophetam in quarto Regnorum libro: Sed non, inquit, secundum beneficia, quae acceperat, retribuit ei: quia elevatum est cor eius, et facta est contra eum ira, et contra Iudam et Ierusalem: humiliatusque est postea, eo quod exaltatum esset cor eius, tam ipse quam habitatores Ierusalem, et idcirco non venit super eos ira Domini in diebus Ezechiae (IV Reg. XX) .

Quam perniciosus, quam gravis est elationis morbus! (0409B) Tantae iustitiae, tantae virtutes, tanta fides atque devotio, quae naturam ipsam ac totius mundi leges immutare meruerunt, una elatione depereunt: Ita ut universis virtutibus suis, ac si non fuissent, oblivioni traditis, iram Domini confestim suscepisset, nisi eam resumpta humilitate placasset; ut qui de tam excelso meritorum fastigio, elatione impellente, deciderat, non nisi per eosdem rursum humilitatis gradus ad amissum culmen ascenderet.

Vis aliud quoque exemplum similis ruinae percipere?

CAPITOLO 10

Esempio del re Ezechia, e di come crollò sotto la spinta della vanagloria.

Non fu forse il caso di Ezechia, il re de Giuda? Quest'uomo di consumata e perfetta giustizia, e di cui le Scritture rendono una testimonianza così bella, dopo le virtù che gli meritarono tanti elogi, noi lo vediamo prosternato nella polvere, colpito solo dal dardo dell’esaltazione. Lui che con una sola preghiera aveva ottenuto la morte di centottantacinquemila uomini dell'esercito degli Assiri, uccisi durante la notte dall'angelo sterminatore, (Cf. 2 Re 19,15; 35; Volgata 4 Re) si fa vincere dalla vanagloria!
Passerò sotto silenzio la lunga lista di queste virtù, che non finiremmo mai di illustrare, per citare soltanto questa unica caratteristica. Gli era appena stato manifestato il termine della sua vita; una decisione del Signore aveva fissato il giorno della sua morte. Ma, con una sola preghiera, meritò di allungare di quindici anni il termine della sua vita. (Cf. 2 Re 20,1-5) Il sole tornò indietro di dieci gradi, di quelli che aveva già percorso andando verso il suo tramonto, (Cf. 2 Re 20,9-11) e, in questo cammino retrogrado, furono disperse le ombre che avevano oscurato le linee mentre tramontava; con un miracolo inaudito raddoppiò il giorno per l'universo intero, contrariamente alle leggi della natura.
2. In che modo, dopo così grandi e incredibili prodigi, dopo segni così straordinari della sua virtù, questo re fu schiacciato dal successo stesso: ascoltate la Scrittura che ce lo racconta: “In quei giorni Ezechia si ammalò mortalmente. Egli pregò il Signore, che l’esaudì e operò un prodigio per lui,„ (2 Cr 32,24), il segno del movimento retrogrado del sole, che leggiamo che gli fu dato da Isaia nel quarto libro dei Re. “Ma Ezechia non corrispose ai benefici a lui concessi, perché il suo cuore si era insuperbito; per questo su di lui, su Giuda e su Gerusalemme si riversò l’ira divina. Tuttavia Ezechia si umiliò della superbia del suo cuore e a lui si associarono gli abitanti di Gerusalemme; per questo l’ira del Signore non si abbatté su di loro, durante i giorni di Ezechia„ (2 Cr 32,25-26 2).
3. Quanto è dunque perniciosa, quanto è grave, la malattia dell’esaltazione! Tanta giustizia, tanta virtù, tanta fede ed una devozione, che avevano meritato di cambiare la natura stessa e le leggi dell'universo, periscono con un solo atto di orgoglio! Tutte le virtù del re erano andate in oblio, ed egli avrebbe immediatamente sentito gli effetti della collera divina, se non l’avesse alleviata con una pronta umiltà. Colui che l’esaltazione aveva precipitato da tale altezza di merito, poté risalire il prestigio perduto, soltanto ripercorrendo gli stessi gradi d'umiltà.
Volete ascoltare un altro esempio di una simile rovina?

(PL 49 0409B) CAPUT XI. Exemplum regis Oziae eiusdem morbi labe superati.

(0410A)

Ozias huius quem commemoravimus regis atavus, in omnibus quoque ipse Scripturae testimonio collaudatus, post ingentia virtutum suarum praeconia, post innumeros triumphos quos devotionis ac fidei suae merito perpetravit, disce qualiter sit vanae gloriae elatione deiectus. Et egressum est, inquit, nomen Oziae propter quod auxiliaretur ei Dominus et corroborasset illum; et cum roboratus esset, elevatum est cor eius in interitum suum, et neglexit Dominum Deum suum (II Paralip. XXVI) .

 Cernis aliud exemplum ruinae gravissimae, et conspicis duos viros tam iustos tamque perfectos triumphis suis atque victoriis fuisse confectos. (0410B) Unde videtis quam perniciosi rerum secundarum soleant esse successus, ita ut qui non potuerunt adversis frangi; prosperis, si incauti fuerint, acrius elidantur; et qui in conflictu atque acie mortis evaserunt discrimina, tropaeis propriis triumphisque succumbant.

 

 (PL 49 0410B) CAPUT XII. Diversa testimonia contra cenodoxiam.

 (0411A)

Ideo Apostolus monet: Nolite fieri inanis gloriae cupidi (Galat. V) ; et Dominus Pharisaeos castigans: Quomodo, inquit, vos potestis credere, qui gloriam ab invicem accipitis, et gloriam quae a solo Deo est non quaeritis (Ioan. V) ? De his et beatus David cum interminatione dicit: Quoniam Deus dissipavit ossa eorum qui hominibus placent (Psal. LII) .

 

(PL 49 0411A) CAPUT XIII. Quibus modis cenodoxia monachum pulset.

 (0412A)

Solet etiam incipientium mentes, et eorum qui minus adhuc, vel virtute animi, vel scientia profecerunt, aut propter sonum vocis extollere, quod scilicet modulatius psallant, aut quod sint exesis carnibus, vel corpore lautiores, aut quod parentes divites aut nobiles habeant, vel quod militiam honoresque contempserint. Interdum etiam dignitates et opes, quae forte nec apprehendi quidem aliquando potuissent, persuadet quempiam perfacile fuisse adepturum, si perseverasset in saeculo, vana spe etiam de incertis inflans eum, et de his quae numquam possedit; velut qui ea contempserit, gloria vanitatis extollens.

 (PL 49 0412A) CAPUT XIV. Quemadmodum clericatus gradum suggerat ambiendum.

 (0413A)

Nonnumquam vero clericatus gradum, et desiderium presbyterii vel diaconatus immittit. (0414A) Quem si vel invitus fuisset adeptus, tanta expleturum sanctitate ac rigore depingit, ut caeteris quoque sacerdotibus praebere potuerit sanctitatis exempla, dein multos non solum conversationis forma, verum etiam doctrina sua sermoneque lucraturum. Facit etiam in solitudine, vel in cellula commorantem, diversorum domos ac monasteria mente atque animo circumire, et plurimorum conversiones [conversationes] sub incitamento imaginariae exhortationis acquirere.

 

 

Agitur itaque infelix anima tali vanitate velut profundissimo sopore delusa, ut plerumque huiusmodi cogitationum illecta dulcedine, et his oppleta simulacris, ne praesentes quidem actus vel fratres valeat contemplari, dum his quae cogitationum pervagatione vigilans somniavit, delectatur inhaerere, quasi veris.

CAPITOLO 11

Esempio del re Ozia, vinto dalla stessa malattia

Ozia fu il bisavolo del re di cui abbiamo appena parlato; e, come lui, è lodato dalla Scrittura in tutti i sensi. Ma, dopo le virtù straordinarie che gli avevano guadagnato l'elogio, dopo i trionfi senza numero guadagnati dal merito della sua devozione e della sua fede, fu precipitato dall’esaltazione della vanagloria. Apprendete come: “Il nome di Ozia, si dice, si sparse dovunque, perché il Signore era il suo aiuto e lo aveva reso forte. Ma, quando fu reso forte, il suo cuore si elevò in sua rovina e trascurò il Signore, suo Dio (2 Cr 26,15-16).
Ecco un secondo esempio di una rovina terribile; ecco due uomini, così giusti e così perfetti, che si sono perduti a causa dei loro trionfi e delle loro vittorie. Da questi fatti voi vedete quanto disastrosi possono essere i successi in situazioni favorevoli. Coloro che l'avversità non aveva potuto abbattere, se non si mantengono vigili sono afflitti più duramente dalla prosperità; coloro che, nei conflitti e in mezzo a battaglie mortali, erano sfuggiti al pericolo della morte, soccombono ai loro trofei ed ai loro trionfi.

CAPITOLO 12

Diverse prove contro la vanagloria

Ed ecco allora l'avvertimento dell'Apostolo: “Non cerchiamo la vanagloria.„ (Gal 5,26). Ed il Signore, rimproverando i Farisei, dice “E come potete credere, voi che ricevete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene dall’unico Dio?„ (Gv 5,44) Ed è ancora contro gente di questo tipo che il beato Davide a sua volta pronuncia questa minaccia: “Dio ha disperso le ossa di coloro che vogliono piacere agli uomini.„ (Volgata Sal 52,6)

CAPITOLO 13

I modi coi quali la vanagloria attacca il monaco

Gli stessi principianti e coloro che hanno fatto soltanto progressi mediocri nella virtù e nella scienza, non sfuggono alla vanagloria. È la loro voce che serve da pretesto all’orgoglio - la loro salmodia è così armoniosa! - o la loro magrezza, o la loro bella prestanza; o la ricchezza dei loro genitori, o il disprezzo che hanno avuto nei confronti della milizia e degli onori.
A volte inoltre si persuadono che, se avessero perseverato nel secolo, avrebbero ottenuto molto facilmente dignità e ricchezze, che invece forse non avrebbero mai potuto raggiungere. Sono così gonfiati da una speranza vana a proposito di incerti sogni e si sentono gloriosi per cose che non hanno mai avuto, allo stesso modo che se vi avessero rinunciato.

CAPITOLO 14

Come la vanagloria suggerisce l'ambizione al chiericato.

Succede anche che la vanagloria metta nel pensiero del monaco l'onore del chiericato, e gli suggerisca il desiderio, sia del sacerdozio, sia del diaconato: se lo si fosse elevato a questa dignità, fosse stato anche suo malgrado, con quale austerità ne avrebbe svolto le funzioni! Gli altri sacerdoti avrebbero avuto in lui un modello di perfezione; senza contare che avrebbe guadagnato molte anime, inizialmente con l'esempio della sua vita, ma anche con la sua dottrina ed i suoi discorsi.
Un tale vive nella solitudine o ritirato nella sua cellula: la vanità gli fa percorrere in spirito case e monasteri, e gli mostra nella sua immaginazione una moltitudine di anime che si convertono alla sua parola.

[In alcuni manoscritti il paragrafo sottostante è considerato il capitolo 15, portando così a 19 il numero totale dei capitoli. NdT]

Il povero monaco, ingannato da tali chimere, sembra immerso in un sonno profondo. Lo si vede così incantato dalla dolcezza di queste pensieri e così riempito di queste immagini, che non si accorge più né di ciò che succede attorno a lui, né della presenza dei fratelli; ma,sognando ad occhi aperti, si diletta ad inseguire, come fossero cose vere, le fantasie di vaghe immaginazioni.

(PL 49 0414A) CAPUT XV. Quomodo cenodoxia mentem inebriet.

(0416A)

Memini cuiusdam senis, cum in eremo Scythiae commorarer (Vide collat. I c. 1) , qui cum ad cellam cuiusdam fratris, gratia visitationis, adveniens ostio approximasset, audissetque eum quiddam obmurmurantem intrinsecus, paululum substitit, cognoscere volens quidnam de Scripturis legeret; vel, sicut est moris, operans memoriter recenseret. Cumque piissimus explorator aure diligenter applicita curiosius auscultaret, ita eum reperit huius spiritus impugnatione pellectum, ut in ecclesia facere se crederet exhortatorium plebi sermonem. (0417A)

 Cumque subsistens senex audisset eum finiisse tractatum, et mutato rursum officio celebrare velut diaconum catechumenis Missam, tunc demum pulsavit ostium: qui egressus, occurrensque seni, veneratione solita, introducensque eum, quam olim venerit, cogitationum suarum conscientia remordente, perquirit, ne scilicet diutius stans ad ostium iniuriam pertulisset, ioculariter senex grateque respondit: Modo, inquiens, veni, quando tu missam catechumenis celebrabas.

 

(PL 49 0417A) CAPUT XVI Quod aliter vitia curari non possint, nisi eorum radices et causae innotuerint.

 (0417B)

Haec idcirco inserere huic opusculo necessarium duxi, ut de impugnationum vi, atque ordine vitiorum, quibus miserabilis anima laceratur, non solum ratione, sed etiam exemplis instructi, ad devitandos laqueos et multiplices decipulas inimici cautiores esse possimus. (0418A)

 Ita namque indifferenter haec ab Aegyptiis Patribus proferuntur in medium, ut omnium vitiorum certamina, vel illa quae patiuntur, vel illa quae passuri sunt iuniores, relatione sua, tamquam qui adhuc ea sustineant, apud eos detegant atque denudent, quo exponentibus eis illusiones omnium passionum, quicumque incipientium sunt ac frequentium spiritu, colluctationum suarum arcana cognoscant, et ea tamquam in speculo contemplantes, et causas vitiorum quibus pulsantur, et remedia doceantur: futurorum quoque certaminum congressibus, antequam superveniant, eruditi, qualiter praecavere et occurerre eis vel confligere debeant, instruantur. Ut solent peritissimi medicorum non solum mederi praesentibus morbis, verum etiam futuris peritia sagaci occurrere, eosque praeceptis vel poculis salutaribus praevenire; ita hi quoque verissimi animarum medici, emersuras valetudines cordium spiritali collatione, velut quodam coelesti antidoto praenecantes, in iuniorum mentibus non patiuntur adolescere, aperientes eis et causas imminentium passionum, et remedia sanitatum.

 

(PL 49 0418A) CAPUT XVII. Quod monachus mulieres et episcopos vitare debeat.

 (0418B)

Quapropter haec est antiquitus Patrum permanens nunc usque sententia, quam proferre sine mea confusione non potero, qui nec germanam vitare potui, nec episcopi evadere manus, omnimodis monachum fugere debere mulieres et episcopos. Neuter enim sinit eum, quem semel suae familiaritati devinxerit, vel quieti cellulae ulterius operam dare, vel divinae theoriae per sanctarum rerum intuitum purissimis oculis inhaerere.

CAPITOLO 15

Come la vanagloria inebria l’anima

Mi ricordo di un vegliardo che ho conosciuto al tempo del mio soggiorno nel deserto di Scete. Si stava recando alla cella di un fratello, con intenzione di fargli visita, quando, avvicinandosi, lo intese mormorare dall'interno. Si ferma, curioso di sapere il passaggio delle Scritture che il solitario leggeva o recitava a memoria durante il lavoro, secondo l’abitudine. E prestava l'orecchio con cura allo scopo di un pio spionaggio. Purtroppo il povero fratello, sedotto dallo spirito di vanità, si credeva di essere in una chiesa e di fare un'esortazione al popolo.
Il vegliardo aspetta, immobile. L'altro finisce il suo discorso e poi, cambiando funzione, si mette a fare il diacono che congeda i catecumeni. Il vegliardo allora batte alla porta. Il monaco corre con la riverenza abituale e lo introduce nella cella. Tuttavia, il rimorso dei suoi pensieri lo tormenta. Si informa con sollecitudine presso il suo ospite se è da molto tempo che è arrivato: “Non vi ho fatto l'affronto di farvi aspettare troppo tempo alla porta? - No, rispose il vegliardo con un tono piacevole e divertito; sono proprio arrivato nel momento in cui tu porgevi il congedo ai catecumeni.„

CAPITOLO 16

Qualsiasi cura è impossibile, se non conosciamo il principio e la causa dei vizi

Ho creduto che questi racconti potessero avere un posto nel mio piccolo lavoro; ed ecco perché. È necessario conoscere astrattamente la potenza aggressiva dei vizi che lacerano le povere anime e le conseguenze che ne derivano; è però meglio essere istruiti da esempi concreti.
Noi ne saremo più circospetti, per evitare i lacci e le trappole multiple del nemico.
Questo è appunto il metodo seguito dai padri dell'Egitto. Atteggiandosi a uomini che vi sarebbero soggetti, non esitano a scoprire e mettere a nudo, nelle loro conferenze, le battaglie che i vizi fanno contro di noi, sia che i giovani debbano sostenerle attualmente,sia che debbano provarle soltanto più tardi. In base a questa descrizione degli artifici con cui le passioni approfittano dell'età del primo entusiasmo, i principianti penetrano nel segreto delle loro intime lotte e le osservano come in uno specchio. Allo stesso tempo, apprendono le cause ed i rimedi dei vizi che fanno loro la guerra; conoscono anche, prima dell'evento, i loro futuri combattimenti e sanno il modo di premunirsi, di far loro fronte e di come comportarsi. I medici più abili non si limitano a curare le malattie attuali; ma il loro sagace ingegno si occupa di prevenire i mali futuri con prescrizioni e salutari pozioni. Ugualmente questi veri medici delle anime. Uccidono in anticipo, come con un antidoto celeste, le malattie che si manifesteranno più tardi, e impediscono di svilupparsi nelle anime, rivelando ai giovani, assieme alle cause delle passioni che li minacciano, i rimedi per guarirne.

 CAPITOLO 17

Il monaco deve evitare le donne ed i vescovi

Una massima molto vecchia dei padri e che si è conservata fino ad oggi - purtroppo è a mia confusione che la riporto, proprio io che non ho saputo evitare mia sorella né sfuggire dalle mani episcopali - è che il monaco deve fuggire le donne ed i vescovi. La familiarità delle une e degli altri ha lo stesso risultato: è una catena che non lascia più al monaco la libertà di accudire al silenzio della sua cella, né di applicarsi alla contemplazione divina con uno sguardo molto puro sulle cose della fede.

(PL 49 0418B) CAPUT XVIII. Remedia adversus cenodoxiae malum.

  

Ideoque athleta Christi, qui verum ac spiritalem agonem legitime certare desiderat, hanc multiformem variamque bestiam omnimodis superare festinet. (0419A) Quam nobis ex omni parte velut multiplicem nequitiam occurrentem tali remedio poterimus evadere,

ut cogitantes illud Davidicum eloquium: Dominus dissipavit ossa eorum, qui hominibus placent (Psal. XXV) . Primitus nihil proposito vanitatis et inanis gloriae capessendae gratia nosmetipsos facere permittamus. Deinde ea quae bono initio fecerimus, observatione simili custodire nitamur ne omnes laborum nostrorum fructus post irrepens cenodoxiae morbus evacuet. (0420A) Quidquid etiam in conversatione fratrum minime communis usus recipit, vel exercet, omni studio, ut iactantiae deditum declinemus, et ea quae nos possunt inter caeteros notabiles reddere, ac veluti solis facientibus laus apud homines sit conquirenda, vitemus.

His enim vel maxime indiciis cenodoxiae lethale contagium nobis inhaerere monstrabitur; quod facillime poterimus effugere, si consideremus non solum fructum laborum nostrorum nos penitus amissuros, quoscumque cenodoxiae proposito fecerimus, sed etiam reos magni criminis factos aeterna supplicia, velut sacrilegos soluturos; utpote qui ad iniuriam Dei opus, quod eius obtentu nos oportuit agere, hominum gratia maluimus exercere, ab eo qui occultorum est conscius, homines Deo, et gloriam mundi gloriae Domini praetulisse convicti.

CAPITOLO 18

Rimedi per trionfare sulla vanagloria

L'atleta di Cristo che desidera combattere secondo le regole del combattimento spirituale (Cf. 2 Tm 2,5), deve affrettarsi a superare in qualsiasi modo il mostro dalle cento teste della vanagloria.
Ecco il rimedio col quale potremo sfuggire ad una malizia in un certo qual modo multipla e che si presenta a noi da qualsiasi parte.
Avendo nel pensiero la parola di Davide: “Il Signore ha disperso le ossa di quelli che vogliono piacere agli uomini,„ (Volgata Sal 52,6) in primo luogo non permettiamoci mai di fare qualcosa col proposito della vanità ed in vista di raggiungere una gloria vana; - in seguito, avendo ben cominciato, sforziamoci di conservarlo con una simile vigilanza, per paura che la malattia della vanagloria entri poi in noi, distruggendo tutto il frutto delle nostre fatiche; - fuggiamo anche con cura tutto ciò che non fa parte della vita di fratelli e che non è nella tradizione comune, perché sarebbe come un dipendere dall’arroganza; evitiamo ugualmente ciò che servirebbe a farci notare fra gli altri ed a guadagnarci gli elogi degli uomini, come fossimo i soli capaci di farlo.

2. È infatti da tali indici che il veleno della vanità rivela soprattutto la sua presenza in noi. Ma ci sarà facile sfuggirgli con questa considerazione, e cioè che, se i nostri lavori hanno la vanagloria per oggetto, non solo noi ne perderemo interamente il beneficio, ma, colpevoli di un grande crimine, noi saremo puniti, in qualità di sacrilegi, con supplizi eterni: poiché, ciò che noi avremmo dovuto compiere per Dio, ci è invece piaciuto compierlo per piacere agli uomini; ma Colui al quale abbiamo fatto quest'ingiuria, conosce i segreti più nascosti e ci convincerà di avere preferito gli uomini e di avere messo la gloria del mondo sopra la sua Gloria.

 


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1 aprile 2015                a cura di Alberto "da Cormano"        Grazie dei suggerimenti       alberto@ora-et-labora.net